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Recensione di Giovanni Dall'Orto
Splendido, ma difficile
Stavolta Crichton l'ha fatta grossa. Basta leggere su Anobii le recensioni dei lettori italiani di questo bestseller per rendersi conto dello sconcerto dei molti che l'hanno giudicato "noiosissimo" o "il peggiore dei libri di Crichton".
In realtà non è né l'una né l'altra cosa. Semplicemente è un libro pensato per un pubblico anglosassone, e che quindi presuppone nei lettori conoscenza diverse da quelle che ha un lettore medio in Italia.
Sì, tutti i libri di Crichton sono "difficili", solo che lui è bravo a non farcene accorgere. In ogni libro introduce infatti sempre due linee di lettura: una relativa alla vicenda, l'altra a un problema scientifico attuale, sul quale si documenta con uno scrupolo invidiabile, facendo poi nel romanzo opera di vera e propria divulgazione. Magari non ve ne sarete accorti, ma Jurassic park si basava sulle teorie più recenti ed aggiornate relative ai dinosauri, ed ha svecchiato di almeno mezzo secolo la concezione popolare di massa relativa a questi bestioni.
Qui
Crichton "riscrive" il Beowulf,
un poema medievale anglo-sassone che gli anglofoni studiano a scuola perché
è una delle basi più antiche della loro letteratura.
Questo
spiega perché le recensioni dei lettori americani o inglesi su Amazon.com
siano entusiastiche, mentre quelle dei lettori italiani sulla Rete non
lo siano per niente.
Il
divertimento sta infatti nel fatto di vedere trattare un argomento studiato,
e magari subito, con molta noia, a scuola, e vederlo trasformare in un
divertente racconto di cappa e spada, con incursioni nel fantascientifico.
È un po' come se Crichton avesse preso la Divina Commedia
e l'avesse trasformata in un romanzo, tanto per fare un paragone che noi
lettori italiani possiamo capire. Ovviamente se lo avesse fatto le parti
sarebbero invertite: noi italiani lo troveremmo divertente, ma i lettori
americani lo troverebbero noioso perché non saprebbero di cosa stia
parlando.
Crichton
incapsula la sua narrazione nella forma letteraria della relazione di viaggio
di un poeta e diplomatico arabo, che visita le lontane terre scandinave
in cui si svolgono i fatti del Beowulf.
(Specifico
qui che anche se al liceo me lo fecero studiare, dopo tanti anni mi ricordavo
ormai solo che c'era di mezzo un drago - che nel romanzo di Crichton c'è,
ma senza esserci - e ciononostante il libro m'è piaciuto lo stesso,
quindi magari andarsi a leggere la trama del Beowulf per divertirsi
a vedere come la rilegga Crichton aumenta (parecchio) il divertimento del
lettore, però non è indispensabile alla comprensione
della vicenda).
Il
gioco di Crichton è molto colto, e capisco i lettori meno smaliziati
che non sono in grado di godersi il gioco letterario della minuziosa parodia
del racconto di viaggio medievale, ed anche del saggio accademico dei nostri
giorni sul presunto "manoscritto antico ritrovato". Con tanto di note a
piè di pagina con frecciate petulanti contro altri studiosi che
non avevano capito questo o quell'aspetto.
Ovviamente
il lettore privo d'interessi culturali vedrà il film interamente
in bianco e nero ed anche senza audio visto che non udrà la riscrittura
del Beowulf, non vedrà i colori della satira del manoscritto
arabo, non gliene fregherà nulla dei vichinghi, non percepirà
lo stralunato inserimento dei neanderthaliani, non...
(Per
la cronaca, io all'inizio pensavo che tutto il manoscritto arabo fosse
farina del sacco di Crichton, invece ho scoperto che il romanzo ingloba
tre capitoli d'un testo autentico, noto agli storici per averci parlato
del regno vichingo dei Rus
- da cui sarebbe nata la Russia - com'era nell'anno 921 d.C.).
Riassumendo: questo romanzo nasce saldando assieme - con notevole abilità - una relazione di viaggio autentica (ma rimaneggiata!) d'uno scrittore arabo e una saga vichinga, permettendoci di vedere i "fatti" che stavano dietro alla saga. La sua brevità, che molti lettori hanno lamentato, è perfettamente adeguata, nascendo dalla coscienza del fatto che "un bel gioco dura poco" e non è possibile coinvolgere i lettori in un gioco letterario tirato troppo per le lunghe.
Ciò
premesso, io comprendo che un lettore totalmente privo d'interessi storici,
magari alla ricerca di extraterrestri o dinosauri che inseguono ruggendo
i protagonisti, possa trovare "noioso" questo romanzo.
Pertanto
lascio un avviso. Questo libro è destinato a piacere o spiacere
a seconda degli interessi generali di chi lo prende in mano: chi non nutre
il minimo interesse per la storia passata, è meglio che scelga un
altro dei romanzi di Crichton.
Del
resto leggo su Wikipedia che anche il film tratto da questo romanzo, Il
tredicesimo guerriero, è stato un flop al botteghino.
Quindi lo ammetto: stavolta Crichton forse ha preteso davvero troppo dal
livello culturale medio del grande pubblico. Ma solo "forse"...
Al
contrario il divertimento è garantito se chi mi sta leggendo
ha anche un minimo gusto per la storia e per le storie epiche, e
ritiene di potersi districare fra saghe vichinghe, viaggiatori arabi che
guardano al mondo vichingo con sguardo a mezza strada fra l'inorridito
e l'affascinato, e sterzate nel bizzarro "fantascientifico" nella spiegazione
fornita su chi sia in realtà l'entità che sta dietro al "drago"
di Beowulf (dirò solo che c'è di mezzo l'ultimo residuo
vivente dei neanderthaliani e basta: il titolo del volume è
mal tradotto perché in inglese suonava come Mangiatori di morti,
visto che i guerrieri neanderthaliani mangiano il cervello degli esseri
umani da loro uccisi).
In
conclusione questo romanzo è sia altamente sconsigliato, sia altamente
consigliato, dato che fra tutti quelli scritti da questo straordinario
confezionatore di bestseller è quello che richiede maggiormente
un pubblico dotato di certe nozioni di base e di certi interessi culturali.
Valutate
quindi se li possedete e decidete caso per caso se faccia per voi o no.
(P.S. Due divertenti allusioni all'omosessualità fra gli antichi turchi e normanni alle pp. 27 e 59).