Da: De
bono coniugali [ca. 400 dC] [1]
.
8.
8.
Nuptiae
bonum per se ipsae sunt.
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8. 8.
Il matrimonio è
di per sé un bene.
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Honorabiles ergo nuptiae
in omnibus et torus immaculatus.[2]. |
Il matrimonio dunque è
in ogni caso onorevole e
il
letto coniugale è immacolato.[2]. |
Quod
non sic dicimus bonum, ut in fornicationis comparatione sit bonum; alioquin
duo mala erunt, quorum alterum peius; aut bonum erit et fornicatio, quia
est peius adulterium: peius est enim alienum matrimonium violare quam meretrici
adhaerere; et bonum adulterium, quia est peior incestus: peius est enim
cum matre quam cum aliena uxore concumbere; et donec ad ea perveniatur,
quae, sicut ait Apostolus, turpe est etiam dicere.[3],
omnia bona erunt in comparatione peiorum. |
Perciò
non lo consideriamo un bene così come in confronto alla fornicazione;
altrimenti sarebbero due mali, di cui più grave dell’altro; o sarà
un bene anche la fornicazione, poiché è peggio l’adulterio:
infatti, danneggiare il matrimonio di altri è peggio di andare con
una prostituta; è un bene l’adulterio poiché è peggio
l’incesto: infatti, è peggio andare a letto con la propria madre
che con una moglie altrui; finché non si giunge a quegli atti di
cui, come dice l’Apostolo, è turpe anche parlare.[3],
rispetto ai quali tutti gli altri saranno un bene. |
Hoc
autem falsum esse quis dubitet? Non ergo duo mala sunt connubium et fornicatio,
quorum alterum peius, sed duo bona sunt connubium et continentia, quorum
alterum est melius. |
Chi
dubita che ciò sia falso? Quindi il matrimonio e la fornicazione
non sono due mali, di cui uno è peggio dell’altro, ma sono due beni
il matrimonio e la continenza di cui uno è meglio dell’altro. |
Sicut
ista temporalis sanitas et imbecillitas non sunt duo mala, quorum alterum
peius, sed ista sanitas et immortalitas duo bona sunt, quorum alterum melius. |
Così
questa sanità o malattia temporanea non sono due mali, di cui uno
è peggio dell’altro, ma questa sanità e l’immortalità
sono due beni, di cui una è meglio dell’altra. |
(...) |
(...) |
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Agostino
ritratto come vescovo in un manoscritto medievale.
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11.
12.
Concubitus
contra naturam.
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11. 12.
Il rapporto sessuale contro
natura.
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Nam cum ille naturalis
usus, quando prolabitur ultra pacta nuptialia, id est ultra propagandi
necessitatem, venialis sit in uxore, in meretrice damnabilis; iste, qui
est contra naturam, exsecrabiliter fit in meretrice, sed exsecrabilius
in uxore. |
Infatti, la pratica naturale,
quando va oltre gli accordi nuziali cioè oltre la necessità
di procreare, è colpa veniale nella moglie, condannabile nella prostituta;
mentre l’atto contro natura diventa esecrabile nella prostituta ma ancora
di più nella moglie. |
Tantum
valet ordinatio Creatoris et ordo creaturae, ut in rebus ad utendum concessis,
etiam cum modus exce/ditur, longe sit tolerabilius quam in eao, quae concessa
non sunt, vel unus vel rarus excessus. |
Tanto
vale l’ordine del Creatore e del creato, che, oltrepassare la misura nelle
cose concesse all’uso è molto più tollerabile rispetto ad
una trasgressione, anche unica o rara, in quelle non concesse. |
Et
ideo in re concessa immoderatio coniugis, ne in rem non concessam libido
prorumpat, toleranda est. Hinc est etiam, quod longe minus peccat quamlibet
assiduus ad uxorem quam vel rarissimus ad fornicationem. |
E
perciò l’eccesso del coniuge nella cosa concessa è tollerabile,
in modo che la lussuria non si scateni in una non concessa. Da qui deriva
anche che pecca molto meno un marito troppo assiduo con la moglie che uno
che, anche rarissimamente, si dedichi alla fornicazione. |
Cum
vero vir membro mulieris non ad hoc concesso uti voluerit turpior est uxor,
si in se, quam si in alia fieri permiserit. |
Ma
se un uomo desidera usare il corpo della moglie in un modo non concesso,
è più turpe che la moglie lo permetta su se stessa che su
un’altra. |
Decus ergo coniugale est
castitas procreandi et reddendi carnalis debiti fides: hoc est opus nuptiarum,
hoc ab omni crimine defendit Apostolus dicendo: Et si acceperis uxorem,
non peccasti; et si nupserit virgo, non peccat.[4];
et: Quod vult faciat; non peccat, si nubat.[5]. |
Dunque il decoro coniugale
consiste nel procreare castamente e nel contraccambiare con fiducia il
debito coniugale: questo è il compito del matrimonio, questo l’Apostolo
difende da ogni accusa dicendo: "E se hai preso moglie, non hai peccato;
e se una vergine si è sposata, non pecca".[4];
e: "Faccia ciò che vuole; non pecca, se si sposa".[5]. |
Exigendi autem debiti
ab alterutro sexu immoderatior progressio propter illa, quae supra dixit,
coniugibus secundum veniam conceditur. |
A causa di ciò che
ho detto sopra, è concesso ai coniugi un certo eccesso di esigere
il loro debito reciprocamente. |
L'autore ringrazia
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eventuali errori in essa contenuti. |
Note
[1]
Il testo latino dal sito Sant'Agostino.
A stampa come:
Agostino d'Ippona, De bono coniugali - La dignità del
matrimonio, In: Opere, Città nuova, Roma 1978, vol. VII
1, pp. 10-63 (testo latino e traduzione italiana).
Testo latino
anche in: Patrologia latina, vol. 40, coll. 373-396.
La traduzione
dal latino, inedita, come pure il riconoscimento delle citazioni bibliche,
sono di Pierluigi
Gallucci, che ringrazio per il contributo. La revisione del testo
italiano è mia, quindi eventuali errori sono da imputare a me soltanto.
[2]
San
Paolo, Epistola agli Ebrei
13, 4.
[3]
San
Paolo, Epistola agli Efesini 5, 12.
[4]
San
Paolo, Prima lettera ai Corinzi 7, 28.
[5]
San
Paolo, Prima lettera ai Corinzi 7, 36. |