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Paolo Merlo, La religione dell'antico Israele, Carocci, 2009.
 
Copertina di ''La religione dell'antico Israele'', di Paolo Merlo.

[Saggio]

Recensione di Giovanni Dall'Orto


Un ottimo manuale, amche se a tratti è un po' scolastico.

Questo testo tratta della prima fase della religione ebraica, dalle origini all'Esilio (ca. 1000-539 a.C.).
Si tratta di un manuale sintetico, che raggruppa le informazioni fondamentali su quanto oggi sappiamo sulle origini del giudaismo.
Abbandonate ormai le ricostruzioni "devote", di moda solo qualche decennio fa, Merlo utilizza l'abbondante materiale emerso negli scavi archeologici in Terrasanta negli ultimi decenni.

Il quadro che emerge è, prevedibilmente, molto diverso da quello presentato nella Bibbia. Ad iniziare dalla principale caratteristica dell'ebraismo, il suo stretto e intransigente monoteismo. Che alle origini si presenta piuttosto come enoteismo, cioè predilezione per un dio nazionale, più potente e più benevolo degli altri dèi, la cui esistenza non implica però affatto l'inesistenza di altre divinità. Come la compagna/moglie/sposa di Yhwh, Asherah. O come Baal, divinità contro il cui culto il culto di Yhwh dovette combattere, per prevalere, una lotta senza esclusione di colpi, della quale restano abbondanti tracce anche nel testo biblico.

Anche sul culto l'archeologia fornisce un quadro ben diverso da quello, idealizzato, tramandato nel testo biblico, revisionato in epoca post-esilica. Accanto al Tempio appare infatti una pletora di luoghi di culto di devozione privata, come altari domestici e non.
Sempre riguardo al culto, nella Bibbia stessa sono sopravvissuti brani in cui appare che l'esecuzione dei sacrifici e la benedizione dell'assemblea fossero prerogative del re, e che i sacerdoti fossero semmai suoi vicari.
Ovviamente tutto ciò cambierà in epoca post-esilica, e il testo biblico tenderà a retrodatare nei secoli precedenti una situazione decisamente più recente.


Dopo aver esaminato le "grandi questioni" dell'ebraismo, il testo si addentra ad esaminare gli altri aspetti di questa religione in epoca pre-esilica, dal profetismo alla divinazione, alla magia, ai riti di fertilità, alle credenze nella vita ultraterrena, alla cosmologia.
Sforzandosi di essere oggettivo e legato ai documenti (uno sforzo indubbiamente commendevole) Merlo ha però reso un po' arida questa parte, che a tratti appare un po' come un elenco di dati la cui digestione non è necessariamente immediata o agevole per tutti gli stomaci. L'interesse è comunque sicuro.

Breve ma importante l'ultimo capitolo, sul culto in epoca esilica. Che come è noto spinse gli esiliati, per preservare la loro compattezza e identità, ad accentuare i tratti esclusivistici della religione ebraica, cosa che portò a contestare l'esistenza di altre divinità oltre a Yhwh.

Da qui l'inizio di quel lungo processo, durato vari decenni, che portò in epoca post-esilica, sotto il dominio persiano, alla ricostruzione del Tempio e all'organizzazione del sacerdozio su basi ierocratiche.
Una situazione che i redattori biblici proiettarono in parte sul passato pre-esilico, presentando come restaurazione quello che era invece innovazione.


La trattazione di questo volume prosegue, nella medesima collana, nel volume di Corrado Martone, Il giudaismo antico. 538 a.e.v.-70 e.v.

Il libro per completezza e competenza merita di essere consigliato; l'unico vero difetto che ho trovato è il fatto che a volte la prosa è un po' troppo tediosa, quasi da manuale scolastico.


 
 
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