Quei
cattivissimi comunisti sovietici
18/02/2008 Caro Dall'Orto, mi chiamo Valerio e
ho 21 anni.
La parte dell'articolo sull'omosessualità
sotto il governo bolscevico è un coacervo di mezze verità.
Trotsky viene dipinto come omofobo quando da uomo di cultura aveva recensito opere di scrittori omosessuali senza la minima malizia o rimprovero morale. Da Lenin a Stalin viene tracciata una linea di continuità: l'autore non si è minimamente soffermato sul significato storico dell'avvento dello stalinismo. Insomma, emerge un anticomunismo viscerale e irrazionale, contraddittorio in moltissimi punti e incongruente con alcuni fatti storici. A questo punto si chiederà:
ma che diavolo c'entro io, che ho solo partecipato con i miei articoli
a "Sodoma", con i deliri di Pezzana e il suo antisovietismo?
Cordiali saluti, la ringrazio per il tempo dedicatomi (anche solo nella lettura della mail!). Valerio I.
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io avrei un attimo di esitazione a definire "un coacervo di mezze verità" un lavoro come quello di Karlinsky, che ha retto bene alla critica per tre decenni (risale al 1976). Nel campo storico è sempre possibile contestare un punto di vista, o un'analisi, ma lo si fa con i documenti alla mano e non con i giudizi sulla punta della lingua.
I documenti storici di per sé sono muti
(cartacce, cocci, sassi: nient'altro che questo), ed è lo storico
ad organizzarli a dare loro un senso, cioè una voce, attraverso
cui "significano" (letteralmente "fanno segni" a noi). Dunque, è
pensabile dare altre letture ed altri significati ai documenti, tuttavia
anche volendolo fare, è coi documenti che ci si deve confrontare,
non con i giudizi di valore.
Ora, la persecuzione
degli omosessuali nell'Urss è un dato di fatto storico (ed una
delle persone che più di tutti hanno contribuito a farla conoscere
è stato proprio Karlinsky). Per numero di morti, non è stata
inferiore alla persecuzione
degli omosessuali avvenuta nella Germania nazista. Come militante gay,
non tollero quindi nessun tentativo di nascondere, occultare, minimizzare,
censurare, scusare, e in qualsiasi modo giustificare questa tragedia storica.
Tutte le persecuzioni antiomosessuali hanno sempre avuto qualcuno che le
ha non solo difese ma esaltate, e per me essere un militante gay ha sempre
voluto dire essere pronto ad accettare la sfida da parte di chiunque si
faccia difensore o minimizzatore delle persecuzioni omofobe.
Quella avvenuta in Urss è stata una
tragedia storica, nulla di meno. Punto. Libero chiunque di dire che
è stata solo una gradevole passeggiata rinfrescante tra i fiori
della olezzante primavera... siberiana, ma libero io di attaccare chi lo
dice.
Ma sto divagando. Torniamo allora alla prospettiva storica: nel nostro caso, se tu ritieni che della persecuzione antiomosessuale in Urss Karlinsky parli in termini sovradimensionati rispetto ai fatti dimostrabili (come è accaduto peraltro anche con l'"Homocaust", che ha causato 15-30.000 morti, a fronte del milione che ipotizzò in passato Massimo Consoli) il modo corretto di agire è prendere i documenti e dimostrare che la lettura che ne è stata data non è autorizzata dal testo, ovvero che l'interpretazione è andata troppo oltre rispetto al dato documentato. Come han fatto gli storici gay tedeschi per ridimensionare il "milione" delle vittime gay dei nazisti.
C'è infatti sempre una certa misura di
estrapolazione nello studio storico, dato che la documentazione è
sempre e solo un frammento di quanto il passato ha prodotto, e salvo rari
casi fortunati non è mai neutrale. Lo storico serve a colmare
le lacune e ricucire i pezzi e brandelli della documentazione che è
arrivata fino a noi. La sua abilità sta nel ridare forma sensata
a mucchi di briciole e straccetti di vita che giacciono ammucchiati negli
archivi, e farne una "tela storica", un "affresco storico".
Una certa dose di estrapolazione è quindi
non solo lecita, ma addirittura indispensabile; tuttavia se la "certa dose"
supera il dato storico effettivamente documentato, si ha uno scritto di
propaganda politica che si ammanta di storia (esempio: l'invenzione leghista
della "Padania", che non è mai esistita nella storia, ma solo nelle
estrapolazioni che i leghisti han fatto). Se quindi pensi che questo sia
il caso con Karlinsky, questa è la strada che devi seguire: tornare
ai documenti, e mostrare che l'estrapolazione di Karlinsky è andata
ben oltre la "certa dose" considerata lecita, arrivando a sostituire le
sue idee ai dati.
Da questo punto di vista, chiedermi se io sia d'accordo
con lui o no non ha quindi senso: se i documenti sono quelli che presenta
Karlinsky, ovviamente sì, perché "carta canta". Ma se tu
mi arrivi con altri documenti ed altre chiavi di lettura, non ho detto
che io non cambi idea. Il dibattito storico serve esattamente a questo.
Tu però devi venire con altri documenti... perché Karlinsky,
di suo, ne ha citati di belli pesanti...
Chiedermi di schierarmi "pro o contro" Lenin non
ha invece senso, se stiamo parlando di storia. Se si fa storia, non
si è "pro o contro" Ramsete II. O si cerca di capirlo, o si
rinuncia a farlo, e questo è tutto quanto può fare uno storico.
Ma schierarsi pro o contro un
cadavere mummificato in un museo, o nella Piazza Rossa, non ha senso.
La politica, e massimamente quella di sinistra, vive del presente, e delle
persone vive, non delle mummie. Solo i reazionari vivono di mummie.
Se invece, dio non volesse, tu mi avessi scritto
non in quanto storico ma in quanto militante gay, e mi parlassi di Lenin,
Stalin & c. come di figure non storiche, bensì ancora "vive"
ed attuali per le tematiche LGBT, allora la situazione sarebbe grama.
Il pezzo di Karlinsky va infatti contestualizzato
negli anni in cui fu scritto, ovvero i primi anni Settanta ("Sodoma"
ci mise molti anni a tradurlo).
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A dimostrazione, si citava La rivoluzione sessuale
di Wilhelm Reich
(1930), che dimostrava come il governo bolscevico avesse immediatamente
abolito le leggi antiomosessuali zariste. Dunque, "e noi fare-e-mo /
come 'n la Ru-u-ssia", e la questione dei culatt..., ehm dei compagni
diversi, e ovviamente delle compagne rompica... ehm, femministe, si risolverà
da sola.
Anche se nelle prime fasi io non c'ero (arrivai
solo nel 1976, per motivi anagrafici :-) ) i primi anni furono dedicati
esclusivamente a smantellare pezzo a pezzo questo demenziale ragionamento.
E sono lieto del fatto che sia stato fatto: se io avessi rinunciato ad
esigere i miei diritti (e ti assicuro che non fu facile, fu lotta vera
e fu lotta continua) limitandomi ad aspettare la Rivoluzione, sarei arrivato
ai miei quasi cinquant'anni aspettando Godot...
Karlinsky si inserisce in questo dibattito.
Premesso questo, io sono allora molto d'accordo
con Karlinsky, dato che la mia intera vita di militante si è basata
sul rifiuto di quella che era stata battezzata allora "la questione
delle priorità" (ovvero "prima facciamo XYZ, che è
prioritario, e solo poi penseremo ai gay").
In trent'anni non ho mai incontrato nessun
problema che non fosse abbastanza serio ed importante da non poter passare
davanti alle richieste dei gay, quali che esse fossero e per quanto
moderate essere fossero.
Dunque, sono vaccinatissimo contro la tentazione
di cadere in qualcosa che somigli alla "questione delle priorità",
anche se poi so benissimo che quello gay non è certo il solo problema
al mondo, tant'è che personalmente la questione palestinese mi angoscia
molto più di quella gay. Ma visto che nessuno di noi è Cristo,
ne consegue che ognuno sceglie il proprio àmbito di attività
politica compatibilmente col fatto che ha una vita sola, che non è
onnipotente, che non deve farsi carico da solo di tutti i mali del
mondo, e che deve anche lavorare per vivere, studiare, e magari, se ci
riesce, anche amare.
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Per quanto riguarda Lenin e Trotsky,
nutro solo un blando interesse di tipo storico nei confronti del loro punto
di vista, così come peraltro mi lascia indifferente la
grossolana omofobia di nonno Marx. "Indifferente" perché
un marxista non ha bisogno di profeti che gli rivelino la Verità
assoluta. Si è marxisti solo se si è riusciti ad andare
oltre Marx, esattamente come lui andò oltre la sinistra
hegeliana e Proudhon e Saint Simon e Fourier... e spesso anche oltre Marx.
Appunto.
Anche perché il marxismo è dialettico,
e sa che l'analisi si deve evolvere continuamente per tenere conto delle
conseguenza causate proprio dai cambiamenti provocati dal fatto di essere
stata formulata e messa in pratica. Il marxismo vuole cambiare la
realtà, e non limitarsi ad analizzarla, ma così facendo
cambia i dati su cui basava la propria analisi, e quindi condanna se stesso
ad essere sempre superato dai fatti. Un'analisi marxista statica è
quindi una contraddizione in termini.
Marx ci ha dato un metodo di analisi. Abbastanza
flessibile da rivelarsi insuperabile anche oggi. Ma non ci ha dato risposte:
nessuna. Lui stesso cambiava idea da un testo all'altro, ed era giusto
così. Era un filosofo, non il Figlio di Dio. Aveva analisi e proposte,
non Vangeli da rivelare. Fu Stalin che scrisse il "catechismo" comunista.
Ma lui era un criminale, come del resto chiunque altro abbia scritto catechismi.
Far degenerare il pensiero a dogma, anziché
mantenerlo come analisi dialettica e sempre in evoluzione del presente
(che è a sua volte incessantemente in evoluzione) rivela il tipo
di mentalità che nella storia abbiamo visto negli Angeli
Pezzana o nei Giuliani Ferrara, che sono partiti come i
più dogmaticamente di sinistra di tutti, e sono finiti dove sono
finiti.
Mi sono chiesto spesso, negli anni, cosa sarebbe
successo se la rivoluzione avesse vinto, ma poi avesse governato gente
come loro, che ha rivelato abissi di autoritarismo ed intolleranza. E non
riesco ad essere del tutto dispiaciuto del fatto che la rivoluzione non
ci sia stata. (Anche se poi l'ironia è che i Pezzana ed i Ferrara
ce li abbiamo comunque ancora sul gobbone lo stesso, sia pure dalla parte
politica opposta... Ma almeno è giusto che i reazionari si presentino
come tali, e che facciano il loro mestiere di reazionari: noi non abbiamo
bisogno del loro consenso per fare il nostro, dico bene?).
Essere di sinistra significa (anche) capire che
la realtà umana è costantemente in evoluzione e che la storia
non si ferma mai. Pretendere che in un certo anno, o con una certa figura
storica, la storia umana abbia raggiunto il suo culmine, e che da allora
in poi nulla vada cambiato, è la quintessenza del pensiero reazionario,
che ha "un grande passato davanti a sé".
Quando sento un marxista che rimpiange non dico
Stalin o Lenin, ma perfino Marx o Engels, la mano mi corre alla pistola
culturale.
ll marxismo che vive del passato porta
inevitabilmente a Giuliano Ferrara (e prima di lui, al "compagno"
Benito Mussolini): ce lo ha dimostrato la storia e l'esperienza. Mentre
quello che vive senza passato, ci porta invece a D'Alema e Veltroni...
e sinceramente non so cosa sia peggio.
Da parte mia, vivo bene senza santini, grazie,
senza mummie da venerare, grazie, e senza complessi, grazie. Ma anche senza
dimenticare il passato, incluso quello che ci ha dato i gulag
e le leggi sovietiche antiomosessuali. Quando Karlinsky scriveva, e
tu dovevi ancora nascere, l'Urss esisteva ancora e l'omosessualità
era molto concretamente punita con la Siberia.
Se oggi ti puoi permettere di essere perplesso
su Karlinsky è solo perché la
sua lotta, assieme a quella di altri, ha messo fine a quella realtà,
e le
leggi antiomosessuali sono state abrogate (anche se l'omofobia nell'ex
Urss resta un problema concretissimo).
Ma sarebbe meglio che, per quanto tu sia giovane
e non abbia vissuto quelle lotte, per quanto sia giusto che tu sia nato
godendo già di diritti che non erano tali prima che tu nascessi
(abbiamo lottato proprio per quello, perché ne potesse godere fin
dalla nascita chi fosse nato dopo di noi), tu non dimenticassi che questo
passato è esistito, e che purtroppo (Ratzinger ce lo insegna) nessun
passato è mai passato. "Un popolo che non impara dal proprio
passato è condannato a ripeterlo".
Su tua sollecitazione, metterò questa mail sul mio sito, ovviamente depurata dai dati personali, in modo che possa servire al dibattito futuro.
Ciao, buon lavoro.
Giovanni Dall'Orto