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[Saggio]
Recensione di Giovanni Dall'Orto
Ottimo lavoro di ricerca sul Gesù storico attraverso la "Fonte Q".
È
noto da secoli come i tre vangeli non a caso detti sinottici procedano
di concerto, mentre il Vangelo
di Giovanni segua uno schema diverso.
Due
secoli di analisi filologica hanno mostrato che tale concordanza avviene
perché "Matteo" e "Luca" (chiunque fossero) scrivono i loro vangeli
avendo (per così dire) sul
tavolo due fonti: una è il Vangelo
di Marco, che funge
da "filo rosso" per i loro propri vangeli, e l'altra è un documento
che non è giunto fino a noi, e che appare in Matteo e Luca solo
quando si discostano dal testo di Marco e lo integrano, spesso con parole
assolutamente identiche (dunque, non era una fonte orale, dato che in tal
caso le parole sarebbero state diverse).
Questa
seconda fonte (in tedesco, "Quelle") comune, è stata designata
convenzionalmente come "Q" o "fonte Q".
In
questo agile libretto divulgativo - scritto con grande chiarezza e semplicità
- Krieger fa il punto su quanto è stato possibile ricostruire sulla
"Fonte Q".
Dalla
sua analisi essa emerge come una semplice raccolta, in aramaico, di Lòghia
Iesous ("Detti di Gesù"), sul tipo di quella che ci ha conservato
l'affascinante Vangelo
di Tommaso (tornato alla luce solo nel 1947). Il quale è
appunto una raccolta di detti, elencati tutti di fila, senza l'inquadramento
in una cornice storica di avvenimenti, come accade invece nei quattro vangeli
canonici.
Krieger è cristiano, e questo lo spinge a volte a non approfondire troppo alcuni aspetti che confliggerebbero eccessivamente con l'immagine religiosa di Gesù, ma a parte questo (che più che un difetto è un punto di vista) il suo tentativo di ricostruire il "Gesù storico" attraverso il primo (ahimè perduto) testo che ne parlò, è sincero ed onesto. Il suo studio non distorce mai i fatti per ragioni polemiche ed è sempre solido ed affidabile.
Lo scopo dell'autore è arrivare ad una comprensione storica di Gesù, che
Vediamo dunque cosa racconta Krieger.
La
parte di Q preservata nei vangeli ammonta a circa 200 versetti biblici:
è su questa parte superstite che Krieger basa la sua analisi successiva.
La
redazione definitiva di Q si data fra il 50 e il 70 d.C. (con maggiore
plausibilità per la seconda data): dunque, una sola generazione
dopo la morte di Gesù e come minimo una generazione in meno rispetto
a quella cui appartennero gli evangelisti. Da qui l'interesse per questo
testo perduto, di cui non a caso è stata approntata e pubblicata
nel 2000, da una commissione di filologi, una ricostruzione.
Q
nasce come raccolta in aramaico (come dimostrano i semitismi presenti nel
testo greco) di detti da imparare e tramandare a memoria (prassi comune
nelle società analfabete); dopo la Guerra giudaica viene messa per
iscritto e tradotta in greco, probabilmente in Siria.
Il
Gesù che emerge dalla fonte Q è decisamente diverso da quello
della tradizione cristiana corrente. È in primis "Figlio
dell'Uomo" anziché Figlio di Dio (termine che non appare mai nei
versetti provenienti da Q, salvo una volta: sulla bocca del diavolo!).
Q
non conosce la Passione e la Resurrezione.
"Ciò
stupisce ancora di più, in quanto per Paolo la morte e la resurrezione
di Gesù sono il perno della sua teologia", chiosa Krieger (p.
51). Senza però trarre la più ovvia conclusione in merito
al fatto che è la teologia di san Paolo (che non conobbe mai
Gesù, né fu mai a scuola da uno dei suoi discepoli),
e non quella dei veri discepoli di Gesù, ad essere la base
di quella cristiana...
L'autore
di Q pensa che Gesù tornerà sulla terra come supremo giudice
nel corso della - imminente - fine del mondo, ma lo farà come uomo
(Figlio dell'Uomo), non come divinità.
Krieger
commenta:
"Ma anche a partire da premesse ebraiche, la fonte dei logia fa sentire la mancanza di molti aspetti, che ci attenderemmo dai vangeli. Manca completamente il titolo di "Cristo" e Gesù non viene definito messia. Gesù appare come un profeta: colui che inaugura l'inizio della salvezza divina e che tornerà alla fine dei tempi, per giudicare i vivi e i morti" (p. 60).
Insomma, la teologia di Q è distante mille miglia da quella di Paolo (che però alla fine avrebbe prevalso):
A questo
punto del libro, un excursus: le pp. 68-81 sono dedicate all'esame
delle fonti storiche (alcune delle quali, come Mara bar Serapion
e Thallos, per niente banali) in base a cui è possibile affermare
che Gesù esistette davvero.
Visto
che personalmente
non ne dubito, ho trovato questa parte un po' superflua, ma ovviamente
qui ognuno deciderà di persona.
Il cap. III sottolinea poi il messaggio socio-politico di Gesù, che gli ultimi due papati cattolici hanno teso a svalutare e censurare con ogni possibile mezzo. Al contrario, nella fonte Q le beatitudini parlano di chi ha fame di cibo, e non di astratta giustizia, e promettono un miglioramento sociale qui ed ora, non in futuro o nell'aldilà:
Insomma,
come sottolinea Krieger, la potenza del messaggio del Padre nostro,
che chiede il diritto al pane quotidiano e la cancellazione dei debiti,
è andata perduta nel messaggio cristiano odierno (oggi non dico
l'Udc ma neppure il Pd oserebbe proporre tanto...). Ma all'epoca doveva
fare ben altro effetto.
Fa
un po' sorridere il fatto che al termine di un'appassionata perorazione,
sul valore dirompente di questa parte del messaggio originario di Gesù,
l'autore attribuisca al "materialismo" (p. 103) la causa di tale deviazione.
Che candore! Ma, mi ripeto, si tratta pur sempre di punti di vista...
Il
IV ed ultimo capitolo è dedicato alla situazione politica della
Palestina fino allo scoppio della Guerra
giudaica.
Qui
l'autore si lascia prendere da alcune reticenze, dovute a una lettura in
ottica pacifista di Gesù, che mal digerisce il fatto che lui e la
sua cerchia fossero fin troppo contigui a veri e propri "Fronti di liberazione
della Palestina", come quello degli zeloti (detti anche "ladroni"
o "briganti"... proprio come i due condannati crocifissi - non certo
per caso - assieme a Gesù).
Così,
senza spiegazioni, gli zeloti al seguito di Gesù divengono "ex"
zeloti (p. 109), non si sa sulla base di quale documenti...
Krieger
arriva a dichiararlo apertamente: "Il tentativo di realizzare a forza
il regno di Dio con il fuoco e con la spada non appartiene all'orizzonte
di Gesù" (p. 117).
In
realtà nei vangeli canonici sono rimaste troppe tracce del
contrario.
Dopo
tutto, quando fu arrestato Gesù andava in giro con una banda
armata (l'orecchio
del servo di Malco non fu tagliato da una sberla, ma da un colpo di
spada), come del resto da lui raccomandato quando invitò
a vendere piuttosto anche il mantello (oggi diremmo: il cappotto) pur di
riuscire a comprare una spada da portare con sé... Se le spade
erano "estranee al suo orizzonte", allora per quale motivo ne raccomandava
l'acquisto?
Specie
alla luce del fatto che sono i Vangeli stessi, non certo io, che presentano
gli apostoli
come ben pronti ad usarla, questa spada...
Ma siccome qui siamo già fuori dalla valutazione relativa alla fonte Q, credo che la discussione su questo aspetto del Gesù storico esuli dalla recensione del volume.
Che ho cercato di riassumere per grandi linee per mostrarne il vivo interesse storico e la ricchezza di spunti di riflessione, che ne raccomandano la lettura a chiunque sia interessato, a qualsiasi titolo, alla ricostruzione della figura storica di Gesù.