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Allen Steele, Galassia nemica, "Urania" n. 1566, gennaio 2011 [2007].
 
Copertina di ''  '', di .

[Fantascienza]

Recensione di Giovanni Dall'Orto


Buon prodotto seriale, senza cadute di tono ma anche senza ispirazione.

Nella scheda che Giuseppe Lippi ha dedicato all'autore, in calce a questo romanzo, Allen Steele è lodato per il fatto d'ambientare le sue storie non nel "cyberspazio, ma [nel]lo spazio tout-court della sf interplanetaria".
E in effetti, un'insolita quantità di spazio (mi si perdoni il gioco di parole) è dedicata in questo romanzo alla descrizione del viaggio in quanto tale, inteso come processo in cui è necessario entrare in un veicolo, prendervi posto, controllare la strumentazione, regolarla, manovrarla, e verificare il risultato, poi alla fine atterrare e ripetere la procedura alla rovescia.

In Galassia nemica (a proposito, che c'azzecca questo titolo con la trama? Risposta: nulla) ci sono alcune pagine sullo Spazio che sono riuscite a riportami allo stupore con cui da bambino guardavamo in tv le immagini della conquista della Luna, stupore che Steele palesemente non ha mai perso.
Poi però ci sono decine e decine di altre pagine il cui scopo è semplicemente farci sapere che il protagonista s'è spostato da qui a lì. Pagine che ho trovato fino a un certo punto interessanti, e da quel certo punto in poi prolisse, noiose, e totalmente inutili.
Valga come esempio la prima parte del romanzo, dedicata al modo rocambolesco in cui il protagonista riesce a imbarcarsi come clandestino su un'astronave, e a giungere su un altro pianeta, Coyote.
Poiché la vicenda ha inizio solo a partire dall'arrivo del protagonista/io narrante su Coyote, una frase iniziale in cui ci si avvisava che l'io narrante era sbarcato come clandestino sarebbe stata più che sufficiente. Ma sarebbe stato chiedere troppo...


Come scrittore di genere Steel ha, di buono, un solido mestiere. Una volta deciso che il suo "genere narrativo" è quello dei viaggi interstellari, si applica con diligenza, passione e zelo a fornirci un viaggio interstellare dietro l'altro. Non ci risparmia nulla, dalla descrizione dell'equipaggio alla descrizione degli screzi fra i membri dell'equipaggio, passando dalla presenza dell'alieno di bordo, che non può mancare in questo tipo di resoconti.
Sono convinto che per chi ama questo sottogenere, Galassia nemica risulterà un romanzo gradevole, onesto, costruito rispettando tutte – ma proprio tutte - le regole che il lettore si aspetta di veder rispettare. Anche a costo d'essere totalmente prevedibile e terribilmente deja lu.

Oltre alla prevedibilità, il secondo difetto di Steele è la debolezza degli intrecci. I suoi personaggi si spostano da A a B, dove succede la cosa X che li costringe ad andare da B a C, dove avviene il fatto Y che li costringe ad andare da C a D... e così via.
A un certo punto una razza aliena desidera far collocare una sonda sulla luna d'un pianeta che sta per essere risucchiato da un buco nero. Non trovando alcun volontario per farlo, gli alieni ricattano il nostro valoroso equipaggio. Ciò avviene nonostante sia in corso un esodo disperato in cui non è chiaro se tutti gli alieni del pianeta condannato riusciranno o no a fuggire.
Immaginare che questo alieni possano offrire le loro dieci astronavi da trasporto più grandi in cambio d'un volontario del pianeta condannato, è al di là della capacità immaginativa di Steele. A cui la verosimiglianza della narrazione, palesemente, importa poco.
A lui serviva che il protagonista potesse descrivere con insospettato lirismo le epiche scene del buco nero in avvicinamento al pianeta condannato, però non sapeva come farcelo arrivare, e quindi ha raffazzonato la prima cosa che gli è passata per la mente.
Tanto sprezzo per la funzione della trama merita quasi ammirazione. (Ho detto "quasi").


Insomma, questo romanzetto m'ha lasciato indifferente.
Di definirlo "brutto", sinceramente, non me la sento. L'autore non prende per il culo il suo lettore come fanno gli scrittori "post-moderni" di sf e desidera sinceramente farlo divertire, e questo è già molto, oggi come oggi.
Inoltre qualche bella scena spaziale e qualche scenario alieno la cui descrizione raggiunge la sufficienza salvano il libro dall'ignominia.

Però una volta detto che il romanzo si lascia leggere, che non annoia eccessivamente, si è detto tutto. Perché Galassia nemica è un prodotto seriale, costruito a moduli preconfezionati con situazioni tutte ampiamente stra-lette, diligente quanto scialbo, senza particolari cadute di tono ma anche senza particolare ispirazione.
È opera d'un autore palesemente in grado di scrivere altri seicento romanzi analoghi, semplicemente rimescolando l'ordine dei moduli prefabbricati. Non a caso Lippi annuncia che questo è solo il primo volume di un'esalogia... che lui spera di propinarci per intero, e di cui tutti sentivamo un enorme bisogno.

Chissà perché inizio a pensare al passaggio d'un buco nero come a un'alternativa attraente...


 
 
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