di: Giovanni Dall'Orto.[1].
1. Poesia burchiellesca
4. Poesia pasquinesca [in progetto] 5. Poesia dialettale port-rinascimentale [in progetto] =============================================== 1. La poesia burchiellesca Con il nome di "poesia burchiellesca" o "alla burchia" è noto, nella letteratura italiana, un modo particolare di poetare servendosi di un linguaggio "in codice", irto di doppi sensi osceni.
Fra i seguaci del Burchiello i più conosciuti sono Antonio Cammelli (1436-1502), e Bernardo Bellincioni (1452-1492), che scrissero numerose composizioni di tema omosessuale.
Va notato che il linguaggio burchiellesco sconfinò anche nella prosa: per gli scrittori toscani del Rinascimento era normale, quando intendevano scrivere di sessualità in modo eufemistico (ad esempio nella corrispondenza privata), ricorrere al "cifrario" burchiellesco, come fecero ad esempio Nicolò Machiavelli o Francesco Berni. L'estinzione della poesia burchiellesca avvenne in gran parte nel XVI secolo, dopo aver dato vita, stemperandosi, alla poesia burlesca detta "bernesca". Elementi del linguaggio burchiellesco si mantennero però in vita più a lungo, per esempio nelle celebri "pasquinate" anti-papali di Roma. Il linguaggio burchiellesco è interamente costituito da doppi sensi, quasi sempre osceni e molto spesso omosessuali. Le poesie burchiellesche possono avere un senso apparente compiuto in sé, che a un lettore non "iniziato" appare assolutamente innocente, per quanto bizzarro; oppure presentarsi come ermetiche anche in superficie e assolutamente incomprensibili a chi non conosca la "chiave". Decifrare il linguaggio burchiellesco senza possedere una chiave è difficile, perché spesso la soluzione di un indovinello è un ulteriore indovinello. Così, ad esempio, è possibile comprendere che il verbo tagliare significa "sodomizzare" solo sapendo che tagliere significa "ano". A sua volta la metafora del tagliere fa riferimento a tondo, che significa anch'esso "ano" con evidente allusione alla forma dell'orifizio anale: questo perché i taglieri antichi erano per lo più rotondi anziché rettangolari. Al tempo stesso questo gergo era relativamente semplice, perché la decifrazione avveniva per categorie di cose: ad esempio tutti gli ortaggi e le verdure, tutti gli animali e volatili, tutte le armi, tutte le cariche politiche (compresi "papa" "re" e "Dio") indicano il membro virile, mentre gli oggetti tondi, le estensioni di terra coltivabile (campo, giardino, orto eccetera) o le città indicano l'ano, e così via. Nella poesia burchiellesca più tarda appaiono contrapposizioni simmetriche (asciutto, "sodomia", di contro a umido, "coito eterosessuale"; valle, "vagina" di contro a monte, "ano").
La penetrazione non si esprime perciò in senso eterosessuale, ma per lo più attraverso il coito sodomitico compiuto su un uomo. Tale preminenza della sodomia si deve probabilmente all'intenzione "trasgressiva" della poesia burchiellesca, per la quale il rapporto sodomitico è più congeniale del "banale" coito eterosessuale. La difficoltà del linguaggio burchiellesco, unito all'estrema "scabrosità" del tema, ha fino ad oggi scoraggiato gli studiosi: tuttora non esiste un'edizione critica dell'opera del Burchiello [2], e la sola "chiave" alla decifrazione dei suoi scritti è stata finalmente data, ovviamente, da uno studioso non italiano, in un'opera rintracciabile solo nelle biblioteche di alti studi [3]. =============================================== 2. La poesia bernesca La poesia bernesca è un genere di poesia italiana che si può considerare un'evoluzione della poesia burchiellesca e al tempo stesso dei canti carnascialeschi (composizioni, in genere oscene, per il Carnevale). Prende il nome da Francesco Berni (1496/8-1535), il più noto fra i poeti che "edulcorarono" all'inizio del XVI secolo l'originaria oscurità della poesia burchiellesca (di cui però continuarono ad usare il lessico "a chiave"), rendendola più facilmente comprensibile [4]. La poesia bernesca ha come punto di forza il doppio senso (spesso sfruttato in modo davvero magistrale) di solito esemplato su generi commestibili (quelli tondi come mele simboleggiano le natiche, quelli fallici come l'anguilla i ghiozzi o i cardi il membro virile - e curiosamente stanno per "membro virile" anche le pesche, frutto "inanzi buono e di dietro perfetto!", che però nei poeti successivi indicheranno sempre le natiche) o di uso quotidiano (come l'orinale, che rappresenta l'ano, o l'ago, che rappresenta il membro virile). Dal gergo burchiellesco è infine tratto di peso il parallelo: gelatina = "ano". Così, mentre all'apparenza il poeta bernesco si limita a cantare oggetti banali per ottenere effetti comici dall'applicazione di lodi iperboliche a cose triviali, in realtà costruisce una sfacciata rete di doppi sensi per esaltare i rapporti sessuali. A differenza però di quanto avviene nella poesia burchiellesca, che spesso si diverte a costruire indistricabili guazzabugli di parole, apparentemente senza il minimo senso, la poesia bernesca costruisce sempre composizioni di senso compiuto, dal tono colloquiale, umoristico e a prima vista semplicissimo.
Nel contesto bernesco il tema omosessuale (molto spesso ridotto alla sola pratica della sodomia) ritorna con grande frequenza: gli autori si spingono a volte fino a comporre poesie dall'apparenza innocua per ragazzi (come quella diretta agli abati Cornari dal Berni), che una volta "decifrate" si rivelano in realtà oscenissime. È da notare che lo stesso Berni scrisse poesie d'amore non burlesche in latino (piuttosto esplicite) per ragazzi, e che fu esiliato nel 1523-24 per un anno e mezzo in una badia (era prete) in Abruzzo per un non meglio specificato scandalo omosessuale.
Secondo i moduli della poesia "bernesca" scrissero composizioni di tema omosessuale molti autori, fra i quali ricordiamo ad esempio Angelo Firenzuola (1493-1543), Andrea Lori (sec. XVI), Matteo Franzesi (sec. XVI), Giovanni Della Casa (1503-1556), Benedetto Varchi (1503-1565), Lodovico Dolce (1508-1568, che scrisse anche una lunga composizione "Per un ragazzo") e Antonio Grazzini detto "il Lasca" (1503-1584). Con la Controriforma ed il clima più restrittivo che prevalse in Italia a partire da quel periodo, la poesia bernesca fu costretta ad abbandonare i doppi sensi erotici, e si estinse lentamente riducendosi a una serie di esercitazioni retoriche in lode di soggetti innocui come la morte del gatto, la calvizie, o simili. Un'estrema, inattesa propaggine di questo genere si ha nelle gustose poesie satiriche di Giuseppe Giusti (1809-1850) che rivitalizza l'ormai spenta tradizione bernesca, tralasciando però i doppi sensi erotici in favore di un impegno politico e patriottico a favore dell'unità d'Italia. =============================================== 3. La poesia fidenziana La poesia fidenziana è un genere di poesia italiana, di tema originariamente omosessuale, nato all'interno della tradizione di poesia burlesca che aveva già dato vita alla poesia burchiellesca e a quella bernesca. Iniziatore ne fu Camillo Scroffa(1526-1565), giureconsulto vicentino, nei suoi Cantici di Fidenzio Glottocrisio Ludimagistro pubblicati nel 1562, ma composti verso il 1545-50 come Amorosa elegia d'un appassionato pedante al suo amatissimo Camillo (il "pedante" è qui ancora il maestro di scuola, che è per antonomasia "la" figura dell'omosessuale ridicolo nella letteratura umoristica del Cinquecento) [5]. I Cantici, nati probabilmente mentre lo Scroffa era studente a Padova, si fingono scritti da un "amoroso pedante", Fidenzio Glottocrisio ludimagistro, innamorato perdutamente del bel Camillo Strozzi, nobile fiorentino, probabilmente anch'egli studente a Padova.
In effetti l'autore non sembrò dare mai importanza allo scherzo giovanile, al punto che si decise a curarne l'edizione solo dopo che, a seguito di un'inattesa popolarità dell'operetta, se ne erano ormai avute numerose stampe non autorizzate, spesso interpolate. La raccolta costituisce sostanzialmente un libello antipetrarchista, e al tempo stesso una satira degli eccessi d'amore per l'antico in cui erano caduti gli umanisti, sia dal punto di vista linguistico, sia nella loro esaltazione dell'amore "degli antichi".
La sapienza letteraria dello Scroffa consiste nell'aver creato un personaggio umanissimo, patetico, disperatamente preso da un sentimento "impossibile", estraniato dalla vita delle persone normali, incapace di vedere alcunché di male nel travolgente sentimento che prova per il "suo" Camillo.
La poesia che fu detta "fidenziana" o "pedantesca" (e che è in pratica l'opposto della poesia maccheronica, dove è il latino ad essere storpiato con elementi del volgare) fu coltivata, come si è detto, prima ancora dell'edizione dei Cantici del 1562, e si spinse fin quasi alle soglie del XVIII secolo I primi imitatori dello Scroffa si mantennero fedeli all'ispirazione omoerotica: così fa ad esempio nel 1586 colui che probabilmente è il migliore degli epigoni fidenziani, "Iano Argiroglotto" (che fra l'altro tradusse un'anacreontica), o Giambattista Liviera (1565-inizio sec. XVII). Con l'avanzare della Controriforma il tono delle composizioni fu però pudibondamente trasformato da omoerotico a eterosessuale. Incapace di mantenere il sottile equilibrio fra ironia e trasgressione, che era stato dello Scroffa, la tarda poesia fidenziana divenne uno sterile e ripetitivo gioco poetico, equivalente a quel poetare di maniera che era stato il bersaglio originario dei Cantici di Fidenzio. L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa scheda biografica, e chi gli segnalerà eventuali errori contenuti in questa pagina. |
Note
[1] Testo edito originariamente come: Giovanni Dall'Orto, Cantami o diva... L'omosessualità nella poesia giocosa del Rinascimento italiano, in: "Babilonia" n. 97, febbraio 1992, pp. 62-63, inglobando le voci "Bernesque poetry", "Burchiellesque poetry", e "Fidentian poetry" da: Wayne Dynes and Warren Johansson (a cura di), Encyclopedia of homosexuality, Garland publishing, New York and London 1990, vol. 1, pp. 131-132, 173-174 e 397-398. [2].In assenza di un'edizione critica di tutte le opere del Burchiello, molte volte annunciata e mai realizzata, per le opere sue e dei burchielleschi rimane "classica" l'edizione dei: Sonetti del Burchiello, del Bellincioni e d'altri poeti fiorentini alla burchiellesca, Londra (ma Lucca e Pisa) 1757, ristampata in parte come: Burchiello, I sonetti, Bietti, Milano 1940. Un'edizione pessima... ma è l'unica che c'è (l'edizione: Il Burchiello, I sonetti inediti, Olschki, Firenze 1952, è solo parziale). In compenso le Rime del Burchiello possono essere scaricate, in formato .zip, dal sito "Fata libelli". [3].Jean Toscan, Le carnaval du langage. Le lexique érotique des poètes de l'équivoque de Burchiello à Marino (XVe-XVIIe siècles), Atelier Reproduction des Thèses Université de Lille III, Lille 1981, 4 tomi. [4].Di Francesco Berni il lettore potrà consultare: Rime, Einaudi, Torino 1969; Carmina quinque hetruscorum poetarum, Giunti, Firenze 1562 (pp. 137-159 e 164-5). Per i poeti berneschi: Il primo (secondo) libro delle opere burlesche di M. Francesco Berni, di M. Gio. Della Casa, del Varchi, del Mauro, del Bino, del Molza, del Dolce e del Firenzuola, Pickard, Londra 1721, (2 voll.); Il primo (secondo, terzo) libro dell'opere burlesche del Berni, del Bino, del Casa, del Molza, del Varchi, del Dolce, del Mauro, del Firenzuola e d'altri autori, Broedelet, Usecht al Reno (ma: Milano) 1760 (3 voll.). Le Rime del Berni sono online integralmente sul sito del "Progetto Manuzio" e su "Nuovo Rinascimento". [5] Un'ottima riedizione delle poesie dello Scroffa e dei poeti fidenziani è quella curata da Pietro Trifone: Camillo Scroffa, I cantici di Fidenzio. Con appendice di poeti fidenziani, Salerno, Roma 1981, con bibliografia esaustiva. |
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