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san Tommaso d'Aquino (1225-1274)

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NOTA BENE. Questo testo è un semplice "appunto", pubblicato provvisoriamente in attesa di trovare il tempo
per curare o farne curare la traduzione, il commento, o entrambe le cose.


Da: Expositio et lectura super Epistolas Pauli Apostoli / Esposizione e commento sulle lettere dell'Apostolo Paolo [ca. 1269/1272[1]
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Super Romanos, 
Caput I, lectio 8.
Sulla lettera ai Romani.
Capitolo 1, commento 8.

Posita culpa impietatis, secundum quam contra naturam divinam peccaverunt, ponit poenam, qua scilicet ad hoc reducti sunt ut contra suam naturam peccarent.

Stabilita la colpa di empietà secondo cui peccarono contro la natura divina, stabilisce una pena per cui s'intende sono ricondotti a ciò poiché peccarono contro la propria natura. 
Et primo ponit poenam, secundo exponit, ibi nam feminae, tertio eius convenientiam ostendit, ibi et mercedem. Dicit ergo primo propterea, scilicet quia Dei veritatem in mendacium mutaverunt, tradidit illos Deus, non quidem impellendo in malum sed deserendo, in passiones ignominiae, id est peccata contra naturam, quae dicuntur passiones, secundum quod proprie passio dicitur ex eo quod aliquid trahitur extra ordinem suae naturae, puta cum aqua calefit aut cum homo infirmatur.  E per primo stabilisce una pena, per secondo la espone, in “infatti le donne”, per terzo ne dimostra la sua conformità e anche il suo prezzo. Dice dunque per prima cosa che, poiché certamente cambiarono la verità di Dio in menzogna, Dio li abbandonò, non tanto spingendoli nel male ma allontanandosi, alle passioni dell'ignominia, cioè i peccati contro natura, che sono chiamati passioni, poiché propriamente si chiama passione qualcosa condotta fuori dall'ordine della sua natura, per esempio quando l'acqua diventa calda o l'uomo è ammalato.
Unde quia per huiusmodi peccata homo recedit ab ordine naturali, convenienter dicuntur passiones, infra VII, 5: passiones peccatorum.  Perciò poiché l'uomo si allontana dall'ordine naturale attraverso tali peccati, conformemente sono chiamate passioni infra VII, 5: passioni dei peccati.
Dicuntur autem passiones ignominiae quia non sunt nomine digna, secundum illud Eph. c. V, 15: quae aguntur in occulto ab eis turpe est dicere. Si enim peccata carnis communiter exprobrabilia sunt quia per ea homo deducitur ad id quod est bestiale in homine, multo magis peccatum contra naturam, per quod etiam homo a natura bestiali decidit. Os. IV, 7: gloriam eorum in ignominiam commutabo Sono chiamati anche passioni dell'ignominia poiché non sono degne del nome secondo quel passo Eph. c. V, 15: è turpe parlare delle cose che compiono segretamente. Se infatti i peccati della carne sono generalmente riprovevoli perché attraverso di essi l'uomo è condotto verso ciò che è bestiale nell'uomo, molto peggio è il peccato contro natura per cui l'uomo esce anche dalla natura bestiale. Os. IV, 7: cambierò la loro gloria in ignominia.
Deinde cum dicit nam feminae eorum, etc., exponit quod dixerat, et primo quantum ad feminas, secundo quantum ad masculos, ibi similiter autem masculi. Dicit ergo primo. Ideo illos dico in passiones ignominiae traditos, nam feminae eorum mutaverunt naturalem usum in eum usum qui est contra naturam. I Cor. c. XI, 14: nec ipsa natura docet vos. Is. XXIV, v. 5: mutaverunt ius, dissipaverunt foedus sempiternum, id est ius naturale.  Perciò quando dice “infatti le loro donne” ecc. espone ciò che aveva detto, per primo riguardo le donne, poi sugli uomini, “così similmente dell'uomo”. Dice dunque per prima cosa. Perciò dico che essi si sono abbandonati alle passioni dell'ignominia, infatti le loro donne hanno mutato l'uso naturale in quell'uso che è contro natura. I Cor. c. XI, 14: né la natura stessa ve lo insegna. Is. XXIV, v. 5: hanno mutato il diritto, hanno distrutto il patto eterno, cioè il diritto naturale.
Est autem considerandum quod dupliciter est aliquid contra naturam hominis. 
Uno modo contra naturam differentiae constitutivae hominis, quae est rationale; et sic omne peccatum dicitur esse contra naturam hominis, inquantum est contra rationem rectam.
 Deve poi essere considerato che è qualcosa due volte contro la natura dell'uomo. In primo luogo è contro la natura del carattere distintivo dell'uomo che è la razionalità; e così ogni peccato è ritenuto essere contro la natura dell'uomo poiché è contro la giusta ragione.
Unde et Damascenus dicit in II Lib. quod Angelus peccans versus est ex eo quod est secundum naturam in id quod est praeter naturam. 
Alio modo dicitur esse aliquid contra naturam hominis ratione generis, quod est animal. 
Manifestum est autem quod, secundum naturae intentionem, commixtio sexuum in animalibus ordinatur ad actum generationis, unde omnis commixtionis modus, ex quo generatio sequi non potest, est contra naturam hominis inquantum est animal. 
Perciò anche Damasceno dice in II Lib. Che l'angelo che pecca si volta da ciò che è secondo natura verso ciò che contro natura. In altro modo è detto che qualcosa è contro natura dell'uomo secondo il criterio della specie, che è animale. È manifesto poi che, secondo lo scopo della natura, l'unione dei sessi negli animali è disposta per l'atto della generazione, perciò ogni tipo di unione da cui non può seguire la generazione, è contro la natura dell'uomo in quanto è animale.
Et secundum hoc dicitur in Glossa naturalis usus est ut vir et mulier in uno concubitu coeant, contra naturam vero ut masculus masculum polluat et mulier mulierem. Et eadem ratio est de omni actu coitus ex quo generatio sequi non potest. E secondo ciò che è detto in Glossa che è uso naturale che l'uomo e la donna si accoppino sessualmente, mentre è contro natura che l'uomo violi un altro uomo e la donna un'altra donna. E con il medesimo criterio su ogni atto sessuale da cui non può seguire la generazione.
Deinde cum dicit similiter autem, exponit quantum ad mares, qui, scilicet, relicto naturali usu feminae exarserunt, id est, extra terminos naturae arserunt, secundum illud Ps. CXVII, 12: exarserunt sicut ignis in spinis: et hoc in desideriis suis, scilicet carnalibus, invicem masculi in masculos turpitudinem operantes. Ez. XVI, 37: nudabo ignominiam tuam coram eis, et cetera. Poi quando dice “similmente poi” tratta dei maschi che s'intende desideravano, dopo aver abbandonato l'uso naturale della donna, cioè desiderarono fuori dei confini della natura, secondo quel passo Ps. CXVII, 12: arsero come il fuoco nelle spine: e ciò nei loro desideri, s'intende carnali, compiendo turpitudine maschi con maschi reciprocamente. Ez. XVI, 37: scoprirò la tua ignominia di fronte a loro, ecc.
Deinde cum dicit et mercedem, ostendit hanc poenam convenientem esse culpae, dicens recipientes in semetipsis, id est in deformatione suae naturae, mercedem erroris sui, scilicet quo Dei veritatem in mendacium commutaverunt, mercedem, id est retributionem, quam oportuit scilicet eos recipere, secundum iustitiae ordinem, ex qua debitum erat ut qui in Dei naturam iniuriosi fuerant, id quod est proprium sibi, creaturis attribuendo, in sui natura contumeliosi existerent.  poi quando dice “e il prezzo”, mostra che questa pena è conforme alla colpa, dicendo pagando su loro stessi, cioè nella deformazione della propria natura, il prezzo del proprio errore, s'intende per cui scambiarono la verità di Dio in menzogna, prezzo che è la retribuzione che è certamente opportuno che paghino, secondo ordine di giustizia, da cui era obbligo che coloro che erano stati offensivi contro la natura di Dio, attribuendo ciò che è adatto alle sue creature, diventassero oltraggiosi contro la propria natura.
Et quamvis merces proprie videatur in bonum sonare, tamen hic sumitur pro quacumque retributione, etiam in malis, secundum modum quo dicitur infra VI, 23: stipendia peccati mors. Mich. I, 7: mercedes eorum igni comburentur. E per quanto il prezzo sembri in particolare suonare in bene, tuttavia qui è inteso per una retribuzione qualsiasi, anche in male, secondo il modo che dice infra VI, 23: la morte è il tributo del peccato. Mich. I, 7: le loro punizioni saranno bruciate con il fuoco.
Est autem notandum quod satis rationabiliter apostolus vitia contra naturam, quae sunt gravissima inter peccata carnalia, ponit idololatriae poenam, quia simul cum idololatria incepisse videntur, scilicet tempore Abrahae, quando creditur idololatria incoepisse. 
Unde et tunc primo leguntur in Sodomitis punita fuisse, ut Gen. XIX
Simul etiam idololatria crescente, huiusmodi vitia creverunt. Unde dicitur II Mach. IV, 12 s., quod Iason ausus est sub ipsa arce optimos quosque epheborum in lupanaribus ponere. Erat autem hoc non initium sed incrementum quoddam et profectus gentilis et alienigenae conversationis.
Deve poi essere notato che l'Apostolo in modo abbastanza ragionevole stabilisce la pena di idolatria contro i vizi contro natura che sono i più gravi tra i peccati carnali, perché sembra che iniziarono insieme con l'idolatria, naturalmente al tempo di Abramo, quando si crede che l'idolatria ebbe inizio. 
Quindi anche allora per prima cosa si legge che fossero puniti a Sodoma, come in Gen. XIX. 
Crescendo insieme anche l'idolatria, crebbero i vizi di tale tipo. Da qui viene detto II Mach. IV, 12 s., che Giasone osò mettere sotto la stessa fortezza i migliori efebi nei lupanari. Questo poi era non l'inizio ma una specie di aggiunta e il proseguimento del discorso pagano e di diverso tipo. 
Deinde cum dicit et sicut non probaverunt, ostendit eos iustitiae fuisse subiectos. 
Et primo ostendit ex qua priori culpa in haec peccata devenerunt, secundo enumerat horum peccatorum differentias, ibi repletos omni iniquitate. 
Culpam autem praecedentem ponit, cum dicit et sicut non probaverunt Deum habere in notitia
Poi quando dice “e così non provarono”, mostra che essi furono sottoposti alla giustizia. E per primo, mostra da quali colpe precedenti giunsero a questi peccati, per secondo passa in rassegna le caratteristiche di questi peccati “pieni di ogni ingiustizia”. Poi stabilisce la colpa precedente, quando dice e così non provarono di conoscere Dio.
(...)

Tertio considerandum est quibus talis poena debetur. 
Et, primo, his qui talia agunt, scilicet praedicta peccata, secundum illud Ps. V, 7: odisti omnes qui operantur iniquitatem, perdes omnes qui loquuntur mendacium. Et non solum illis qui faciunt sed etiam his qui consentiunt facientibus.

(...)

In terzo luogo deve essere considerato a chi è destinata tale pena. E per prima a coloro che compiono tali azioni, appunto i predetti peccati, secondo quel passo Ps. V, 7: odiai tutti quelli che commettono ingiustizia, distruggerai tutti quelli che pronunciano menzogne. E non solo a quelli che lo fanno, ma anche a quelli che consentono a loro di farlo.

Et hoc dupliciter. Uno modo directe, vel laudando peccatum, secundum illud Ps. IX, 24: laudatur peccator in desideriis animae suae, vel etiam praebendo consilium et favorem, secundum illud II Par. XIX, 2: impio praebes auxilium. E ciò doppiamente. In un modo direttamente, o lodando il peccato, secondo quel passo Ps. IX, 24: sia lodato il peccatore nei desideri della sua anima, o anche offrendo consiglio e favore, secondo quel passo II Par. XIX, 2: offri aiuto all'empio.
Alio modo indirecte, quando non reprehendit aut impedit quocumque modo, si potest, et praecipue si ex officio incumbat, sicut peccata filiorum imputantur Heli, sicut patet I Reg. III, 13. In altro modo indirettamente, quando non riprende o impedisce in ogni modo, se può, e soprattutto se vada contro il dovere, come i peccati dei figli sono imputati al Sole, come si trova in I Reg. III, 13.
Haec autem specialiter apostolus dicit propter quosdam sapientes gentilium, qui, et si idola non colebant, tamen colentibus non resistebant. L'Apostolo dice specialmente queste cose a causa di alcuni sapienti pagani che, anche se non veneravano idoli, tuttavia non si opponevano a quelli che lo facevano.
Eventuale dida di foto

Da: Super I Epistolam Beati Pauli ad Corinthios lectura / Commento sulla lettera del beato Apostolo ai Corinzi. [ca. 1269/1272[1]
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Cap. 6, lectio 2.
Capitolo 6, commento 2.

Et ideo subdit quod peccata contraria charitati a regno Dei excludunt, in quod sola charitas introducit, dicens neque fornicarii, neque idolis servientes, neque adulteri (de quibus dicitur Hebr. ult.: fornicatores et adulteros iudicabit Deus), neque molles, id est, mares muliebria patientes, neque masculorum concubitores, quantum ad agentes in illo vitio, de quibus dicitur Gen. XIII, 13: homines Sodomitae pessimi erant et peccatores coram domino nimis, neque avari, neque fures (de quibus dicitur Zach. V, 3: omnis fur, sicut scriptum est, iudicabitur), neque ebriosi, neque maledici, neque rapaces regnum Dei possidebunt.

E perciò espone perché i peccati contrari alla carità escludono dal regno di Dio, in cui solo la carità fa entrare, dicendo né gli adulteri (di cui è detto Hebr. ult.: Dio giudicherà i fornicatori e gli adulteri), né gli effeminati, cioè gli uomini che si comportano da donna, né chi giace con i maschi, di coloro che vivono in quel vizio è detto Gen. XIII, 13: gli uomini sodomiti erano i peggiori e straordinari peccatori di fronte a Dio, né gli avidi, né gli iracondi (di cui è detto Zach. V, 3: tutti gli iracondi, come è stato scritto, saranno giudicati), né gli ubriachi, né i maldicenti né i ladri avranno il regno di Dio.
Dicitur enim Is. XXXV, 8: via sancta vocabitur, non transibit per eam pollutus. Infatti è detto Isaia XXXV, 8: "sarà chiamata via santa, il vizioso non passerà per essa".
Et Apoc. XXI, 27: non intrabit in illam aliquid coinquinatum, faciens abominationem E Apocalisse XXI, 27: "non entrerà in essa qualcosa di infetto, facendo cosa esecrabile".
Et est advertendum quod hic enumerat eadem vitia quae in praecedenti capitulo posuerat. E si deve notare che elenca i medesimi vizi che aveva stabilito nel precedente capitolo.
Addit autem quaedam in genere luxuriae, scilicet adulterium et vitium contra naturam, in genere autem iniustitiae, furtum. Ne aggiunge poi un altro nel tipo della lussuria, appunto l'adulterio e il peccato contro natura, mentre nel tipo dell'ingiustizia aggiunge il furto.
Deinde, cum dicit et haec quidem, etc., ostendit quomodo praedictum periculum evaserunt.  Quindi, quando dice “e queste cose" ecc. mostra in che modo evitarono il predetto pericolo.
Et primo commemorat statum praeteritum, dicens et quidem aliquando fuistis, scilicet fornicarii et idolis servientes, etc., et ideo specialiter haec vitia commemorat, quia in eis abundaverunt, secundum illud Eph. V, 8: eratis enim aliquando tenebrae, nunc autem lux in domino. E per prima cosa ricorda lo stato passato, dicendo come foste veramente una volta, s'intende fornicatori e schiavi di idoli, e perciò ricorda specialmente questi vizi, perché eccedevano in essi, secondo quel passo Eph. V, 8: "infatti una volta [erravate] nelle tenebre, ma ora siete nella luce di Dio".
Secundo ostendit quomodo ab his intus fuerunt liberati, dicens sed abluti estis, scilicet virtute sanguinis Christi in Baptismo, secundum illud Apoc. I, 5: lavit nos a peccatis nostris in sanguine suo.

(...)

Per secondo, mostra in che modo furono liberati dal loro profondo, dicendo “ma siete stati purificati” s'intende con la virtù del sangue di Cristo nel battesimo, secondo quel passo di Apocalisse I, 5: "ci lavò dai nostri peccati nel suo sangue".

(...)

Eventuale dida di foto

Da: Super I Epistolam Beati Pauli ad Timotheum lectura / Commento sulla lettera del beato Apostolo a Timoteo. [ca. 1269/1272]

Caput 1, lectio 3.
Capitolo 1, commento 3.

Deinde ponit flagitia, et primo quae secundum naturam sunt, cum dicit fornicariis. Hebr. ult.: fornicatores et adulteros iudicabit Deus

Poi tratta degli atti turpi, per primi quelli che sono secondo natura, quando dice "fornicatori". Epistola agli ebrei, ult.: "Dio giudicherà i fornicatori e gli adulteri".
Secundo contra naturam, dicens masculorum concubitoribus. I Cor. VI, 10: neque masculorum concubitores regnum Dei possidebunt. Poi quelli contro natura, dicendo "coloro che giacciono con i maschi". I Cor. VI, 10: "coloro che giacciono con i maschi non avranno il regno di Dio".

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L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti.

Note

[1] Il testo da: Sancti Thomae de Aquino Super Epistolam B. Pauli ad Romanos lectura, I 8, così come pubblicato dall'Opera omnia online (Corpus thomisticum): Caput I, lectio 8.

Ne esiste traduzione italiana: Tommaso d'Aquino, Commento alla Lettera ai romani. Vol. 1: cap. I-VIII, Città Nuova, _____, 1994.

La traduzione dal latino qui proposta, inedita, è di Pierluigi Gallucci, che ringrazio per il contributo. 
La revisione del testo italiano è mia, quindi eventuali errori sono da imputare a me soltanto.

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Thomas Aquinas (1225-1274), Super I Epistolam Beati Pauli ad Corinthios lectura VI, 2.
Il testo è quello online dell'Opera omnia: Caput VI, Lectio 2.

Thomas Aquinas (1225-1274), Super I Epistolam B. Pauli ad Timotheum lectura, I 3
Il testo è quello online dell'Opera omnia: Caput I, Lectio 3.


Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.

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