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[Saggio]
Recensione di Giovanni Dall'Orto
Come scrivere un saggio sul "Principio Antropico" senza farlo notare. Né pesare.
Il
fatto che questo libro su un tema assolutamente astruso sia arrivato
alla terza edizione, mostra come la divulgazione scientifica un suo pubblico
ce l'abbia... se solo riesce a perdere la maledetta abitudine italiana
di credere che ciò che non annoia il lettore non è vera cultura.
Questo
libro non vi annoierà, e se è per questo non vi chiederà
neppure d'essere adepti dei culti degli Ufo o raeliani,
e nemmeno, onta suprema, d'essere appassionati di fantascienza (anche se,
a dire il vero, qui esserlo aiuta).
Dietro la domanda sbarazzina del titolo (che però viene da uno scienziato del massimo calibro come Enrico Fermi) si cela infatti una riflessione rigorosissima sull'origine della Vita, e soprattutto sul cosiddetto Principio Antropico, che è il vero tema (occulto) del saggio: una di quelle robe che a metterle nel titolo avrebbero ammazzato le vendite prima ancora di uscire dalla tipografia. Invece, messa com'è messa, la cosa è perfettamente digeribile per tutti.
L'autore
organizza il suo discorso attorno a 50 possibili risposte. Il numero tondo
denuncia subito il carattere "artificiale" della costruzione, che serve
fondamentalmente a dare ordine a una materia piuttosto vasta organizzandola
in aree tematiche, o se preferite pillole di dimensioni abbastanza piccole
per andare giù senza strozzare nessuno.
Ogni
pillola sviscera un aspetto scientifico diverso, alcuni dei quali strettamente
connessi al problema posto nel titolo ("Esistono e stanno comunicando,
ma noi non siamo capaci di riconoscere il segnale come tale"; "Non
abbiamo ascoltato abbastanza a lungo") oppure molto lontani, e più
legati al discorso più ampio dell'origine della Vita (gli extraterrestri
non esistono perché: "La transizione da procarioti e eucarioti
non avviene spesso" - "La tettonica a zolle è un fenomeno
raro" - "Le ecosfere continue sono troppo sottili" - "La
Luna è un unicum"...).
E
ovviamente, per ogni risposta è necessario spiegare i concetti sottesi,
e così senza accorgercene ci si trova a discutere del ruolo della
tettonica a zolle o della Luna sull'evoluzione della vita così come
l'ha conosciuta la Terra.
Affascinante.
L'autore,
che è palesemente un appassionato di fantascienza (il Senso del
Cosmico ce l'ha!) alleggerisce la narrazione mescolando alle ipotesi più
serie alcune ipotesi spiritose e perfino strampalate (ma trattate con impeccabile
approccio scientifico) che sono di casa in questo genere letterario: "Gli
alieni non esistono perché sono stati sterminati da berseker",
cioè macchinari da guerra sfuggiti al controllo dei creatori, oppure:
"Esistono e... siamo noi!".
Questa
mescolanza tra serio e faceto riesce a impacchettare una quantità
di nozioni scientifiche di tutto rispetto, che il lettore manda giù
senza accorgersene, come i bimbi a cui si dice "guarda l'uccellino che
vola!" per distrarli e approfittarne per far loro ingollare le pappine
più disgustose che la razza umana sia mai riuscita a escogitare.
E anche qui: "Guarda il berseker che vola!"... e béccati
questa digressione sulla possibilità teorica della "intelligenza
artificiale".
La
conclusione che dà l'autore, dopo la sua cavalcata tra le ipotesi
scientifiche, è che lui personalmente crede che gli alieni non ci
hanno mai contattato perché non esistono. La vita autocosciente
(che, si noti, non è la stessa cosa della "la vita in sé",
che invece potrebbe essere comunissima, ma sotto forma di fanghiglie rosse
abbarbicate alle rocce di millanta pianeti alieni) è un evento troppo
raro, troppo straordinario, soggetto a casi troppo bizzarri per essere
comune.
Tuttavia,
la quantità degli elementi esaminati nel libro garantisce che le
rispose apodittiche non siano possibili. Le probabilità che la sequenza
di eventi necessari alla nascita non solo della vita, ma anche dell'intelligenza,
è talmente improbabile da essere in pratica nulla.
Eppure
abbiamo le prove del fatto che almeno una volta questa impossibilità
è diventata realtà. Perché allora non
due? Già, perché no?
Questo
libro mi ha provocato spesso le vertigini, perché ragionare
sulle grandezze cosmiche, e sulle scale temporali di miliardi di anni,
fa sempre l'effetto di ricordare che razza di minuscole formiche noi siamo
in questo smisurato Universo.
La
concatenazione dei ragionamenti dell'autore fa anche nascere il dubbio
che la risposta ai "perché" che ci poniamo sia fuori dalla portata
delle nostre menti come lo sarebbe per una formica capire cosa sia un computer.
Non è che sia impossibile spiegare cosa sia, è solo che in
quel cervello lì la spiegazione non entrerà mai.
Forse la risposta a "Chi ha creato Dio?" (incidentalmente: Dio è
la spiegazione numero 8) esiste, solo
che noi non siamo in grado di capirla. E a leggere questo volume, il dubbio
torna con una frequenza decisamente fastidiosa.
Oltre
a ciò, alcune delle speculazioni scientifiche del volume mi hanno
convinto del fatto che a certi scienziati manchi non una, ma una serie
completa di rotelle, tuttavia altre sono di una tale selvaggia bellezza
da far venire voglia che siano vere.
Andate a vedere da soli a pagina 85 cosa
significhi che: "Un universo con parametri che permettano la formazione
di buchi neri genera una prole capace di produrre a sua volta buchi neri".
Totalmente folle, ma il solo essere
obbligato a ragionare sul cosa voglia dire mi fa friccicare il cervello,
costringendomi a sprofondare in queste vertigini. E il naufragar m'è
dolce in questo mare.
Il
libro, scritto da un fisico, è accessibile a chiunque ami il pensiero
scientifico persino nel caso che sia, come lo sono io, un negato totale
per la matematica.
È
un ottimo lavoro di divulgazione, che per essere apprezzato richiede soltanto
un lettore che alzando la testa verso le stelle si sia chiesto almeno una
volta non solo cosa siano, ma anche "perché" siano.
Certo,
ammetto che resterebbe deluso chi lo leggesse perché crede
negli Ufo e sta cercando la prova della loro esistenza (su cui il libro
non ha nulla da dire, ne a favore né contro).
Questo
perché si troverebbe di fronte a un libro che alla fin fine non
è davvero interessato a rispondere alla domanda: "Perché
mai gli Ufo non dovrebbero esistere?", ma solo a quella, che per me
è infinitamente più intrigante, "Perché mai esistiamo
noi?".
Se la domanda appassiona anche voi, questo libro non vi deluderà.