Omosessualità e mondo animale
31/12/2002 Signor Dall'Orto,
In Italia uscì un primo articolo su questo argomento, tre-quattro anni fa, su "Anna", con fotografie. Non l'ho conservato, ma lei, a Milano, non avrà difficoltà a rintracciarlo. Parlava già di centinaia di specie animali in cui il comportamento omosessuale era stato osservato e registrato. Mi resi conto che il recente cambiamento di punto di vista delle gerarchie cattoliche, da "L'omosessualità è contro natura" a "L'omosessualità è un disordine oggettivo della condotta" non poteva che partire da quei dati. Va dura parlare di natura quando più di quattrocento specie animali praticano un comportamento sessuale "contro natura". Però questo implicava il dover considerare l'omosessualità sotto un altro punto di vista in cui le pseudospiegazioni psicologistiche, sociologistiche e di altri friggitori di aria saltavano di colpo. Bastava del resto ascoltare le parole di tanti omosessuali, che dicevano chiaramente di aver sempre saputo, fin da piccoli, ben prima di aver idee chiare sul sesso, di aver interessi nei confronti di persone del loro sesso. È vero che uno può vivere
malamente la propria omosessualità, e aver bisogno dello psicologo,
ma questo è un effetto, non una causa.
Per il lavoro che faccio (www.stress-cocchi.net)
mi
occupo da oltre 20 anni di sindrome di Down. Solo in Italia
nascono ogni anno circa settecento bambini Down, che ora (soprattutto con
gli antibiotici), vivono molto più a lungo che in passato.
E se la cosa fosse più semplice? Il rasoio di Occam aiuta sempre! Se provassimo a riferirci all'ipotesi che il comportamento sessuale è frutto di interazioni prenatali complesse, le quali, come tutti i comportamenti biologici, possono essere anomale, per deficit o per eccesso? Le "specializzazioni" in ambito omosessuale ci fanno pensare a qualcosa che, limitatamente a ciò, si è fermato ad un livello, o non ha seguito, in qualche modo, il corso preferenziale... La curva di Gauss, elemento principe della statistica, dice che pur nell'ambito della normalità le due code di sinistra e di destra hanno caratteristiche particolari, per cui "conviene" tralasciarle. Il taglio è di solito al 5% per una coda, o al 2.5% per entrambe le code. Curioso, vero? Non le ricorda nulla? [è la percentuale di omosessuali esclusivi secondo il "Rapporto Kinsey", NdR] Gli psichiatri (non gli psicologi) hanno da tempo accettato l'omosessualità come una normale variante del comportamento sessuale. Io credo che per ora, questo potrebbe essere sufficiente. Se poi si scoprisse scientificamente quello che è noto per pratica, che gli omosessuali hanno una sensibilità particolare, ancora una volta non potremmo parlare del "vantaggio naturale" dell'omosessualità come non si può parlare del "vantaggio naturale" di quelli che hanno un orecchio musicale. Esistono dei Mozart tra gli orsi omosessuali? La spiegazione di causa ed effetto è l'unica possibile, o potrebbe darsi che quella stessa causa che ha agito sull'orientamento sessuale, possa aver agito anche sulla sensibilità musicale? Mi scusi se le ho fatto perder tempo. Se riterrà opportuno inserire questa lettera nel suo sito, la autorizzo fin da ora. Cordialmente
[Nota di G. Dall'Orto: per l'indirizzo email del mittente rimando al suo sito]. |
Risposta
Gentile dott. Cocchi,
di omosessualità nel mondo animale non si parla da soli due o tre anni, ma almeno dai tempi di Aristotele.
Perfino un libro celebre come il Corydon di Gide difendeva già nel 1924 la "naturalità" dell'omosessualità proprio a partire dalla sua ampia diffusione nel mondo animale. Non fu quindi certo per caso che Alfred Kinsey, che rivelò al mondo la rilevanza del comportamento omosessuale nella specie umana, fosse un biologo, non uno psicologo o uno psichiatra: i biologi, loro, certe cose le sapevano da sempre... loro.
Diciamo quindi che oggi è semplicemente più difficile censurare il tema, e che è solo per questo che ormai se ne accorgono "perfino" i giornalisti. Era ora!
Quanto al resto, concordo con la pars destruens del suo messaggio, un po' meno con quella construens, soprattutto laddove lei si interroga sul "vantaggio" dell'omosessualità.
A mio parere la questione andrebbe posta in termini un po' diversi.
1. Gli omosessuali sono "speciali"?
Innanzi tutto io non credo che gli omosessuali,
in quanto gruppo sociale, abbiano caratteristiche speciali e per
così dire "ereditarie".
La mia opinione è che nell'insieme gli
omosessuali siano esattamente identici all'insieme degli eterosessuali
-
se si esclude il fattore "omosessualità". Ci sono santi e criminali,
geni e pazzi, persone banali e persone speciali.
Se io faccio un sito per parlare degli omosessuali "speciali", è solo perché sono stufo di sentir parlare esclusivamente degli omosessuali pazzi, delinquenti, sadici, stupratori, serial killer, psicopatici, casi clinici eccetera, che esistono sì, ma sono il 5% del nostro gruppo, mentre il 95% dell'informazione del mondo eterosessuale riguarda loro, sempre loro, e solo loro.
Ciò però non implica (cadendo nell'eccesso opposto) che noi siamo per natura "speciali" in senso positivo ("più" geniali, "più" sensibili, "più" artistici, "più"...).
Io credo che ciò che di speciale abbiamo
come gruppo sociale derivi dall'interazione con la cultura in cui viviamo,
e non dai nostri geni. Non credo alla "sensibilità" degli omosessuali:
ne conosco a centinaia e non ho mai visto tante persone negate per l'arte
e per il buon gusto come nel mondo gay.
Quanto alla sensibilità umana, non mi faccia
dire... è meglio (per noi).
In realtà un miliardo d'anni di evoluzione della Vita non è certo stato finalizzato a far sì che la razza umana avesse, grazie ai gay, musica più armoniosa o tagli di vestiti più eleganti... La selezione naturale se ne frega dell'esistenza della razza umana, figuriamoci di quella dei gay.
Ma anche ammesso e non concesso che le cose non stessero così, resta il fatto che qualunque presunto vantaggio di sensibilità attribuito all'omosessualità non controbilancerebbe un danno indiscutibile: la propensione degli omosessuali a perpetuare il proprio codice genetico (coi rapporti eterosessuali), è decisamente meno entusiastica di quella di qualunque eterosessuale... anzi, molto spesso è zero.
Questo, in termini di selezione naturale, è
uno svantaggio catastrofico: qualsiasi gene che abbia come effetto
una diminuzione della riproduzione è infatti destinato ad essere
eliminato da pool genetico - a meno che non fornisca qualche
vantaggio il cui valore sia pari o superiore allo svantaggio appena citato.
Come nel caso, che lei certo conosce meglio di
me, del gene mutato che in forma omozigote
provoca la fatale anemia falciforme (nota in Italia come "anemia mediterranea"
o "talassemia")
ma in forma eterozigote
procura l'immunità alla malaria. Ecco perché nelle
zone malariche la selezione naturale l'ha conservato, mentre altrove l'ha
eliminato.
Per queste ragioni, se noi ammettiamo (e io non lo ammetto, ma qui stiamo entrambi ragionando solo in astratto) che l'omosessualità abbia cause genetiche, essa deve, e insisto sulla parola "deve", fornire un qualche tipo di vantaggio riproduttivo tale che nessuna specie animale (quella umana inclusa) può permettersi il lusso di farne a meno.
E dico "deve", non "potrebbe", perché nessun gene che ostacoli la riproduzione può mantenersi in una popolazione se non contribuisca ad aumentare le possibilità di riproduzione in misura almeno pari alla diminuzione di natalità che ha causato.
2. Cosa può "causare" l'omosessualità?
Il modello della "campana" gaussiana che lei propone può essere effettivamente utile per capire il fenomeno.
Supponiamo per esempio per un istante che
ciò che "causa" l'omosessualità sia un "fattore X"
(qualunque cosa sia: genetica, ormonale, psicologica, vudù...)
, e che questo "fattore X" sia legato alla "causa" del comportamento sociale
fra animali della stessa specie, oppure l'amore, oppure la cura parentale
verso i piccoli.
(Ripeto che sto ragionando in astratto, quindi
sto citando possibili "collegamenti" fra comportamenti diversi scegliendoli
a caso: in realtà io "so solo di non sapere" e non sto proponendo
la reale esistenza di tali collegamenti).
Supponiamo infine che la distribuzione della miscela in una popolazione segua appunto, come spesso avviene nella realtà, una curva gaussiana.
Del "comportamento medio" entrerebbero a far parte anche comportamenti più "estremi" di quelli della mediana: un basso "fattore X" compenserebbe la maggiore mortalità relativa dei piccoli con una più alta propensione all'eterosessualità e quindi alla procreazione, dall'altro lato, individui con "fattore X" più alto e quindi con maggiori propensioni omosessuali, pur essendo relativamente meno portati a procreare, meglio accudirebbero alla prole, garantendo un più alto tasso di sopravvivenza alla prole stessa, e con essa anche alla propria "configurazione" genetica.
Avremmo insomma ai due estremi - omosessuali esclusivi che non si riproducono ed eterosessuali esclusivi che lasciano morire tutti i piccoli - due configurazioni eliminate, ad ogni generazione, dal pool genetico (sia pure per motivi diversi).
3. Cosa può "causare" l'eterosessualità?
Ripeto per la terza volta che questo è solo
un modello astratto, e che io non ho proposte o risposte sulla "causa"
dell'eterosessualità, e quindi dell'omosessualità.
Ciò non toglie che da un punto di vista
formale questo modello non sia arbitrario: la selezione naturale, in effetti,
agisce così, usando centinaia, migliaia, di fattori X Y e Z presenti
in ogni organismo, che si bilanciano a vicenda.
Ebbene, fino ad oggi è stato impossibile capire (dopo un secolo!) le "cause" dell'eterosessualità, e quindi dell'omosessualità, perché si è ristretta la ricerca al solo "margine" "omosessuale" della campana, trascurando tutto il resto, dando per scontato che "il resto" non avesse bisogno di essere studiato, né capito né tanto meno spiegato, dato che solo il bordo omosessuale andava capito - per eliminarlo.
Ma cercare di capire l'omosessualità senza capire come funzioni, e cosa causi, l'eterosessualità, è come studiare l'anatomia di un elefante ostinandosi a studiare solo la coda, e unicamente la coda.
Se
non fossero esistiti allucinanti pregiudizi razzisti contro l'omosessualità,
ci si sarebbe accorti da tempo del fatto che solo un modello che la spieghi
in quanto svantaggio biologico per l'individuo controbilanciato da un
vantaggio biologico per la specie, può renderne conto.
Ma immaginare che qualcuno sia disposto a ipotizzare
che gli individui con maggiori tendenze omosessuali possano essere portatori
di un vantaggio, anziché di un handicap (lei stesso
ne parla un po' in questi termini), è chiedere troppo all'apertura
mentale di qualunque scienziato. O dei suoi finanziatori.
Insomma, il "vantaggio" (che lei definisce "presunto", ma che invece è una necessità logica di qualunque tesi genetica delle "cause" dell'omosessualità) deve essere di tipo biologico (anche se le concedo che non deve necessariamente essere tale per l'individuo omosessuale stesso), e non certo limitato alla "sensibilità", musicale o meno.
Solo l'ipotesi secondo cui dal punto di
vista biologico esista anche un vantaggio (per la razza)
in ciò che provoca l'omosessualità, renderebbe conto della
presenza dell'omosessualità in tutte le razze animali, senza
che la selezione naturale riesca a sbarazzarsene.
Se non lo fa, vuol dire che si tratta di un
elemento costitutivo della Vita stessa, di cui la Vita non può
fare a meno.
Insomma, cercare il gene dell'omosessualità
per sradicarla dalla faccia della Terra, come si sta facendo, potrebbe
rivelarsi futile: è come studiare la luce per eliminare l'ombra
(ammesso e non concesso che l'eterosessualità sia una "luce").
Meglio sarebbe stato rassegnarsi all'idea
che "omosessualità ed eterosessualità sono due varianti del
comportamento sessuale".
4. Un parallelo inadeguato
Sul fatto infine che l'omosessualità sia una condizione avvicinabile alla trisomia, mi permetta di dissentire: trovo che lei abbia scelto la metafora sbagliata. E non perché io ritenga "poco dignitoso" essere messo sullo stesso piano di esseri umani a pieno titolo, ma con un corredo genetico diverso dal mio.
No, io dissento perché il parallelo con la trisomia, che è alla base di una condizione fisica, sta in piedi solo per quella parte dell'attività sessuale che riguarda anch'essa una condizione fisica, come le varianti anomale dei genitali (pseudoermafroditismo, ipospadia e simili).
Ciò non ha nulla a che vedere con le forme
alternative (o se preferisce, "varianti anomale") della sessualità,
come l'omosessualità o la transessualità: i geni infatti
programmano il cervello (inteso come massa grigiastra che sta dentro al
cranio), non la mente. Programmano la forma dei genitali, non la
scelta d'oggetto della persona con cui si desidera usarli!
E come Kinsey ricordava: "il nostro principale
organo sessuale sta in mezzo alle orecchie, non in mezzo alle gambe".
5. Ampliare la ricerca
Ecco perché io penso che per giungere alla comprensione di comportamenti come quello omosessuale l'indagine genetica non sarà mai adeguata. Potrà spiegare l'hardware, non il software, se mi consente la metafora un po' ardita.
Io penso (ma qui entriamo nelle pure opinioni)
che una spiegazione si avrà solo quando riusciremo a capire in senso
ampio la natura, le cause e il significato di tutti i comportamenti
insensati dal punto di vista riproduttivo, quali l'altruismo,
l'amicizia, l'amore, l'eroismo, la santità.
Tutti atteggiamenti insensati dal punto di vista
di quello che Dawkins
ha chiamato con una felice metafora l'"egoismo"
dei geni.
Un ipotetico gene che porti a sacrificare
se stessi per la salvezza di altri individui, non si riprodurrà,
e favorirà semmai la diffusione di ipotetici geni che spingano prima
di tutto a diffondere se stessi, a spese degli altri... a iniziare dagli
altruisti.
Questo in teoria. Dopodiché, fra
tutti gli animali, e perfino tra gli esseri umani, esistono comportamenti
di amicizia, altruismo, amore, eroismo.
Gli animali difendono la prole, e questo a volte
lo fanno anche gli eterosessuali umani.
Presso certe specie animali le coppie si legano
per tutta la vita, e in qualche caso ciò è stato osservato
perfino
tra eterosessuali umani. E così via.
Dunque, esiste una predisposizione genetica
a comportamenti che, dal punto di vista egoistico del gene, sono "dissennati"...
e uno di essi è la mia omosessualità, che è senza
dubbio "dissennata" per il mio corredo genetico.
Messa così, allora, l'omosessualità
può benissimo essere una forma esagerata (e come tale anomala,
lo riconosco senza remore) di attaccamento ad altri membri della
stessa specie, come lo sono l'amore, l'altruismo, l'amicizia, l'eroismo,
la santità...
Un attaccamento eccessivo agli altri esseri
umani (del proprio sesso o meno) va infatti a scapito della propagazione
del proprio genotipo. Così è per l'eroe, che perde
la vita (e quindi la possibilità di riprodursi) per salvare quella
altrui (e quindi favorisce la diffusione dei loro geni: un nonsenso).
O per il santo, che muore celibe dopo avere dedicato la vita ad
una Causa... e non lascia figli per godere di tali realizzazioni... se
non quelli di coloro abbastanza egoisti da non fare quel che ha
fatto lui.
La santità è genetica? Lo è
l'eroismo? Lo è l'amore?
Non lo credo, ma se proprio si vuole pensare che
lo siano, allora nulla, ma proprio nulla, impedisce che pure l'omosessualità
lo sia... ma nel modo stesso in cui lo sono tali comportamenti, nel certo
nel modo in cui lo è la trisomia.
I miei migliori saluti.
Giovanni Dall'Orto
03/01/2003
Caro Signor Dall'Orto,
Se io avessi pensato o scritto che l'omosessualità é un problema genetico, la sua risposta sarebbe perfetta e condivisibile al 100%. Purtroppo, e lei non é il primo a far ciò, si confonde "l'ereditario" con il "connatale". In altri termini tutti i problemi ereditari sono anche connatali, ma non tutti i problemi connatali sono ereditari. Tra il concepimento e le prime divisioni cellulari, in cui avviene scambio di materiale genetico, o sue anomalie, e la nascita, c'è un lungo periodo (nove mesi circa) in cui lo sviluppo dell'embrione e del feto possono subire varie influenze, in tutti i campi, tra cui l'orientamento sessuale. Tra di esse ci sono quelle mediate dalla madre, e penso a fenomeni biologici di stress. Il mio paragone con la sindrome di
Down, che le è dispiaciuto, oltre al fatto che conosco bene questo
campo, verteva proprio sulla negazione dell'ereditarietà.
Questo con il massimo rispetto sia dei Down che degli omosessuali, visto che anch'essi ne hanno ancora bisogno. Riassumendo: non problema genetico, né ereditario, ma embrionale-fetale, in cui lo stress di qualsiasi genere potrebbe giocare un suo peso nell'avviare l'orientamento sessuale in una direzione piuttosto che in un'altra. Cordialmente
|
Gentile Renato Cocchi,
mi scuso, effettivamente non avevo capito che
lei intendesse solo riproporre
l'ipotesi che per la nascita di bambini omosessuali incolpa lo stress
durante la gravidanza .
Mi ha preso un po' alla sprovvista: dobbiamo risalire
fino agli anni Settanta per trovare con Günther Dorner, il
direttore dell'Istituto di endocrinologia sperimentale alla "Università
Humbolt" di Berlino Est (Germania comunista) un forte paladino di tale
ipotesi.
Secondo Dorner le madri gravide di un feto maschile, specie se in condizioni di stress (ma la gravidanza non è in sé una condizione di stress, per l'organismo materno? boh) avrebbero dovuto addirittura sottoporsi a iniezioni di testosterone per prevenire l'omosessualità del nascituro.
Infatti, levels of testosterone during a critical gestation period (2-5 months) may influence how the brain expresses its sexuality.
Male homosexuals may possess a female differentiated brain.
Magari oggi si è un po' più raffinati di allora, o si parla di cortisolo anziché di testosterone eccetera, comunque l'ipotesi eziologica quella è.
Mi conceda comunque di osservare che la sua ipotesi
ha un punto decisamente debole: l'omosessualità si manifesta
anche
in specie animali (uccelli, rettili, perfino insetti) in cui non c'è
traccia di gestazione nel corpo materno.
Quindi, come minimo, per spiegare le "cause" dell'omosessualità
sia fra i mammiferi sia fra i non mammiferi occorrerebbe ipotizzare due
diversi meccanismi eziologici... ma come mi ricordava proprio lei
la volta scorsa, il rasoio di
Occam ci suggerisce di non farlo, almeno fino a che non avremo le prove
della "necessitas" di farlo. E questo, oggi come oggi, non è.
Quindi lei mi scuserà se io non aderirò
alla sua ipotesi.
Comunque, ho messo un
link al suo sito, e chi vorrà saperne di più sul suo
punto di vista lo consulterà.
Quanto al resto delle sue osservazioni, cortesia impone di lasciare a lei, in quanto ospite, l'ultima parola, assicurandole comunque che il suo parallelo fra persone Down e omosessuali non mi è affatto "dispiaciuto": dopo tutto, come avrebbe detto Cohn-Bendit, in spirito di solidarietà verso chi ha l'unico "torto" di essere solo stato più sfortunato di noi, "siamo tutti persone Down"...
I miei distinti saluti.
Giovanni Dall'Orto
10/1/2003
Gentile Signor Dall'Orto, dalla sua email avevo capito che preferiva troncare la discussione. Poi, guardando il sito ho avuto una opinione diversa. Poiché appartengo a coloro che, se gli si dà un dito, puntano subito al braccio, ne approfitto (verbo sgradevole, ma è il più chiaro). Accettato che genetico non vuol dire ereditario, e che connatale non è necessariamente genetico, ci troviamo d'accordo nel respingere l'ipotesi genetica. Lei per tutte le sue buone ragioni, tra cui il rischio di eventuali future manipolazioni. C'è già un rischio ben più presente. Qualora fosse individuata una base genetica, l'hitlerino che alberga in tanti di noi potrebbe chiederne la diagnosi prenatale, e l'aborto volontario, cose entrambi immediatamente fattibili. Questo per completare il suo discorso. Da parte mia respingo l'ipotesi genetica perché molto improbabile. Sono troppe le preferenze individuali nel comportamento omosessuale, per cui ognuna di esse dovrebbe avere una base genetica diversa. La segmentazione grossolana attivo-passivo, o la domanda chi, in una coppia omosessuale, fa l'uomo e chi fa la donna, per essendo socialmente una domanda imbecille, individua però due, fra le tante possibili preferenze. Sia ben chiaro che, riferendomi sempre alla curva di Gauss, ritengo che anche a livello eterosessuale, di preferenze ce ne siano altrettante, e glene ricordo due: pedofilia e voyerismo. D'altra parte, per quanto ho letto
nel suo testo, si sa se gli orangutan fellatori hanno un comportamento
reciproco, o la fellatio era un comportamento solo attivo di certi
Quanto alla sua obiezione sulla improbabilità
di una azione dello stress negli uccelli, in quanto depositori di uova,
credo che uno stress termico (abbassamento di temperatura durante lo sviluppo
nell'uovo) possa essere sufficiente. E non mi pare che sia uno stress molto
infrequente. Quanto poi al fatto che, se esso si applicasse ad una
intera serie di uova emesse nel medesimo tempo ("covata" aiuta a capire,
ma il termine è improprio per tanti ovipari), c'è sempre
il fatto che le risposte allo stress hanno anche una base genetica che
può differire da soggetto a soggetto pur entrambi nati dagli stessi
genitori, e farsi sentire anche in epoca embrionale e fetale (vale a dire:
nello sviluppo dentro l'uovo).
Cordialmente
|
Non condivido né le tesi né, a questo punto, neppure la terminologia di questa mail ("chi fa l'uomo e chi fa la donna" ???), ma concedere il diritto di replica è cortesia, e dovere.
Avendo lasciato l'ultima parola al dott. Cocchi, chiudo perciò il dibattito.