Criteri di trascrizione
La mia trascrizione del verbale del processo non è di quelle che vengono definite "diplomatiche" (ossia fedeli al testo originario come una fotocopia). Non ho ritenuto opportuna una simile fedeltà perché il testo esaminato non ha valore letterario, ma piuttosto documentario. Per questa ragione ho tradotto in italiano, per comodità dei lettori, le parti scritte in latino (ossia tutte le domande e le note degli Inquisitori).
Pochi i miei interventi.
Nessun intervento è stato compiuto sulla grafìa delle parti italiane, per non sopprimerne il "profumo" dialettale lombardo e veneto.
Osservazioni sulla lingua Per chi non avesse dimestichezza con i dialetti del Nord Italia segnalerò l'uso dialettale di "ge" (che si legge "ghe") e della sua approssimativa traduzione "li/le", che stanno per "gli/le/loro/ci" ("ge dicevo" sta per "gli/le dicevo" e per "dicevo loro"); di "él/l'" (oltre al canonico "e'") per "egli" ("non me ricordo che l'abbia detto" sta per: "che egli abbia detto") ma anche per l'impersonale ("el me fu ditto" = "mi fu detto"; "el gli era" = "c'era"); di "dito/ditto" per "detto", e simili.
Si nota inoltre la presenza di alcune preferenze linguistiche, come quella per i condizionali in "-rìa" anziché in "-rébbe" ("doverìa" piuttosto che "dovrebbe") e per i participi passati tronchi ("sta' " anziché "stato"), lo sporadico troncamento di vocali finali ("ben", "havér", "gioràr"), ed infine la preferenza per la desinenza in "a" della prima persona del passato ("io era" ecc.).
La tendenza a lenire le consonanti tipica del Nord Italia spinge lo scrivano a non poche oscillazioni d'ortografia. Così "sc" diventa "s" sorda ("lassàre", "Brèssa", "lassìve") e anche (per diretta influenza del dialetto) "s" sonora ("basàre"); "c" dolce diventa "z" sorda ("ciànze", "bràzzo" e viceversa: "ànci"), mentre "g" dolce (gi/ge) diviene "z" sonora ("zùgno", "bertezàre", "scorazàrsi").
Vi è poi qualche manciata di "prestiti" dal dialetto, che ho provveduto a "tradurre" fra parentesi quadre: "mi" (per "io"), "Domo", "està", "desdotto"; la pittoresca famiglia di incroci del nome "Giovanni" col dialettale "Zuàn/Giuàn" ("Gioani" ecc.) e, per i verbi, "biastemàr", "sentùdo", "posséva", "digàndoce".
Esistono infine latinismi intrufolati dal compilatore del verbale: l'uso di "ti" per il suono "zi" ("vitio", "denontia", "differentia", "Lucretio"); la "h" etimologica in "huomo/homo", "Christo", "monacho", "havere", alhora", "hostia", "catholico", fino a veri e propri calchi dal latino, come in "fabule", "vulgo", "reprehendere", "sustantia", "simplice", "sequente", "scriptura" o "impietà".
L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti. |
Note |
[Torna all'indice dei testi originari] [Vai alla pagina di biografie di gay nella storia]
[Vai all'indice dei saggi di storia gay]