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Recensione di Giovanni Dall'Orto
Troppa grazia, Sant'Antonio...
Gli
inglesi direbbero "too much of a good thing": il troppo stroppia.
Come
sottolineato giustamente da
altre recensioni (alle quali rimando per la descrizione della trama),
questo romanzo contiene davvero ottime idee (io ho trovato piacevolmente
disturbante la cultura degli Originari, che ammettono al diritto di cittadinanza
le simulazioni elettroniche delle persone morte, però d'idee assolutamente
nuove ce n'è a bizzeffe, in uno zampillìo pirotecnico stupefacente),
momenti di autentico fascino... ma gli autori si dilungano troppo,
specie nei loro noiosi "viaggi" nelle menti, in primis quelle dei
nevroticissimi Connessi (dopo le saghe galattiche, ecco le saghe
mentali...).
L'inizio, nel quale vengono descritti minuziosamente i quattro rami in cui è divisa l'umanità del futuro, è spaziale, ma poi la prolissità prende il sopravvento e dopo la metà io ho iniziato a saltare capitoli interi per arrivare alla (prevedibile) fine. E questo non è un buon segno.
Gli
autori hanno idee altamente originali, sono capaci di creare universi e
situazioni del tutto muove (o comunque ancora poco sfruttate dal genere
SF), raggiungendo nel contempo un bel livello di speculative fiction.
All'opposto
di tanti loro colleghi, poveri d'idee e ricchi d'intreccio fino all'isteria,
il loro problema è semmai riuscire a gestire in modo credibile la
sovrabbondanza della loro fantasia, impacchettando le troppe idee
in un discorso fluido e congruente.
A
mio parere non ci riescono, e le idee sbordano da tutte le parti. Del
resto, neppure il più abile giocoliere del mondo può tenere
per aria 150 palline tutte assieme. C'è un limite oltre il quale,
appunto, il troppo è troppo.
Faccio
un esempio: le pippe mentali sulla condizione femminile nella società
Meccanicista sono totalmente superflue ai fini della narrazione: il carattere
di questa società sarebbe stato identico e congruente anche se le
donne avessero partecipato ai combattimenti su un piede di parità,
dato che la caratterizzazione che spicca qui è la simbiosi fra umani
e macchinari. Ma no, ci tocca sorbirci la questione dell'emancipazione
femminile nell'Umanità del 4000 d.C... Un tema imprescindibile!
Non condivido l'affermazione di un altro recensore anobiano che dice che qui l'azione è mozzafiato. La mia opinione personale è invece che, una volta osservato l'interminabile piazzamento delle pedine sulla scacchiera, il prosieguo diventa del tutto prevedibile.
Secondo il mio punto di vista personale, l'errore sta nel fatto di avere scelto una cornice d'azione per inserire un materiale per molti aspetti "antropologico" (solo per descrivere i quattro rami dell'umanità se ne vanno tre capitoli per ciascuno, totale, dodici capitoli (metà libro), e questo solo per la premessa...) per il quale una struttura narrativa alla Le Guin sarebbe stata molto più adatta.
In
altre parole, questo romanzo avrebbe forse funzionato meglio nella collaudata
tradizione dei romanzi di scoperta, di "viaggio affascinante" di un/a protagonista
fra le varie società umane del lontano futuro (un precedente che
somiglia molto alle premesse di questo romanzo, per quanto meno ricco d'idee,
è Frugate
il cielo di Pohl e Kornbluth, che segue apunto la struttura del
viaggio di scoperta).
Invece
gli autori hanno optato per una cornice d'azione adatta a un romanzo con
la metà delle pagine.
Inoltre la decisione mettere in moto e fare interagire a tutti i costi la massa enorme di personaggi introdotti nel gioco (e non bastando gli umani, ci sono pure le città spaziali volanti, viventi e senzienti, a loro volta divise fra "addomesticate" dagli umani e libere... e le personalità sintetiche... e...) obbliga a lasciar cadere da tutte le parti per strada, senza più raccoglierli, svariati spunti narrativi. Con conseguente impressione di confusione nel lettore.
Paradossalmente
i cattivi (Meccanicisti) sono i personaggi meglio riusciti, nel senso di
più coerenti. La loro armatura da combattimento è una delle
invenzioni più affascinanti di cui abbia letto di recente. Quasi
quasi valeva la pena di fare un romanzo solo su di loro...
Peccato
solo che dopo aver costruito in modo credibile una cultura invincibile
in guerra, gli autori siano di fronte al dilemma
dell'oggetto inamovibile vs. la forza irresistibile: come far sconfiggere
gli invincibili guerrieri Meccanicisti dai "buoni" e pacifisti Artefattori
che coltivano la Mente?
Risposta:
con un escamotage tirato fuori dal rotto della cuffia, di verosimiglianza
zero. Infatti, a quanto pare, più di qualsiasi altra cosa, coltivare
la Mente rende guerrieri micidiali.
Se
siete disposti ad accettare questa premessa, allora vedere due Artefattrici
- due! - sconfiggere a mani nude!!!!! un intero distaccamento da
guerra in grado di distruggere un pianeta, vi parrà una soluzione
narrativa valida.
Altrimenti,
tanto vale leggere le fiabe, che facciamo prima. "Bidibibodibibù,
l'armata cattiva c'era, e non c'è più!"
Ciò
detto, resta da aggiungere che gli autori sono senz'altro da tenere d'occhio.
Il
fatto che siano francesi certo ha contribuito a far sì che non ci
abbiano ammannito la solita americanata (magari, già che
c'erano, postmodernista, com'è di moda oggi).
E 500 pagine per 13 eurini sono decisamente un buon prezzo.
Quindi, se siete alla ricerca della prossima saga che vi tenga impegnati per i prossimi venti giorni, e per questa ragione la lunghezza della narrazione per voi non è un disincentivo ma anzi un aspetto positivo, allora questo è senz'altro un buon candidato: vi regalerà idee e affascinanti quasi ad ogni pagina.
Goûtez, et comparez...