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Edwin Tubbs, Paura degli stranieri, "Urania" n. 1572, luglio 2001 [1968 e 2003].
 
Copertina di ''Paura degli stranieri'', di Edwin Charles Tubb.

[Fantascienza con personaggi lgbt]

Recensione di Giovanni Dall'Orto


Un prodotto di onesto artigianato, senza colpi di genio ma anche senza gravi pecche.

Ci sono due modi di scrivere "letteratura di genere" (come è la fantascienza); il primo quale artigianato tutto sommato prevedibile ma proprio per questo onesto, perché fornisce un prodotto che rispetta una serie di standard che il lettore prevede di trovare proprio per il fatto di acquistare letteratura di genere.
Il secondo è cercare di allontanarsi (o non essere capaci di non allontanarsi) da questo standard medio: è da questa decisione che nascono i capolavori come Valis, ma anche il 99% della tanta fuffa pretenziosa ("vorrei, ma non posso") che ammorba questo àmbito della letteratura.

Tubb in questa mini-antologia ha optato per la prima strada. Dà al lettore esattamente quel che il lettore si aspetta da una narrazione di fantascienza: minacce aliene, colonizzazione dello spazio, viaggi su e giù per il sistema solare, scienza superomistica, paesaggi esotici. È un po' poco? I personaggi sono un po' schematici? Allora avete sbagliato genere letterario. Dalla fantascienza difficilmente otterrete di più di questo.

I due racconti non sono molto ben assortiti, è vero. Ed anche la copertina ha superato gli standard, già infimi, della bruttezza media delle copertine di Urania. Ciò detto, il prodotto è buono, si lascia leggere, intrattiene, diverte, e tanto basta. Non è un capolavoro, ma non ho mai detto che Tubb e Dick fossero la stessa persona. Tubb non è un genio, sì, però è un onesto artigiano.


Passando ai racconti, il primo, che dà il titolo alla raccolta, descrive il ritorno di un'astronave interspaziale nella quale tutti i (pochi) superstiti dell'equipaggio sono infetti (ed invasati) da una forma di vita aliena, che non aspetta altro che la discesa della capsula per impestare il pianeta intero. Ovviamente i terrestri non lo vogliono permettere, mentre gli untorelli scappano per fare proprio quello, e devono essere inseguiti in un poliziesco astronautico un po' sui generis. Lieto fine assicurato.

Nel secondo, meglio scritto e più maturo, un ricco padre è alle prese con la misteriosa malattia che ha reso catatonica la figlia, e molte altre persone al mondo. Tanto dice e tanto combina, spostandosi di colonia in colonia e su e giù per il sistema solare, che alla fine viene a capo del problema (e la soluzione è alquanto puerile).
Tubb, con l'espediente elementare del viaggio un po' frenetico qua e là, riesce ad affastellare brevi schizzi e ritrattini delle varie forme di società umana che si sono evolute nel futuro. Ed è questa in assoluto la parte più godibile della narrazione, che è fantascienza "classica" allo stato più puro.

Noto dalle recensioni in Rete, però, che altri lettori han trovato deludente il prodotto. Che dire? Dipende tutto dalle aspettative. Questo è indubitabilmente un prodotto seriale, però è anche un buon prodotto seriale.
Il vostro gradimento dipenderà tutto dal fatto che vi infastidisca la frequente caduta nel cliché "di genere", che fa sì che la vicenda vada esattamente come vi aspettavate che andasse, oppure dal fatto che apprezziate la presenza in questa narrazione esattamente di quel che vi aspettavate da un libro di fantascienza: non di più, ma neppure di meno.
 
A voi la scelta.


 
 
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