Da: Hierogliphica
/ Geroglifici [1556?] [1]
.
Liber
XXIII, Perdrix.
Amor
turpissimus.
|
Libro
23. La pernice.
L'amore
turpissimo.
|
/
p. 175v / Impudicissimum hominem, tamque afferata nequitia
perditum,
ut in consanguineis quoque nullo pudore sit petulans, significare si
vellent
Aegyptij sacerdotes, Perdices duas pingere sunt soliti: ipsae enim
coniuge
viduatae, sese invicem abutuntur. |
I
sacerdoti egizi, se volevano indicare un uomo impudicissimo, e corrotto
da una tale dissolutezza che, in modo sfacciato, non aveva alcun
rispetto
nemmeno per i consanguinei, di solito lo raffiguravano con due pernici:
infatti, esse, quando sono prive del coniuge, si abusano a vicenda. |
Mares
quippe, ut cernere est ex ijs qui domi aluntur, inter se tumultuant,
clamitant,
pugnamque de coitu censerunt, quos coelibes vocant: qui autem victus in
pugna fuerit, sequitur victoris venerem, neque aliud pugnae praemium,
nisi
victum a victore pollui. |
Infatti,
i maschi, per decidere chi tra loro si può nutrire nel nido, strepitano
tra loro, emettono grandi versi, e giudicano il combattimento
dall’accoppiamento,
coloro che essi chiamano celibi: ma chi è stato sconfitto nel
combattimento,
segue il desiderio sessuale del vincitore e non ha altro premio per il
combattimento che essere violato dal vincitore. |
Verùm
hoc non fieri semper, sed certo anni tempore, observatum ait
Aristoteles.
Illud ferè semper, ut cum primum pullus exire coeperit, à
mare subigatur. Ne tibi mirum adeò videatur, q<uod> Marcellus
Perdicem ex avibus virili genere appellandum dicat, Varronis autoritate
nisus. |
Ma
Aristotele dice che è stato osservato che questo non succede sempre,
ma solo in un certo periodo dell’anno. Quasi sempre quello, appena un
pulcino
inizia ad uscire, è messo sotto dal maschio. Perciò, non
ti sembri strano che l’imperatore Marcello dicesse di definirsi una
pernice
tra gli uccelli di genere maschile, se ci affidiamo all’autorità
di Varrone. |
Romani
sanè pro huiusmodi notae puero, pullum dicere soliti sunt: unde
Q. Fabium, cui Eburno propter candorem cognomen fuit, pullum Iovis
appellarunt,
q<uia> natis eius fulmine icta fuerit, quasi eam Iupiter
appetisset,
cum potius interpretari debuerint, & eum, & eius amatores omnes
igne perdendos esse. |
Così
i Romani di solito chiamano pulcino un ragazzo di infamia di tal
genere:
perciò, chiamarono Quinto Fabio, che fu soprannominato Eburneo per
il suo splendore, pulcino di Giove, perchè i suoi figli furono colpiti
da un fulmine, come se Giove desiderasse lui (eum),
mentre avrebbero dovuto meglio interpretati come se fossero da uccidere
col fuoco lui e tutti i suoi amanti. |
Apud Ausonium
quoque Marcum quendam impudicissimum fellem pullarium dictum
reperias.
In
fabulis
fertur à quibusdam, Perdicem venatorem matris amore deflagrasse. [e crede che Elagabalo si sia fatto
mettere piume
di pernice nei cuscini e materassi per naturae similitudo]. |
Anche in Ausonio
puoi trovare un certo Marco chiamato impudicissimo rapitore di
“pulcini”
(fellem).
Alcuni
raccontano
nelle favole che il cacciatore Pernice ardesse di desiderio per sua
madre. |
Eventuale
dida di foto
|
Liber
LI, Myrtus.
Ganymedes.
|
Libro
51. Mirto.
Genimede.
|
/
p. 374v / Sunt qui per myrtum Ganymedem referri putent, quod
persuasum
sit eam ibi laetissime natam, ubi pueris pedum vestigia pressissent. |
Ci
sono coloro che ritengono di ricondurre Ganimede al mirto, poichè
vi è la convinzione che nasca rigoglioso là dove si impressero
le orme dei piedi del giovane. |
Argumento
esse locum in Chalcide Harpagium à re ipsa nuncupatum, quod ibi
Ganymedem ab Iove raptum fabulantur, ibidemque Myrtos pulcherrimas,
atque
admodum copiosas nasci. |
Ne
è prova che c’è un luogo in Calcide chiamato Harpagium [in
Eubea, in greco lett. “luogo del rapimento”] proprio per questo motivo,
poichè raccontano che lì Ganimede fu rapito da Giove, e sempre
lì nascono mirti bellissimi e molto abbondanti. |
Quod
ea de causa è Chalcidensibus confictum aiunt, quod insulares illi
impurum genus fuerint, puerilium amorum turpitudini quamdeditissimi,
pudore
omni posthabito. Idquoque apud Pausanias. |
Per
questo motivo dicono che fu inventato dai Calcidiesi, poichè quegli
isolani erano un popolo impuro, quanto più dediti possibile alla
turpitudine degli amori con i ragazzini (quam deditissimi), dopo aver
abbandonato
ormai ogni pudore. (Id quoque) Anche questo in Pausania. |
Eventuale
dida di foto
|
Liber
LX, Hyacinthus.
Sapientia.
|
Libro
60. Giacinto.
Sapienza.
|
/
p. 440v / Hyacinthus, quem ab Apolline in florem conversum
poëtae
fabulantur, prudentiae ac sapientiae symbolum est. |
Testo. |
Nam
cum Apollo Musarum ingenij, ac literarum Deus sit, Hyacinthum puerum ab
illo ob formam adamatus, poëtae finxerunt: quia sensus naturalis minime
corruptus puer est, hoc est prudentia caret, sed tamen formosus est,
quia
mentem ad sui contemplationem excitat: |
Infatti,
essendo Apollo il dio del genio della poesia e delle Lettere, i poeti
inventarono
che il giovane Giacinto sia stato amato da lui per la bellezza: perchè
l’indole naturale del ragazzo è praticamente incorrotta, quindi
manca di prudenza, ma tuttavia è così bello che stimola l’animo
alla sua contemplazione: |
qua contemplatione
fit, ut tandem sensus, iuvenili aetate atque fervore illo deposito,
prudentiae
& sapientiae florem ex se gignat, suavissimis virtutum odoribus
fragrantem;
quorum post memoria literarum monumentis ad posteros manat. |
per questa
contemplazione accade che, alla fine, la sua indole, trascorsa la
giovane
età e quell’impeto, genera il fiore della prudenza e della sapienza,
che emana i dolcissimi profumi delle virtù; i loro ricordi, grazie
alla memoria della letteratura, si diffondono fino ai posteri. |
Eventuale
dida di foto
|
Liber
LX, Narcissus flos.
Corporis
forma.
|
Libro
60. Il fiore del narciso.
Bellezza
corporea.
|
/
p. 440v / Narcissus flos corporis formam quae citò corrumpitur,
& iuventae florem qui cito transit, significat, ut & rosa,
&
viola, & omnes flores qui citò corrumpuntur. |
Testo. |
Idcirco
enim poëtae finxëre, Narcissum formosissimum puerum, dum suam
formam quam in fonte cernebat, cupidè nimis admiratur, in fontem
prolapsum perijsse, & in florem huiusmodi conversum: ut indicarent
(sic) non hanc fluxam corporis formam, sed animi praestantiam, &
divinam
illa aeternamque pulchritudinem esse adamanda. |
Per questo
infatti i poeti immaginarono che Narciso, bellissimo ragazzo,
mentre
contemplava troppo avidamente la propria bellezza, che vedeva in una
fonte,
sia caduto nella fonte e annegato, e sia stato tramutato in questo tipo
di fiore: per indicare che non va amata questa bellezza effimera del
corpo,
ma la bellezza dell'anima, e la bellezza divina ed eterna. |
[2].
[3].
[4].
[5].
[6].
[7].
[8].
[9].
[10].
[11].
[12].
L'autore
ringrazia
fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati
su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà
eventuali errori in essa contenuti.
|
Note
[1]
Il testo è stato ricopiato da: Giovanni Pierio Valeriano,
Hierogliphica,
Honoraty, Lugduni 1579.
La
traduzione
dal latino, inedita, è di Pierluigi
Gallucci, che ringrazio per il l'aiuto.
[2].
[3].
[4].
[5].
[6].
[7].
[8].
[9].
[10].
[11].
[12].
Cfr.
anche:
liber XI, p. 83r.
Hiena.
Riferisce
(con qualche dubbio) la storia del cambiamento alternato di sesso della
iena, che simboleggia... l'instabilità di costumi.
|