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Recensione di Giovanni Dall'Orto
Un libro non sulle "frodi archeologiche", bensì sulla fanta-archeologia (quella degli Ufo & c.).
Complimenti
all'intraprendenza dell'ignoto commesso che, durante il periodo natalizio
del 2010, m'ha piazzato in bella vista questo libro nella sezione "Storia",
spingendomi a credere che fosse una novità, e a comprarlo.
Una
volta iniziatolo, però, ho cominciato a trovarlo datato... e in
effetti è del 1999, e questa traduzione italiana è del 2004...
(Ma se non si approfitta del natale per sbolognare le rimanenze del negozio,
quand'altro mai?)
Dunque,
la prima cosa che ho da dire su questo libro è che è un
po' datato.
Cosa
che di per sé non è grave: le divulgazioni di C. W. Ceram
sull'archeologia continuano ad essere ristampate dopo... quanto? Mezzo
secolo? (Civiltà
sepolte è del 1947!).
No,
non è grave... Ma solo a patto che il libro non intenda intervenire
sul dibattito dell'attualità. E questo libro invece parla d'attualità,
incluse trasmissioni televisive statunitense e libri e siti web. Ahinoi.
L'autore,
un archeologo e docente universitario, ha il dono di molti intellettuali
americani: quello di volersi far capire da chi lo legge, e quindi
a differenza dei "divulgatori" italiani non considera l'oscurità
di linguaggio e la complicazione inutile come un simbolo del suo status
di "persona che sa". Il libro perciò si legge in modo molto scorrevole,
a tratti perfino appassionante. (Una sera non trovavo più il volume,
e nonostante avessi decine di altri libri fra cui scegliere, mi sono ostinato
a cercarlo per la casa perché "volevo sapere come andava a finire",
quasi fosse un avvincente romanzo...).
Questa
è insomma la parte positiva del libro: è godibilissimo, e
può essere letto ed apprezzato davvero da chiunque, dallo studentello
liceale in su.
La
parte negativa è invece che il libro non parla di ciò
che il titolo promette: le frodi archeologiche.
Io
l'avevo aperto a caso in libreria e m'ero trovato nel mezzo della discussione
del "Cranio di
Piltdown", ed avevo quindi creduto che il libro parlasse di come l'archeologia
sia stata - e sia - spesso usata per frodi di tipo accademico, culturale
e politico.
E
l'ho comprato perché questo tema m'interessa.
Purtroppo
però (per me) il libro parla soprattutto d'altro.
Anche
se dedica qualche capitolo alla frode accademica, infatti, il suo bersaglio
principale si trasforma a poco a poco nella fanta-archeologia,
quella cioè che va di moda nelle trasmissioni televisive come Mistero.
Attraverso i dibattiti pubblici a cui partecipa come divulgatore e alle domande che gli pongono i suoi studenti, l'autore ha preso nota dei "miti e mysteri" più diffusi nel grande pubblico (da Atlantide alla Sacra Sindone, passando dalle piramidi e dai manufatti "extraterrestri"), e ha scritto questo libro per rispondere a chi li propala come fatti documentati.
Dall'esame di questi miti emerge un triplo filo rosso comune:
In
primo luogo una sbalorditiva ignoranza da parte dei cultori
dei "mysteri" (esilaranti le eloquentissime foto alle pp. 174-175
che mostrano come una mysteriosa "pietra sacrificale" precolombiana
fosse in realtà una piattaforma per la produzione rurale del...
sapone, mentre un "inspiegabile" cerchio di pietra altro non è
se non la base d'una macina per estrarre tannino dalla corteccia per la
concia delle pelli, di cui viene mostrato un esemplare integro).
I
mysteri nascono insomma perché persone che non conoscono
i manufatti di cui stanno parlando vengono fuori con la prima spiegazione
che passa loro per la testa, senza preoccuparsi di verificare se non esistano
altre spiegazioni più semplici. Una pietra piatta può essere
solo una pietra per sacrifici umani, perché nell'universo
mentale di queste persone il sapone si compra già fatto al supermercato,
e non è mai esistita una cultura agricola che il sapone se lo doveva
produrre in casa bollendo il grasso e facendolo rapprendere in appositi
stampi...
E questo aspetto ci porta al secondo punto interessante di questa disamina: il profondo disprezzo, di marchio razzista, nei confronti dei popoli del passato, ma soprattutto dei popoli non-europei, e massimamente dei popoli non "bianchi":
Un
terzo punto (meno sorprendente) che accomuna i casi di fanta-archeologia,
è il fanatismo, in cui spesso entra in ballo la componente
religiosa.
E
qui la genìa di coloro che scoprono l'Arca di Noè sulla cima
di quasi ogni montagna del Medio Oriente è fin troppo nota a tutti...
per cui non ci insisterò, anche se Feder le dedica un bel po' di
spazio.
Al
di là di questo, c'è da dire che Feder, correttamente ma
ahimè troppo prudentemente, si attiene per lo più al suo
campo, che è l'archeologia del Nord America. Sul quale non è
che sia poi questo granché da dire (a meno che siate appassionati
di punte di freccia indiane e pipe coloniali spezzate), anche se poi Feder
riesce a parlare lo stesso di alcuni temi molto interessanti e ben poco
noti.
Ad
iniziare dalla "Civiltà
dei tumuli" dei nativi americani nordamericani, tanto diversa dall'idea
che ci siamo fatti dei "pellirosse" (era urbana, stanziale, coltivava la
terra e costruiva città) che per secoli s'è negato che potessero
essere gli "indiani" ad averla creata prima d'essere spazzati via (in questo
caso dal vaiolo introdotto involontariamente dagli europei, e non dai loro
fucili).
Credo che la parte più interessante del volume sia proprio l'analisi di come il pregiudizio ideologico-politico abbia impedito per molto tempo di arrivare alla conclusione più semplice, banale e logica: quei monumenti erano opera dei popoli che avevano abitato quella terra prima dei bianchi. Punto. Pur di negarlo, sono state tirate in ballo tribù ebraiche perdute, europei delle più svariate razze, e insomma chiunque, purché non fosse un "muso rosso".
Interessante è notare come al culmine del dibattito spuntarono dai tumuli anche "mysteriosi" manufatti con iscrizioni in ebraico (del XIX secolo!) o in rune vichinghe (in dialetto scandinavo del XIX secolo!) e ciarpame di questo genere. Testi che ancora vengono usati e citati impunemente dai fanta-archeologi, nonostante si sappia da oltre un secolo chi li abbia fabbricati e perché.
Feder dimostra in questa sezione del libro, con pazienza molto didattica, come agisca la vera archeologia, che per esempio è riuscita invece a identificare autentici manufatti vichinghi (ma in tutt'altre aree) che confermano quanto raccontato dalle saghe islandesi a proposito di sbarchi vichinghi sulle coste americane secoli prima di Colombo.
C'è
da dire che alla lunga la lista dei lunatici che hanno trovato il fazzoletto
di Cleopatra nella soffitta della loro casa e le ossa di Mosè nella
cantina, finisce per diventare stucchevole. Anche perché, l'archeologia
del solo Nordamerica non è che sia proprio come quella della Babilonia,
dove se pianti in terra un bastone se non spunta il petrolio è solo
perché hai urtato contro un reperto quadrimillenario...
Le
punta di frecce indiane per qualcuno possono essere esaltanti, lo riconosco,
ma io sono abbastanza privo di cuore da trovare poco eccitante un capitolo
intero sulla diatriba relativa a chi "scoprì per primo l'America"
(specie se la risposta è quella che correttamente dà Feder:
gli indiani... e chi altri?).
E dopo
aver tirato in ballo Atlantide e tutti i lunatici, svitati e giornalisti
televisivi che ci campano sopra, i libro prende a questo punto una bizzarra
piega.
Un
intero capitolo è infatti dedicato a Eric
von Däniken, un fanta-archeologo che ebbe parecchio successo
quando ero ragazzino individuando la mano e la presenza d'extraterrestri
un qualsiasi pietra del passato (in Italia ebbe un imitatore di grande
successo in Peter
Kolosimo, ma dubito che chi ha meno di 40 anni abbia mai sentito
nominare l'uno o l'altro).
Questa
è la parte più "invecchiata" del libro, dato che se non altro
la controffensiva di razionalisti
e scettici ha respinto i fanta-archeologi su posizioni meno stravaganti
e meglio difendibili (con la sola eccezione della tv, ovviamente).
Trovo
però che dal punto di vista di questo tipo di "rivelazioni" nel
2010 siano ormai più utili e concludenti (ed aggiornati!) i siti
del Cicap o l'Antibufala
di Paolo Attivissimo di quanto non sia questo saggio.
E una volta iniziato a scivolare per questa china, si finisce decisamente fuori dal seminato, arrivando a parlare della Sindone, che con l'archeologia non ha proprio nulla a che vedere, e sulla quale sono state scritte intere monografie con cui le poche pagine messe assieme in questo libro non possono certo competere.
In compenso – e la mia critica principale è questa – dal libro emerge un'immagine falsata: dopo aver visto una sfilata di propalatori di bufale, archeologi-rabdomanti, o medium che comunicano con gli spiriti di Atlantide o quant'altro, sembra quasi che la bufalologia abbia cittadinanza solo al di fuori della scienza.
Ciò
è falso, ed è pericoloso dare l'impressione che sia così.
Mi
si permette di citare un paio d'esempi che avrei amato veder trattare da
un libro di questo tipo dato che, come dimostra ottimamente Feder parlando
della "Civiltà dei tumuli", troppo spesso l'archeologo finisce per
trovare quel che voleva trovare lui, e non quel che si trovava di per sé
nel sito che stava scavando.
Che
dire per esempio dell'archeologia a Gerusalemme? Qui ogni archeologo
è arruolato con elmetto e fucile per rivendicare quella terra come
"LA terra del popolo a cui appartengo, ad esclusione di tutti gli altri".
Così,
l'autorità (islamica) della Spianata
delle Moschee ha costruito una rampa per un parcheggio che passa sotto
l'area dell'ex Tempio, ma in quell'area con 4000 anni di storia (e che
storia!) non ha condotto il minimo scavo archeologico controllato prima
di dare il via alle ruspe!
Motivo?
Sotto la moschea non è mai esistito alcun Tempio, che è un
semplice mito.
Camionate
e camionate di terriccio sono state quindi gettate nelle discariche, da
dove ovviamente sono poi spuntati reperti archeologici di tutto rispetto.
Come prevedibile.
Eppure
le autorità israeliane hanno lasciato fare. Perché? Ma perché
un'indagine archeologica seria, condotta secondo tutti i crismi, avrebbe
rischiato di dimostrare che il Primo Tempio di cui parla la Bibbia non
è lo stesso tempio che emergerebbe dallo scavo archeologico (la
Bibbia è un testo teologico, e non una mappa archeologica...). Meglio
quindi evitare verifiche, in modo da mantenere intatto il mito, dando la
colpa del mancato intervento ai fanatici religiosi mussulmani.
Sul
fronte opposto, bande di fanatici religiosi ebrei stanno scavando
nella cosiddetta "Città di Davide" a Gerusalemme, alla ricerca di
conferme archeologiche al mito di uno sbalorditivo impero che secondo la
Bibbia Davide avrebbe creato (e di cui gli
archeologi non hanno trovato fin qui la minima traccia, per quanto abbiano
cercato). Grazie a un metodo archeologico molto originale (viene demolito
tutto ciò che appare ottomano, e poi quanto appare mamelucco, e
poi quanto è crociato, e poi via quanto è arabo, bizantino,
e poi ancora romano, e poi ellenistico, e poi giù picconate su picconate
fino a che quel che rimane - quattro sassi e sette cocci – è infine
presentato al mondo come la prova provata del fatto che la Bibbia aveva
ragione, e che gli israeliani hanno solo ragione a rivendicare un impero
delle dimensioni di quello che Davide aveva costruito (ricordate gli italiani
in Libia? "Ritornando
dove già fummo"... ).
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Potrei
citare molti altri esempi di questo tipo, ma risulterei prolisso.
Basti
quindi quanto già detto per segnalare, a chi è interessato
alla tematica del bias
(la deviazione dovuta al preconcetto) involontario e volontario in archeologia,
che in questo libro troverà solo alcuni casi abbastanza elementari,
come il già citato "Cranio di Piltdown" o il bizzarro "Gigante
di Cardiff".
In compenso per tutti gli altri lettori il libro si rivela un godibile manualetto dedicato alla confutazione di tutta quella branca di miti e chiacchiere televisive che "scopre" visi umani scolpiti sulle montagne di Marte o astronavi aliene scolpite sui sepolcri Maya.
L'autore usa un tono sempre molto pacato (fin troppo, per il mio carattere), evita l'attacco diretto, e si limita a spezzare le sue lance a favore dell'utilizzo della Ragione, del rigore, dell'onestà.
Feder
sa argomentare bene i suoi punti, lo fa in modo molto semplice e molto
chiaro, col risultato che il libro risulta di lettura piana e godibile.
Lo raccomando quindi a chiunque sia intrigato dalle tematiche della fanta-archeologia
e dei mysteri, perché l'autore non vuole far sentir stupido
nessuno, ma solo rendere chiaro il motivo per cui gli archeologi affermano
che certi metodi sono più sicuri e danno risultati migliori di altri.
Non
è detto che un lettore di questo tipo venga alla fine "convertito"
alle tesi di Feder, ma non importa, lo scopo di Feder non è convertire
bensì far comprendere il motivo per cui è stato detto che
"Affermazioni
straordinarie richiedono prove straordinarie".
Dopo
tutto, nella vita un pizzico di rigore e logica non ha mai danneggiato
nessuno.
A parte coloro che campano inventando e vendendo Mysteri, ovviamente...