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Recensione di Giovanni Dall'Orto
Opera degli inizi della carriera di Niven, di livello molto inferiore a quelle della maturità
Larry Niven è Larry Niven (è cioè si colloca giusto una tacca al di sotto al dio della fantascienza, se esiste), ma in questo romanzo non è Larry Niven.
Qui infatti non c'è nulla della speculazione scientifica "hard" che è il suo marchio di fabbrica. Stupiti, si va a vedere la data di prima edizione e si scopre che è il 1968: non opera prima, ma opera secunda sì. Ed oltre tutto opera secunda non particolarmente riuscita.
Il
romanzo s'impernia sul conflitto tra due comunità dei discendenti
dei coloni d'un pianeta, Monte Guardatelo. I discendenti dell'equipaggio
controllano completamente il potere, in una vera e propria dittatura, mentre
i "coloni" sono i lavoratori sottomessi.
La
società è caratterizzata da una notevole longevità
dei dominatori, garantita da una banca degli organi nella quale confluiscono,
a pezzetti da trapiantare, tutti i dissidenti e i colpevoli dei reati anche
più stupidi. Su questo mondo non esistono prigioni: chi delinque,
o anche solo sbaglia, finisce nella banca degli organi.
Niven ha scelto come struttura della narrazione il classicissimo confronto tra l'Oggetto Inamovibile e la Forza Irresistibile. Ma ahinoi, come molti altri prima di lui è stato molto più bravo a delineare il primo che la seconda, creando una società totalitaria talmente perfetta, da non riuscire più ad escogitare un modo credibile per rovesciarla.
Cosa fa, allora? Ricorre al trucco puerile della Fata Madrina che interviene a sciogliere la vicenda con un colpo di bacchetta magica: un colono che rivela inattese qualità parapsichiche, che gli consentono di farsi "dimenticare" da chiunque lo stia minacciando. A patto che lo guardi negli occhi.
Con
il suo aiuto "miracoloso", la dominazione dell'Equipaggio verrà
rovesciata, ma non senza la previdente, bonaria e saggia collaborazione
di un gruppo di dominatori diventati buoni e desiderosi di rinunciare
spontaneamente al proprio dominio e alle proprie ricchezze perché,
come Niven scrive, "si sa che le rivoluzioni partono sempre dall'alto".
Veramente
non lo sapevo e non mi risulta, e qui non ne faccio una questione politica
bensì narrativa: un personaggio che spontaneamente e deliberatamente
rinunci ai propri privilegi senza lottare, anzi lottando dalla parte degli
oppressi, sarà magari nobile, ma quanto a credibilità siamo
al livello della Fata Madrina.
A parte la narrazione in quanto tale (che è di livello standard e per lo meno non annoia e si lascia leggere fino in fondo senza intoppi) non trovo altro da segnalare in quest'opera, che può essere dimenticata senza danno. Anche ad essere un fan sfegatato di Niven: nulla aggiunge, e molto toglie, dato che di quel che avrebbe reso grande Larry Niven nei decenni successivi qui non c'è ancora nulla.