[Romanzo]
Recensione di Giovanni Dall'Orto
Un buon esercizio di popolarizzazione della ricerca esegetica sul Vangelo.
Ho
comprato questo romanzo su consiglio di amici cristòduli
che ne erano entusiasti, nonostante io sia ateo "credente e praticante",
e riesco a capire come, dal loro punto di vista, si possa definire
un ottimo testo.
Questa
mia recensione si colloca pertando a cavallo tra il giudizio che avrei
dato io (ho trovato la prosa legnosa e a tratti decisamente pedestre) e
quello che questo testo sembra sollecitare dai seguaci di Gesù il
nazoreo.
L'idea di "romanzare" (se non addirittura mettere in scena) il testo evangelico ha una tradizione millenaria, e Theissen (un ottimo esegeta, autore di veri e propri saggi sul "Gesù storico") non ha fatto altro che collocarsi nella sua orma, proponendoci così un testo leggibile anche da chi non sia uno specialista, ma al tempo stesso basato sulla più recente (almeno nel 1986, anno del copyright del libro) ricerca esegetica.
Ovviamente
la prospettiva di Theissen è quella d'un cristiano, quindi la
sua accuratezza esegetica non arriva a porre alcune delle domande "scomode"
che per un ateo sono ovvie, ma siccome questa presa di posizione è
dichiarata fin dall'inizio, non c'è da parte dell'autore nessuna
disonestà intellettuale.
Semplicemente,
è una posizione che esprime un punto di vista dichiarato: sta poi
al lettore decidere se questo punto di vista sia il suo o no, dopodiché
resta solo da riconoscere che questo punto di vista Theissen lo ha sviluppato
in modo coerente ed onesto.
Anzi,
la prospettiva da cui scrive il romanzo è la più corretta
che si possa immaginare. Il suo "io narrante" non è infatti un presunto
discepolo che "sa tutto lui" su come sia andata, bensì un commerciante
ebreo contemporaneo di Gesù, "incastrato" dai romani per fare l'informatore
(leggi: spia) sulla realtà politico-religiosa del suo tempo.
Questo
"io narrante" non riuscirà mai a incontrarlo, Gesù, e quindi
si limiterà a raccogliere ciò che altri raccontano su di
lui.
Il
contesto ebraico prima e la vicenda del Gesù storico vengono quindi
descritti sempre dall'esterno, sulla base di tali racconti, operando nella
medesima situazione in cui operarono gli evangelisti (nessuno dei quali
conobbe Gesù).
Ne
emerge, come dichiara il bellissimo titolo del romanzo, giusto "l'ombra"
del personaggio storico, che è tutto quanto abbiamo oggi su di lui.
Inoltre il fatto che il destinatario delle ricerche sia un ufficiale romano obbliga il protagonista a spiegargli quegli aspetti della cultura religiosa e politica ebraica del tempo che risultano ormai oscuri anche per noi oggi.
La
voce dell'io narrante si alterna a quella dell'autore del romanzo stesso,
che sottopone via via i capitoli del libro a un immaginario teologo, a
nome... Kratzinger, la cui posizione pare collocarsi a mezza strada fra
l'ala "aperturista", che al Concilio Vaticano II era stata sposata dall'allora
cardinale Josef Ratzinger, e quella d'ottusa chiusura teologica e politica
incarnata oggi da... papa Benedetto XVI.
In
questo modo in ogni capitolo viene dato conto delle scelte esegetiche dell'autore,
e vengono discussi (e difesi) i "punti deboli" e quelli forti della ricostruzione.
Se
questo libro come romanzo non riesce mai a decollare veramente è
però proprio per questa continua preoccupazione di giustificare
le affermazioni, che talora scade nel didascalico.
Se
infatti l'autore si muove con la libertà narrativa necessaria a
un romanziere per tutta la prima parte (che a mio parere risulta ottima),
resta come fulminato quando si trova di fronte a Gesù, e qui il
romanzo perde di colpo in brio e spigliatezza, fino a scadere, nelle ultime
pagine, in una visione apocalittica che si discosta ben poco da un santino
devozionale.
Forse
le ultime pagine saranno per il lettore cristianista quelle dell'apoteosi
finale, ma per un lettore ateo come me sono quelle in cui l'autore fa crollare
senza ragioni la tensione narrativa costruita fino a quel punto. Lasciando
l'amaro in bocca a chiusura del volume.
Tuttavia
sono convinto del fatto che il lettore cristianista che legge queste pagine
(inclusi i miei pestilenziali amici che me l'hanno consigliato...) non
lo faccia alla ricerca d'un romanzo che lo distragga piacevolmente per
alcune ore, bensì con un preciso intento edificante, dunque è
palese che in questo libro lei/lui ed io avremo cercato due cose diverse.
Dal
punto di vista puramente letterario e narrativo il
geniale Gesù di Saramago è mille miglia avanti
rispetto alla scialba ombra di questo romanzo, mentre viceversa
dubito che un cristianista possa prendere (legittimamente) la lettura di
Saramago come nient'altro che un testo letterario, laddove il presente
romanzo è anche un testo edificante e istruttivo, intenzionato a
fornire informazioni storiche ed esegetiche.
L'unica
critica pesante che mi sento di rivolgere a Theissen è sulla
licenza narrativa che s'è preso strappando pari pari pezzi del Vangelo
e ficcandoli in bocca ai personaggi che parlano di Gesù.
Come
Thiessen senz'altro sa benissimo, questa operazione non è lecita,
perché i vangeli rispecchiano la lettura di Gesù successiva
alla catastrofe
del 70 d.C., quindi depurata di tutti gli aspetti propriamente politici
(ormai pericolosissimi) della speranza messianica suscitata da questo personaggio.
Vero
è che Theissen fa uno sforzo veramente notevole per portare il lettore
a capire questo concetto, evitando per esempio di nascondere sotto il tappeto
(come si fa di solito) la contiguità fra i seguaci di Gesù
e lo zelotismo, tuttavia
questo non basta.
Intellettualmente,
l'operazione compiuta da Theissen equivale a scrivere un romanzo su
Karl Marx usando come fonte esclusiva gli scritti di Stalin.
I
vangeli raccontano infatti un Gesù diverso da quello che
i contemporanei conobbero, come
dimostra per esempio la "Fonte Q" o l'Epistola
di Giacomo (l'unico testo ebionita
non epurato dal Canone cristianista).
Si
aggiunga che dal punto di vista letterario le interruzioni dell'io narrante
per recitare lagnosissimi salmi fanno scadere a tratti la prosa
nel puro e semplice catechismo... micidialmente noioso.
Per
fortuna tali interruzioni non sono frequentissime, ma si tratta pur sempre,
ogni volta, di un masochistico siluro sparato contro la riuscita letteraria
dell'opera.
Per
tutte queste ragioni il mio giudizio finale può esprimere solo l'interesse
per la riuscita dell'operazione compiuta da Theissen per "popolarizzare"
l'immagine di Gesù famigliare agli studiosi biblici negli anni Ottanta
ma non necessariamente al grande pubblico.
Però
al tempo stesso può solo notare che, letterariamente parlando, questo
romanzo scade troppo spesso nel catechismo perché la figura di Gesù
che ne emerge sia di quelle che, letterariamente parlando, restano impresse
nella memoria.
Viceversa,
proprio per questa ragione, il lettore cristianista troverà particolare
piacere nel veder riesaminata la figura di Gesù il nazoreo in un'ottica
"ortodossa" ma decisamente anomala e mai scontata e banale.
Per chi
si trova in quest'ottica, il libro è decisamente consigliato: non
risulterà certamente una lettura deludente.
Al
punto che magari la consiglierà poi caldamente a qualche sfortunato
amico ateo...