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Recensione di Giovanni Dall'Orto
Quasi al punto critico
Ho
faticato un poco per procurarmi questa vecchia (1958) opera di Hal
Clement, uno dei miei autori preferiti di "fantascienza
hard", perché a differenza del più volte ristampato Stella
doppia 61 Cygni, che come struttura narrativa è praticamente
identico, Coesistenza pacifica è stato stampato una volta
sola.
Alla
fine, ottenuto il romanzo, ho anche capito il perché: questo
è un lavoro minore di Clements.
Che
non è mai stato bravo con le trame, mentre ha sempre eccelso nella
costruzione di mondi alieni dalle condizioni estreme, ma rigorosamente
coerenti con i dati scientifici.
Però
in questo romanzo con la trama è riuscito a far peggio del
suo già scarso standard...
Forse
avrà ricevuto troppe critiche per le sue trame scheletriche e si
sarà quindi sforzato di ingabbiare il racconto in una struttura
verso cui era totalmente disinteressato, fatto sta che a romanzo concluso
il pasticcio è palese.
Una
sonda umana (in ceramica: i metalli vengono sciolti dagli acidi),
teleguidata da una navicella in orbita intorno al pianeta, atterra in questo
contesto, e chi la guida si rende conto di non poterla far sopravvivere
a lungo in un simile postaccio, e allora rapisce alcune uova d'una razza
intelligente di indigeni primitivi e istruisce i piccoli che ne nascono,
per usarli come esploratori.
Sfortunatamente
una navicella-dirigibile creata per far atterrare fisicamente esseri umani
(il pozzo gravitazionale è troppo forte per far ripartire un razzo)
si distacca dalla nave prima d'essere completata, con dentro una bambina
umana e il cucciolo d'una razza aliena (figlio dell'ambasciatore in visita
alla stazione) e atterra sul pianeta.
Ma
non può ripartire. Solo con l'aiuto delle "mani" degli indigeni
sarà infatti possibile completare i collegamenti esterni che mancano,
permettendo al "batiscafo" di sfuggire al pianeta.
Peccato
che una tribù rivale sia in competizione per il possesso della sonda
che parla e insegna tante cose utili...
Il
resto del romanzo è il racconto di come tutti cerchino di arrivare
al batiscafo, affrontino difficoltà, le superino, fino al lieto
fine. Tutto qui, non c'è altro.
In
effetti, a Clements non importa sapere se la bambina umana e il bambino
alieno riusciranno a salvarsi (dentro di sé dà per scontato
che il finale possa essere solo quello, quindi non si sforza più
di tanto di motivarlo). A lui importa di più descrivere,
che so, gli effetti d'una pioggia notturna di enormi palloni d'acqua che
fluttuano pian piano verso il mare d'acido solforico quando la temperatura
s'abbassa.
Ed
è qui che Clements è capace di dare il meglio di sé.
Sono scenari danteschi e mai letti prima che solleticano l'immaginazione
del lettore.
Se
Coesistenza pacifica fosse stato un racconto e si fosse limitato
alla descrizione di questi scenari (anche senza una trama più complessa
di quella richiesta dal viaggio d'un protagonista sulla superficie del
pianeta), sarebbe stato un capolavoro, mentre così com'è
il brodo è troppo diluito per risultare davvero gustoso.
Come verifica di quanto sto dicendo c'è il già citato Stella doppia 61 Cygni, che risulta molto meglio riuscito e compiuto e godibile, pur seguendo uno schema assolutamente identico (una sonda caduta da recuperare su un pianeta su cui gli umani non possono neppure metter piede) però limitandosi al solo il resoconto del viaggio degli indigeni sul pianeta, r risparmiandoci la menata dei poveri bambini soli e bisognosi d'un salvatore.
Non
mi pento di aver fatto questa lettura, perché i mondi di Clement
sono tutti memorabili, senza eccezione.
Ma
di certo questo non è uno dei romanzi di fantascienza hard
che metterei in un'ipotetica lista dei capolavori imperdibili...