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[Saggio]
Recensione di Giovanni Dall'Orto
Un modo scherzoso per porre domande serie sulla scienza oggi
Una
bella
recensione su "Query online" mi ha convinto a comprare questo libro
nonostante io non sia minimamente in grado di seguire la fisica teorica
contemporanea, e devo dire che il recensore ci ha azzeccato perché
il libro (per quanto scritto da una laureata in fisica) è un testo
di divulgazione comprensibile anche al non-specialista.
In
realtà, il tema discusso offriva materiale per un saggio di trenta-quaranta
pagine, e per arrivare alla lunghezza del libro l'autrice ha dovuto allungare
il brodo, al punto che in due o tre punti ho trovato noiosa la trattazione:
per fortuna si tratta d'un paio di punti soltanto.
L'argomento di cui tratta sono i "genialoidi", quei "genii incompresi" che si alzano al mattino e scoprono una teoria rivoluzionaria del Tutto in grado di cestinare secoli di riflessione scientifica... se solo gli scienziati si degnassero di ascoltare loro, invece di perdere tempo con gli acceleratori di particelle. Cosa che, ovviamente, non riescono ad ottenere, il che li spinge a produrre opere dai toni sempre più frustrati, complottisti e pieni di autocompatimento per come l'arroganza degli scienziati impedisce al mondo di giungere alla Verità... grazie a loro.
L'autrice
ha scelto di accettare la loro sfida ed ha iniziato a collezionare e leggere
gli elaborati di questi genii incompresi. Fra tutti ha eletto a
suo beniamino un certo Jim Carter, che ha frequentato per molti
anni, documentandone vita e scoperte (ne cito solo una: la gravità
non esiste. Quando ci sembra che un oggetto cada, si tratta di un'illusione
ottica, in quanto è la Terra che si espande senza mai smettere,
e quindi è il suolo che va verso l'oggetto e non l'oggetto che va
verso il suolo).
La
parte in cui l'autrice esagera è proprio nella biografia di questo
Carter, che è troppo lunga e troppo dettagliata. Essendo diventata
sua amica, la Wertheim giudica con un'indulgenza eccessiva la "straordinaria"
intelligenza e lo "straordinario" spirito artistico di quest'uomo. Dimostrando
che è sempre un errore, per uno studioso, affezionarsi a ciò
che sta studiando. Specie se si tratta di un essere umano.
I temi
davvero interessanti di quest'opera risultano così un po' sacrificati,
diluiti. Non per questo però perdono interesse. L'autrice in primo
luogo si chiede cosa motivi la legione dei genii incompresi che,
senza avere la minima preparazione sul tema, impestano gli studiosi di
fisica con i loro memoriali e le loro teorie. L'autrice risponde, dopo
un'analisi storica, che la matematizzazione spinta che la fisica ha avuto
dal XIX secolo l'ha resa un argomento comprensibile solo a un gruppo ristrettissimo
di specialisti, smettendo di essere un'interrogazione sul "come funziona
il mondo in cui viviamo" (tema su cui s'interroga ogni essere umano) per
diventare un gioco intellettuale riservato a pochissimi.
Ciò
che accomuna gran parte di questi genialoidi è in effetti la volontà
di riportare la riflessione sul "funzionamento del mondo in cui viviamo"
a dimensioni e funzionamenti di tipo meccanico, che prescindono nella maggior
parte dei casi dalla matematica e sono quindi accessibili a tutti, o almeno
lo sono al "senso comune". E' in altre parole un ritorno alla "filosofia
naturale", in cui il ragionamento logico e non l'astrazione matematica
era lo strumento con cui si cercava di capire il funzionamento del Cosmo.
Dettaglio
importante: non si tratta della stessa cosa del movimento antiscientifico
che rifiuta la scienza e il metodo scientifico, e che ha oggi sempre maggiore
spazio; si tratta d'una tendenza che immagina un modo di fare scienza facendo
a meno della matematica. Che ciò sia possibile è tutto da
dimostrare, ma questa è appunto la battaglia in cui si lanciano
a corpo morto i genialoidi.
Il
secondo punto interessante toccato dall'autrice - ahimè troppo brevemente
- è il paradosso per cui la fisica teorica ha raggiunto ormai tali
livelli d'astrazione speculativa da diventare praticamente indistinguibile
dalla "scienza" dei genialoidi, visto che moltissime di tali tesi hanno
come base pure speculazioni matematiche prive della minima prova sperimentale
e soprattutto, quel che è peggio, della possibilità d'immaginare
in che modo applicare il criterio popperiano della "falsificabilità".
Ricordo
che Popper aveva postulato l'impossibilità per la scienza di dire
cosa sia "vero", potendo al massimo dire cosa sia falso. La sua definizione
di scienza - che per quanto sottoposto a molte critiche è oggi ancora
la più diffusa ed accettata - si basa proprio sul concetto di "falsificabilità":
se di una teoria non riusciamo a immaginare un esperimento scientifico
che, se condotto con successo, ne dimostrebbe la falsità, allora
ci è impossibile definire scientificamente "vera" quella teoria.
Ma questo è esattamente quanto avviene con gran parte delle speculazioni
più avanzate della fisica teorica, come la teoria delle stringhe.
L'autrice legge dunque il proliferare dei "genii incompresi" come una forma sociale di protesta verso una scienza che da oltre un secolo ha perso i contatti con quello che il "senso comune" dei non-iniziati pensa e crede.
Complessivamente ho amato questo libro, che è scritto in modo scorrevole e di buon intrattenimento, anche se avrei preferito meno pagine di racconto sulle esperienze di Jim Carter come pescatore di abaloni e cercatore d'oro (cheppalleeee!) e più pagine di riflessioni sulle implicazioni epistemologiche del fenomeno che la Wertheim ha individuato. Ma al di là di questo difetto è un libro riuscito, la cui lettura consiglio..