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[Saggio]
Recensione di Giovanni Dall'Orto
Un testo curioso del 1904, valido per la storia della filosofia più che per il tema trattato.
Idea
carina, ripubblicare questo mitico testo di Emilio
Bossi (in arte Milesbo, 1870-1920), libero pensatore svizzero,
che nel 1904 si mise di buzzo buono a dimostrare che Gesù Cristo
è una figura interamente mitica, al pari di Apollo o di Mithra.
Coloro
che scrissero di Socrate o Cesare, argomenta Bossi, furono testimoni; coloro
che scrissero di Gesù, invece, non lo conobbero mai se non per sentito
dire. Dunque, Gesù non era persona reale ma favola mitologica
ed è nato da una creazione collettiva, passata di bocca in bocca...
La
tesi è già di suo bislacchina forte, e se si aggiunge il
secolo trascorso da quando il testo è stato scritto, si capisce
facilmente come esso abbia oggi interesse e gusto più come documento
della storia del pensiero tardo-positivista che per la tesi che sostiene.
La
fiducia nel potere della Ragione e della Scienza di comprendere qualsiasi
fenomeno, quello religioso incluso, è molto tipica di quel periodo
storico, e questo testo, pur non essendo opera di un filosofo di spicco,
è per lo meno un rappresentante tipico di quel clima intellettuale,
e come tale interessante.
Più
di ogni altra cosa hanno fatto invecchiare il testo le scoperte
d'intere biblioteche di testi religiosi che Milesbo non poteva neppure
immaginare, non solo quella ebraica del Qumram,
ma neppure quella cristiano-gnostica, altrettanto importante, di Nag
Hammadi.
Tutto
quanto Milesbo ipotizzava nel 1904 su esseni e gnostici è
quindi oggi, ovviamente, obsoleto.
Ma
anche se non ci fossero state queste scoperte, la tesi centrale del libro
resterebbe tirata coi denti.
Perché
da un punto di vista storico, se è ovvio che la figura mitica di
Gesù - Messia, figlio di Dio, facitore di miracoli - è per
l'appunto mitica, la figura storica della persona attorno a cui fu costruito
tale mito deve essere stata storica. Magari non si chiamava Gesù,
magari non pretendeva di essere il Messia (se ne dibatte fra gli storici...)
e men che meno figlio carnale di Yhwh, forse era nato a Cafarnao e non
a Nazareth... ma alla fin fine il granello attorno a cui si è formata
la perla, l'impurità attorno a cui è precipitato il cristallo,
ha dovuto pur esistere. Sono ben esistiti Apollonio
di Tiana, Pitagora
di Samo, Simon Mago,
a cui la leggenda ha conferito tratti mitici, ma che sono stati uomini
reali...
Siamo
qui a una forma di evemerismo
alla rovescia, per cui al posto di un essere umano che viene trasformato
in una divinità, abbiamo una divinità che si trasforma in
un essere umano.
Se
Milesbo pensava di avere avuto la pensata definitiva per sistemare
i cristiani, si sbagliava di grosso, dimostrando che una volta di più
gli opposti si toccano: in effetti, che Gesù fosse un dio che
si è fatto uomo non solo è esattamente quello che affermano
anche i cristiani, ma è addirittura il nucleo della loro religione...
:-)
Alla
fin fine a Milesbo va insomma rimproverata la stessa cosa che lui rimprovera
ai cristiani: non saper distinguere e sceverare il mito dalla storia,
anche se lui lo fa in senso inverso a quello abituale ai cristiani.
La
divinità gesucristo non è mai esistita, certo, alla pari
di Apollo, Visnù o Allah. Ma al fatto che l'uomo Joshua il predicatore
sia esistito non osta nulla di più di quanto osti all'idea che siano
esistiti Maometto o Buddha o Zoroastro...
Ciò
detto, resta il fatto che questo testo è un interessante esercizio
di mitologia comparata, che nel cercare le ascendenze dei miti cristiani
riscontra puntuali "prestiti", passati dalle religioni precristiane e dal
paganesimo - specie neoplatonico - al cristianesimo. Il che è interessante...
ma non nuovo.
In
effetti Bossi non è un ricercatore originale, e basa la sua polemica
sugli argomenti della polemica antireligiosa illuministica e positivistica,
limitandosi a divulgare e popolarizzare, con piglio gustoso e con polemica
spesso azzeccata, concetti nati in ricerche accademiche non di facile accesso
al grande pubblico.
Ciò spiega in parte lo straordinario successo di questo pamphlet, che conta decine di edizioni in un'infinità di lingue (ed è ottimo il lavoro filologico e bibliografico dell'editore attuale del libro, che ricostruisce in appendice la storia del testo e le sue fonti).
Visto
insomma che "ciò è vero non è nuovo, e ciò
che è nuovo non è vero", le cose migliori del libro risultano
alla fin fine le efficaci e mordenti argomentazioni di "liberopensiero"
fondate sul buonsenso spicciolo, nate palesemente con un bicchiere di rosso
in mano dalle discussioni all'osteria coi compaesani clericali, ma non
per questo meno devastanti.
Come
per esempio quella a p. 114: Perché vennero puniti Adamo ed Eva
per aver fatto il male mangiando il frutto della conoscenza del bene e
del male, se prima di mangiare il frutto non potevano avere
la conoscenza di cosa fosse il bene e cosa il male?
Mica
male, come domanda...
Nota: un'obiezione a questa recensione e la mia risposta ad essa sono qui.