Silenzio
= complicità?
07/12/2003 Buona sera signor Dall' Orto, siamo tre studentesse dello IUAV di Venezia, stiamo conducendo una ricerca sulla storia degli omosessuali dopo il '45. Avendo letto Le ragioni di un silenzio e altro materiale, volevamo avere la sua opinione riguardo a un nostro pensiero: Volevamo un suo commento, pro e contro, riguardo questa nostra conclusione. Ringraziandola anticipatamente per la sua attenzione, attendiamo una sua risposta al più presto. Elisa
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Cara Elisa, sarò diretto, dato che è un'opinione quella che chiedi, e non un'analisi storica sfumata.
La mia opinione è che da premesse scorrette derivano conclusioni scorrette... :-D
Infatti:
Non devi farti ingannare dal miglioramento della vita dei centomila omosessuali "visibili", tutti concentrati nelle grandi città, e più al Nord che al Sud, e più nel Nord urbano che nel Nord dei paesini, e più fra... Il problema sono gli altri due milioni e mezzo di lesbiche e gay, che vivono ancora come cento anni fa.se stai parlando del campo storiografico e nello specifico dello studio storico degli omosessuali, ti chiedo in base a quali dati tu parli di una "rottura del silenzio". Per esempio, la storiografia non gay ignora totalmente l'"Omocausto", in Italia. I lavori che hanno "rotto il silenzio" sono opera di persone, come me, tutte, al 100%, gay. Gli storici non gay non citano mai i nostri lavori, che pure sono online a disposizione di tutti (per lo meno, i miei lo sono). E così via.
In realtà sono solo i gay che hanno "rotto il silenzio" a proposito della loro storia. La società, invece, continua ad ignorare e censurare questi episodi.
(Per ora...).
in base a quali dati affermi che "si è arrivati ad una accettazione della comunità omosessuale", scusa?
"Si è"... chi? Prova a raccontare ai tuoi docenti che sei lesbica, prova a dirlo ai tuoi genitori, prova ad apparire per strada in atteggiamenti "scandalosi", sì, vai in giro mano nella mano con una donna... e chissà che tu non scopra qualcosa che non sapevi ancora... Qualcosa di sgradevole, ahimè.
Quello che avete fatto nella vostra domanda, purtroppo,
è stato a mio parere invertire causa ed effetto. Davvero,
come sospettate voi, nella società perdura il silenzio, perché
gli omosessuali non fanno abbastanza coming
out e si sono ghettizzati in
un loro mondo chiuso?
Falso. Il mondo protetto (e non certo "chiuso":
puoi entrarci anche tu, se lo vuoi, in qualunque momento) esiste sì,
ma in quanto difesa contro una società che non lascia altri
tipi di spazi. Insisto, vai a baciarti con una ragazza in mezzo a una discoteca,
un bar, una piazza, un luogo "normale" qualunque, vai a fare le stesse
medesime cose che fai assieme al tuo ragazzo senza neppure pensarci, e
vediamo cosa succede...
E non puoi pretendere che tutti vivano la loro
vita privata come atto di eroismo, come gesto politico, come sfida. Io
l'ho fatto, ma
non ho mai preteso che lo facessero tutti. Chi ha più
coraggio lo fa anche per chi ne ha meno. Si chiama "solidarietà".
Dopodiché, non occorre scomodare nonno Marx
e bisnonno Hegel e la dialettica nella storia e nella politica, per notare
che tutti i torti la vostra idea non li ha, perché la scarsa visibilità
delle persone glbt in Italia è sì conseguenza
del livello di omofobia particolarmente elevato nel nostro Paese, ma ciò
detto, la scarsa visibilità diventa poi causa dell'omofobia,
che come tutti i razzismi si nutre anche (ho detto anche,
e non solo) di ignoranza, di non-conoscenza dell'altro.
La persona omosessuale, per troppi italiani, è
una pura astrazione, o al massimo personaggio patetico, nevrotico, ridicolo
e di solito anche travestito o mezzo tale, come quelli che ammannisce la
tv.
Quindi, il vostro ragionamento ha una qualche
verità, anche se vi ricordo che questo fenomeno è comune
in tutte le situazioni di oppressione. Prima si fanno leggi che proibiscono
di insegnare a leggere agli schiavi negri. Poi come risultato i negri risultano
spaventosamente rozzi e ignoranti. Poi, siccome sono rozzi e ignoranti,
si sostiene che aprire scuole per loro è uno spreco, e tanto vale
investire meglio i soldi su altri gruppi sociali. Di conseguenza i negri
risultano più ignoranti e rozzi di altre minoranze. Di conseguenza...
e il gioco continua così. E c'è sempre qualcuno che afferma
che questo accade perché i negri sono "meno intelligenti", che la
loro rozzezza è la dimostrazione, e soprattutto la causa della loro
inferiorità sociale. Mentre invece ne è la conseguenza.
Per concludere, e senza perdere di vista l'aspetto di retroazione appena esaminato, una domanda che può essere interessante per la vostra indagine storiografica è: ma allora perché l'Italia è così più omofoba di altre nazioni?
Ovviamente perché questa domanda dia risultati
interessanti occorrerà guardarsi dalla solita risposta stereotipata
che mi sento dare quando la pongo: "Perché noi abbiamo il papa".
Balle. Anche la Spagna ha avuto l'Opus Dei, eppure guardate Zapatero
cosa ha osato fare... Anche
la Francia è cattolica, eppure ha i Pacs. In Olanda i democristiani
han votato a favore della legge che istituiva le unioni civili per le persone
omosessuali. Eccetera. Il punto non è quindi palesemente il papa.
Forse, anche qui, il rapporto causa-effetto
va rovesciato, se si vuole guardare le cose nella loro giusta prospettiva.
Chiedendosi: noi italiani siamo omofobi perché
siamo cattolici, o non sarà mai che noi italiani siamo cattolici
perché questo ci permette di essere omofobi?
E quando vedo un ateo come Giuliano Ferrara
sostenere che occorre dare sempre più potere politico alla Chiesa
cattolica e al clericalismo, allo scopo di favorire l'agenda politica di
estrema destra di cui Ferrara è un entusiasta e ben pagato corifeo,
il dubbio che la risposta giusta sia la seconda diventa per me una certezza.
Questa è la mia opinione. Deciderete voi cosa farvene
Ciao, buon lavoro.
Giovanni Dall'Orto
P.S: Ve lo siete mai chiesto perché non esistono eterosessuali "non dichiarati"?