Da: Lusus / Scherzi
[postumo, 1530] [1]
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57.
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57.
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Accipe
contempti supremum munus amantis
Pieria de
ualle fluens; ubi flebile carmen
condimus,
et nostri testis Parnasus amoris
saepius
audiuit praerupta in rupe querelas, |
Accogli l’ultima
opera di un amante respinto,
tu che fluisci
dalla valle Pieria; dove componiamo un dolente canto,
e Parnaso,
testimone del nostro amore,
più
volte ha ascoltato i lamenti tra le rupi scoscese, |
5
Et lacrimis
creuere meis Libethrides undae.
Omnia iampridem
miserae sunt conscia flammae:
antra, nemus,
cautes, Helicon, Cadmeia Dirce
carminibus
resonant nostris, et uerba receptant.
Quamquam
dura silex docta nectatur ab arte, |
5
e le fonti
di Libetra [sacre alle Muse] hanno visto le mie lacrime.
Già
da tempo ogni cosa sa della mia infelice fiamma d’amore:
le grotte,
i boschi, le rocce, il monte Elicona, la fonte Dirce di Cadmo
risuonano dei
nostri canti e ne accolgono le parole.
Per quanto
dura, la pietra è legata da una dotta arte, |
10
tu tamen
immites, Puer unice, despicis ignes,
quaque tibi
ueniunt, mox aspernaris amores.
O syluis,
o lacte puer nutrite ferino,
tune
illum patiere mori iuuenilibus annis,
qui te dilexit,
qui te nunc diligit, et qui |
10
tu tuttavia,
unico ragazzo, disprezzi le spietate fiamme d’amore,
qualunque amore
si avvicini a te, subito lo respingi.
Oh ragazzo
nutrito dai boschi e dal latte d’animale,
lascerai che
muoia giovane colui
che ti ha amato,
che ti ama ancora, e che ti amerà infelice |
15
diliget
infelix, tenues dum spiritus artus
seruabit,
poteroque oculos spectare nitentes?
Ecce uides
ut sim macie consumptus inerti,
palleat
et uultus, pectus quoque, squalida tangit
ossa cutis:
nullum est consumpto in corpore robur. |
15
mentre lo spirito
conserverà le deboli membra
e potrò
contemplare gli occhi splendenti?
Ecco vedi come
sono consumato e fiacco per la magrezza,
il volto è
pallido, il petto pure, la pelle tocca le secche ossa:
non c’è
nessuna forza nel mio corpo consumato. |
20
Sanguis
abit fortisque uigor, fugere colores;
non oculi
spectare diem, non sumere dulces
ora cibos
possunt, non mens cognoscere rerum
Naturam
motusque potest, non cernere causas;
non iaculum
torquere manus, nec tela, nec enses; |
20
Manca il sangue
e il forte vigore, se ne è andato il bel colorito;
gli occhi non
possono guardare la luce, la bocca non può mangiare dolci,
la mente non
può conoscere la natura e il senso delle cose,
nè capirne
le cause;
la mano non
può lanciare un dardo nè frecce nè spade; |
25
Aegidis
impatiens pectus uix sustinet artus.
Aequa mihi
nox est, nostrum seu circuit orbem
Phoebus,
et oppositae seu praebet lumina genti.
Tanti causa
mali Venetus puer, incluta proles
nobilis
et sanguis, uerum crudelior urso. |
25
il petto, incapace
di tenere uno scudo, sostiene a malapena gli arti.
Per me la notte
è uguale, sia quando il sole ha fatto il giro intorno alla nostra
terra
sia quando
illumina anche i popoli della parte opposta.
Sei causa di
un male tanto grande, ragazzo veneto, di famosa stirpe
e nobile sangue,
ma più crudele di un orso. |
30
Heu morior!
Siccis morientem spectat ocellis.
Si facere
hoc poteris, si tot patiere dolores,
si facere
hoc poteris, iam te genuere leone
aut hominum
crudele genus uel inhospita tellus,
non pater
e Latio est, Veneta non sanguis ab urbe, |
30
Oh muoio! Mi
guarda con gli occhietti senza lacrime mentre muoio.
Se riuscirai
a fare questo, se riuscirai a sopportare tanti dolori,
se riuscirai
a fare questo, vuol dire che ti generarono i leoni
o una stirpe
di uomini crudeli o una terra inospitale,
tuo padre non
proviene dal Lazio, non discendi da una città Veneta, |
35
namque procul
feritas, procul hinc crudelia facta;
hic posuit
molles arcus pharetramque Cupido,
deliciae
Veneris miti dominantur in ora.
Tu solus
fera corda geris suffusaque fele
pectora
ubi fudit molles Venus aurea mores. |
35
mentre è
lontana da me la ferocia, lontani da qui i fatti crudeli;
qui Cupido
ha posto il dolce arco e la faretra,
i piaceri di
Venere regnano nella mia dolce bocca.
Tu solo hai
il cuore insensibile e bagnato d’amarezza il petto
dove l’aurea
Venere ha sparso i molli costumi. |
40
O mea spes,
mea lux, mea mens, mea uita, meum cor,
respice
me miserum finemque impone dolori:
quod petimus
breuis hora dabit, breue tempus amori
sufficiet,
dum pauca loquar, dum dulcia carpam
oscula,
dumque auidis tangam tua pectora palmis. |
40
O mia speranza,
mia luce, mia anima, mia vita, mio cuore,
voltati a guardare
me infelice e poni termine al mio dolore:
un breve tempo
darà ciò che desideriamo, un breve tempo basterà all’amore,
mentre dirò
poche parole, mentre carpirò dolci baci
e mentre toccherò
il tuo petto con avide mani. |
45
Quod si
forte neges, dabitur mora parua furori,
dextera
dum gladium morti uicina recludet
et furibunda
suum crudeli uulnere pectus
transfiget
cogetque animam miserabile corpus
deserere;
illa uolans Stygias properabit ad undas. |
45
E se per caso
mi negherai questo, poco tempo sarà concesso alla mia furia,
finchè
con la destra la spada aprirà i luoghi vicini alla morte,
trafiggerà
furiosa il suo petto con una ferita mortale
e costringerà
l’anima a lasciare il suo miserabile corpo;
essa, volando
via, giungerà in fretta alle acque dello Stige. |
50
Credo equidem,
ut ferus es, quod te nec dura mouebunt
fata, sed
obsceno spargetur dextra cruore.
Quid facis,
infelix? ueniet maturior aetas,
qua totidem,
quot ego patior, patiere dolores;
ludere tunc
cupies animo, cum fugerit aetas. |
50
Credo davvero
che tu sia feroce, poichè nemmeno il duro destino ti smuoverà,
mentre la mia
destra sarà sparsa di funesto sangue.
Perchè
fai così, infelice? Verrà l’età più avanzata,
in cui soffrirai
tanti dolori quanti ne patisco io ora;
allora, quando
la giovane età sarà fuggita via, desidererai gioire nell’animo. |
55
Tunc uirides
annos solitumque precabere robur,
sed nulli
reuocare dies datur, idque quod olim
praeteriit
semper manet irreuocabile: perdes
tu quoque
(crede mihi) primae lanuginis annos.
Propterea,
dum fata sinunt, dum postulat aetas, |
55
Allora invocherai
la giovinezza e il suo solito vigore,
ma a nessuno
è concesso far ritornare quei giorni, e ciò che ormai
è passato,
rimane per sempre irrevocabile:
anche tu, credimi,
perderai gli anni della prima peluria.
Perciò,
finchè il destino te lo permette, finchè l’età lo
desidera, |
60
dum tua
labra rosas superant, dum lilia pectus,
dum Ganymedeo
certant tua tempora uultu,
iungamus
formose puer, iungamus amores. |
60
finchè
le tue labbra sono meglio delle rose e il tuo petto meglio dei gigli,
finchè
gli anni si contendono il tuo volto da Ganimede,
uniamoci, bel
ragazzo, uniamo i nostri desideri d’amore. |
Eventuale
dida di foto
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64.
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64.
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Conducens
manibus breuem priapum
tractabat
roseus puer natesque
nudabat
gremio meo recumbens,
dans mihi
basia melle dulciora
et pulchros
leniter mouens ocellos. |
Usando
le mani, il roseo ragazzo
si toccava
il piccolo pene e scopriva le natiche,
abbandonandosi
in braccio a me,
dandomi baci
più dolci del miele
e muovendo
dolcemente i begli occhi. |
"Iam
pugnam Veneris sic ineamus"
dixit et
cruribus nitens caputque
pronus excipere
ille praeparabat uulnus,
cum (o crudele
fatum atque acerbum!)
quidam per
rimulam postis uidentes
exclamant:
facinus, simulque pulsant. |
"Ma
ora iniziamo la battaglia di Venere"
disse e, puntellandosi
con le gambe e con la testa china,
si preparava
a prenderlo nel buchetto,
quando (oh
fato duro e crudele!)
alcuni, spiando
dal buco della serratura,
urlano: Vergogna!
E insieme battono sulla porta. |
Quid
tum, quid faceret miser Priapus?
Nec sitim
poterat suam replere,
nec desiderium
extinguere potus. |
Ebbene,
cosa poteva fare il povero Priapo?
Non aveva potuto
saziare la sua sete,
nè estinguere
il desiderio di bere. |
Iam
culum puer ille subtrahebat
moestus
et niueas nates tegebat,
eripi ut
sibi quas cibum paratum
Hellespontiacus
deus resensit. |
Ormai
quel ragazzo sottraeva mesto il culo
e copriva le
bianche natiche,
tanto che il
dio dell’Ellesponto [Priapo] capì
che gli venivano
portate via come un cibo già preparato. |
Mollis,
languidulus ruberque tanti
testem lacrimulam
edidit doloris. |
Floscio, abbattuto
e rosso di rabbia,
versò
una piccola lacrima, testimone di un così grande dolore. |
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L'autore ringrazia
fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati
su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnaleràeventuali
errori in essa contenuti. |
Note
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Il testo da: Andrea Navagero (Andreas Navagerus, o Naugerius), Lusus,
come messo online dal sito "Poeti
d'Italia in lingua latina", che si basa sull'edizione a
cura di C. Griggio, _____, _____ 2001.
La traduzione
dal latino, inedita, è di Pierluigi
Gallucci, che ringrazio per il l'aiuto.
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