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Recensione di Giovanni Dall'Orto
Un avanzo di "Epix", rifilato a noi giusto per non buttarlo via.
Attacco a leggere questa raccolta di racconti e subito trovo stregoni e streghe, maghi, fate, folletti, elfi, incantesimi e grimorii.
Aspetto
che tutto, con un subitaneo gesto da prestidigitatore, diventi fanta-"scienza"
(come Lester Del Rey era riuscito a fare in due o tre suoi memorabili e
divertenti romanzi), ma arrivato a metà del libro ho ancora sempre
e solo fate, elfi e folletti...
Oddìo,
un racconto o due è anche potabile (a parte il primo, che è
la cosa più pretenziosamente brutta che Robert
Silverberg abbia scritto nella sua carriera!) ma io avevo creduto
di comprare un libro di fantascienza, e mi trovo in mano un libro di
favole?
Ma
davvero alla Mondadori c'è ancora qualcuno che non ha ancora
capito la differenza letteraria fra Hari
Seldon ed Harry Potter?
A questo punto, scoglionato, vado a vedere la postfazione per capire dove cavolo vogliano arrivare i redattori di "Urania"... e, purtroppo per me, lo capisco.
In effetti, i diritti di pubblicazione di questo libro erano stati comprati, assieme a ben !due! sequels, non per "Urania" ma per la collana di fantasy "Epix", prematuramente dipartita da questo mondo in quanto giudicata incomprabile dai lettori di quel genere letterario.
Ma visto che i soldi la Mondadori li aveva già spesi, in redazione (ed hanno anche la faccia di bronzo di dircelo!) han pensato bene di accollare ad "Urania" i tre testi, giustificandosi col dire che, oh be', dopo tutto Vance ha scritto anche fantascienza...
Ragazzi,
se questo è modo in cui ragiona la Mondadori, allora c'è
solo da ringraziare la sorte per il fatto che Vance non abbia mai
scritto pornografia pedofila...
L'abbiamo
scampata bella!.