L'importanza
della cultura lesbica e gay
24/01/2003 Ciao Giovanni, sono Patrizia, fumettista. Ci conosciamo dai tempi in cui collaboravo, come te, a "Babilonia". Da qualche giorno ho scoperto il tuo sito e ne sto proficuamente approfittando, finalmente leggo delle cose veramente interessanti sulla cultura gay, magnificamente scritte, documentate con rigore (molti sedicenti storici e giornalisti vari dovrebbero prenderti a modello). Dopo la tua partenza da "Babilonia" avevo perso le tue tracce - inteso come giornalista! - e me ne ero dispiaciuta molto. Ammiro la tua cultura ma soprattutto il modo chiaro e diretto, senza fronzoli e ipocrisie, con cui esponi le tue idee. Inoltre mi sembra di essere meno sola, io che sono abbastanza anticlericale, agnostica, razionalista, genericamente ma sicuramente di sinistra, amante della storia, non separatista. L'anno scorso ho iniziato a prendere "Pride", e leggo sempre con interesse i tuoi editoriali e le risposte alle lettere. Ho comprato anche il libro Figli diversi, ma non ho avuto il coraggio di lasciarlo sul comodino quando mio padre è venuto a trovarmi a Milano - anche se credo che avrebbe fatto finta di nulla (mia madre invece lo sa, e diversi zii). In quanto lesbica sento un po' la mancanza di un lavoro come il tuo nel mio campo, per così dire, sebbene il sito listalesbica ecc. sia ben fatto. Io comunque mi sento parte di una generica cultura omosessuale che comprende anche quella maschile, pur nella sua evidente diversità, e mi sono sempre interessati i libri, i film e i saggi sia dei gay sia delle lesbiche. A proposito di ciò mi veniva voglia di chiederti cosa ne pensi francamente della produzione culturale lesbica, se leggi libri, se hai scambi con delle lesbiche ecc. Persino se hai dei bei libri da propormi (purtroppo mastico poco l'inglese). Volevo anche dirti che la lettera di risposta alla persona che ti chiedeva il "perché di un sito di cultura gay" l'ho eletta a esempio per alcuni miei amici etero; e qui ti racconto qualcosa (spero di non annoiarti). Io sono a Milano da quasi dodici anni (ho 37 anni) e qui ho conosciuto per la prima volta in vita mia delle persone omosessuali. Prima ero a Roma, repressa - o per meglio dire depressa, poiché ai miei migliori amici avevo raccontato della mia omosessualità, dei miei innamoramenti non corrisposti ecc. Da quando non sono più
fidanzata,
cioè da quasi tre anni, non ho più neanche avuto la forza
di continuare ad andare nei soliti due o tre locali lesbici di Milano.
Non riesco a trovare nessuno con cui abbia un minimo di cose in comune,
diciamo anche solo una scintilla di interesse culturale, per poter parlare,
almeno.
Ultimamente però la solitudine mi pesa, arrivano sempre più pressanti le riflessioni, i bilanci, le autocritiche ecc. Improvvisamente ho pensato ai miei "veri" amici romani, a quello che hanno fatto (o non fatto) per me in quanto lesbica. Sì, mi ascoltavano quando stavo male per qualche ragazza, mi erano indubbiamente vicini. E poi? Alla mia migliore amica (ci
conosciamo
da quando avevamo quattordici anni, è stata la prima persona a cui
abbia raccontato di me) ho chiesto perché non mi abbia mai chiesto
perché vivessi così male la mia omosessualità, perché
non mi abbia mai spinto ad andare in luoghi di socialità gay, perché
non mi abbia mai fatto una domanda su questo, su di me perfino.
E qui arriviamo alle considerazioni che ho trovato magistralmente esposte nel tuo scritto. Perché, sì, io ho tentato di spiegarle che avere gli stessi diritti degli altri, o provare la stessa "qualità" di sentimenti, non vuol dire essere uguali; che io ho una specificità culturale di cui tutti i miei amici etero, però, se ne sono sempre sbattuti. Niente, era come parlare al vento. Questa mia amica era sinceramente dispiaciuta che le facessi queste osservazioni, continuava a ripetermi che lei non sapeva nulla di omosessualità e che quindi nello specifico non avrebbe potuto aiutarmi. A un certo punto ho lasciato perdere, adesso ci sentiamo al telefono e naturalmente è come se quella discussione io non l'avessi mai fatta (capisco anche che è una discussione che avrei dovuto fare molti anni fa, ma non ne avevo gli strumenti, in quanto mi odiavo, e odiavo anche quello che credevo fosse un "ghetto"). Da un'altra cara amica a cui ho fatto lo stesso discorso mi sono sentita rimproverare che ero "confusa": prima affermavo di voler essere trattata da eguale, e poi rivendicavo una mia differenza. Ahimè, mi sono rammaricata di non avere proprietà di linguaggio e chiarezza mentale: a cos'altro imputare questo deficit di comunicazione con persone che mi vogliono veramente un mucchio di bene e che non sono neanche cretine? Qui a Milano poi ho iniziato
a vedere
i miei illuminati amici etero sotto un'altra luce, in seguito alle
riflessioni
di cui sopra. Come hai scritto tu, io mi sono sempre dovuta adattare
(certo
senza neanche tanta fatica, è da una vita che lo faccio) alla loro
cultura etero, ai loro discorsi da etero ecc., e mai da parte loro uno
sforzo per conoscere la mia, di cultura.
Una di queste amiche - colta, intelligente, sensibile - è addirittura rimasta sorpresa dalle mie affermazioni secondo cui esistono ancora discriminazioni verso i gay sui luoghi di lavoro, e persino delle violenze, qua e là! Pensava fossero cose del passato; pensava che siccome qualche gay viene anche invitato in televisione senza essere preso per il culo la questione "discriminazione dei gay" fosse scomparsa; pensava che siccome nessuno dei suoi conoscenti gay è stato picchiato o insultato voleva dire che l'Italia è il paradiso dei gay. Cosa devo fare, adesso? Mi
sento un
po' amareggiata, a dire il vero. Non sono una persona dall'indole
battagliera.
Non credo neanche che esista un mondo ideale, e so che per me le cose
saranno
sempre un tantino più difficili che per gli altri.
Continuo a leggere, a riflettere, a cercare di trovare un mio equilibrio che attualmente non c'è. Io spero che il tuo sito ti dia delle soddisfazioni, e spero anche che cresca. Mi piacerebbe in futuro trovare in libreria un tuo nuovo libro, ad esempio. Bene, ti saluto e ti faccio tanti auguri per il tuo benemerito lavoro. Patrizia Mandanici |
1. Adesso che abbiamo vinto, è diventato più necessario combattere per la vittoria...
2. Dunque, non ci ignorano più. Si limitano ad ignorare "solo" i nostri problemi, ora...
3. Le tue amiche non sono cattive. O ignoranti. Sono solo razziste. Come lo siamo tutti...
4. Il problema, insomma, è che per gli eterosessuali l'omosessualità non è un problema...
5. Come sai, io ci provo ormai da venticinque anni a lanciare un discorso culturale gay in Italia...
6. Il mondo gay ha sprecato in questi venticinque anni una quantità incredibile di menti brillanti,
7. Fino ad oggi gli/le intellettuali glbt italiani hanno subito questo ricatto.
8. Una delle caratteristiche di questi attacchi è che nel 90% dei casi vengono da omosessuali...
9. Ma perché stupirsi? Il ruolo sociale degli intellettuali è questo.
10. È in questo modo che si costruisce l'ingiustizia, sempre, non solo con le persone omosessuali.
11. Ma se le cose stanno così, la linea da seguire è chiara.
12. Non c'è molto che noi possiamo fare, se non cambiare il mondo in cui dobbiamo vivere...
13. Oggi il mondo
glbt
è molto più ricco di quanto tu sembri pensare. Solo che la
gente è...
Cara Patrizia,
ben ritrovata, dopo tanti anni! Mi fa piacere risentirti.
Mi hai detto tante di quelle cose interessanti che qui a discuterne ci viene fuori un sito, non una risposta! Vediamo se riesco a strizzare tutte queste tematiche in una risposta sola (io ci provo).
1. Cominciamo dalla conclusione. Cioè dalla constatazione che adesso che abbiamo vinto, è diventato più necessario combattere per la vittoria.
Mi spiego.
I primi venticinque anni di vita del movimento omosessuale italiano (più o meno fino al World Pride) sono stati dedicati allo sforzo di far capire (in primo luogo alle persone omosessuali stesse) che gli omosessuali esistono, e non solo nelle barzellette o nei trattati di psicopatologia.
Tanto urgente era questa battaglia che tutto il resto - compreso il ruolo della cultura glbt - passava in secondo piano. La cosa più urgente era dire ai nostri concittadini: ci siamo, esistiamo, siamo i vostri figli fratelli amici colleghi (...amanti segreti :-) ), vogliamo poter essere felici quanto gli altri vostri figli fratelli amici e colleghi.
Finché han potuto, i nostri concittadini hanno reagito come sempre le maggioranze reagiscono alle minoranze: ignorandoci... se non quando impossibilitati a farlo, e giusto per metterci in cattiva luce (i giornali ora le pubblicano, le immagini dei gay Pride, però esclusivamente con persone travestite).
Ma il World Pride ha portato in piazza centinaia di migliaia di persone, ed è stato l'unico momento in tutto il 2000 in cui la società laica (maggioranza nel Paese, minoranza nelle stanze del Potere) è riuscita a sconfiggere il clericalismo dominante a tutti i livelli delle gerarchie politiche (opposizione comunista inclusa). Non ci si poteva più "ignorare", senza coprirsi di ridicolo.
Quindi
ora non si può più fingere che non esistiamo. Esiste
la memoria di quel momento, esistono quelle immagini: carta canta. Le
nostre
rivendicazioni non possono più essere liquidate (ti ricordi quando
accadeva?) come isteria di quattro scalmanate/i che non
rappresentano
nessuno se non se stesse/i.
Duecentomila persone, "scalmanate" o meno, sono
infatti una forza politica e sociale di cui non si può non tenere
conto.
Dunque, visto che questa mossa l'abbiamo vinta noi, i nostri nemici hanno fatto un passo indietro... ed hanno riorganizzato le loro difese su un'altra linea. Com'era del resto logico che facessero: à la guerre comme à la guerre. Ci aspettavamo forse che si arrendessero a noi piangendo di pentimento e chiedendoci scusa per tutto il male fattoci? Ovviamente no. Loro continueranno a combatterci, solo, da posizioni diverse.
Che sono queste: ora non ci ignorano più. Gli omosessuali? Certo che esistono! Perfino il papa ora ci fulmina addosso, cosa che non succedeva più dai tempi di san Pio V, l'inquisitore, nel 1568. E se ci fulmina, vuol dire che perfino lui, ora, riconosce implicitamente che continuare ad ignorarci era controproducente.
Non possono più ignorarci, ormai. Abbiamo fatto troppo, e vinto abbastanza.
2. Dunque, non ci ignorano più. Si limitano ad ignorare "solo" i nostri problemi, ora... Gli omosessuali? Certo, esistono. Ed, ehi, nessun problema, davvero, sai? Un mio amico fa shopping in un negozio che c'ha un commesso gay: bravisssssimo, gli dà sempre consigli azzeccatissimi! Che gusto squisito avete voi uominisessuali! Anche i migliori parrucchieri sono così, lo sai? Hanno una sensibilità superiore, lo ammetto. Voi omosessuali siete così creativi...
E via stereotipando.
Si è passati direttamente dallo stereotipo
negativo allo stereotipo finto-positivo, pur di rifiutare
di affrontare la realtà per quel che è, con le sue luci e
le sue ombre.
Perché il mondo omosessuale, come sappiamo
noi che lo viviamo, è un mondo con tremendi difetti (in caso
contrario, che ce ne faremmo di un movimento di liberazione
glbt?),
profonde solitudini, odii interiorizzati, lotte intestine... tutti
aspetti
criticabilissimi, volendo (ed io lo voglio).
Un destino che non augurerei al mio peggior
nemico...
ma che auspico per le persone che io amo davvero.
Perché,
nel bene e nel male, è il nostro mondo, con i suoi enormi
difetti e le sue straordinarie gioie. Un mondo che noi non sempre
amiamo
per quel che è, ma semmai
nonostante
quel che è.
Tuttavia per la società eterosessuale mettersi
ad analizzare, a capire, a conoscere il mondo gay, fosse pure per criticarne
gli enormi aspetti negativi, sarebbe troppo. Significherebbe
dovere
ammettere
che i gay non solo esistono come stereotipo, ma che esistono davvero
come
realtà sociale, umana... culturale e politica. E questo non
è disposta a farlo.
Quindi, se bisogna proprio abbandonare lo
stereotipo
negativo, perché sempre più sputtanato, allora si farà
ricorso ad uno stereotipo più gradevole, più zuccheroso...
purché stereotipo sia: l'importante è non concedere
cittadinanza alla realtà vera, fatta di vite umane ed anche di contraddizioni
umane, umanissime.
Che si possono discutere e criticare, ma a patto
di conoscerle, prima, e quindi ri-conoscerne l'esistenza.
E questo no, gli eterosessuali non lo vogliono fare. Possono ammettere che qualcuno sia così bizzarro da non voler aderire all'unica cultura immaginabile (la loro)... ma che possa esistere una cultura, uno stile di vita, alternativo al loro... questa è una pazzia!
3. Vedi Patrizia, le tue amiche non
sono
cattive. O ignoranti. Sono solo razziste.
Come lo siamo tutti, finché le ragioni
di coloro che sono diversi da noi non ci vengono ficcate a forza in
gola.
Credi forse che io non provi fastidio a stare
in tram accanto a una banda di marocchini ubriachi?
E se provo a ripigliarmi ricordando a me stesso
che sono fastidiosi in quanto ubriachi e non certo in quanto
marocchini,
una vocina mi aggiunge che sì, però, in quanto marocchini
sotto sotto da loro me lo potevo aspettare?
Quanti marocchini sono presenti nella mia vita?
Zero.
Sono razzista? Provo a non esserlo: è
politicamente
corretto, no?
Ma se davvero non lo sono, allora perché
la mia vita si svolge senza mai incontrare nessuno di loro, popolo
invisibile
che mi si rivela solo quando è sufficientemente ubriaco da attrarre
a
forza la mia attenzione?
Che antirazzismo è quello che vale solo
("Negro è bello - purché in Africa") fintantoché l'Altro
vive ben alla larga da me, in una vita che non incrocia mai la mia?
Quello delle tue amiche, ovviamente. E mio.
E tuo.
Nessuno di noi è infatti immune dal razzismo. Fa parte del nostro essere Umani pensare che le nostre scelte siano quelle giuste: se non lo pensassimo impazziremmo: vivere pensando di avere sbagliato tutte le scelte porta al suicidio, non certo all'antirazzismo.
Dunque, l'antirazzismo va insegnato (ed imparato). Da te, da me, ed è una fatica immensa, richiede pazienza e perseveranza (in entrambi i ruoli: la diversità fa paura -- a tutti).
E soprattutto presuppone una cultura da
trasmettere,
da insegnare... che noi omosessuali, semplicemente, non abbiamo
elaborato.
Colpa degli etero? No, qui è colpa nostra, e solo nostra.
Quando tu dici che trovavi "ghettizzante"
il mondo omosessuale, e la sua cultura, non fai altro che
descrivere
il punto di vista condiviso oggi al 95% di coloro che frequentano la
realtà
omosessuale.
E ti stupisci di non trovarli più interessanti,
oggi che hai cambiato prospettiva? Non è che nel frattempo siano
peggiorati: sei tu che non ti accontenti più, che ora vuoi qualcosa
di più.
Ma il mondo glbt attuale non è preparato a dartelo. Tutto qui.
4. Il problema, insomma, come hai
sottolineato
in modo chiarissimo nella tua lettera, è che per gli eterosessuali
l'omosessualità non è un problema. E questo è un
problema perché l'omosessualità dovrebbe essere,
per persone prive di preconcetti, un problema da risolvere, ed enorme.
Perché quel che noi siamo mette in crisi
tutte le nozioni ricevute e trasmesse su cosa sia "naturale" e normale"
in questa società.
Noi siamo una pietra di scandalo che, per il solo
fatto di esistere, mette in crisi il pensiero dominante. Se non lo
mette
in crisi, allora c'è qualcosa che non funziona... nella società.
La Chiesa cattolica, almeno, è onesta
nella sua analisi, laddove dice che noi miniamo la sua
visione
medievale della vita. Lo confermo: la Chiesa cattolica ha ragione.
Se qualcuno trasgredisce a quelle che la
Chiesa gabella per regole fondamentali, divine, "cogenti" e "naturali"
quanto il fatto che gli esseri umani respirano aria e non acqua...
allora
tutto questo vuol dire che tali regole non sono né cogenti
né
naturali
(né
divine...). Proprio quanto lo sarebbe l'esistenza di esseri umani
che
respirano acqua anziché aria.
In questi casi di dissonanza cognitiva le
soluzioni
sono solo due: o uccidere tutti coloro che svelano il trucco (e fino a
un secolo e mezzo fa si agiva proprio così)
-- o almeno costringerli al silenzio e farli sparire dalla
vista
pubblica (ed oggi agisce
così), oppure rinunciare
alla chetichella alle proprie pretese... e questo, il clericalismo ha
ancora
abbastanza potere per non farlo. Per ora.
Ecco perché siamo in lotta, ed ecco
perché dire che "non esiste nessun problema" è ipocrita.
Come dire, nella Germania del 1939: "Sei ebreo, embè? Non è
un problema. Qualche intolleranza ci sarà pure stata, in passato,
ma
ti assicuro che per me non è un problema".
In effetti era vero: il problema era
"solo"
degli ebrei, mica degli altri!
Il fatto stesso di non considerare importante
il fatto che un ebreo avesse problemi era anzi un implicito
riconoscimento
del fatto che non valesse quanto gli altri, che i suoi problemi
fossero,
dopo tutto, problemi meno importanti dei problemi delle persone vere.
In
fondo era "solo" un ebreo, proprio come un
frocio è "solo" un frocio...
Il razzismo conosce ragioni che la Ragione non conosce....
5. Come sai, io ci provo ormai da venticinque anni a lanciare un discorso culturale gay in Italia. Ho fatto molti tentativi (un archivio gay che quindici anni dopo è lì ad ammuffire, un annuario di studi gay che è uscito per due numeri ed è stato giustiziato prima che uscisse il terzo, una casa editrice ora smantellata che lanciava nuovi scrittori e nuovi fotografi italiani...) e tutti sono finiti nel nulla non per incuria o disinteresse, ma per eutanasia deliberata da parte di altri gay, che consideravano una perdita di tempo e uno spreco d'energie uno sforzo di questo tipo.
Che dire?
Oggi invece questo sito, o altre iniziative in Rete che ho contribuito ad avviare, crescono e non si fermano. Ora, per la prima volta, lavoro quotidianamente assieme a persone che capiscono la lingua che io parlo, condividono il mio interesse per questi temi, e producono con costanza materiale di questo tipo. Per me è straordinario, è la realizzazione di un sogno. Questa volta, io spero, ce la faremo ad elaborare qualcosa di più e di più utile, e a diffonderlo fra tutti/e.
Ma ci vorrà tempo, Patrizia. Perché
accadesse quel che ho descritto sopra, ha dovuto fisicamente nascere e
crescere una nuova generazione di lesbiche e gay, che ha letto con
cervello
meno fottuto dall'odio di sé i libri che nel frattempo noi
"pazzi isterici esibizionisti" avevamo scritto, ci ha viste/i in Tv, ha
raccolto e fatto germinare i semi che con tanta fatica avevamo sparso,
senza nemmeno sapere su che terreno fossero caduti. Venticinque anni...
non è certo un tempo breve...
Però è successo.
6. Il mondo gay ha sprecato in questi venticinque anni una quantità incredibile di menti brillanti, affamandole. Chi ha scritto un libro, difficilmente ne ha scritto un secondo, perché con la realtà glbt si tratta sempre di attività in perdita: lavori tre anni ed incassi 400 euro. Nemmeno la carta per le fotocopie.
E chi si è laureato/a con una splendida
tesi sull'omosessualità, non accederà mai all'insegnamento,
perché nelle nostra università non c'è (ancora) spazio
per lei/lui.
Eccetera.
Ciononostante, non è vero che, come lamenti,
la cultura lesbica non esista e non elabori (pensa, solo nel campo storico
che mi appassiona (e che è ahimé l'unico che sto seguendo),
il lavoro di (in ordine alfabetico, non d'importanza)
Daniela
Danna, Maria
G. Di Rienzo o di Nerina
Milletti, di livello impeccabile).
Solo, si muove all'interno di circuiti sigillati,
poco o punto comunicanti con l'esterno.. Un atteggiamento da cittadella
assediata... però questo è proprio quel che è
stata fino ad oggi!
Anche tu, come me, nella tua visione d'una
cultura
omosessuale in senso lato, articolata al punto da poter colloquiare con
se stessa (per esempio fra maschi gay e donne lesbiche) guardi un po'
troppo
lontano.
Questa non è infatti la realtà odierna: è
un progetto per il futuro.
L'incontro fra le nostre due culture non è
un punto di partenza su cui poter lavorare, ma un punto di
arrivo
verso cui lavorare.
Lo è nel caso di gay e lesbiche fra loro, come lo è nel caso di gay, lesbiche e trans da un lato e mondo eterosessuale dall'altro.
La convergenza fra culture si costruisce, col dialogo, e se necessario anche con la lotta: non ci cade dal Cielo in base all'argomento che la Cultura è una sola e tutti ne facciamo parte... che è solo un modo carino di dire che tutto ciò che non fa parte di ciò che gli etero chiamano "cultura" non fa parte della cultura tout-court.
7. Fino ad oggi, e qui siamo al cuore delle tue osservazioni, gli/le intellettuali glbt italiani hanno subito questo ricatto: se fai cultura glbt, allora non stai facendo "Cultura con la "C" maiuscola".
Un tempo, dopo le guerre civili che avevano
visto
i convertiti cattolici come forza ribelle organizzata, per
poter
mettere piede in Giappone occorreva calpestare
un'immagine sacra, quindi solo gli olandesi (che come calvinisti
odiavano
il culto delle immagini) potevano commerciare, avendo "dimostrato" di
non
essere cristiani. Eppure lo erano.
I giapponesi ovviamente sapevano (mica erano
scemi)
che erano cristiani, ma a loro bastava solo che avessero dimostrato di
disprezzare
sufficientemente il cristianesimo cattolico. Se fossero stati coerenti
avrebbero preteso commercianti ebrei o mussulmani... ma no, a loro
bastava
tale dimostrazione d'inimiciza.
Nello stesso modo oggi agli intellettuali
omosessuali
viene chiesto, per l'ammissione al club, come prima cosa, di sputare
sull'omosessualità, di calpestarla, per dimostrare di essere
"veri" intellettuali "a tutto tondo" e non "solo" omosessuali.
Devono dimostrare di disprezzare quegli
altri omosessuali là, quelli cattivi e ribelli (come me e te).
L'alternativa? Rinunciare ai posti ben pagati.
Ed essere rinchiusi nel limbo, in cui ho allignato fin qui pure io, di
coloro che vengono disprezzati dagli
stessi omosessuali
come quelli che "fanno il gay di professione".
Figuriamoci dagli altri.
Pensa ad Alberto Arbasino che ha definito "orgoglio del sedere" il Gay Pride. Pensa alle pagine culturali di "Repubblica" che non lasciano passare mese senza disprezzare la cultura gay e la società gay. Eppure i miei amici romani che frequentano quella redazione m'assicurano che quello è un covo di gay quanti ne esistono pochi (a parte forse una certa organizzazione internazionale mooolto omofoba con sede a Roma).
8. Ora, una delle caratteristiche più straordinarie di questi attacchi è che nel 90% dei casi vengono da omosessuali (quasi sempre "velati").
E un motivo c'è. Per l'eterosessuale medio
l'omosessualità, come già sappiamo, "non è un problema"
(al massimo è un fastidio). Il dibattito sull'esistenza o meno di
una cultura omosessuale, e sulle sue caratteristiche e confini, non lo
sfiora nemmeno, né lo interessa o riguarda: non più di quanto
noi gay conosciamo il dibattito interno al mondo dei Rom
(i cosiddetti "zingari").
La questione se esistano o meno una cultura gay,
una letteratura gay, una politica gay, lo lasciano tanto indifferente
quanto
lascia indifferenti noi italiani il dibattito se esista o meno una
cultura
swahili.
Sono i froci e le lesbiche dell'intelligentsia coloro che guardano con preoccupazione l'emergere di una cultura gay e lesbica "che osa dire il suo nome". Loro sanno che il suo trionfo (a mio parere, inevitabile) li renderà obsoleti di botto. Li renderà, soprattutto inutili. Perché il loro ruolo, finora, il motivo per cui sono pagati, è stato (fra le altre cose, certo) rassicurare la cultura eterosessuale sul fatto che il problema omosessuale non esiste... se non come isteria di quattro pazzi ignoranti. Quod erat demonstandum.
Ma se i "pazzi ignoranti" diventano
quarantamila
o quattrocentomila, se si cominciano a vendere, come in
America,
romanzi mirati ad un mercato gay, il consulente o redattore di casa
editrice
che ne ha sconsigliato (come accade in questo momento nel 99% delle
case
editrici) la pubblicazione perché "la cultura gay non esiste", quel
giorno "salterà" come un tappo. Quindi quel giorno non deve arrivare.
Perché riciclarsi in altro ruolo, quello del conoisseur della
cultura gay, non è possibile per chi l'ha spregiata per tutta la
vita. Esperti non ci s'inventa.
In Italia sono stati tradotti libri che all'estero
erano stati grandi successi commerciali nella comunità gay...
e che si sono risolti in costosi flop commerciali perché
i gay non hanno mai saputo (per scelta deliberata degli uffici
marketing,
altra roccaforte dei froci dell'intelligentsia) che fossero
usciti,
e gli etero non hanno mai percepito l'appeal speciale che li
rendeva
unici per i lettori gay... e senza il quale erano romanzi come tanti
altri,
non certo "casi letterari".
Questi errori, che vengono ripetuti con
caparbia,
finiranno per rivelarsi fatali a chi li ha ispirati, man mano che la
cultura
omosessuale smetterà (come
sta smettendo) d'essere un'aspirazione di pochissimi e
diverrà
una realtà, sia pure all'inizio ancora (ahimè) per pochini.
Si può infatti perdonare un intellettuale
che fa l'omosessuale (à la Busi), se usa l'omosessualità
come strumento di marketing per ingrassare meglio il suo
editore...
ma uno che fa l'omosessuale refoulé, e pure
perdere quattrini, no, perché bestemmia contro l'unico Dio, il
profitto,
che non sia ancora morto nel secolo del Liberismo trionfante.
I loro giorni sono segnati, ma non si
arrenderanno
senza combattere. E la loro nuova trincea è proprio quella
che descrivi tu:
"Ci sono forse stati alcuni problemi verso noi
gay, in passato, ma ormai, dopo il World Pride, non esistono più.
Quindi perché insistere a rivendicare e soprattutto a scocciare
i poveri etero, che hanno problemi ben più gravi che perdere tempo
con noi? Pensa ai bambini che muoiono di fame nel mondo. Pensa alla
politica
sindacale. Pensa...".
Da quando ho iniziato a fare politica gay, c'è sempre stato qualcosa di "più importante" da fare prima di pensare ai diritti gay. O alle donne, se è solo per quello.
9. Ma perché stupirsi? Il ruolo sociale degli intellettuali è questo. Di tutti.
Qualche
anno fa parlavo, con una giornalista professionista di sinistra, della
politica di soffocamento salariale che da anni ormai i padroni
perseguono
(col bel risultato che ora nessuno ha più i soldi per comprare le
loro merci).
A un certo punto lei mi propone l'esempio suo:
ormai neppure lei ce la poteva fare, col suo stipendio (era "in
regola").
"Chi riesce a vivere, oggi, ormai, con quattro milioni netti di lire al
mese?".
"Scusa?"; le ho detto. "Guarda che lo stipendio
minimo per un operaio è un milione e due".
Suo stupore. Come, un milione e due... In che
senso. Ma non è possibile. Ma è assurdo. Saranno solo poche
persone...
"Guarda che due terzi degli italiani guadagnano
meno di due milioni netti al mese - me compreso".
Ed anche qui, sorpresa, ecco emergere l'argomento
che mi citavi: "Ma forse sono cose che succedevano una volta,
adesso
ormai certe cose non succedono più"...
Ora, nota che questa era una giornalista, e di sinistra: una cara persona, molto aperta verso i diritti dei gay. Ma frequentava solo altri giornalisti come lei, che guadagnavano tutti almeno o più di quattro milioni di lire al mese. E non sapeva cosa accadeva nel suo Paese.
E non per caso. Quel piccolo mondo è
strutturato in modo che certe notizie (quelle "dal basso") non
filtrino.
Dove sono finiti gli operai? Quanti sono? Chi ne parla più? Chi
sa quanto valga oggi uno stipendio minimo, quando scrive sull'"eccessivo
costo del lavoro" italiano? Con quanto vive un operaio non in
regola?
Che succede a una persona di 40 anni licenziata nel nome della
"flessibilità"?
I giornalisti non lo sanno, a meno di
trovarsi
loro
in quel ruolo (ma in tal caso perdono automaticamente il diritto a
parlarne!
Per definizione, un giornalista disoccupato non scrive sui giornali.
Appunto).
Non lo sanno i giornalisti... ma dubito lo
sappiano
D'Alema o Fassino, dato che immagino che le sole persone che guadagnano
meno di mille euro al mese che loro frequentano siano le loro Colf.
10. È in questo modo che si costruisce
l'ingiustizia,
sempre, non solo con le persone omosessuali. Non
lasciando filtrare sino al livello della coscienza collettiva le
informazioni
che contrastano con l'ordine delle cose che il Potere desidera.
Non importa se il 75% degli italiani sa sulla
sua pelle che gli stipendi sono ad altro che a 2000 euro al mese, e
caragrazia
anzi se arrivano a 600-700. Basta che sia solo il rimanente 25% a
scrivere
sui giornali o gestire i talk show, ad essere eletto in Parlamento
(anche
nei partiti di "sinistra"), a rappresentare i lavoratori nel sindacato
(quanto guadagna un dirigente sindacale al vertice, di quelli che
firmano
per l'abolizione
dell'articolo 18? 600 euro? Ne dubito).
In un Paese in cui l'uomo più ricco controlla
sei Tv su sei e due dei quattro principali quotidiani questo obiettivo
non è molto difficile da realizzare, non trovi?
11. Ma se le cose stanno così, la
linea da seguire è chiara. Non smettere mai di ficcare il
dito nell'occhio agli eterosessuali (amiche tue comprese) ogni volta
che
insisteranno a non voler guardare dalla nostra parte per non vedere
l'ingiustizia:
dati, cifre, idee scomode alla mano. Fino a che capiranno.
O che capirai tu che non erano quel che credevi,
perché per esserti amici esigono che tu non faccia loro domande
scomode... begli amici!
Quanto a me, Internet mi permetterà, per
qualche anno (spero), di fare la mia parte grazie a questo sito (è
questo,
il libro nuovo che mi chiedi di scrivere... ed è già pubblicato
man mano che lo scrivo! :-) favolosità della tecnologia!), poi Internet
verrà imbavagliato anche lui ed io dovrò trovare un altro
metodo.
Ma tanto, da che mondo è mondo, lavorare
contro l'ingiustizia ha sempre implicato lavorare così, sulla frontiera.
12. Quanto alla domanda su cosa tu possa fare... non c'è molto che noi possiamo fare, se non cambiare il mondo in cui dobbiamo vivere, se così com'è non ci piace. Oppure rassegnarci. Sta a te scegliere l'opzione.
Non occorre essere una Pasionaria
per operare il cambiamento. Il cambiamento durevole, anzi, è quello
che avviene grazie a un lavoro sotterraneo, paziente ma cocciuto: meglio
la brace del fuoco di paglia. E se ti senti più brace che paglia,
allora il tuo ruolo è quello. Non devi certo diventare diversa da
quel che sei. Nessuno te lo chiede.
Ognuno può fare la sua parte, purché
sia una parte di un lavoro collettivo, perché da solo nessuno può
fare nulla (Gesù tutto da solo non è affatto riuscito a salvare
il mondo, e in più lo hanno pure crocifisso... non mi pare un buon
esempio da seguire).
Quella che tu lamenti è in effetti solo
una carenza di stimoli all'interno del mondo glbt.
Hai scelto i tuoi amici etero in base alla
condivisione
di interessi, quindi è logico che loro ti stimolino
intellettualmente...
anche se non ti capiscono per nulla in quanto lesbica.
Viceversa, nel claustrofobico
mondo omosessuale di solito non c'è bisogno di spiegare
cosa sei, però in compenso devi accontentarti, dal punto di vista
intellettuale, di quel che passa il convento, cioè della ristretta
rosa di persone che in quel momento frequenta quello specifico locale,
prendere
o lasciare (e non ti dico i gay maschi discotecari, che scelgono
gli
amici solo perché sono boni e glielo danno... t'immagini quanta
solidarietà e quali profondi stimoli intellettuali!).
Io non "lascerei" e non "prenderei". Nel senso
che come sai non sono un frequentatore di locali, ed anche se lo fossi,
ormai alla mia età sarei comunque out (c'est la vie :-)
), ma
nemmeno un nemico del mondo dei locali.
Io penso che sia solo una questione di scelta,
e di organizzazione.
Non sottovaluterei, da questo punto di vista,
le potenzialità di questo coso, questo Internet qui. Dopotutto,
tu mi hai "ritrovato" dopo anni grazie ad esso. Questo vuol dire che
puoi
cercare e trovare gente che condivida i tuoi interessi senza andare
fisicamente
in un locale.
E non intendo: per andarci a letto. Così come mi sono cercato altri pazzi che come me amassero la storia gay (un mio vizietto che nessuno capisce... salvo i miei amici gay che lo condividono... appunto! ;-) ) cosa t'impedisce di cercare - faccio solo un esempio, ma i temi possono essere mille - altri/altre fumettari/e omosessuali? Io solo a Milano ne conosco quattro, e non sono un appassionato di fumetti. Quindi...
13. Oggi il mondo glbt è molto più ricco di quanto tu sembri pensare. Solo che la gente (non solo i gay: tutti quanti) è disorganizzata, atomizzata, sola e demotivata. Proprio come il Potere ci vuole: non certo in piazza, tutta assieme e galvanizzata!
Dunque, butta ami nel mare. Organizzalo
tu, questo potenziale che esiste e che non viene sfruttato.
Fai quello che t'interessa fare: l'hai poi
disegnata
quella pazzia di fumetto lesbico che volevi disegnare? Dico per te,
mica
per venderlo... E magari per scoprire che non era affatto la pazzia che
pensavi? Magari racconti una storia che dà volto e immagine alla
vita di mille altre lesbiche, solo che nessuno l'aveva raccontata,
prima
di te... mentre dopo c'è? Con il mio libro che citi, è stato
così: una volta che c'è stato, ha reso più semplice
a tutte/i trovare certe informazioni.
E poi, quando ho creato questo sito speravo
in una ventina di visitatori al mese. Ne ho avuto cinquemilacinquecento
in sette mesi, e l'afflusso è in costante crescita. Avevo
fatto una "pazzia", contro il parere degli amici che mi dicevano "Ma a
chi vuoi che interessi la storia o la cultura gay? Con testi
in
latino, poi? Solo a te".
Ed ho risposto: "Esatto, ed è proprio
per questo che il
mio sito me lo faccio su questo; perché
interessa a me. Ho lavorato abbastanza scrivendo quel che serviva
agli altri leggere (Aids, famiglia, coppia...) e non quel che interessava
a me scrivere. Adesso invece lavoro per me".
Ebbene, sorpresa, questo sito "assurdo" ha già
avuto più lettori della maggior parte dei miei libri "ragionevoli",
e da questo sito è partita tutta una serie d'altre iniziative che
ora non sto a raccontati, ma che sta accelerando anch'essa.
Soddisfazione?
Certo che sì. Ed io che mica ci speravo...
Una volta di più abbiamo così visto che certe profezie sono la causa del fatto che un certo fenomeno accada, causando il loro stesso avveramento (self-fulfilling prophecies): a furia di dire che non vale la pena parlare di cultura glbt perché tanto non interessa a nessuno, chi ha un interesse in tal senso non potrà coltivarlo perché nessuno parla mai di cultura glbt... confermando il pregiudizio iniziale.
Ecco perché, pur non avendo soluzioni o proposte per te, posso almeno buttar lì l'idea, che certo sarà già venuta anche a te, di provare a cercare altre persone del mondo omosessuale partendo dai tuoi interessi umani e personali: persone che siano sul modello dei tuoi amici etero di Roma. Su centocinquantamila persone glbt della "grande Milano" non è possibile che non ne esistano dieci così.
Secondo me scoprirai anzi di non essere affatto
così sola, così unica, così strana, come il "senso
comune" (comune a chi?) t'induce a pensare.
Ti assicuro che non sei affatto l'unica
donna d'Italia che non ne può più di andare in un locale
lesbico solo per parlare con la centonovantaseiesima persona, in un
mese,
della sua mamma che non la capisce davvero. T'assicuro che
anche
per quel che riguarda me io ne ho le... piene di questo "livello" di
conversazione.
I tempi sono maturi e il mondo glbt è maturato. Quindi secondo me la cosa è fattibile.
Auguri. ;-)
Ciao.
Giovanni Dall'Orto