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Recensione di Giovanni Dall'Orto
Un romanzo irreligioso ma mai blasfemo, ricco d'ironia e di simpatia umana
Ho iniziato questo romanzo con curiosità: quando un romanziere comunista, premio Nobel per la letteratura, affronta la figura di Gesù, il risultato non può che essere insolito.
E in effetti lo è, anche se per
il motivo opposto a quello che m'attendevo. Perché chi si aspetta
un Gesù totalmente "evemerizzato",
cioè spogliato dai suoi panni di divinità e ricondotto alla
sua natura umana, chi si aspetta l'eliminazione totale dell'aspetto soprannaturale
dalla narrazione, ebbene, si troverà di fronte ad una bella sorpresa...
Perché nel romanzo di Saramago
Diavolo e Dio entrano da subito nella narrazione, come protagonisti
a pieno titolo, mentre è semmai l'aspetto storico ad essere un po'
sacrificato a favore delle licenze poetiche e narrative.
Dunque, la Strage degli Innocenti - che storicamente non è mai avvenuta, e quindi in un romanzo evemeristico non avrebbe dovuto nemmeno apparire - diventa addirittura un evento fondante della narrazione. E le presenze angeliche (ricordandoci qui del fatto che anche Lucifero è un angelo) guidano lo svolgimento degli eventi fin dalle prime pagine.
Gesù qui è per davvero il
figlio d'una divinità. Il suo problema è che non sa cosa
farsene di questa filiazione.
Nel romanzo, che è pervaso da uno
sbarazzino senso dello humour, Gesù è lo strumento
nelle mani di Dio e di Lucifero, in lotta per il predominio sulla Terra,
e non ci mette molto a sentirsi usato. La sua morte sarà perciò
il frutto d'un gesto di ribellione (nel quale rifiuterà il titolo
di "figlio di Dio", proclamandosi solo e soltanto "re dei giudei") che
però non avrà l'effetto sperato, ovvero prevenire la nascita
d'una nuova religione, con tutto ciò che avrebbe comportato in termini
di guerre, persecuzioni, martirii e crociate (assolutamente geniali sono
le pagine e pagine in cui Dio elenca in ordine alfabetico a Gesù
tutti coloro che sarebbero stati martirizzati per lui e nel suo nome: l'elenco
da solo, senza alcun commento, è una tremenda e autoevidente condanna
del fanatismo religioso).
Ricorrere qui alla solita formula del tipo "quello di Saramago è finalmente un Gesù pienamente umano" sarebbe ingannevole. Questo Gesù non è infatti per nulla umano: compie miracoli, è davvero figlio di Dio, vede Lucifero ci parla e lo frequenta, parla con Dio... E la vera sorpresa del romanzo, l'atto geniale dell'autore, è aver risolto l'eterna contraddizione fra Storia e Mito (nella quale i Vangeli delle Chiese hanno sposato il Mito senza compromessi) sposando contro ogni attesa anche lui il Mito, e non la Storia.
La Storia? Viene riscritta, bellamente,
in base a esigenze narrative. Per esempio Giuseppe, senza nessuna giustificazione
che non sia quella letteraria, viene fatto morire crocifisso, innocente,
nella Sefforis strappata ai ribelli dalle truppe romane, per un mero atto
d'ottuso puntiglio maschilista.
La Storia qui esiste solo come sfondo
della recita, ed è proprio per questo che, per esempio, la ricostruzione
della psicologia e della dimensione antropologica d'una famiglia d'ebrei
del primo secolo è assolutamente superba, come può
esserlo solo in un romanzo, dato che solo un romanziere può permettersi
di colmare per analogia le lacune che la storiografia non riesce a colmare
con i suoi documenti (sotto le parole traspare la frequentazione d'arcaiche
e patriarcali famiglie contadine portoghesi quali modelli viventi dell'arcaica
e patriarcale famiglia di Giuseppe e Maria).
L'attenzione dello scrittore va insomma tutta alla recita e ai suoi personaggi, più che allo sfondo storico o anche solo teologico. Nella querelle plurisecolare che contrappone il Gesù storico a quello mitico, Saramago si è "chiamato fuori" proponendoci un Gesù che è... personaggio letterario.
L'evemerismo di Saramago, ovviamente, si nasconde qui. Perché questo Gesù appartiene, assieme a Diavolo e Dio, alla fabula, che in latino significa "racconto", ma anche "favola". E che con la storia come la conosciamo ha qui poco a che fare, mentre con la mitologia, nel romanzo, è lui stesso a non voler avere a che fare.
Mi sono chiesto se un cristiano troverebbe
irriverente o meno questo Gesù. Non essendo cristiano io, non posso
rispondere per altri, però penso di poter azzardare che questo
romanzo non è blasfemo.
È solo irreligioso, nel senso che
la dimensione religiosa è totalmente al di fuori dell'orizzonte
del narratore. Gesù e Dio sono solo personaggi di fabulae,
e quindi essere blasfemi con loro è come essere blasfemi con Cappuccetto
Rosso o la Fata Turchina. Lo si può fare, certo, ma a che pro? Non
ne vale la pena. Altre, altre sono le questioni che ci interessano come
esseri umani...
Ed in questo "altre questioni" che sboccia
il romanzo. A me è venuta la pelle d'oca dal piacere nel leggere
della scena in cui la Maddalena s'innamora di Gesù e abbandona la
sua vita di prostituta per lui. Tanto è umana, tanto è dolce,
tanto è delicata questa lunga scena, da far dimenticare che parlare
di legame fra Gesù e la Maddalena significa ficcare il dito in una
delle piaghe più aperte delle ipotesi non-religiose di lettura dei
testi evangelici (canonici e apocrifi che siano).
Qui ed ora non m'importa sapere se un
simile legame sia storicamente fondato (non lo è) o anche solo storicamente
ipotizzabile (lo è, ma nulla di più). Qui è la narrazione
a contare, e la narrazione è bellissima ed affascinante, al punto
che ci si dimentica in un attimo di chi sia questa Maddalena e chi sia
questo Gesù. Conta solo il fatto che sono due persone che s'innamorano,
sulle ali dei versi del Cantico
di Cantici.
La loro storia è "vera" perché
lo è letterariamente, e Saramago non pretende di avere altra verità
che non sia quella letteraria. Dal punto di vista storico può anche
essere falsa, quanto lo è la Strage degli Innocenti, ma non è
questo che importa al romanziere.
Ciò non significa, sia chiaro,
che l'autore non abbia da dire nulla sulla religione. Il suo atteggiamento
verso la divinità non è affatto rispettoso, e questo sia
detto per rispetto ed avviso a chi progettasse di leggere il romanzo quale
testo "parallelo" alla narrazione evangelica. Non lo è. Saramago
ha diverse critiche da muovere alla religione, specie per quanto di ottuso
e ciecamente fanatico è riuscita ad imporre alla razza umana.
Ma non ce l'ha col cristianesimo: ce l'ha
col fanatismo. A iniziare da quello dei pagani, ma senza fermarsi a quello.
Un fine umorismo aleggia quindi sempre
intorno ai personaggi sovrannaturali della vicenda, tanto quanto intorno
a quelli umani.
È un umorismo a tratti arguto,
laddove si permette aforismi un poco wildiani come: "Gesù disse
all'adultera, Va', e, d'ora in poi, non ricadere nel peccato... ma in cuor
suo era pieno di dubbi" (p. 277), però non è mai fine
a se stesso: nella stessa pagina 277, per esempio, una lunga e divertita
riflessione ragiona su come i virili lapidatori di adultere affrontati
a muso duro da Gesù non avessero, personalmente, alcun timore di
quella Legge che volevano applicare con tanto zelo. Infatti s'applicava
solo alle donne.
O ancora, nel drammatico dialogo fra la Maddalena e Gesù:
Né è per anime pie il dialogo fra Gesù e Dio (che traggo dalla epica, indimenticabile scena del confronto a tre fra Dio, Lucifero e Gesù sulle acque del Lago di Tiberiade) laddove si legge:
Al di là dei singoli episodi, non esiste alcun personaggio del romanzo che non sia memorabile, a modo suo. Giuseppe tragica vittima del suo ottuso maschilismo di giovane paterfamilias ebreo, chiuso nella difesa del proprio onore in modo tanto puntiglioso e ottuso da cacciarsi da solo nella trappola che gli costerà la vita, o Maria sottomessa e ignara del sapere che i maschi monopolizzano, ma attenta e capace di fare da sola due più due, e poi i discepoli, i fratelli, Lucifero, perfino Dio: tutti personaggi ben riusciti e che restano impressi nella memoria.
Pur ripetendo nuovamente la raccomandazione
di evitare la lettura se ci si aspetta un romanzo devozionale (non lo
è!), le qualità narrative di quest'opera - ora epica,
ora drammatica, ora lirica, ora sarcastica - la raccomandano senz'altro.
Il solo aspetto "difficile" è lo
stile, che fa un uso alquanto "creativo" della punteggiatura, narrando
come un concitato fiume di parole che non trova il tempo di tirare il fiato,
e che per questo qui e là è un po' ostico. Ma tutto sommato
è sopportabile.
Ciò detto, non è cosa da
poco esser riuscito a rendere nuova ed interessante una storia già
raccontata migliaia e migliaia di volte...