Home page Giovanni Dall'Orto > Saggi di storia gayBiografie di personaggi gay > Testi originali > Sec. XVI >  Angelo Poliziano

Angelo Ambrogini detto il Poliziano (1454-1494)

Angiolo Poliziano ritratto dal Ghirlandaio in S. Maria Novella, Firenze.
NOTA BENE. Questo testo è un semplice "appunto", pubblicato provvisoriamente in attesa di trovare il tempo
per curare o farne curare la traduzione, il commento, o entrambe le cose.
Da: Epigrammata / Epigrammi [14__[1] 
.
44.  
In eumdem [scil. In Mabilium]
44.  
Contro Mabilio
Quod uestes oleo geris perunctas, 
mucco et puluere sordidas, Mabili; 
quod lardum madido fluit capillo, 
pleno furfuribusque uermibusque 
et cadaueribus pedunculorum;
Indossi vestiti quasi intinti nell’olio, 
sporchi di moccolo e polvere, o Mabilio; 
i tuoi capelli sono grassi di sebo, 
pieni di forfora, vermi 
e cadaveri di pidocchi;
quod fuligine squallet atra barba, 
quam rodunt tineae pulexque saltans; 
quod muccosa tibi seges pilorum 
extat maribus usque pulyposis, 
qua septem lepores queant latere;
è sporca di fuliggine la tua barba nera 
che le zecche e le pulci saltellanti rodono; 
dalle narici piene di polipi viene fuori 
una foresta di peli pieni di muco, 
in cui sette lepri potrebbero nascondersi;
quod gingiuaque buxeique dentes 
sordent ploxonio, ac putente in ala 
educas olidae marem capellae;
le gengive e i denti neri come il bosso 
sono sporchi come la cassa del carro e sotto l’ascella puzzolente 
sembri nascondere un caprone;
quodque unguis sanie rubet cruenta, 
saepe ut lucifugam putem esse blactam, 
coenae relliquiasque pridianae 
incrementa manus habent uoracis;
le tue unghie sono rosse di sangue marcio, 
tanto che spesso penso siano scarafaggi notturni, 
e le tue mani voraci hanno sempre più 
i resti della cena del giorno prima;
his te ex omnibus esse quis poetam, 
uatem, fatidicum neget, Mabili?
da tutto questo chi potrebbe dire che 
non sei un poeta, un vate, un profeta, o Mabilio?
Tales Caecilios fuisse credo, 
Plautos, Pacuuiosque, Naeuiosque, 
aut si quis Curium boues sequentem 
traxit uersibus ulmeum in theatrum. 
Coeli numina quod negas deumque, 
Lucreti fuit hoc et Euripidis.
Credo che furono come te i Cecili, 
i Plauti, i Pacuvii, i Nevii, 
o chi portò nel teatro di legno Curio, 
che guidava i buoi. 
Poichè neghi Dio e i numi del cielo, 
fai come Lucrezio ed Euripide.
Paedicas; fuit hoc Maronianum, 
paedicauit Anacreon Bathyllum.
Sodomizzi; ma fu lo stesso anche Virgilio, 
e Anacreonte sodomizzò Batillo.
Insanis; Colophonius poeta es. 
Iam iam phthiriasi scaturiente 
semesus cadis et foraminatis 
membris; hoc Pherecide habes tragoedi.
Sei un folle; sei come il poeta di Colofone. 
Ormai rosicchiato dalla scabbia avanzata, 
cadi a pezzi con le membra bucherellate; 
hai la stessa malattia di Ferecide tragico.
De cunctis male dicis; hoc poeta es. 
Es mendax, leuis, insolens, ineptus, 
insulsus, petulans; et his poeta es.
Dici male di tutti; per questo sei un poeta. 
Sei bugiardo, falso, insolente, inetto, 
insulso, petulante; e per questo sei un poeta.
Quid multis moror? Es poeta totus; 
possum hoc indiciis probare centum.
Perchè indugio ancora? Sei un poeta in tutto; 
posso provarlo in cento modi.
Quo uulgus negat esse te poetam, 
id quiddam est minimum neque adnotandum, 
quod uexas miseras subinde chartas 
plenis uersibus inficetiarum.
Il motivo per cui il volgo dice che non sei un poeta 
È una cosa minima e insignificante, 
tormenti incessante le povere carte 
con versi pieni di insulsaggini. 

La traduzione dal latino, inedita, è di Pierluigi Gallucci, che ringrazio per il contributo. La revisione del testo italiano è mia, quindi eventuali errori sono da imputare a me soltanto. 

 
Eventuale dida di foto
 
45.  
In eumdem, de curto et longo.
45. 
Contro lo stesso, sul corto e il lungo. 
(qui c’è tutto un gioco di parole tra corto e tronco)
Quod me scire negas uel curtum scribere carmen 
uel longum, fateor, solus utrumque facis.
Poichè dici che non so scrivere versi nè tronchi nè lunghi, 
lo ammetto, solo tu scrivi entrambi.
Nil breue nil medium est. Longum est curtumue, Mabili, 
quicquid habes, quicquid aut geris aut loqueris.
Niente di breve nè di medio. È lungo o tronco, Mabilio, 
qualunque cosa tu abbia, faccia o dica.
Proximus a primo tibi pes est tempore curtus, 
quando expediuit inseris hexametro.
Il tuo verso tronco è il più vicino al primo tempo, 
al tempo in cui fu utile inserire l’esametro.
Altera curta tibi solea est, curtumque, Mabili, 
subligar; erumpunt hinc digit, hinc ueretrum.
Un’altra cosa corta che hai sono le scarpe, Mabilio, 
e la patta; da una esce fuori un dito, dall’altra il cazzo.
Siquis forte tuas studeat componere laudes, 
uno longus erit hic quoque uersiculo; 
at siquis scribat quot habent tua carmina mendas, 
conficiet curtas hic uel hic Iliadas.
Se qualcuno per caso volesse comporre le tue lodi, 
sarebbe lungo già solo con un piccolo verso; 
se, invece, qualcuno volesse scrivere quanti errori hanno le tue poesie, 
potrebbe scrivere una piccola Iliade.
Quae semper fellat dicit periuria semper, 
longa tibi lingua est; hac cito curtus eris.
Lunga è la tua lingua che lo succhia sempre e dice sempre il falso; 
presto sarai troncato anche in questa.
Quod uacat, est longum caput atque enorme, Mabili, 
Iudice uel cerebro; si quod inest, rogita.
Poichè è priva di giudizio e di cervello, la tua testa è lunga ed enorme, Mabilio; 
se qualcosa c’è, devi cercarla col lanternino.
Verum alia est aliis sententia, namque Phrenesis 
conqueritur capitis de breuitate tui; 
qui cerebro tenus id lacerant, curtum esse fatentur; 
tu quoque mox curto curtus eris capite:
In realtà ogni pensiero è differente dagli altri, e infatti Delirio 
si lamenta della ristrettezza della tua testa; 
quelli che te la romperanno fino al cervello, confermeranno che è piccolo; 
presto tu sarai tronco anche con la testa troncata:
quamquam id carnifices nondum statuere, sed ingens 
de te certamen est gladio et crucibus; 
hoc spurci mores impura hoc uita meretur, 
obscoenoque animus corpore sordidior.
anche se i carnefici non lo hanno ancora deciso, 
ma sul tuo caso c’è una gran lotta tra la spada e il patibolo; 
questo meritano i tuoi luridi costumi e la tua vita impura, 
il tuo animo è più turpe del tuo corpo osceno.
Quid moror his? Nam si prolixum singula narrans 
in te ego nunc libru, scripsero, curtus erit.
Ma perchè indugio in queste parole? 
Infatti, anche se, raccontando in modo ampio ogni fatto particolare, 
ora dovessi scrivere un libro contro di te, sarebbe corto. 

La traduzione dal latino, inedita, è di Pierluigi Gallucci, che ringrazio per il contributo. La revisione del testo italiano è mia, quindi eventuali errori sono da imputare a me soltanto. 
[Nota: Un cenno insignificante contro lo stesso Mabilio anche nella composizione 50 (versi 30-33):  
Sed quid te cruciat, reflexa colla 
si interdum gero? Num parum uidetur, 
si pronos statuis tuos cinaedos?

 
Eventuale dida di foto
 
51.  
In eumdem, de domo.
51. 
Contro lo stesso, su una casa.
Haeres relictus a parente sordido, 
ille impudicus, temulentus, aleo, 
spurcus, lutosus, paedicosus, hispidus, 
pannosus, unctus, caprimulgus, horridus, 
edax, ineptus, insolens Mabilius, 
uno expatrauit patrimonium die 
gula helluante, cunnilingis osculis, 
uorace culo et exfutata mentula.
Nominato erede dal povero padre, 
quell’impudico, ubriacone, baro, 
sporco, sudicio, pederasta, rozzo, 
cencioso, unto, capraio, orrido, 
ingordo, inetto, insolente Mabilio, 
ha dilapidato il patrimonio in un solo giorno, 
con la gola vorace, la bocca cunnilingue, 
il culo avido e il cazzo insaziabile.
Mox cum super uix quindecim nummi forent, 
rebus cauendi iam suis tempus ratus, 
emit lacertis et colubris hospitam 
domum, rigentem senticetis et rubis, 
familiarem uulturi et bubonibus;
Poichè ben presto gli rimasero appena quindici monete, 
pensando che ormai era tempo di curare i propri affari, 
comprò una casa abitata da lucertole e serpenti, 
che si erigeva tra rovi e spineti, 
che era nido di avvoltoi e gufi;
in qua solebat turba mendicantium, 
longis coactos esuritionibus, 
mandare terrae turgidi uentris cibos; 
in essa di solito una folla di mendicanti, 
erano costretti, per i lunghi periodi di fame, 
a mangiare il cibo con il ventre gonfio a terra;
qua contumaces Aeolus uentos solet 
punire clausos; qua recuset Tantalus 
siticulosam ditis horridi Styga 
mutare, et Aetnae centiceps gigas onus. 
in essa Eolo di solito avrebbe condannato in contumacia i venti; 
che Tantalo avrebbe rifiutato di scambiare con la sua sete, 
Dite con il suo orrido Stige, 
e il gigante dalle cento teste [Cerbero] con la guardia all’Etna.
Nec uendere illam nec locare, si uelit, 
donare nec Mabilius cuiquam potest: 
mutare dominum domus haec nescit suum. 
Mabilio non può venderla, nè affittarla, 
nè regalarla a nessuno, nemmeno se lo volesse: 
questa casa non sa che deve cambiare il suo padrone.
Quantum libet Mabilius sit prodigus, 
profundat ore, pene, podice et manu, 
quam nunc sit esse non potest pauper magis: 
fecit lucrum ingens, hanc emens, Mabilius.
Mabilio può essere generoso quanto vuole, 
prodigandosi con la bocca, il pene, il culo e la mano, 
ma non può essere più povero di quanto è ora: 
ha fatto proprio un grande affare, a comprarla, Mabilio. 

La traduzione dal latino, inedita, è di Pierluigi Gallucci, che ringrazio per il contributo. La revisione del testo italiano è mia, quindi eventuali errori sono da imputare a me soltanto. 

 
Eventuale dida di foto
 
54.  
In inuidum
54.  
Contro un invidioso.
Carpit libellos inuidus meos quidam 
gibber, pusillus, crispulus, macer, blaesus.
Critica i miei libretti quell'invidioso, 
gobbo, basso, crespo, macilento, balbuziente.
Meos libellos, meque, si libet, carpat, 
et calcet, et commingat: haec feram cuncta;
Critichi pure i miei libretti e, se gli pare, pure me, 
li calpesti e ci pisci sopra: sopporterò tutto ciò;
dum nec libellos inuidus meos iste 
gibber, pusillus, crispulus, macer, blaesus, 
nec me ausit unquam basiare. - Cur? - Fellat.
purché non osi mai baciare né i miei libretti né me 
questo invidioso, gobbo, basso, crespo, macilento, balbuziente. Perché? Perché lo succhia. 
[nota: Cfr. gli Epigrammi greci, n. 36.]
 
Eventuale dida di foto
 
58. 
In Argum.
58. 
Contro un Argo.
Quid tibi uis gelidos seruans, uigil Arge, liquores? 
Quid nitidum ad fontem ferre gradum prohibes?
A che pro tuo, vigile Argo, sorvegli l’acqua fresca? 
A che pro sbarri il bel passaggio alla fonte?
Obscoenos hinc pelle sues armenta ferasque: 
non peto membra istis fontibus abluere, 
non lymphas turbare paro: da tingere fauces, 
exiguo liceat rore leuare sitim.
Caccia via da qui gli sporchi maiali e le greggi: 
non chiedo di lavare le membra in queste fonti, 
non voglio insozzare le acque, ma bagnare la gola: 
lascia togliere la sete con un po’ di rugiada.
Hostibus hoc Langia dedit, potumque uetantes 
ruricolae in nigro gurgite nunc saliunt.
Il Langia lo concesse ai nemici, e i contadini che 
impedirono di bere ora saltano nel gorgo torbido. 
[nota: Del Lungo, curatore del testo 1867: "Langia: fiume del Peloponneso in Arcadia; dove si dissetarono i greci che andavano contro Tebe. Stazio, Thebaides, versi 716 e segg.  
Ruricolae: I contadini di Licia che negarono l'acqua di uno stagno a Latona, mentre gravida d'Apollo e di Diana fuggiva l'ira di Giunone. Saltarono dentro a intorbidarlo, e ci rimasero ranocchie. Ovidio, Metamorfosi, VI 3.]
Quid, quod adest aestas? Quid, quod sitis ipse, uolensque 
supplicio infelix tantaleo frueris?
Che succede ora, che arriva l’estate? Che tu stesso hai sete e vuoi [nota su allitterazioni] 
sopportare, infelice, il supplizio di Tantalo? 
[nota Condannato per ribellione agli dèi pagani a restare in eterno vicino ad acque e frutti che fuggivano davanti a lui, impedendogli di dissetarsi e sfamarsi pur avendo a portata di mano cibo ed acqua.]
Ista quidem diues sed non est uena perennis, 
iam custoditas prohibet aestus aquas: 
quod serues nil postmodo erit. Quid, inepte, moraris? 
Unda perit: bibe tu; uel sine, quaeso, bibam.
Questa sorgente è abbondante, ma non perenne, 
ormai il calore impedisce di conservare l’acqua: 
ciò che conservi ora non ci sarà poi. Che aspetti, stupido? 
L’acqua cala: o bevi tu o, per favore, lascia bere me! 

Nota: a un Argo (cane mitologico) che fa la guardia ad una fonte. La "fonte" è metafora di una persona desiderata, e io penso sia un ragazzo, la cui improvvisa crescita della barba (indicata qui dall'estate, cioè dalla "maturità" dell'anno) segnerebbe, secondo l'ideologia antica, la fine dell'età in cui può essere "goduto".

 
Eventuale dida di foto
 
62.  
In Chrysocomum.
62. 
A Capellidoro.
Aspicis ut fuluo radiat coma pressa galere, 
ut nitido Phoebi sidere pura micat.
Guarda come splende la chioma nel berretto dorato, 
come brilla pura alla chiara luce del sole.
Tam bene callaicis liquidum fornacibus aurum, 
tam bene nec fusis fulget Apollo comis.
Non così bene risplende l’oro fuso nelle fucine della Galizia, 
né Apollo [nota] con i capelli sciolti.
Sed quid ago? En crinem penitus uultumque retexit   Chrysocomus, iam non inuidet hora mihi. Ma cosa faccio? Ecco che Crisocomo [nota] ha scoperto del tutto volto e capelli: momento per me senza paragone!
O ego ter foelix! Ergo haec <...> mihi fas est 
cernere? Sunt sunt haec sidera non oculi.
O me tre volte felice! Dunque posso ammirare tali <...> cose? Queste sono stelle, non occhi.
Nil me fallis, Amor; clausum hoc te lumine cerno ["cerne" sul sito] 
iniicere arcanas in mea corda faces.
Non m’inganni, Amore; ti vedo chiuso in questi occhi 
che lanci fiamme segrete nel mio cuore. 

LXII (tradotto in italiano anche in: Francesco Arnaldi (a cura di), Poeti latini del Quattrocento, Ricciardi, Milano e Napoli 1964, p. 1015).

 
Eventuale dida di foto
 
63.  
In eumdem.  
Ad Maronem Vergilium.
63. 
Allo stesso. 
Accompagnando un Virgilio Marone.
Mitteris ad puerum nostri, Maro, pignus amoris. 
Videris hunc, dices: Noster Alexi, uale.
Virgilio, sarai mandato al ragazzo in pegno del mio amore. 
Se lo vedessi, gli diresti: "Salve, mio Alessi".
Viderit hunc tecum, supplex clamabit Alexis: 
do tibi me, Corydon; da mihi Chrysocomum.
Se Alessi lo vedesse con te, lo supplicherebbe: 
"Mi do a te, Coridone; ma tu dammi Crisocomo". 

Poesia di accompagnamento per un libro (oggetto all'epoca costoso) di Virgilio.  
Alessi è il ragazzo di cui è innamorato, invano, Coridone nella II ecloga di Virgilio (da qui il verso conclusivo), ma secondo i commentatori antichi Alessi era anche il nome del ragazzo amato da Virgilio, al quale parrebbe di riconoscere nel bel "Capellidoro" di Poliziano, se lo vedesse, il suo proprio amato.

 
Eventuale dida di foto
 
64.  
In eumdem.
64. 
Per lo stesso.
Allicis, expellis; sequeris, fugis; es pius, es trux; 
me uis, me non uis; me crucias et amas;
Mi attiri e mi respingi; mi segui e scappi; sei affettuoso e crudele; 
mi vuoi e non mi vuoi; mi tormenti e mi ami;
promittis, promissa negas; spem mi eripis et das. 
Iam iam ego uel sortem, Tantale, malo tuam.
prometti, e ritratti; mi dai speranza, poi me la togli. 
O Tantalo, ormai preferisco persino la tua sorte.
Durum ferre sitim circum salientibus undis, 
durius in medio nectare ferre sitim.
È duro patire la sete circondato da acque zampillanti, 
ma è ancora più duro patirla in mezzo al nettare. 
[Nota: allusione al famoso "supplizio di Tantalo", su cui vedi sopra, nota___. Il nettare è la bevanda degli dèi greci]
 
Eventuale dida di foto
 
79.  
In Campanum [1477].
79. 
Per Giannantonio (Antonio) Campano [1477].
Ille ego laurigeros cui cinxit et infula crines, 
Campanus, Romae delitium hic iaceo.
Qui giaccio io, Campano, gioia di Roma, 
che fui cinto dall’alloro dei poeti e dalla benda episcopale [nota: vescovo di Crotone e poi di Teramo].
Mi ioca dictarunt Charites; nigro sale Momus, 
Mercurius niueo, tinxit utroque Venus;
Le Grazie mi dettarono poesie leggere; Momo [nota: divinità figlia di Notte e Sonno, famosa perché criticava continuamente gli altri dei] le cosparse di sale nero, 
Mercurio di sale bianco, Venere di entrambi;
mi ioca, mi risus, placuit mihi uterque Cupido. 
Si me fles, procul hinc, quaeso, uiator, abi.
mi piacquero i giochi, il riso ed entrambi gli Amori. 
Se vuoi piangermi, passante, per favore va' lontano da qui. 

Nota: è un epitaffio per Giovanni Antonio Campano (1429-1477). (Vedilo anche in Giuseppe Lesca, Giovannantonio Campano, detto l'episcopus Aprutinus, Ristori, Pontedera 1892, p. 104). Campano è sepolto nella cattedrale di Siena, ovviamente con un epitaffio meno "scandaloso" edito anch'esso da Lewsca, nella cappella di San Giovanni Battista

 
Eventuale dida di foto
 
 107.  
In Corydonem.
107. 
A Coridone.
Sum puer; exclamas, Corydon, sub<i>gisque fateri. 
In te reclamat sed tua barba: uir es.
Sono un ragazzino, esclami, Coridone, e vuoi che lo confermi.  
Ma la tua barba ti contraddice: sei già un uomo. 
 (lo stesso anche negli Epigrammi greci, n. 2)
======================================== 
 Da: Sylvae / Le selve [14__[1] 
.
Sylva IV, versus 585-595.
Selva 4, versi 585-595.
585 
Non ego te, longo praesignis Anacreon aeuo, 
transierim, bicolore caput redimite racemo; 
cui citharae cordi, cui nigri pocula Bacchi 
semper, et ancipiti stimulans Amathusia cura: 
nam modo threicii crinem miraris ephebi,
585 
Io non ti scorderò, antico famoso Anacreonte, 
la cui testa è cinta da grappoli d’uva bicolore; 
a cui sono cari gli inni, sempre i calici di scuro vino 
e ti affanni con ambigui amori: 
infatti ora ammiri i capelli dell’efebo trace,
590 
nunc samium celebras (iubet Adrastea) Bathyllum, 
nunc teneram Eurypylen tenerumque Megistea laudas: 
tandem acino passae cadis interceptus ab uuae. 
Ipse Lyci nigros oculos nigrumque capillum, 
quamque uides digito natiuam inolescere gemmam,
590 
ora celebri Batillo di Samo (Nemesi lo vuole), 
ora lodi la giovane Euripile e il giovane Megisto: 
infine moristi soffocato da un acino d'uva passa. 
E tu, ardente Alceo, ammiri gli occhi e i capelli neri di Lico, 
e la gemma naturale che fiorisce sul suo dito,
595 
exactosque canis, pugnax Alcaee, tyrannos, 
....
595 
e canti i perfetti tiranni. 
 

La traduzione dal latino, inedita, è di Pierluigi Gallucci, che ringrazio per il contributo. La revisione del testo italiano è mia, quindi eventuali errori sono da imputare a me soltanto. 

[Nota: Il testo da: Angelo Poliziano, Sylvae, come pubblicato online dal sito "Poeti d'Italia in lingua latina", che riproduce l'edizione a cura di Isidoro Del Lungo, Prose volgari inedite e poesie latine e greche edite e inedite di Angelo Ambrogini Poliziano, Barbèra, Firenze 1867. Ristampa anastatica: Bottega d'Erasmo, Torino 1970 (che ha il solo testo latino). Il brano parla dell'omosessualità del poeta greco Anacreonte].

============================== 
Da: Lusus (in Ginebram) / Scherzo (contro Ginevra) [sec. XV] [1] 
.
1.  
Angelus Politianus in Ginebram
1.
Angelo Poliziano contro Ginevra 
Concubitum, Ginebra, tuum cum nuper adirem 
et staret cupido mentula tenta mihi,
Quando poco fa stavo per accoppiarmi con te, Ginevra,  
e per il desiderio il cazzo mi si rizzava,
iam resupina toro, iam cunno ad bella parato, 
concubitus pretium grandia dona rogas.
tu già stesa sul letto, con la vagina già pronta alla guerra,  
ecco che mi chiedi grandi regali per l’accoppiamento.
Mens dare suadebat, sed mentula sanior illa 
demisso uultu protinus obstupuit.
La mente mi consigliava di darteli, ma il cazzo, ben più assennato, 
si ammosciò all’istante con aspetto abbattuto.
Tu tamen hanc frustra palpas, nam languida perstat 
quodque petis curat mentula, non quod agas.
Tuttavia, lo palpi invano, infatti il cazzo continua ad essere moscio 
e non fa né ciò che desideri né ciò che fai.
Quam nunc esse tibi dicam, mea mentula, mentem, 
quae bene, uel cum mens desipit, ipsa sapis!
Ora posso dire che hai buon senno, cazzo mio, 
tu sì che sei saggio, proprio quando la mente vacilla!
Testo La traduzione dal latino di questa sezione, inedita, è di Pierluigi Gallucci, che ringrazio per il l'aiuto. 

[Nota: [1] Il testo da: Stefano Carrai e Giorgio Inglese, Epigrammi inediti del Poliziano e del Naldi, "Rinascimento", XXXIII 1993, pp. 117-120, come pubblicato online dal sito "Poeti d'Italia in lingua latina".  
Si tratta di uno scambio fittizio di sette epigrammi latini fra il Poliziano e la prostituta Ginevra (ovviamente le risposte le ha scritte Poliziano stesso).

 
Eventuale dida di foto
 
2.  
Ginebra in Angelum de Monte Poliziano
2. 
Ginevra contro Angelo da Montepulciano.
Summa est ut gratis futuas iterumque lacessis 
concubitus ardens; iam tibi cunnus hiat;
Il punto è che vuoi scopare gratis e desideri, focoso,  
un altro accoppiamento; la mia vagina è già aperta davanti a te;
ni1 peto pro hoc, tandem subeat tua mentula cunnum: 
dulcius est nostrum quam Ganimedis opus.
(nil) non desidero nient’altro, infine il tuo cazzo mi penetra:  
la nostra opera è più dolce di Ganimede.
Iam futuor; fracta promictens munera uoce 
cur mihi, post coitus, cur geminata dabas?
Sono già stata fottuta; perchè, con la voce effemminata/affannata (promittens) 
promettevi di darmi, dopo il coito, un doppio regalo?
Pauper erat primum, cur crassa est mentula postquam 
podicis officium uulua cacantis habet?
Il primo era poca cosa, perchè il cazzo è ancora grosso dopo che  
la vagina ha fatto il servizio dell’ano che caga?
Deprensum est facinus. Verum nunc, Angele, dicam: 
exagitas cunnos dum cupis ipse nates.
Il fatto è ormai scoperto. E ora te lo dirò, Angelo:  
tormenti le vagine mentre in realtà desideri le natiche.
 
Eventuale dida di foto
 
3.  
Idem
3. 
Il medesimo autore.
Ipso - quis crederet? - cunno Ginebra pepedit, 
credidit inde nates mentula et obstupuit.
Chi l’avrebbe mai creduto? Ginevra ha scorreggiato dalla vagina,  
per questo il cazzo la scambiò per le natiche e si ammosciò.
Exclamo:"Quod me in facinus temeraria ducis? 
Non ut pedicem quaero, sed ut futuam".
Esclamo: "Perchè, temeraria, mi conduci alla vergogna?  
Non ti cerco per incularti, ma per fotterti".
"Saepe meum - dixit - uirga Bettuccius intrat 
culum perque altas itque reditque nates.
"Spesso – lei dice – Bettuccio mi entra col cazzo 
nel culo e va e viene fino in fondo.
Illa fretus agit uentos; hi<n>c, Angele, cunnus 
pedere saepe solet, saepe cacare solet,
Così provoca forti arie; per questo, Angelo, la mia vagina  
spesso scorreggia, spesso caga,
sed mingit podex". Quod si Bettuccius ista 
audiet, hoc dicet: "Tu quoque, cunne, uale".
mentre l’ano piscia". Se Bettuccio sentisse queste parole, 
direbbe questo: "Anche tu, vagina, addio".
 
Eventuale dida di foto
 
4.  
Responsum in auctorem a Ginebra.
4.  
Risposta di Ginevra all'autore.
Qui fruitur tumidis, <non>nulla intende, mariscis 
non emerat ficus - iam fatur ille - meas;
Chi, con qualche attenzione (intente), preferisce le grosse marische [fico grosso, ma anche escrescenza dell’ano], 
non comprerà i miei fichi – dice ormai quello;
quique solet lepores tenso praefigere telo 
decidit huic uisa †coronêticus † asta lupa.
e chi di solito trafigge le lepri con un dardo teso, 
huic decidit uisa †coronêticus † asta lupa.
Hoc tua me docuit nimirum conscia mentis 
mentula femineum iam stomacata genus.
Proprio la tua mente consapevole mi ha insegnato questo, 
che il tuo cazzo è ormai nauseato dal genere femminile.
Bella iterum poscas iterumque extolle Meghaeram, 
forsitan huic aptum culeon ipsa dabo!
Più volte sfidi alla guerra, più volte aizzi Megera [una delle Furie],  
forse darò un culeon adatto a questo!
Nec tamen a nobis demens haec dona tulisti: 
nam minxit cunnus, rite cacauit anus.
Tuttavia, tu, folle, non mi hai portato via questi doni:  
infatti, la vagina ha pisciato e l’ano ha cagato regolarmente.
 
Eventuale dida di foto
 
5.  
Eadem in eundem.
5. 
La stessa allo stesso. [ma parla Poliziano??]
Pedicas culo si quis me iudice constat, 
pedicas cunno te referente meo,
A mio giudizio, con il tuo culo si sodomizza,  
per quanto posso dire, con la tua vagina si sodomizza,
undique pedicas. Quod si Bettuccius ista 
audiet:"Oh - dicet - tu quoque, cunne, uale".
da ogni lato si sodomizza. Se Bettuccio ascoltasse queste parole, 
direbbe: "Oh, anche tu, vagina, addio".
 
Eventuale dida di foto
 
6.  
Eadem in eundem.
6. 
La stessa allo stesso.
Una tibi a nobis recitata est fabula cunni; 
ut nossem mores <ex>polit omne tuos.
Insieme a te lessi la favola della vagina, 
per cercare di affinare in ogni modo i tuoi costumi.
Iam pridem † mentulis † fretusque et munere culi 
credideras uuluam conc<r>epuisse meam.
Già da tempo † mentulis † fretusque e con il dono del culo 
avevi creduto che la mia vagina risuonasse.
† Hu(n)c mo(n)du(m) futuis uellet Ginebra cacares †... Ginevra vorrebbe che caghi nel modo in cui fotti.
 
Eventuale dida di foto
 
6bis.  
Idem in eandem.
6 bis. 
lo stesso alla stessa.
Stare negat penis; nimium, Ginebra, peti<sti>. 
Obicis, ecce, nates et petis: ille iacet.
Lei dice che il mio pene non si rizza; chiedi troppo, Ginevra.  
Ecco, gli offri le natiche e lo scongiuri: ma lui giace lì.
Nolo ego, nolo nates: habe<a>t Bettuccius illas! 
Nec culum uolo iam, † anima † uolo ut taceas.
Io non voglio, non voglio le tue natiche: le abbia pure Bettuccio!  
Non voglio già le tue natiche, voglio che stai zitta.
[2]. 

[3]. 

[4]. 

[5]. 

[6]. 

[7]. 

[8]. 

[9]. 

[10]. 

[11]. 

[12]. 

L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti.

Note 

[1] Il testo da: Angelo Poliziano, Epigrammata, come pubblicato online dal (fu?) sito "Poeti d'Italia in lingua latina", che riproduce l'edizione a cura di Isidoro Del Lungo, Prose volgari inedite e poesie latine e greche edite e inedite di Angelo Ambrogini Poliziano, Barbèra, Firenze 1867. Ristampa anastatica: Bottega d'Erasmo, Torino 1970 (che ha il solo testo latino e greco). 

La traduzione dal latino qui proposta, inedita, è di Pierluigi Gallucci, che ringrazio per il contributo.  
La revisione del testo italiano è mia, quindi eventuali errori sono da imputare a me soltanto. 

Su queste poesie si veda: SEMERANO eccetera. 

Per altri epigrammi latini inediti vedi anche: Sette epigrammi latini "In Ginebram". 

[2]. 

[3] 

[4]. 

[5]. 

[6]. 

[7]. 

[8]. 

[9]. 

[10]. 

[11] 

[12]. 
 

Quest'opera è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons "Attribuzione - Non opere derivate 2.5" Italia.
La ripubblicazione integrale è consentita a chiunque sotto i termini di tale licenza.
La ripubblicazione parziale è concesso esclusivamente previo accordo con l'autore: scrivere per accordi.
[Torna all'indice dei testi originari] [Vai alla pagina di biografie di gay nella storia]