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Recensione di Giovanni Dall'Orto
572 pagine di vuoto sono un po' troppe, da reggere...
Peter
Hamilton, un dotato autore britannico di fantascienza, crede palesemente
d'essere Lev
Tolstoj; peccato solo che questo "Il sogno del vuoto" non sia
Guerra
e pace, se non per le dimensioni.
"Oltre
500 pagine!", vanta uno strillo in copertina -- dimenticandosi d'aggiungere:
"interminabili...".
E questo
non è ancora tutto. Perché le 572 (!) pagine che servono
ad Hamilton per srotolare la sua trama, sono solo la prima parte
d'una vicenda che nelle ultime righe s'interrompe sul più bello
senza concludersi, facendoci capire che questo era SOLO un prequel.
Che
a sua volta presuppone la lettura d'altri volumi, contenenti le premesse
(a cui i personaggi alludono di continuo, rendendo così il garbuglio
ancora più incomprensibile), peraltro mai pubblicati in Italia...
E
decidere di pubblicare il sequel del prequel prima del prequel
del prequel è sinceramente geniale...
Ovviamente, per riempire mezzo migliaio di pagine ce ne devi infilare, di cose. Per cui l'autore saltabecca freneticamente da un pianeta all'altro, intervallando storie diverse e totalmente slegate, che non dubito che fra altri dodici volumi troveranno "miracolosamente" una sintesi, ma che per ora sono riuscite solo a farmi un sacco di confusione in testa.
Qui
ci sono esseri umani ridotti a memorie in un'enorme Intelligenza
Artificiale comprendente miliardi di personalità (suddivise
in fazioni in lotta mortale le une con le altre), c'è un ragazzo
con superomistiche doti paranormali su un pianeta semifeudale (che a quanto
intuisco dovrebbe essere in realtà il... paradiso sognato da altri
personaggi), c'è un guerriero potenziato alla ricerca d'un personaggio
messianico proveniente dai volumi precedenti (sic), c'è un culto
religioso che vuole cercare il paradiso (appunto) oltre una misteriosa
barriera aliena (col rischio di fare scomparire l'universo), c'è
una giovane imprenditrice che si alterna fra le speculazioni immobiliari
e le scopate (anche se qui è geniale qui il personaggio della personalità
singola suddivisa in molti corpi, con i quali lei organizza orgette), c'è
una spruzzata di alieni dai ruoli peraltro marginali eccetera eccetera.
Cosa
c'entrino questi personaggi gli uni con gli altri non è sempre dato
saperlo -- non in questo volume. Ne riparleremo di certo fra un migliaio
di pagine o giù di lì.
Naturalmente
lo scrittore, per dimostrare d'essere un vero artista, ci coccola.
Infatti
ogni volta che i suoi personaggi mangiano, deve rifilarci una pagina o
due per descriverci il menu dei loro cibi immaginari (vino rosso di qjkdhdj
da Aldebaran con salsa di xmhrgtx di Cassiopea, o qualcosa del genere...),
ed ama entrare con frequenza in infiniti dettagli del tutto INUTILI.
Compresi rapporti sessuali descritti in inutile dettaglio, da romanzetto
porno per militari di naja. Nooooia! (...A meno che non leggiate i romanzi
di fantascienza proprio per le scene di scopate, ovviamente!)
Per
farla breve: questo è un buon prodotto seriale, con buone
e abbondanti idee e personaggi solidi, scritto con rispetto delle regole
del genere e sicuro mestiere.
I
singoli episodi, se presi in sé, sono godibili, e la fantasia dell'autore
regge bene alla miriade d'ambienti e vicende che butta a getto continuo
davanti a noi. Se ci fosse solo questo, staremmo parlando di un ottimo
romanzo.
Quel che costituisce problema è il fatto che la saga è scappata di mano all'autore, e soprattutto all'editore, con una metastasi incontrollabile di logorrea in cui c'è troppo di tutto, ("This is not Space Opera, this is space soap opera", ha giustamente scritto un recensore anglofono su Anobii: "Questa non è epopea spaziale, questa è telenovela spaziale") e manca un nucleo centrale attorno a cui ruoti la vicenda.
Una potatura di almeno un terzo dello scritto, oltre a un robusto riassunto nelle prime pagine e un elenco della miriade di personaggi, avrebbe reso la lettura di questo polpettone un'esperienza umana più tollerabile.
Non
dubito del fatto che i fans della saga (che visto che viene
pubblicata non dubito esistano) apprezzeranno questo mattone (lo
spessore del tomo è tale da renderlo fisicamente simile all'utile
elemento edilizio).
Tuttavia,
per i non amanti delle saghe interminabili (e devo ancora capire perché
ci sia qualcuno che nelle recensioni su Anobii vanta il fatto che "bisogna
essere all'altezza" per sciropparsi migliaia di pagine di saghe di
SF, come se non avere nulla di meglio da fare nella vita fosse un
merito), molta pazienza e una lettura a piccole tappe (oltre ad
un taccuino per segnare via via chi cavolo siano i 999 personaggi) saranno
necessarie per uscire vivi dall'impresa.
Che non è sgradevole ("Urania" ci ha rifilato schifezze infinitamente peggiori), ma che certo un'estasi perpetua non è...