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Giovanni Pierio Valeriano (1477-1560)

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 NOTA BENE. Questo testo è un semplice "appunto", condiviso in attesa di trovare il tempo
per curare o farne curare la traduzione, il commento, o entrambe le cose.
 
Da: Hierogliphica / Geroglifici [1556?] [1] 
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Liber XXIII, Perdrix. 
Amor turpissimus.
Libro 23. La pernice. 
L'amore turpissimo.
/ p. 175v / Impudicissimum hominem, tamque afferata nequitia perditum, ut in consanguineis quoque nullo pudore sit petulans, significare si vellent Aegyptij sacerdotes, Perdices duas pingere sunt soliti: ipsae enim coniuge viduatae, sese invicem abutuntur.  I sacerdoti egizi, se volevano indicare un uomo impudicissimo, e corrotto da una tale dissolutezza che, in modo sfacciato, non aveva alcun rispetto nemmeno per i consanguinei, di solito lo raffiguravano con due pernici: infatti, esse, quando sono prive del coniuge, si abusano a vicenda.
Mares quippe, ut cernere est ex ijs qui domi aluntur, inter se tumultuant, clamitant, pugnamque de coitu censerunt, quos coelibes vocant: qui autem victus in pugna fuerit, sequitur victoris venerem, neque aliud pugnae praemium, nisi victum a victore pollui. Infatti, i maschi, per decidere chi tra loro si può nutrire nel nido, strepitano tra loro, emettono grandi versi, e giudicano il combattimento dall’accoppiamento, coloro che essi chiamano celibi: ma chi è stato sconfitto nel combattimento, segue il desiderio sessuale del vincitore e non ha altro premio per il combattimento che essere violato dal vincitore. 
Verùm hoc non fieri semper, sed certo anni tempore, observatum ait Aristoteles. Illud ferè semper, ut cum primum pullus exire coeperit, à mare subigatur. Ne tibi mirum adeò videatur, q<uod> Marcellus Perdicem ex avibus virili genere appellandum dicat, Varronis autoritate nisus. Ma Aristotele dice che è stato osservato che questo non succede sempre, ma solo in un certo periodo dell’anno. Quasi sempre quello, appena un pulcino inizia ad uscire, è messo sotto dal maschio. Perciò, non ti sembri strano che l’imperatore Marcello dicesse di definirsi una pernice tra gli uccelli di genere maschile, se ci affidiamo all’autorità di Varrone.
Romani sanè pro huiusmodi notae puero, pullum dicere soliti sunt: unde Q. Fabium, cui Eburno propter candorem cognomen fuit, pullum Iovis appellarunt, q<uia> natis eius fulmine icta fuerit, quasi eam Iupiter appetisset, cum potius interpretari debuerint, & eum, & eius amatores omnes igne perdendos esse. Così i Romani di solito chiamano pulcino un ragazzo di infamia di tal genere: perciò, chiamarono Quinto Fabio, che fu soprannominato Eburneo per il suo splendore, pulcino di Giove, perchè i suoi figli furono colpiti da un fulmine, come se Giove desiderasse lui (eum), mentre avrebbero dovuto meglio interpretati come se fossero da uccidere col fuoco lui e tutti i suoi amanti.
Apud Ausonium quoque Marcum quendam impudicissimum fellem pullarium dictum reperias.  
In fabulis fertur à quibusdam, Perdicem venatorem matris amore deflagrasse. [e crede che Elagabalo si sia fatto mettere piume di pernice nei cuscini e materassi per naturae similitudo].
Anche in Ausonio puoi trovare un certo Marco chiamato impudicissimo rapitore di “pulcini” (fellem).  
Alcuni raccontano nelle favole che il cacciatore Pernice ardesse di desiderio per sua madre.
 
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Liber LI, Myrtus. 
Ganymedes.
Libro 51. Mirto. 
Genimede.
/ p. 374v / Sunt qui per myrtum Ganymedem referri putent, quod persuasum sit eam ibi laetissime natam, ubi pueris pedum vestigia pressissent. Ci sono coloro che ritengono di ricondurre Ganimede al mirto, poichè vi è la convinzione che nasca rigoglioso là dove si impressero le orme dei piedi del giovane.
Argumento esse locum in Chalcide Harpagium à re ipsa nuncupatum, quod ibi Ganymedem ab Iove raptum fabulantur, ibidemque Myrtos pulcherrimas, atque admodum copiosas nasci. Ne è prova che c’è un luogo in Calcide chiamato Harpagium [in Eubea, in greco lett. “luogo del rapimento”] proprio per questo motivo, poichè raccontano che lì Ganimede fu rapito da Giove, e sempre lì nascono mirti bellissimi e molto abbondanti.
Quod ea de causa è Chalcidensibus confictum aiunt, quod insulares illi impurum genus fuerint, puerilium amorum turpitudini quamdeditissimi, pudore omni posthabito. Idquoque apud Pausanias. Per questo motivo dicono che fu inventato dai Calcidiesi, poichè quegli isolani erano un popolo impuro, quanto più dediti possibile alla turpitudine degli amori con i ragazzini (quam deditissimi), dopo aver abbandonato ormai ogni pudore. (Id quoque) Anche questo in Pausania.
 
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Liber LX, Hyacinthus. 
Sapientia.
Libro 60. Giacinto. 
Sapienza.
/ p. 440v / Hyacinthus, quem ab Apolline in florem conversum poëtae fabulantur, prudentiae ac sapientiae symbolum est. Testo.
Nam cum Apollo Musarum ingenij, ac literarum Deus sit, Hyacinthum puerum ab illo ob formam adamatus, poëtae finxerunt: quia sensus naturalis minime corruptus puer est, hoc est prudentia caret, sed tamen formosus est, quia mentem ad sui contemplationem excitat: Infatti, essendo Apollo il dio del genio della poesia e delle Lettere, i poeti inventarono che il giovane Giacinto sia stato amato da lui per la bellezza: perchè l’indole naturale del ragazzo è praticamente incorrotta, quindi manca di prudenza, ma tuttavia è così bello che stimola l’animo alla sua contemplazione:
qua contemplatione fit, ut tandem sensus, iuvenili aetate atque fervore illo deposito, prudentiae & sapientiae florem ex se gignat, suavissimis virtutum odoribus fragrantem; quorum post memoria literarum monumentis ad posteros manat. per questa contemplazione accade che, alla fine, la sua indole, trascorsa la giovane età e quell’impeto, genera il fiore della prudenza e della sapienza, che emana i dolcissimi profumi delle virtù; i loro ricordi, grazie alla memoria della letteratura, si diffondono fino ai posteri.
 
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Liber LX, Narcissus flos. 
Corporis forma.
Libro 60. Il fiore del narciso. 
Bellezza corporea.
/ p. 440v / Narcissus flos corporis formam quae citò corrumpitur, & iuventae florem qui cito transit, significat, ut & rosa, & viola, & omnes flores qui citò corrumpuntur.  Testo.
Idcirco enim poëtae finxëre, Narcissum formosissimum puerum, dum suam formam quam in fonte cernebat, cupidè nimis admiratur, in fontem prolapsum perijsse, & in florem huiusmodi conversum: ut indicarent (sic) non hanc fluxam corporis formam, sed animi praestantiam, & divinam illa aeternamque pulchritudinem esse adamanda. Per questo infatti i poeti immaginarono che Narciso,  bellissimo ragazzo, mentre contemplava troppo avidamente la propria bellezza, che vedeva in una fonte, sia caduto nella fonte e annegato, e sia stato tramutato in questo tipo di fiore: per indicare che non va amata questa bellezza effimera del corpo, ma la bellezza dell'anima, e la bellezza divina ed eterna.
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L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti.

Note 

[1] Il testo è stato ricopiato da: Giovanni Pierio Valeriano, Hierogliphica, Honoraty, Lugduni 1579. 

La traduzione dal latino, inedita, è di Pierluigi Gallucci, che ringrazio per il l'aiuto. 

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Cfr. anche: liber XI, p. 83r. 
Hiena. Riferisce (con qualche dubbio) la storia del cambiamento alternato di sesso della iena, che simboleggia... l'instabilità di costumi. 
 


Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.
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