Gerd Theissen, L'ombra del Nazareno. Romanzo storico, Claudiana, Torino 2009 [1986].
 
Copertina di  ''L'ombra del Nazareno'' di Gerd Theissen

[Romanzo]

Recensione di Giovanni Dall'Orto


Un buon esercizio di popolarizzazione della ricerca esegetica sul Vangelo.

Ho comprato questo romanzo su consiglio di amici cristòduli che ne erano entusiasti, nonostante io sia ateo "credente e praticante", e riesco a capire come, dal loro punto di vista, si possa definire un ottimo testo.
Questa mia recensione si colloca pertando a cavallo tra il giudizio che avrei dato io (ho trovato la prosa legnosa e a tratti decisamente pedestre) e quello che questo testo sembra sollecitare dai seguaci di Gesù il nazoreo.


L'idea di "romanzare" (se non addirittura mettere in scena) il testo evangelico ha una tradizione millenaria, e Theissen (un ottimo esegeta, autore di veri e propri saggi sul "Gesù storico") non ha fatto altro che collocarsi nella sua orma, proponendoci così un testo leggibile anche da chi non sia uno specialista, ma al tempo stesso basato sulla più recente (almeno nel 1986, anno del copyright del libro) ricerca esegetica.

Ovviamente la prospettiva di Theissen è quella d'un cristiano, quindi la sua accuratezza esegetica non arriva a porre alcune delle domande "scomode" che per un ateo sono ovvie, ma siccome questa presa di posizione è dichiarata fin dall'inizio, non c'è da parte dell'autore nessuna disonestà intellettuale.
Semplicemente, è una posizione che esprime un punto di vista dichiarato: sta poi al lettore decidere se questo punto di vista sia il suo o no, dopodiché resta solo da riconoscere che questo punto di vista Theissen lo ha sviluppato in modo coerente ed onesto.

Anzi, la prospettiva da cui scrive il romanzo è la più corretta che si possa immaginare. Il suo "io narrante" non è infatti un presunto discepolo che "sa tutto lui" su come sia andata, bensì un commerciante ebreo contemporaneo di Gesù, "incastrato" dai romani per fare l'informatore (leggi: spia) sulla realtà politico-religiosa del suo tempo.
Questo "io narrante" non riuscirà mai a incontrarlo, Gesù, e quindi si limiterà a raccogliere ciò che altri raccontano su di lui.
Il contesto ebraico prima e la vicenda del Gesù storico vengono quindi descritti sempre dall'esterno, sulla base di tali racconti, operando nella medesima situazione in cui operarono gli evangelisti (nessuno dei quali conobbe Gesù).
Ne emerge, come dichiara il bellissimo titolo del romanzo, giusto "l'ombra" del personaggio storico, che è tutto quanto abbiamo oggi su di lui.

Inoltre il fatto che il destinatario delle ricerche sia un ufficiale romano obbliga il protagonista a spiegargli quegli aspetti della cultura religiosa e politica ebraica del tempo che risultano ormai oscuri anche per noi oggi.

La voce dell'io narrante si alterna a quella dell'autore del romanzo stesso, che sottopone via via i capitoli del libro a un immaginario teologo, a nome... Kratzinger, la cui posizione pare collocarsi a mezza strada fra l'ala "aperturista", che al Concilio Vaticano II era stata sposata dall'allora cardinale Josef Ratzinger, e quella d'ottusa chiusura teologica e politica incarnata oggi da... papa Benedetto XVI.
In questo modo in ogni capitolo viene dato conto delle scelte esegetiche dell'autore, e vengono discussi (e difesi) i "punti deboli" e quelli forti della ricostruzione.


Se questo libro come romanzo non riesce mai a decollare veramente è però proprio per questa continua preoccupazione di giustificare le affermazioni, che talora scade nel didascalico.
Se infatti l'autore si muove con la libertà narrativa necessaria a un romanziere per tutta la prima parte (che a mio parere risulta ottima), resta come fulminato quando si trova di fronte a Gesù, e qui il romanzo perde di colpo in brio e spigliatezza, fino a scadere, nelle ultime pagine, in una visione apocalittica che si discosta ben poco da un santino devozionale.
Forse le ultime pagine saranno per il lettore cristianista quelle dell'apoteosi finale, ma per un lettore ateo come me sono quelle in cui l'autore fa crollare senza ragioni la tensione narrativa costruita fino a quel punto. Lasciando l'amaro in bocca a chiusura del volume.

Tuttavia sono convinto del fatto che il lettore cristianista che legge queste pagine (inclusi i miei pestilenziali amici che me l'hanno consigliato...) non lo faccia alla ricerca d'un romanzo che lo distragga piacevolmente per alcune ore, bensì con un preciso intento edificante, dunque è palese che in questo libro lei/lui ed io avremo cercato due cose diverse.
Dal punto di vista puramente letterario e narrativo il geniale Gesù di Saramago è mille miglia avanti rispetto alla scialba ombra di questo romanzo, mentre viceversa dubito che un cristianista possa prendere (legittimamente) la lettura di Saramago come nient'altro che un testo letterario, laddove il presente romanzo è anche un testo edificante e istruttivo, intenzionato a fornire informazioni storiche ed esegetiche.


L'unica critica pesante che mi sento di rivolgere a Theissen è sulla licenza narrativa che s'è preso strappando pari pari pezzi del Vangelo e ficcandoli in bocca ai personaggi che parlano di Gesù.
Come Thiessen senz'altro sa benissimo, questa operazione non è lecita, perché i vangeli rispecchiano la lettura di Gesù successiva alla catastrofe del 70 d.C., quindi depurata di tutti gli aspetti propriamente politici (ormai pericolosissimi) della speranza messianica suscitata da questo personaggio.
Vero è che Theissen fa uno sforzo veramente notevole per portare il lettore a capire questo concetto, evitando per esempio di nascondere sotto il tappeto (come si fa di solito) la contiguità fra i seguaci di Gesù e lo zelotismo, tuttavia questo non basta.
Intellettualmente, l'operazione compiuta da Theissen equivale a scrivere un romanzo su Karl Marx usando come fonte esclusiva gli scritti di Stalin.
I vangeli raccontano infatti un Gesù diverso da quello che i contemporanei conobbero, come dimostra per esempio la "Fonte Q" o l'Epistola di Giacomo (l'unico testo ebionita non epurato dal Canone cristianista).

Si aggiunga che dal punto di vista letterario le interruzioni dell'io narrante per recitare lagnosissimi salmi fanno scadere a tratti la prosa nel puro e semplice catechismo... micidialmente noioso.
Per fortuna tali interruzioni non sono frequentissime, ma si tratta pur sempre, ogni volta, di un masochistico siluro sparato contro la riuscita letteraria dell'opera.


Per tutte queste ragioni il mio giudizio finale può esprimere solo l'interesse per la riuscita dell'operazione compiuta da Theissen per "popolarizzare" l'immagine di Gesù famigliare agli studiosi biblici negli anni Ottanta ma non necessariamente al grande pubblico.
Però al tempo stesso può solo notare che, letterariamente parlando, questo romanzo scade troppo spesso nel catechismo perché la figura di Gesù che ne emerge sia di quelle che, letterariamente parlando, restano impresse nella memoria.

Viceversa, proprio per questa ragione, il lettore cristianista troverà particolare piacere nel veder riesaminata la figura di Gesù il nazoreo in un'ottica "ortodossa" ma decisamente anomala e mai scontata e banale. Per chi si trova in quest'ottica, il libro è decisamente consigliato: non risulterà certamente una lettura deludente.
Al punto che magari la consiglierà poi caldamente a qualche sfortunato amico ateo...


 
 
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