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Jean Ziegler, L'odio
per l'Occidente, Tropea, 2010 [2008].
[Saggio]
Recensione di Giovanni Dall'Orto
Non il libro migliore di Ziegler.
Cosa si fa di un libro che ti crea angoscia perché ti dimostra che sei complice di un mondo in cui l'ingiustizia e l'oppressione regnano sovrani? Semplice, si smette di leggerlo. E se lo si sta sfogliando il libreria, lo si rimette giù e non lo si compra.
Questo
è il dilemma con cui si è scontrato l'autore di questo saggio.
Da
un lato non poteva rigirare troppo il coltello nella piaga, perché
quella è una piaga che volente o nolente è presente in ogni
lettore (ossia, potenziale acquirente). Dall'altro non poteva abbellire
più di tanto il quadro, visto che la ragion d'essere del saggio
stesso è andare al di là della propaganda dei testi della
destra post-11-settembre, secondo cui "Ci
odiano perché invidiano la superiorità della nostra civiltà".
Ne è uscito un libro né carne né pesce, come tale ben al di sotto della dirompenza delle opere precedenti di Ziegler, a iniziare dall'ormai classico Una Svizzera al di sopra di ogni sospetto.
La
risposta alla domanda "Perché ci odiano?" è infatti
semplice.
Ci
odiano perché ce lo meritiamo.
Perché
abbiamo costruito un mondo in cui il nostro benessere è concepibile
solo al prezzo della miseria e dell'infelicità altrui. Perché
li sfruttiamo ed affamiamo.
Lo
sappiamo tutti, e pensiamo che "purtroppo" non ci possiamo far nulla.
Peccato
però che di tanto in tanto qualcuno dei diretti interessati decida
di poterlo fare lui/lei, "qualcosa", e allora son guai.
La
carrellata di problemi sociali ed economici e delle figure del "Terzo Mondo"
proposta da Ziegler è onesta e ben assortita, per carità,
e l'autore sa quel che dice. Ma
non dice tutto e non lo può dire, dato che quella di Cassandra
non è propriamente una delle figure che riscuotano ovazioni al loro
apparire.
E
non pretendo di essere, io, diverso dagli altri, dato che la parte del
libro che ho letto prima di abbandonarlo per noia mi ha anche decisamente
angosciato.
Ho abbandonato la lettura perché laddove è più incisivo Ziegler dice cose ormai note e stranote (o forse dovrei invertire la frase: solo laddove i fatti che denuncia sono ormai noti e stranoti Ziegler si permette di essere più incisivo e tagliente), mentre laddove dice cose nuove si esprime con vaghezza e prudenza (forse, ipotizzo, per paura di querele).
Devo
dire che ho trovato, dal punto di vista della denuncia, molto più
incisivi i libri di Naomi
Klein.
E
immagino che la differenza tra la Klein e Ziegler stia nell'età,
e nel fatto che a differenza della Klein, sotto sotto Ziegler non riesce
più a credere che riuscirà a cambiarlo, questo mondo di ingiustizie.
Per onestà non rinuncia a fare la sua parte, e a proporre la sua
denuncia, ma senza più la vera convinzione del fatto che servirà
a qualcosa farlo... e si sente.
Peccato.
In
margine: un pessimo servizio è stato reso al libro da chi ha ideato
la copertina, che presenta un bambino africano che corre con una bandiera
della pace in fiamme (e le fiamme sono aggiunte col fotoritocco), senza
che si capisca se quella bandiera l'abbia incendiata lui o meno.
E
non era questo che voleva dire Ziegler: qui nessuno ce l'ha con la pace.
Quella
che avrebbe dovuto bruciare in cima al bastone, semmai, avrebbe dovuto
essere una cambiale.
Questo
sì, che avrebbe reso il senso delle storie raccontate da Ziegler...