Condizione che costringe alla "doppia vita" più di qualunque altra, l'omosessualità lascia raramente tracce di quello che succede dietro la facciata. Per la cronaca i gay sono e restano "bravi padri di famiglia", che lasciano una traccia nella storia in quanto gay solo se improvvisamente rivelano i tratti del "mostro", incappando in un processo o in uno scandalo.
La storia degli omosessuali appare così, a prima vista, come recitata solo da persone mostruose, perché tutti coloro che hanno una vita "normale" non sono omosessuali... ufficialmente. Dei nostri sentimenti, dei nostri amori, delle nostre speranze di persone qualsiasi, le cronache non si occupano né si vogliono occupare.
L'amore finisce così per essere, per chi si occupa di storia dell'omosessualità, un elemento volatile, che evapora troppo velocemente per lasciare tracce che possiamo studiare.
Esiste però una falla in questa voluta soppressione di ogni traccia dell'amore omosessuale. Una falla derivante dal fatto che per criminalizzare l'omosessualità è necessario riconoscere che essa esiste con i suoi connotati autentici e non mostruosi.
Succede così che proprio gli archivi dei carnefici conservino oggi frammenti di "vita vissuta", preservati solo perché catalogati e archiviati come esempi di "vita mostruosa", e che proprio per la loro "banalità" e "quotidianità" nessun altro si è preoccupato di trasmettere a noi "posteri". Frugando negli archivi può così succedere di trovare autentiche lettere d'amore, sequestrate e conservate come "prove a carico" di un nostro antico e sfortunato "collega" incappato nelle maglie della giustizia.
Subiaco, in una foto degli anni Quaranta
Qui di seguito voglio presentare tre di queste lettere, conservate all'Archivio di Stato di Roma [2]. Le lettere (che sono più delle tre qui pubblicate) sono allegate al (voluminoso) verbale d'un processo per sodomia. Si tratta di un tipo di documento raro, che ha finora pochissimi paralleli [3], e che permette uno sguardo un po' diverso alla realtà umana di quegli anni. Naturalmente nell'usare questo genere di documenti è importante non dimenticare mai che una lettera appartiene ad un "genere letterario" allo stesso titolo di un sonetto o di una novella, e non rappresenta quindi una "descrizione oggettiva" della realtà, priva di intermediazioni letterarie e idealizzazioni. I personaggi della tresca sono:
Lo zio s'infuriò per le "insinuazioni", ma a giudicare da quanto scrive il giovane lo scandalo era ormai noto a tutta Subiaco: gli eventi avevano preso da soli un corso inarrestabile. Tanto inarrestabile da finire in un processo.
Le lettere di Pelliccia (che con ingenua "prudenza" evita sempre di firmarsi) rivelano un autore di mediocre cultura, che per parlare del suo amore può ricorrere solo a luoghi comuni. Particolare significativo: alcuni di questi luoghi comuni ("voi siete tutto divino" eccetera) riecheggiano l'omoerotismo dell'Amor platonico rivisto attraverso la lettura datane da Marsilio Ficino, a quella data ormai completamente fuori moda.[4]. È un corteggiamento piuttosto rozzo, fatto di favori ai quali si aspetta un contraccambio tangibile. Ma al tempo stesso esprime un innamoramento vero, e non il tentativo di spingere il giovane a una "marchetta" non dichiarata. Insomma, per quanto nell'espressione dei suoi desideri abbia la grazia d'un bufalo, Pelliccia è sinceramente innamorato.
Con la lingua italiana il nostro prete non ha un buon rapporto: nonostante i latinismi che ostenta, ha scarsa familiarità con la sintassi, e semina le lettere d'una grandine di anacoluti. Dal "voi" passa al "lei" o al "tu" nel giro di due parole. I soggetti stessi delle sue frasi ondeggiano dall'"io" al "tu" al "lui" con tanta rapidità da far venire il mal di mare (si veda l'incredibile chiusura della prima lettera). Il risultato complessivo ricorda molto da vicino quell'"italiano popolare" che si nota oggi fra chi è appena passato all'italiano senza aver compiuto il distacco dal dialetto. L'"abbannonato" all'inizio della seconda lettera e l'"adesse" in fondo alla stessa, rivelano oltre tutto abitudini dialettali a cavallo fra Lazio e Abruzzo, che corrispondono alla collocazione geografica di Subiaco. Sopra questo marasma galleggiano come ciliegine le "parole chiave" che, avrà pensato Pelliccia, non possono mancare a una lettera galante: la fede, la constantia, il fidel servire, lo sviscerato core, il cor sincero: c'è davvero tutto! La tortuosità di queste lettere rendeva necessaria una parafrasi in italiano moderno, che ho approntato per evitare di inciampare in tre note a piè di pagina per ogni riga. La mia trascrizione è letterale ma in questo caso non "diplomatica", essendomi permesso d'intervenire sul testo originale spezzando le frasi troppo lunghe con un punto fermo, aggiungendo accenti e, fra parentesi uncinate, qualche piccola integrazione.
Ed ecco i testi.
TESTI E PARAFRASI Prima lettera di Domenico Pelliccia a Giovan Bernardino Contestabile
L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa scheda biografica, e chi gli segnalerà eventuali errori contenuti in questa pagina. |
Note
[1] Originariamente edito come: Improvvisamente... quattro secoli fa, su "Babilonia" n. 139, dicembre 1995, pp. 84-86. [2] Archivio di Stato di Roma, "Tribunale criminale del Governatore", Processi 1505-1599, vol. 290, foll. 883r-898v.
[3] Sono state pubblicate cinque lettere portoghesi d'amore, del 1664, conservate esattamente per lo stesso motivo per cui si sono salvate quelle di Pelliccia: Luiz Mott e Aroldo Assunçâo, Love's labors lost: five letters from a seventeenth-century Portuguese sodomite. In: Kent Gerard e Gert Hekma (a cura di), The pursuit of sodomy: male homosexuality in Renaissance and Enlightenment Europe, Haworth press, New York 1989, pp. 91-104 (anche come: "Journal of homosexuality", XVI 1988, nn. 1/2, pp. 91-104). Per chi comprende il portoghese, lo stesso studioso ha pubblicato anche: Meu menino lindo: cartas de amor de um frade sodomita, Lisboa, 1690. Dopo l'apparizione di questo studio, Rictor Norton ha pubblicato una splendida raccolta di lettere d'amore di tutti i secoli: My dear boy, Gay love letters through the centuries, Leyland publications, San Francisco 1998. [4]
Ho tracciato la vicenda dell'amor platonico ficiniano in: Giovanni Dall'Orto,
"Socratic
love" as a disguise for same-sex love in the Italian Renaissance,
in: Kent Gerard e Gert Hekma, The pursuit of sodomy, Op. cit.,
pp. 33-66. Ad essa rimando.
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