Da: Carmina varia
/ Poesie varie [1452] [1]
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21.
Ad Panhormitam diuum poetam, ut soluat problemata quae ei Venus ante oculos adiecit: unde est <ut> unus gallus centum gallinarum sufficiens fututor sit, centum homines non unius feminae; alterum ut pulcherrima puella uni paediconi superabundans sit, milia uero epheborum uix sufficiunt.
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21.
Al Panormita, divino poeta, perché risolva due problemi postigli davanti agli occhi da Venere: come sia che un gallo solo basti a fottere cento galline, ma non bastino cento uomini per una donna; e come mai una ragazza bellissima sia di troppo per un frocio, mentre mille ragazzi gli bastano a stento.
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Siquis erit Latio, qui possit soluere nodos, |
Se c'è qualcuno nel Lazio che può sciogliere gli enigmi, |
quos mihi subridens attulit alma Venus, |
che la benigna Venere [2] m'ha sottoposto sorridendo, |
ipsus eris, sacrum calamum cui cessit Apollo |
questi sei tu, santo poeta, a cui Apollo.[3] ha ceduto |
et citharam suauem et, sancte poeta, lyram. |
la sacra penna, e la cetra soave, e la lira. |
Centum gallinas cum gallus pressitet unus,
gallus sufficiens omnibus unus erit;
non satura est centum mulier nec lassa priapis,
comperta est dicens femina nulla: "sat est". |
Se un solo gallo copre cento galline,
un solo gallo sarà sufficiente a tutte; ma
una donna non è sazia né stanca di cento membri,
né si è mai sentita una donna dire: "Basta così". |
Una superuacua est etsi pulcherrima uirgo |
Una vergine sola, anche bellissima, è sovrabbondante |
robusto iuueni, si foret illa Venus; |
a un giovane robusto, fosse anche Venere in persona; |
si teneros centum quis paedicaret ephebos, |
ma se uno sodomizzasse teneri adolescenti, |
milia si ueniant, non erit ille satur. |
ne venissero anche mille, non ne sarebbe sazio. |
Unde est orta animis tantum diuersa uoluptas? |
Da dov'è nato che due desideri siano tanto differenti? |
Si sapis, ornabunt myrtea serta caput. |
Se lo sai, t'orneranno la testa corone di mirto [4]. |
Haec Cytherea mihi soluenda aenigmata mandat: |
Venere mi ordina di risolvere questi enigmi: |
Ni faciam, ex coetu me fugat illa suo. |
se non lo farò, mi caccerà dalla sua turba. |
Antoni uates, aeterno carmine laetus,
aeternam famam saecula cuncta tenes.
Enuclees mihi uerba deae commixta tenebris;
est mea uita tuas inter, amice, manus. |
Antonio poeta, ricco di Poesia eterna,
avrai fama eterna per tutti i secoli.
Chiariscimi le parole della dea, velate d'oscurità;
la mia vita, amico, è nelle tue mani. |
Implicitum his curis tu me, diuine poeta,
extricare uelis, diue poeta, uelis. |
Divino poeta, ti piaccia districare me, inviluppato
in queste preoccupazioni; poeta divino, fallo... |
L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti.Giovanni Marrasio. |
Note [1]
Il testo latino da: Giovanni Marrasio
(Johannes Marrasius Siciliensis o Siculus), Johannis Marrasii Angelinetum
et carmina varia (a cura di Gianvito Resta), Centro di studi filologici
e linguistici siciliani, Palermo 1976, come ripubblicato online
da "Poeti
d'Italia in lingua latina".
La traduzione dal latino, inedita, è mia.
L'enigma contenuto in questa composizione è in realtà una barzelletta, e le lodi al Panormita sono, ovviamente, burlesche.
Antonio Beccadelli, detto "il Panormita" (1394-1471), divenne celebre per le poesie scollacciate del suo giovanile Hermaphroditus [1425]: è in questa veste, e non in quella di autore delle successive opere "serie", che è interrogato.
[2] Dea dell'amore e della sessualità.
[3] Dio della poesie e della musica.
[4] Come premio d'onore, simbolico. Il mirto era la pianta sacra a Venere. |