Home page Giovanni Dall'Orto > Recensioni > Recensioni di fantascienza > Gli ammutinati dell'astronave |
Recensione di Giovanni Dall'Orto
Il migliore "Urania" da parecchio tempo in qua.
È un romanzo alquanto esile quello che ci propone "Urania" in questo numero (202 pagine, ragione per cui per tirare il volume a 246 pagine serve una serie di allunga-brodetti e appendici), ma nessuno rimpiangerà neppure per un secondo l'acquisto. Molto meglio avere meno pagine ma di buona qualità, come qui, piuttosto che schifezze interminabili come quelle che ormai "Urania" propone e propina e propala quasi ogni mese.
Il romanzo fa parte d'un ciclo, ma ciò non dà il minimo fastidio: non ci sono infatti circostanze precedenti che non possano essere intuite dal contesto (c'è una Repubblica pluriplanetaria, c'è una guerra in corso, c'è un ufficiale che partecipa a questa guerra... e tanto basta).
Di particolarmente
riuscito in questo romanzo c'è il protagonista, Wilson Cole,
che è decisamente simpatico. Cole è capace di arrivare con
la fredda logica e il ragionamento a capire in anticipo le mosse del nemico
e le probabilità su cui vale la pena scommettere.
Non ha i tratti
antipatici del super-eroe, ma semmai quelli dello Sherlock Holmes galattico:
certo, i suoi Watson appartengono a due o tre razze aliene assortite, però
l'alchimia funziona.
Con lui è
facile identificarsi perché ha esattamente le tipiche doti che ogni
lettore dentro di sé sa di possedere: lucida logica, modestia, senso
del dovere, nervi d'acciaio, capacità di vedere lontano... insomma,
se non è esattamente il vostro ritratto, di certo è il mio.
Ed esattamente come voi e me (probabilmente lo sono più io che voi, ma fa niente), Cole è circondato da una tale collezioni di cretini che monopolizzano tutti i posti di comando, che la sua situazione ricorda esattamente il nostro posto di lavoro (e la nostra vita). Basti dire (è il solo spoiler che mi permetto, promesso) che la sua capitana, ricevuto l'ordine di non permettere che il nemico metta le mani sulle scorte di carburante custodite su un pianeta, all'arrivo del suddetto nemico fa saltare in aria il pianeta con tutti i suoi trenta milioni d'abitanti, eseguendo così impeccabilmente l'ordine... secondo lei. L'ammutinamento del titolo si verifica quando intende sistemare con lo stesso metodo la questione del secondo deposito di carburante su un secondo pianeta... e qui intervengo io, cioè, scusa, voi, cioè no, volevo dire Cole, che essendo "uno di noi" "fa la cosa giusta", esattamente come la faremmo noi! Ganzooo!
Ovviamente, essendo
l'unica persona dotata di buonsenso in un mondo di cretini, a Cole
succede esattamente quel che capita regolarmente a me ed a voi: si caccia
in un mare di guai e processi, e questo fin dall'inizio, dato che la nave
che Cole si trova a comandare è una specie di castigo orbitante
su cui vengono mandati tutti i soldati e ufficiali ribelli, insubordinati
e capaci di "interpretare" gli ordini per quel che "dovrebbero" essere
invece di quel che sono.
È
duro essere un genio incompreso... come sappiamo per ripetuta esperienza
diretta tutti noi...
Certo, la brevità del testo ci permette,
cioè, permette a Cole, di rifulgere giusto in un paio d'azioni
ed il volume è finito nel volgere d'un paio d'ore. Ahinoi.
Con una conclusione a sorpresa, che stavolta
non vi dico, ma che forse sterza un po' troppo in direzione della
favoletta dolciastra, ma chi se ne frega: se avessimo voluto un
finale tanto realistico quanto deprimente ci sarebbe bastato guardare il
telegiornale.
Il resto di quel che si chiede a un libro
di fantascienza c'è, e c'è nella misura giusta: astronavi,
alieni, pianeti, "alabarda spazialeeeee!" e big balls of fire. Ottimo,
e abbondante.
Consigliato, consigliato e consigliato.
Unica
pecca del volume: il racconto allungabrodetto finale ("La rivolta
dei miracolati" di Raffaele Nava) che vorrebbe essere fantascienza, vorrebbe
essere horror, vorrebbe essere weird con marezzature wiccan,
vorrebbe essere occulto, vorrebbe dire cose profonde sul
ruolo di Gesù come Messia inviato per la salvezza dai peccati dell'Umanità,
e soprattutto vorrebbe far tutto questo in 13 pagine... e prevedibilmente
come unico risultato non riesce ad fare un bel nulla.
Non riesce neppure
ad essere un brutto racconto perché non è un racconto, ma
solo un marasma di parole ammonticchiate su un tot di pagine e lasciate
lì ad andare a male.
Il tipico racconto
di autore italiano secondo "Urania", insomma...
Immeritevole di commento la solita copertina coi soliti pupazzetti. Probabilmente a "Urania" hanno ormai un'unica copertina per tutti i romanzi che pubblicano, e si arrabattano con un gioco di specchi per non farcene accorgere...