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Recensione di Giovanni Dall'Orto
Se questo è un "1984 cyber", allora è narrato dalla prospettiva del Grande Fratello
Andiamoci
piano prima di definire un libro "la versione cyber di 1984", come
fa uno strillo di copertina di quest'opera.
1984
era una distopia che
una visione del mondo e del destino dell'uomo ce l'aveva. Il viaggiatore
non ce l'ha.
1984
raccontava di un'umanità che aspirava alla democrazia e alla libertà,
ma costretta dall'inganno e dalla paura a rinunciarci, come avviene
sotto ogni forma di totalitarismo. Il viaggiatore presenta invece
l'umanità come una massa di pecore che ama essere ingannata,
che è felice del suo trantran senza speranza e prospettive.
Solo alcune "anime elette" (definizione non mia, ma della quarta
di copertina) possono guidare queste pecore imbecilli verso un destino
migliore. Solo loro, i Viaggiatori, possono assurgere al ruolo di "Illuminati"
(e
se pensate a Dan Brown, non è colpa mia). Per merito personale?
No!: per destino genetico ed ereditario. E credo che Himmler in
persona sottoscriverebbe questa visione delle cose...
Se
questo è un "1984 cyber", allora è narrato dalla prospettiva
del Grande Fratello...
La
realtà presentata in questo romanzo è interamente
controllata da una potentissima associazione segreta che da millenni persegue
il controllo totalitario, attraverso la schedatura d'ogni cittadino:
telecamere per strada, banche dati, carte di credito, bancomat, checkup
degli aeroporti... name it: tutto è controllato da essa e
tutto affluisce ad ad essa.
Nel
romanzo la realtà controllata da questa Compagnia è detta
Tabula, ma se vi veniva spontaneo chiamarla "Matrix" avete già capito
tutto. E potete anche risparmiarvi la lettura di questo librucolo. Questo
non è infatti uno scenario alla Philip
K. Dick, ma alla trilogia
di Matrix.
Come
in Matrix, anche qui un "Eletto", assistito da una guerriera "Arlecchina"
appartenente a una casta (anch'essa ereditaria) che da secoli combatte
contro il progetto totalitario (ed alla quale in passato hanno fatto parte
anche i Templari, tanto per non privarci di nessunissimo cliché
banale che potesse venirci in mente), dev'essere protetto per arrivare
a Piani Superiori di Conoscenza per Salvare La Razza Umana.
Come
in Matrix, anche qui dosi da cavallo di banalità New Age
pretendono di costituire l'ossatura della narrazione fra uno scontro fisico
e l'altro.
Ovviamente
le katana giapponesi non mancano, per non rischiare come detto di
lasciar fuori anche un solo luogo comune scontato... Ci sono perfino l'indiano
con la Tenda del Sudore, la donna nera saggia e piena di fede, il guerriero
nero ottimo combattente, i personaggi dei "buoni" che tradiscono per godere
della quiete o dei vantaggi della Tabula... Per farla breve, questo
romanzo è una rimasticatura a mezza via tra i film del ciclo di
Matrix, e i romanzi di Dan Brown, con rigurgiti alternati di entrambi.
Viceversa,
l'aspetto fantascientifico è minimo. Verso la fine della narrazione
apprendiamo che in questi piani "altri" di conoscenza sono stati incontrate
entità aliene, che sono disposte a donare agli umani computer quantici
sempre più potenti in cambio dell'aiuto a localizzare le "porte"
e le "strade" fra le dimensioni.
Siccome
il romanzo si conclude bruscamente senza una conclusione, non fatico ad
immaginare l'immancabile sequel in cui gli alieni cercheranno di
invadere la Terra.
E
non fatico ad immaginare che il nostro Eletto, accompagnato dalla
sua superomistica guardia del corpo con in mano la sua katana, riuscirà,
da solo, e magari pure con una mano legata dietro la schiena, a sconfiggerli.
Possibilmente dopo non meno di quattro ulteriori volumi, come va ormai
di moda.
Mi
limito ad immaginarlo soltanto, tutto ciò, perché
la voglia di leggere un sequel di 'sta roba proprio non ce l'ho.
Ho letto questo libro in un paio di pomeriggi annoiati, in vacanza, senza Internet, senza computer, senza altri libri per le mani, e con la tv grondante di quiz pullulanti di tamarri analfabeti come unica alternativa. E non esito a dire che ho vivamente preferito il libro ai tamarri decerebrati (che peraltro mi sono parsi incarnazioni esatte di ciò che la Tabula vuole che la razza umana sia). Anzi, ho ringraziato gli dèi di avere avuto almeno queste pagine a salvarmi dal tedio assoluto.
In
altre parole, il libro si lascia leggere senza dover soffrire (troppo),
a parte una fastidiosa prolissità che m'ha spinto a saltare
pagine e pagine alla volta; e se poi amate le robe a metà strada
fa il complottismo
sciachimista
e la New Age pììs end looov, oh yeeea, adorerete
questo libro.
Se
è diventato un best-seller mondiale (così giura l'editore...)
qualcuno deve averlo per forza amato, recensito positivamente, consigliato...
e probabilmente gli entusiasti devono essere risultati più numerosi
dei delusi.
Io
però rientro fra questi ultimi.
Ho
trovato infatti che il libro sia stato scritto in modo freddo e meccanico,
assemblandolo come con i Lego, un mattoncino alla volta, seguendo il "Manuale
per scrivere il perfetto best-seller mondiale". Tutto è assolutamente
prevedibile. Per chi abbia letto un poco di "letteratura di genere",
tutto è assolutamente già visto. Siamo nel pieno "superomismo
di massa", con solo una Contessa di Montecristo al posto di un Conte
di Montecristo, che da sola contro l'intera razza umana (o quasi) si
vendica dei torti subiti (l'uccisione del padre) e fa trionfare il Bene
contro il Male.
A titillare il palato c'è molta azione, e c'è il deliberato tentativo di dare spessore psicologico ai personaggi (che in caso contrario risulterebbero puri e semplici clichés) raccontando le loro lagrimevoli infanzie difficili. Ma dire che ciò renda bello il libro equivale ad affermare che per salvare un piatto completamente insapore basta aggiungere molto glutammato...
A chi
ama i libri d'azione con trame alla Matrix e probabili sequel
a ripetizione in futuro, questo libro può anche piacere. Letto su
una spiaggia sotto l'ombrellone potrebbe perfino rivelarsi una lettura
azzeccata.
Altrimenti,
Il viaggiatore è un prodotto seriale, che non contribuisce
con nessuna idea nuova al genere fantascientifico, limitandosi a rimasticare
una manciata di personaggi, idee e situazioni tutte già lette o
viste precedentemente, e senza che un particolare afflato d'originalità
arrivi a salvare la narrazione.
C'è
un buon inizio mystery, e c'è una discreta capacità
di scrivere secondo i canoni del thriller.
Ma
tutto ciò non basta se, quando appaiono i malvagissimi malvagi della
situazione, il senso di deja lu è tale che ci si aspetta
di sentirli esclamare da un momento all'altro: "Oggi Topolinia, domani
il mondo!".