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Generazioni XYZ

01/05/2010

Caro Giovanni, ti scrivo per alcune considerazioni sulla tua prima risposta alla lettera di Stefano F. di qualche giorno fa.

Condivido anch'io l'analisi impietosa che il tuo interlocutore fa del movimento gay italiano e della sua associazione più importante, Arcigay.

I fallimenti dell'associazionismo glbt vanno addebitati alla sua classe dirigente, che ha perso inutilmente anni e risorse ad elemosinare le poltrone che la sinistra le elargiva, a combattere poco convintamente battaglie di retroguardia (le unioni civili!) e ad iscrivere all'associazione più froci possibili, perché quel che contava davvero per legittimare le decisioni dei vertici era sbandierare il numero mirabolante dei suoi tesserati, spesso meri frequentatori di saune e discoteche...
Tutto questo lo dico da militante di Arcigay deluso dalla sua ex-associazione di appartenenza.

Come sai, io un po' dei meccanismi di funzionamento dell'associazione li ho visti dall'interno (da presidente del circolo di Como, da consigliere nazionale, da responsabile del giornalino dell'Arcigay di Milano), sempre consapevole di essere un militante "di servizio", senza particolari carisma né abilità politiche.

Per questo, quando ho letto i tuoi commenti a margine della risposta a Stefano, mi sono stupito dei tuoi attacchi alla "mia" generazione (ho quasi 37 anni), "quella dei trenta-quarantenni cresciuti a miti thatcheriani, mitologie di business ed iper-liberismo spinto". Non ho capito quale fosse davvero il merito del tuo discorso.

Sì, in effetti noi 35-40enni siamo cresciuti a forza di quiz televisivi idioti e dozzinali cartoni animati giapponesi. Abbiamo assistito al crollo delle ideologie e al ripiegamento nel privato. Al trionfo dell'antipolitica e all'avvento del berlusconismo.

Abbiamo fatto molta più fatica della tua generazione, quindi, a scrollarci di dosso l'apatia dovuta alle "mitologie di business". Nonostante fossimo "figli di un pensiero unico", qualcuno di noi qualcosa ha voluto comunque farla, grazie soprattutto agli stimoli e al prezioso lavoro di gente come te, o Franco Grillini (nonostante gli insuccessi di Arcigay siano in parte da addebitare anche a lui) o Ezio Menzione, tutti militanti della vecchia guardia che da quelle mitologie ci hanno in qualche modo salvato.
Non posso dimenticare quanto sia stata importante per me la lettura dei tuoi articoli su "Babilonia" o le incursioni alla libreria Babele ai tempi del buon Gianni Delle Foglie per andare a scovare qualche titolo gay sul quale formare la mia coscienza di futuro gay adulto e (più o meno) consapevole.

Le associazioni gay che avevamo a disposizione e nelle quali siamo entrati non siamo riusciti a cambiarle. Abbiamo piuttosto subito da queste un lento logoramento, per colpa di quei dirigenti del movimento che all'epoca della nostra militanza giovanile non erano certo nostri coetanei ma sono invece gli attuali cinquantenni, quindi tuoi coevi. Questi dirigenti non hanno permesso il ricambio ai vertici delle associazioni, grazie alla loro perversa abilità nel mantenere le poltrone ma anche a causa della nostra incapacità di strappargliele da sotto le terga.

Chi è stato al gioco, qualche strapuntino l'ha ottenuto. Chi invece aveva qualche idea diversa su come gestire l'associazionismo omosessuale, da questo è stato emarginato, o ha deciso di fare altro, disgustato dalle dinamiche clientelari e autoreferenziali che riproducevano in sedicesimo i viziacci della politica istituzionale.

Io credo che questo discorso vada ampliato e possa essere intergenerazionale, per spiegare come mai oggi tu sei disoccupato e non ti trovi, invece, a dirigere l'"Espresso" o qualche rete Rai, come succederebbe nei paesi dove il merito viene riconosciuto davvero.

Non voglio fare la difesa d'ufficio di chi oggi, gay o meno, abbia 35-40 anni, però credo che ragionare in termini generazionali sia fuorviante, perché di ogni generazione si può dire tutto e il contrario di tutto. E sarebbe comunque sbagliato.
Avere avuto vent'anni nel 1978 è molto diverso che averli avuti nel 1993 o nel 2010. Basterebbe citare l'enorme vantaggio di relazioni e comunicazione che la Rete ha dato ai giovani gay di oggi e che noi ci sognavamo di avere.
Contemporaneamente, bisogna riconoscere quanto lo slancio dei ventenni di TUTTE le generazioni sia simile e costante nel voler "fare la rivoluzione" e cambiare le cose con gli strumenti di cui dispone, che siano i ciclostili del '78, i fax del '93 o i social networks del 2010.

Buttare al macero la generazione dei 35-40enni mi sembra ingiusto verso anni di lavoro che malgrado tutto qualche risultato l'hanno ottenuto. Penso ad esempio alla diffusione del sesso sicuro: aver iniziato la nostra attività sessuale in pieno panico da Aids ci ha abituati a comportamenti in genere più virtuosi quando facciamo sesso, ai quali sono invece piuttosto insofferenti i ventenni di oggi (il successo delle pratiche bareback lo testimonia).

Io quindi preferirei fare un discorso diverso: chi ha assunto ruoli di potere nelle associazioni gay e ha preso le decisioni fallimentari che hanno portato nel 2010 a non aver ottenuto nulla di concreto per gli omosessuali italiani, avversando nel frattempo le altre associazioni che invece provavano ad ottenere gli stessi risultati per altre vie (ogni riferimento al boicottaggio di Arcigay verso Rete Lenford e i Radicali di Certi Diritti è puramente casuale) si assuma le proprie responsabilità. Che abbia 35, 45 o 55 anni.

Con affetto.

Massimo Basili


 
Mia foto del 1982.
Giovani d'ieri!
Io nella foto di un abbonamento ai trasporti del 1983.

Caro Massimo,

iniziamo da quello su cui siamo d'accordo, ovvero che ragionare per classi di età sia assurdo, ovviamente. E te lo dico non nel tuo, ma nel mio interesse, visto che come cinquantenne io sono un candidato alla rottamazione in nome dell'eterno "nuovo che avanza" (anche se spesso in Italia il verbo "avanza" va qui inteso come "resta nel piatto a pranzo finito"...).
E quando tu perori la necessità di sbarazzarci della generazione dei cinquantenni per poter davvero cambiare il movimento, mi sento lievemente chiamato in causa pure io... e spontaneamente mi esce voce dal corpo per proclamare al mondo che no, non si può certo giudicare in base all'anagrafe! Sarebbe un'infamia!
Quindi ho sbagliato nel dimenticare di aggiungere "salvo le solite, meritorie eccezioni", dopo la mia frase sui trenta-quarantenni. Perché le eccezioni ci sono state, e avendoti conosciuto ed avendo lavorato con te lo so per certo. Quindi, ti chiedo scusa per questo.

Però poi...


Però un'eccezione non è una regola. E senza voler insultare nessuno, non c'è nulla di male nel rilevare che lo Zeitgeist, lo "spirito del tempo" in cui viviamo e da cui veniamo, rende diverso ciascuno di noi da coloro che vengono da momenti diversi nella storia. Ed io la storia che mi racconti l'ho vissuta nel ruolo inverso.

Ricorderai infatti che quando mi dimisi dopo la mia prima presidenza Arcigay lo feci, volontariamente e non costretto (allo scopo di avere il tempo per scrivere Figli diversi), e che fu semmai chi venne dopo di me, della generazione più giovane, a smantellare tutto quanto avevo costruito in quanto "veteromarxista e vecchio": basta col lavoro svolto dai volontari, meglio chiedere un finanziamento pubblico e assumere un dipendente. Basta con il pauperismo e le collette tra i soci, chiediamo finanziamenti (anche a costo di aver la bocca tappata quando dobbiamo denunciare l'immobilismo delle pubbliche autorità). E così via.

Finì come tu sai: andato al potere il centrodrestra i finanziamenti smisero di arrivare, si fece a meno dei dipendenti, ma il gruppo di volontari racimolato in anni di sforzi ormai non c'era più e la voglia di far politica neppure.
Da allora l'Arcigay di Milano (dico di Milano, non di Lampedusa!) ha smesso di far politica, ed al massimo organizza feste danzanti -- la sola cosa che si riesca a fare a Milano.
E tutto questo non certo per colpa mia, o di dirigenze di cinquantenni, dato che furono proprio i più giovani ad essere i più scatenati sostenitori della politica del parrucchierismo ad oltranza, al grido di: "Voi veterosessantottini ci avete rotto il c... con le vostre pippe sulla politica!".

Io allora ne fui amareggiato, e se oggi mi rendo conto del fatto che se anche avessi vinto quel confronto, lo avrei comunque perso l'anno dopo, o quello dopo ancora (dato che era lo "spirito del tempo" a soffiare ovunque in quella direzione, non solo a Milano e non solo in Italia) non accetto di farmi carico di quanto successe dopo. Che fu contro la mia volontà e il mio lavoro, e non a causa di esso.

Ti ricordo pure che la seconda volta che ho fatto il presidente di Arcigay Milano (e anche quella volta mi sono dimesso volontariamente, quindi tanto inamovibile non ero) ciò avvenne perché in assenza totale di altri candidati il rischio serio era che l'Arcigay di Milano chiudesse, puramente e semplicemente.
Mi chiedo dove fossero allora tutti questi quarantenni d'oggi a cui i cinquantenni d'oggi fossilizzati sulla sedia impediscono da sempre di dire la loro... Erano forse momentaneamente distratti? O legati e imbavagliati in uno sgabuzzino?


La risposta la sai, Massimo, purtroppo, e la sai perché quando ve ne andaste da Como tu e il tuo coetaneo Yuri Guaiana l'Arcigay comasco non ebbe nuovi dirigenti al posto vostro, no: si limitò a svanire nel nulla.
Dunque, la tua analisi su una scalpitante generazione di trenta-quarantenni tenuti a freno da una generazione di fossili inamovibili non regge all'analisi dei fatti. Ogni volta che la si è chiamata all'appello, questa generazione non ha risposto. Dove invece, come a Verbania, i giovani hanno voluto farsi avanti, lo spazio c'è stato eccome. Dunque?

Dunque, se me lo consenti, io rovescerei la tua analisi. Se oggi esiste una "castina" di cinquantenni inamovibili, ciò si deve anche al fatto che è mancata all'appello un'intera generazione di trenta-quarantenni capace di prenderne il posto. Magari in modo non propriamente pacifico, diciamo anche per colpo di stato (dato che nel movimento gay il putsch (mascherato da avvicendamento) sembra la modalità più popolare di ricambio delle élites), però non c'è proprio stata.

È perché è una generazione di bamboccioni incapaci? No davvero: non lo credo, e non penso neppure di dover spiegare perché: non faccio "Brunetta" di cognome.
È perché è una generazione che del far politica - intesa come gestione della cosa comune, non come carriera - si è disenteressata? Sì. Aveva altri interessi. Inseguiva altre visioni. Obbediva ad altre ideologie politiche.
E il fatto che ci siano state persone come te o Yuri Guaiana o Stefano Bolognini o tanti altri come voi indica che, volendo, non era obbligatorio seguire solo certe strade. Chi ha voluto farlo, gli strumenti per seguire altre strade li ha avuti a disposizione. Anzi, il paradosso è che la tua è stata la prima generazione che di strumenti ne ha avuti in sovrabbondanza.
E li ha forse usati per essere presente in sovrabbondanza nel mondo gay?
La risposta la sai.


Nel dire queste cose non me la voglio prendere con le persone in quanto tali. Non con l'hardware. Me la voglio prendere con l'ideologia, col sistema operativo, che ha mosso e motivato questa generazione.

Me la voglio prendere con quel Pensiero Unico che non è affatto il prodotto della generazione dei trentenni (l'età degli intellettuali che l'ha fisicamente creata vagava dai settant'anni in su) ma di cui la generazione dei trentenni è stata spesso vittima inconsapevole, ma molto più spesso complice entusiasta.

E bada che non è solo nel movimento gay che ci troviamo con il buco causato da una "generazione perduta". Il problema è ovunque. Perfino nella casta politica, nella quale i quarantenni sono (o hanno iniziato come) o trote e figlie di papi, o grigissimi yes-men portabborze (alla Debora Serracchiani: caruccia, ma inesistente, appoggia un candidato "perché è simpatico"... un vero genio dell'analisi poltiica). All'estero a quarant'anni si è capi del governo, in Italia una speranza futura della politica.
Questa non è solo colpa vostra. È l'intero Paese ad essere bloccato, fossilizzato.
Però di questa situazione la tua generazione non è stata solo vittima, ma anche complice.
Perché ha lasciato cadere nel vuoto tutti gli appelli ogni volta che c'era un posto vuoto... a meno che ci fosse attaccato un corposo emolumento.
E tu lo sai, avendolo sperimentato nei buchi causati alle tue finanze dalla tua militanza, quanto poco ci sia da guadagnare a lavorare per le minoranza oppresse... per lo meno fintanto che restano oppresse.


E guarda che io non sto affatto idealizzando il passato (tant'è che mi dico fiducioso nel presente e nel futuro: in questo presente!). Non crederai mica che quando nel movimento gay ci entrai io, nel 1976, ci fossero i tappeti di fiori per gli ultimi arrivati? Certo che no. Eppure Mario Mieli, che dal basso dei miei 17 anni mi pareva tanto vecchio e saggio, aveva 24 anni... ed era un leader indiscusso (oltre che tirannico, egocentrico e geloso).
Altri tempi? In parte sì. Ma in parte anche altri giovani.

In effetti, se cambiano le generazioni (o meglio, se cambia la loro visione della politica) in compenso l'attaccamento al potere nella razza umana non cambia mai. Se io, ateo, nel 1982-1985 feci la mia militanza nel Gruppo Abele, ci avvenne anche perché allora non trovai nessun altro spazio alternativo.
Il Riflusso stava chiudendo una porta via l'altra a chi era di sinistra, e le altre porte ancora esistenti erano tutte presidiate da giovani frocialisti assai amanti del potere, che col cavolo che lo mollavano... anche se non sapevano cosa farne dato che le vecchie certezze e i vecchi modi di far politica andavano a pezzi ogni giorno di più. Ma guai a chi avesse tentato di cambiarle! Costoro erano come il cane che abbaia davanti al mucchio di fieno. (Tutto ciò fino a quando Beppe Ramina e Franco Grillini non riuscirono infine a rendere l'Arci-gay una proposta potabile).
 

Il mio tesserino dell'agenzia Aspe, 1983
Il mio primo tesserino, quello dell'agenzia Aspe del gruppo Abele, nel 1983.

In altre parole, se volevi uno spazio te lo dovevi conquistare combattendo, ieri esattamente come oggi.
Quando iniziai a pubblicare, ci rimasi di merda quando ottenni solo stroncature e commenti malevoli, dalla nomenklatura gay italiana Ci fu un periodo, prima di capire che anche questo faceva parte della logica del potere ("cerca di distruggere i nuovi arrivati, se non ci riesci, cooptali, e se non ci riesci, isolali") in cui mi sembrava che solo gli eterosessuali e gli stranieri (riuscivo a pubblicare i miei saggi di storia in inglese, ma in italiano no) fossero interessati al lavoro che facevo. Dai gay italiani "che contavano" (che non sono gli stessi di oggi, per inciso) ho avuto allora solo stroncature, sarcasmi, e ostacoli.
Sono sempre andato avanti solo perché quel che scrivevo interessava a molti, troppi gay che "non contavano". Loro mi hanno non solo sostenuto, ma anche dato letteralmente da vivere, comprando i giornali per cui lavoravo e scrivendo o dicendo che amavano i miei articoli ai miei padroni. Dio li abbia in gloria.
Ma fosse dipeso da quelli "che contavano" in quegli anni, sarei già sottoterra dal 1983.

È stato anche per questa brutta esperienza che non appena sono riuscito a presidiare anch'io una porta ho sempre cercato di aiutare ad entrare, per quel poco che potevo (e potevo molto poco), tutti coloro che, come te, dimostravano di avere talento, specie se sottovalutati.
Una rondine non fa primavera, e un redattore/direttore non fa una cultura gay.
Ma tu sai se ci ho provato o no, a fare la mia parte...


Dunque, da che mondo è mondo chi (gay o etero che sia) ha il potere non lo molla.
E da che mondo è mondo ogni generazione, invecchiando, pensa che la migliore generazione mai esistita nella storia umana sia stata la propria. L'età dell'oro, stranamente, sta sempre nel passato...
Rileggevo ieri il Qohelet, e con mio sommo divertimento ci ho trovato una frase che non ricordavo: "Non domandare: "Come mai i tempi andati erano migliori del presente?", poiché una tale domanda non è ispirata da saggezza" (7:10). E questo è stato scritto nel secolo III a.C.!

Non credo insomma che i miei vent'anni siano stati "migliori" dei tuoi vent'anni. Diversi, sì. E per molti versi sicuramente peggiori.
Ma non nego che all'epoca fosse più facile avere speranza nel futuro -- cosa che comprenderai facilmente se ti ricordo che all'epoca il Pd non esisteva ancora.


Infine, prima di chiudere, vorrei mettere in guardia conto la tentazione di fare un discorso di "responsabilità della classe dirigente attuale per lo sfascio in cui ci troviamo", facendo di ogni persona un fascio (littorio).

Da un lato, tale responsabilità esiste, ed è addirittura più vasta di quanto tu dica, visto che tale responsabilità non tocca solo coloro che hanno comandato, ma anche coloro che li hanno contestati. Guarda come si concluse la scissione anti-autoritaria dei Cobagal del 1997: con la creazione di piccoli feudi locali di potere la cui dirigenza non ha mai più sbaraccato da allora.
O la contestazione al Bologna Pride del 2008, con i gruppi dei "Disobbedienti/Antagonisti", che avevano contestato l'organizzazione stessa del Pride fino al giorno prima, dare l'arrembaggio a furia di spintoni e urla per poter essere anche loro sul palco a fare quel teatrino che fino a pochi attimi prima avevano bollato come disgustoso...
Né, a giudicare da quanto leggo oggi sul Pride 2010 di Roma, città in cui Arcigay è ultraminoritario e in cui i protagonsti sono ben altri, posso pensare che i problemi che citi siano da imputare ad Arcigay in quanto tale.

Tu dici: "Con un gruppo dirigente così, non potevamo vincere". Ed io aggiungo, "Ma con una contestazione al gruppo dirigente così, vincere era semplicemente impossibile".
Perché non è vero che la politica si fa solo se si ha il culo sulla sedia del potere. La politica si fa anche, anzi direi soprattutto, dall'opposizione a chi ha il culo sulla sedia del potere.
Un'osservazione, questa, che brucia molto all'attuale "opposizione" italiana, che l'opposizione non la vuole proprio fare, ma che in politica ha sempre funzionato.
E l'opposizione del movimento lgbt, mio caro, in Italia è stata mediamente peggiore della classe dirigente gay.


Ciò detto, passando all'altro lato, la nostra analisi sulla situazione politica dev'essere fredda, razionale, non emotiva. Una volta individuati i limiti dei politici gay sul mercato, sta a noi capire cosa possiamo fare a partire da questo materiale. Come ci ripetevamo "ai miei tempi", "la Rivoluzione non si fa col materiale umano che si vorrebbe avere, ma con quello che si ha". Della serie: o ti accontenti, o non godi.

La disastrosa situazione del "materiale rotabile" della politica italiana non deve farci scordare che per quanto scoraggiante sia la situazione, le alternative (autoritarie, cesaristiche, uomodellaprovvidenzalistiche...) sono peggiori, e spesso spaventose. Hitler fu eletto come rimedio alla mediocrità della classe politica tedesca della Germania di Weimar. E si è visto che rimedio sia stato.

Dunque, sta a noi riuscire a salvarci usando quel che la sorte ci ha messo per le mani. Sostituendo quel che possiamo sostituire (ed è per questo che ho appoggiato l'elezione di Patanè e Trentini ai vertici di Arcigay nazionale: un miglioramento netto, anche se per ora il loro lavoro è stato monopolizzato dalla necessità di fare pulizia e rimettere in ordine i conti economici -- ahi!). E non potendo sostituire, almeno scegliendo il meno peggio fra quanto abbiamo.

Io sono amico di Franco Grillini, dunque non persona imparziale nei suoi confronti, tuttavia pur vedendo i suoi limiti (a iniziare da un ego "gassoso", che cessa di espandersi solo quando e se trova una barriera solida che riesca a contenerlo) se continuo ad avere fiducia nel suo lavoro è perché so e vedo che ci crede, nella politica gay. Ha pagato per queste sue idee (innanzi tutto, vedendosi rimpiazzare in Parlamento da yes-women più malleabili alle esigenze dei partiti, come punizione per la sua intransigenza sui diritti gay e sulla laicità) e questo per me conta.

E me lo rende diverso da chi, come Imma Battaglia di Di'Gay Project, Vanni Piccolo ex presidente del Mario Mieli, o la parlamentare del Pd Paola Concia, è arrivato al punto di pagare una inserzione a piena pagina su "Liberazione" il giorno prima delle elezioni romane del 2008, per dire che i gay romani non appoggiavano la candidatura laicista del noto sovversivo Franco Grillini, bensì quella simpaticamente e gradevolmente clericale di Francesco Rutelli, che era lui sì il vero amico dei gay.
Dopodiché spero che capirai perché io dica che concordo sul fatto che di questi politici gay c'è poco da fidarsi, però tra un Grillini ed una Concia o una Battaglia io so ancora chi scegliere senza dovermi spremere il cervello.

Perché sta nelle loro scelte e nei loro atti il motivo per poter scegliere, cioè giudicare ed esprimere un voto.
L'anti-politica, intesa come bisogno di fare a meno dei rappresentanti che scegliamo (eleggiamo) per snellire il gioco decisionale (chiunque abbia partecipato a una riunione di condominio sa di non volerlo fare a tempo pieno, anche a prescindere dal fatto che ogni tanto occorre pur lavorare) è molto pericolosa.

Primo, tutto ciò scade con troppa facilità nel qualunquismo puro e semplice, che fu un fenomeno profondamente di destra; secondo, io ricordo un periodo in cui, per lo schifo che faceva la classe politica italiana, demolita da Tangentopoli, alcuni cittadini scesero in campo in prima persona per rimpiazzarla. Il più noto fra costoro si chiamava Silvio Berlusconi. Che si è rivelato molto, molto, molto peggiore di Craxi e Andreotti.
Dunque, se tanto mi dà tanto, la prossima scelta per l'Italia potrebbe essere Pol Pot, e io ne farei volentieri a meno.


A mo' di conclusione.

Personalmente penso che alle prossime elezioni andremo senza il Pdl (a questo sta provvedendo Fini), ed auspicabilmente anche senza il Pd, paralizzato per le sue contraddizioni ideologiche su qualsiasi tema su cui sia necessario avere un punto di vista (cioè qualsiasi cosa), ed il cui progetto è pertanto fallito, morto, marcio, nonché causa principale della cancrena della politica italiana.

Penso anche che alle prossime elezioni la tematica lgbt conterà zero. Ben altri e ben più gravi saranno i bubboni che saranno scoppiati nel frattempo, visto che le pustole piene di pus disgustoso sono sempre più numerose e sempre più gonfie. Auspico che per allora non saremo noi nella posizione della Grecia oggi, ma un auspicio non è una garanzia. In quel caso, sai quanto fregherà dei gay agli elettori...

Penso infine che Vendola e Grillini avranno un ruolo nelle prossime elezioni nazionali, ma che l'omosessualità di nessuno dei due conterà per una cippa. Verranno eletti o trombati sulla base di considerazioni di altro tipo e tenore.

Non sono un profeta, potrei quindi sbagliarmi, anche di grosso. Ma "sento", sulla base della semplice esperienza degli anni passati, che il berlusconismo crollerà tutto in una volta, e all'improvviso, e che Berlusconi verrà giù come Craxi o Mussolini prima di lui: nel giro di una notte, senza che nulla di particolare abbia facilitato il crollo. Semplicemente, un giorno i politici, facendo la loro solita conta quotidiana, si saranno accorti che quanti non ne potevano più fra loro erano ormai il 50% più uno.
E secondo me manca ancora poco, perché così come è scoppiata la Grecia potrebbe - ahimè - scoppiare pure l'Italia. E per quante Tv controlli il capo del governo, non può nascondere un elefante morto sotto un tappeto.

Per queste ragioni sono ottimista. In effetti, adoro rimboccarmi le maniche davanti ad un campo di rovine fumanti lasciate da governanti che io non ho mai appoggiato, né votato, né approvato, mentre li hanno appoggiati (o tollerati non facendo mai opposizione) coloro che per decenni hanno accusato me di essere cieco e fanatico e di non capire nulla di politica.
Siccome questa è l'esperienza che ho fatto per la mia intera esistenza, la trovo business as usual. Ed immagino che lo stesso valga per te...


In tutto questo rivolgimento ognuno di noi, ovviamente, non agirà o reagirà in base alla generazione a cui appartiene, bensì in base alle idee e alle capacità di analisi che ha.
Anche se un po' di sospetto verso le decisioni che sta per prendere la tua generazione (ex) yuppy io me lo terrò.

Se però da qui ad allora mi costringerete a cambiare idea... giuro che non me le lamenterò affatto.

Ciao

Giovanni Dall'Orto.

P.S. Io, dirigere l'Espresso? Ma sei impazzito? Dovrei passare metà del mio tempo a guardare le foto di tette nude e di passere al vento da mettere in copertina!
Non posso! La mia, ehm, ... religione ... me lo vieta... :-)


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