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Commento n. 1 alla lettera di Vito

25/03/2003

Ciao,

ho letto con molto interesse tutte le risposte che hai dato nel tuo sito e al tuo indirizzo email, specie quella a Vito.

Condivido molte delle tue opinioni, sulla identità omosessuale, sul rischio di entrare a patti con la maggioranza etero, il parallellismo con la minoranza ebrea e il suo rapporto con il nazismo.
Sì, saremo sempre discriminati, se non siamo noi i primi ad accettarci e a riflettere il nostro accettarsi nel rapporto con la maggioranza etero.

Comunque, capisco anche le titubanze di Vito, il suo malessere, il rapporto difficile coi genitori, il nascondersi.

Dannato. Foto G. Dall'Orto

Nella mia personale esperienza, vista anche l'età che mi separa da Vito (ho 37 anni), posso dire che molto dipende anche dal carattere di una persona e dall'ambiente in cui si viene a trovare; nel mio caso un ambiente provinciale dove svolgo la professione di avvocato che mi costringe a vivere isolato da certi ambienti gay, per non avere contraccolpi negativi anche sulla mia attività. 
Certo, si fa presto a  dire accéttati e sarai accettato, ma poi bisogna vedere le realtà in cui vivi!

Io non intendo fare la vittima, SIA BEN CHIARO!! ma mio malgrado mi sono trovato costretto a vivere in questa realtà, dopo una esperienza di vita a Londra, che mi ha illuminato su molte cose del mio essere gay e dove mi sentivo completamente accettato, e dove non ci sono pregiudizi di sorta contro i gay, a parte qualche raro caso.
Ovvio, non posso paragonare questo lembo d'Italia provinciale con Londra, anche in Inghilterra ci sono realtà provinciali...

Tuttavia, posso dire che l'atteggiamento di questi Paesi neo latini, Francia, Italia, Spagna, è tipicamente omofobico, molto di più che nei Paesi del nord Europa, poi, la Chiesa cattolica e il papa, che in Italia ha una grande influenza su tutto e tutti  non aiuta certo ad accettarsi e farsi accettare.

Senza poi considerare che proprio la chiesa cattolica è piena di preti GAY che si castrano per tutta la vita. 
Questa mi sembra una grande ipocrisia, come mi sembra il fatto che qui moltissimi sono sposati o fidanzati e vivono l'essere gay come una faccenda da sbrigare in un parcheggio, per poi tornare dalla moglie o dalla fidanzata, e, sinceramente, questo non mi pare un modo di essere felici.

Quindi, in definitiva capisco il tuo punto di vista, ma non posso biasimare neanche Vito, ci vuole una grande forza di carattere per accettarsi e anche una maturità che lui non ha ancora acquisito.

Grazie e Buona Pasqua!

Andrea S.

Commento n. 2 alla lettera di Vito

25/03/2003

Caro Giovanni Dall'Orto.

Ho appena letto la tua lettera di risposta a Vito e mi sono commosso. Penso che sia una risposta bellissima, sei proprio una persona magnifica che sa esprimere benissimo i sentimenti di tutti noi.

Io ti ho incontrato nel giugno 1995 a Venezia in occasione di un incontro dell'Agedo, e già allora mi avevate fatto una grande impressione tu e tua madre a me, che devo dire qualche pregiudizio sugli italiani ce l'ho. Infatti a ventisei anni, nel 1983, stanco dell'Italia, gay con mille problemi, son venuto a vivere qui a Stoccolma, dove ho potuto vivere senza problemi la mia omosessualitáe e dove ho insegnato italiano. 

Oggi sono professore associato a Uppsala, ho un compagno, una vita serena, ma continuo a chiedermi se ho fatto bene a lasciare il mio Paese e se invece ho scelto solo la soluzione più comoda.

Avrei ancora tante cose da dirti sui gay e sull'Italia, ma devo andare a insegnare e non ho tempo ora. Proprio non potevo però fare a meno di scriverti per esprimerti la mia ammirazione.

Grazie per le tue belle parole e per quello che fai per tutti noi. 

Salutami tanto tua madre con cui ho a lungo chacchierato quasi nove anni fa.

Un saluto gayo

Franco

[Due lettere sullo stesso tema nello stesso giorno, con storie per certi versi simili, per altri, speculari. Può sembrare un'invenzione mia, ma sono vere. Le coincidenze succedono, ogni tanto. Magari per il fatto che la lettera di Vito era stata citata in un articolo su gay.it... :-)

Invece il fatto che raccontino storie con tratti comuni non è una coincidenza, dato che si tratta di due reazioni al medesimo scritto.
Il dato comune è il bisogno di uscire dall'Italia per riuscire infine a respirare, per ri/conoscersi. Con scelte finali, e quindi bilanci, un poco diversi.

G.D'O]

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