Recensione di Giovanni Dall'Orto
Un'antologia degna degli anni Settanta.
Sembra incredibile, ma quest'antologia di racconti di fantascienza è dello stesso livello qualitativo di quelle che "Urania" proponeva negli anni Settanta. E la cosa mi lascia talmente perplesso che non so come interpretarla.
Certo, anche qui ci sono racconti più riusciti e racconti meno riusciti (particolarmente mal riusciti "Il ragazzo di Jackie", letteralmente una favola con gli animali parlanti, e "Somadeva: un sutra del fiume celeste", il tipo di spazzatura New Age che tanto ha fatto per rendere la fantascienza un genere che nessun lettore sano di mente toccherebbe mai. Quanto a "Fantasmi che ballano" non so dire se sia bello o brutto: l'ho mollato dopo tre pagine di prologo verboso ed "artistico"). Ma la stessa cosa si verificava anche nei mitici anni Settanta, anche per la necessità di accontentare un po' tutti.
D'altro canto, i racconti "riusciti" sono spesso splendidi, a iniziare da quello che dà il titolo alla raccolta, allucinato e geniale, basato su un'idea di folle semplicità ed originalità.
Forse l'antologia è riuscita perché siamo ormai alle prese con una generazione "nativa digitale" di scrittori che ormai è in grado lanciarsi senza più impacci in speculazioni ardite sulle vie aperte dall'infosfera (molti i racconti riusciti che pescano da questo àmbito, come "Dalla lontana Cilenia", che è geniale, o "Il mercato dei ricordi", che riprende un tema già trattato molte volte ma con un guizzo nuovo, al già citato racconto che dà il titolo alla raccolta).
O forse perché sta infine svanendo
la vena fortissima di ripugnante cinismo che fino a pochissimi anni fa
rendeva impossibile immaginare il futuro, se non come perpetuazione
d'un presente eterno ed immutabile (dopo la pretesa "Fine
della Storia") e spacciato come il migliore dei mondi possibili.
E se non altro, non siamo costretti a sciropparci atmosfere "noir"
dall'inizio alla fine: pare siano passate di moda anche loro...
Ora è infine tornato necessario
immaginare un futuro forse non migliore ("Non svegliare il can che
dorme" o "Progetto Cassandra", entrambi gustosi, non si fanno troppe illusioni...),
ma per lo meno diverso da un mondo che non s'è affatto rivelato
il migliore, e soprattutto non l'unico possibile.
In alcune storie sono perfino presenti
timidi cenni di critica sociale (come nell'insolito - stranamente, per
una volta un povero riesce a riscattarsi... - "Petopia", o nello stralunato
"La mano buona", che ricorrendo alla storia alternativa spiega agli statunitensi
"perché
ci odiano").
O forse sono bravi i curatori, o forse sono stati fortunati... insomma: non saprei. Resta solo il fatto che questa volta il piatto è vario, il livello è alto per almeno due terzi del volume, e la noia è bassa.
Consiglio decisamente l'acquisto (€ 7,50).
P.S. Due cenni alla tematica gay in "Non svegliare il can che dorme" di Joe Haldeman ("Sleeping dogs", 2010, pp. 13-32), dove a p. 22 l'accompagnatore propone al protagonista di far sesso (ma senza che la cosa abbia la minima conseguenza sul racconto) e in "Il ragazzo di Jackie" ("Jackie's boy", 2010, pp. 337-396) di Steven Popkes, dove il protagonista decenne rivela di esser sopravvissuto fin lì grazie ad uno "zio Ned", un pedofilo che lo aveva protetto in cambio al fatto che lui lo "rendesse felice", ma poi era stato catturato e ucciso (pp. 343 e 356).