Da: Detti piacevoli
[1477-1482] [1].
[134] – Fu
al tempo di Cosmo un matto, chiamato Uguccione, il quale trovatolo in piazza
insieme con uno de' Salviati, huomo prudente, ma alquanto infame
di sodomia, gli disse: Cazzo in culo.
All'hora
voltosi Cosmo disse: Dallo qua a costui che se ne diletta.
Et egli
rispose: Tu sai pur, Cosmo, pigliar piacere de' savi, e de' matti. |
[134] - Ci
fu al tempo di Cosimo un matto, chiamato Uguccione, il quale trovatolo
in piazza assiema ad uno della famiglia Salviati (uomo serio, ma che aveva
fama di sodomita) lo insultò: "Cazzo in culo".
Allora Cosimo
girandosi disse: "Dallo qua a costui, a cui piace".
E l'altro rispose:
"Tu sai anche, Cosimo, prenderti gioco dei savi e dei matti assieme". |
[169] – Puccio,
quando avea consigliato che 'l partito non si vinceva, soleva dire che
non era da dubitare che gl'avevano l'argomento in corpo. |
[169] - Puccio,
quando aveva capito che la discussione non avrebbe avuto esito positivo,
soleva dire che non c'era dubbio che gli altri avevano buoni argomenti [2].in
corpo. |
[184] – Il
Pelletto, ripreso di attendere a zacchere avendo donna, disse che usava
quello per utriaca quando gli pareva per altro essere ammorbato. |
[184] - Il
Pelletto, rimproverato di darsi ad atti nefandi pur essendo sposato, disse
che li usava come medicina quando gli pareva di essere ammorbato da "altro". |
[185] – Messer
Marsilio
dice che si vuole usare le donne come gl'orinali, che, come l'uomo v'ha
pisciato drento, si nascondono e ripongono. |
[185]
- Messer Marsilio
<Ficino> dice che le donne vanno usate come orinali,
e dopo averci pisciato dentro si nascondono e si mettono via.[3]. |
[192] – Dice
messer Marsilio che i preti sono più cattivi de' secolari, e frati
de' preti, de' frati e monaci, de' monaci e romiti, de' romiti le donne. |
[192] - Dice
messer Marsilio <Ficino> che i preti sono più cattivi
dei laici, e i frati dei preti, e i monaci dei frati, e gli eremiti dei
monaci, e le donne degli eremiti. |
[200] – Sandro
di Botticello fu stretto da messer Tomaso Soderini a tor moglie.
Risposegli
così: – Messer, i' vi vo' dire quello che m'intervenne una notte.
Sognavo aver tolto moglie, e fu tanto el dolore che io n'ebbi nel sogno,
che io mi destai; et ebbi tanta la paura di non lo risognare, che io andai
tutta notte per Firenze com'un pazzo, per non avere cagione di radormentarmi.
– Intese messer che non era terreno da porvi vigna. |
[200]
- Sandro
Botticelli fu messo alle strette da Tommaso Soderini perché
prendesse moglie.
Rispose così:
"Messere, io voglio dirvi cosa mi accadde una notte. Sognavo d'essermi
sposato, e fu tanto il dolore che ne ebbi nel sogno, che mi svegliai,
ed ebbi tanta paura di sognarlo di nuovo, che andai tutta la notte
per Firenze come un pazzo, per non rischiare di riaddormentarmi".
Soderini capì
che quello non era un terreno da piantare a vigne [4]. |
[211] – L'Altrito,
scolare a Pisa, per purgare sua fama andava spesso nel luogo publico et
egli stesso si bociava. |
[211] - L'Altrito,
studente a Pisa, per salvare la sua reputazione andava spesso in bordello,
e lui stesso se ne vantava. |
[228] – Fra
Sinibaldo confessava una volta una donna e domandava se il marito usava
con lei a mal modo.
Disse la
donna: – Oh, fass'egli di costì? –; rispuose il frate: – Non vi
si fa altro! – |
[228]
- Fra Sinibaldo confessava una volta una donna e domandava se il marito
avesse con lei rapporti sodomitici.
Disse la donna:
"Oh, lo si fa anche di lì?". Rispose il frate: "Non vi si fa altro!". |
[233] – "Per
un po' meno ferma per me". Questo detto è diventato già proverbio,
la cui origine è questa: che, dilettandosi Donatello
scultore di tenere in bottega belli discepoli, gnene fu messo un per le
mani il quale molto gl'era lodato come bel giovane; e mostrandogli, chi
glielo metteva innanzi, un fratello di detto giovane, e affermando che
assai era più bello quell'altro che con esso cercava di acconciare,
disse le sopradette parole: – Per un po' meno ferma per me! – |
[233]
- "M'accontenterò d'un po' meno".
Questo detto
è diventato già un proverbio, e la sua origine è questa:
allo scultore Donatello
piaceva tenere in bottega bei garzoni, e gliene fu offerto uno molto lodato
come bel giovane; e mentre chi glielo offriva gli mostrava un fratello
di quel giovane, affermando che era assai più bello il primo dei
due, Donatello disse le sopraddette parole: "<Vorrà dire che>
m'accontenterò di un po' meno" [5]. |
[234] – "E'
rise a me, e io risi a lui".
E questo
ancora nacque dal sopradetto Donatello, dal quale essendosi partito
un giovane suo discepolo con chi avea fatto quistione, se n'andò
a Cosimo
per trar lettere al marchese
di Ferrara, dove era il giovane fuggito, affermando a detto Cosimo
che in ogni modo voleva andargli drieto et amazzarlo. |
[234] - "Lui
rise a me, ed io risi a lui".
A anche questo
proverbio nacque dal sopraddetto Donatello, dal quale essendo fuggito
un giovane suo garzone con cui aveva litigato, se ne andò
dal duca
Cosimo per fargli mandare lettere
al marchese
di Ferrara, dove il giovane era fuggito, dicendo a Cosimo che
ad ogni costo voleva andargli dietro e ammazzarlo. |
Ora, conoscendo
Cosimo la sua natura, gli fe' lettere come a lui parve, e per altra via
informò il marchese della qualità di detto Donatello. |
Ora, conoscendo
Cosimo la sua natura, gli scrisse lettere come gli chiedeva, e per altra
via informò il marchese del carattere del detto Donatello. |
Il signore
gli diede licenza di poterlo uccidere dove lo trovassi. Ma, riscontrandosi
il garzone in esso, cominciò di lungi a ridere, e Donatello,
a un tratto rappacificato, ridendo, inverso lui corse. |
Il marchese
gli diede licenza d'ucciderlo ovunque lo trovasse. Ma il garzone, incontrandolo
per strada, cominciò da lontano a ridere, e Donatello, a
un tratto rappacificato, ridendo, corse verso di lui. |
Dimandavalo
poi il marchese se egli l'avessi morto; a cui Donatello: – No, in nome
del diavolo!, ch'e' rise a me, e io risi a lui. – |
Gli chiedeva
poi il marchese se lo avesse ucciso, e allora Donatello: "No, in nome del
diavolo! Perché lui rise a me, ed io risi a lui". |
[242] – Il
Piovano
Arlotto era in galea con alcuni giovani a dormire, e, manomettendo
a uno di loro il canestro, colui disse: – Ohimè, Piovano, che fate
voi?! –; e lui rispose: – Perdonami,
io credetti che fusi il mio! – |
[242]
- Il Piovano
Arlotto era a dormire, in galera, con alcuni giovani, e mettendo
la mano alla patta d'uno di loro, costui disse: "Ohimè, pievano,
che fate?!". E lui rispose: "Perdonami,
credevo fosse il mio" [6]. |
[251] – Nicolò
Amici fotteva la Maria Bella da Roma, e, per paura di non la ingravidare,
sempre entrava per l'uscio dell'orto.
Un tratto,
parendogli d'avere errato dett'uscio, se ne chiariva con le mani. Ora,
detta Maria gli diceva: – Se' tu chiaro? –, e egli: – Sì, che tu
hai un gran forame! – |
[251] - Nicolò
Amici fotteva la Maria Bella da Roma.[7]
e, per paura d'ingravidarla, entrava sempre dalla porta sul retro.
Una
volta, sembrandogli di avere sbagliato la detta porta, verificava con le
mani. Allora la detta Maria gli chiese: "Hai verificato?". E lui: - "Sì,
che tu hai un gran bucone!" [8]. |
[291] –
Guglielmo
Borsiere, piacevole uomo, standosi a Bologna, veduto un dì
passare un malandrino, suo amico e molto infame, lasciato un cerchio di
cittadini corse là a inginocchiarsigli a' piedi, e fégli
un gran motto. |
[251] - Guglielmo
Borsiere, uomo gioviale [9],
stando a Bologna e visto un giorno passare un malandrino, suo amico e uomo
di pessima fama, lasciato un cerchio di cittadini corse là a inginocchiarglisi
ai piedi, e l'ossequiò. |
Di che ripreso
poi da' cittadini, disse: – A voi fo onore delle robe vostre portandole
indosso; al malandrino fo onore perché non me le tolga. – |
Ed essendo
poi rimproverato per questo dai cittadini, disse: "Io onoro voi per le
vostre cose portandole addosso [10];
il malandrino lo onoro perché non me le tolga". |
Costui appiccava
le candele a santi e diavoli: a quelli perché gli facessino bene,
a questi perché non gli facessino male. |
Costui accendeva
le candele ai santi e ai diavoli: a quelli perché gli facessero
del bene, a questi perché non gli facessero del male. |
[302] – Nofri,
sendo preso per sessantasei, si scusava con dire: – Io non sapevo nulla
di questo, ché io attendevo a sodomitare e fare e fatti miei!
– |
[302] - Onofrio
<Parenti>, essendo in carcere per il sessantasei [11]
si scusava col dire: "Io non sapevo nulla di questo, badavo a sodomizzare
e a farmi i fatti miei". |
[303] – Giovansimone
dice che l'arte del toccato è cattiva arte, perché
ne guadagna più il discepolo che il maestro. |
[303] - Giovansimone
<Tornabuoni> dice che il mestiere del sodomita
è un cattivo mestiere, perché ci guadagna più il garzone
che il mastro. |
[306] – Un
frate soleva venire in Orto
San Michele a trovare un certo cherico. Fugli detto da uno di que'
preti: – Non vi vergognate voi, frate, a ire drieto a cotestui che è
maggior di voi? –
Il priore
di Lucardo, che era quivi presente, disse che allora sta bene la vite quando
il palo la sopragiudica. |
[306] - Un
frate soleva venire all'Orsanmichele
a trovare un certo chierico. Gli fu detto da uno di quei preti:
"Non vi vergognate voi, frate, ad andare dietro a costui, che è
più grande di voi?".
Il priore di
Lucardo, che era lì presente, disse che la vite cresce bene quando
il palo la sopravanza [12]. |
[326] – Donatello
tigneva e suoi fattori perché e' non piacessino agli altri. |
[326] - Donatello
sporcava di fuliggine i suoi garzoni perché non piacessero ad altri. |
[353] – Lodavano
certi un cortigiano per uomo da bene; e il Piovano disse: – Volete voi
vedere se egli è il vero? In tanto tempo che egli è stato
in corte non ha avuto mai nulla! – |
[353] - Un
cortigiano veniva lodato da certi come uomo dabbene; il Piovano <Arlotto>
disse: "Volete vedere se sia vero? In tanto tempo che è stato in
Corte non ha mai guadagnato nulla!" [13]. |
[356] –
Invitando uno a desinare, il Piovano Arlotto disse: – Io ho certi gallettini
che si saltano adosso tutto dì l'un l'altro, in modo che io gli
ho tutti condannati al fuoco! – |
[356] - Invitando
uno a mangiare, il Piovano Arlotto disse: "Io ho certi gallettini che si
saltano addosso l'un l'altro tutto il giorno, per cui li ho condannati
al fuoco" [14]. |
[360] – A
un paio di nozze, menando un cittadino moglie, certi giovani scherri diedono
delle busse a non so che altri giovani e sonatori che si trovavano a quelle
nozze, e, intra l'altre cose, rubarono un anello alla sposa. |
[360] Durante
un matrimonio in cui un cittadino si ammogliava, certi giovani attaccabrighe
picchiarono non so quali altri giovani e suonatori che si trovavano a quelle
nozze, e fra le altre cose rubarono un anello alla sposa. |
Contavasi
questa novella in presenza di Lorenzo
de' Medici, e un certo, così motteggiando, disse: – Egli è
usanza che si dà delle busse quando si fanno le nozze! – |
Si raccontava
di questo fatto in presenza di Lorenzo
de' Medici, e qualcuno, scherzando, disse: "Del resto è
l'usanza che quando ci si sposa si diano delle belle botte!". |
Rispose
Lorenzo: – Cotesta usanza è quando si dà l'anello, e non
quando e' si toglie! – |
Rispose Lorenzo:
"Questa usanza vale quando si dà l'anello, non quando lo si prende!" [15]. |
[371] – Messer
Toccante da Lucca, a uno che si doleva d'un fante che gli avea fatto
cattivo servigio perché aveva penato otto dì o più
a ire da Roma a Lucca, disse: – Ohimè, lascia dire a me, che un
fante m'ha promesso già un mese di venire a Campo
di Fiore, e non è venuto! – |
[371] - Messer
Sodomita da Lucca, a uno che si lamentava di un ragazzo che lo aveva
servito male perché aveva penato otto giorni o più per andare
da Roma a Lucca, disse: "Ohimè, lascia dire a me, che un ragazzo
m'ha promesso già da un mese di venire a Campo
de' Fiori.[16],
e non è ancora venuto!". |
[372] – Messer
Toccante, sentendo uno che si vantava d'averlo fatto a una femina molte
volte, disse: – Per Dio, ch'io l'ho più caro che se io proprio l'avessi
fatto! – |
[372] - Messer
Sodomita, sentendo uno che si vantava di averlo fatto a una donna molte
volte, disse: "Per Dio, l'idea mi piace come se fossi stato io nei suoi
panni!" [17]. |
[404] – In
uso di proverbio è il detto del duca di Milano Galeazzo
Maria di un ragazzo nero e brutto, il quale disse maravigliarsi
perché il padrone lo tenessi, se non avessi già qualche virtù
segreta. |
[404] - È
diventato proverbio il detto del duca di Milano, Galeazzo
Maria Sforza, che si meravigliò d'un padrone che teneva
un ragazzo nero e brutto: che evidentemente aveva qualche "virtù"
nascosta [18]. |
[408] – |
[408] - [Proverbi
fiorentini con doppio senso] |
(...) |
(...) |
"Costui
è un uomo da capire in ogni lato". |
"Costui è
uomo da prendere [19]
da tutte le parti" [cioè servizievole]. |
(...) |
(...) |
"Egli è
un uomo che s'arragazza", cioè sodomito. |
"È un
uomo che bambineggia", cioè sodomita. |
L'autore ringrazia
fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati
su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà
eventuali errori in essa contenuti. |
Note
[1]
Angelo Ambrogini, detto "il Poliziano" (1454-1494), Detti piacevoli,
a cura di Tiziano Zanato, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 1983,
su cui mi sono basato per note e chairimenti.
Il testo che
qui uso è però, per comodità, quello messo
online dal sito Mori's humour page, tratto dall'edizione curata
da Mariano Fresta, Editori del grifo, Montepulciano 1985.
La
parafrasi in italiano moderno è mia.
Si
tratta di una raccolta di barzellette, da cui ho scelto quelle che
parlano di omosessualità e di sodomia eterosessuale.
Come
si nota, il tema è trattato con la massima naturalezza, coinvolgendo
nei pettegolezzi personaggi anche famosi.
Abbiamo
qui la dimensione della "tolleranza" di Firenze, città in cui tutti
sapevano di tutti, ma che scelse la linea "morbida" nella repressione della
sodomia: molti processi ma condanne lievi, pochissimi roghi e solo
per casi atroci (come stupro e assassinio di bambino).
Sull'omosessualità
nella Firenze del Rinascimento si veda l'ottimo libro di Michael
Rocke, Forbidden
friendships. Homosexuality and male culture in Renaissance Florence,
Oxford University Press, Oxford e New York 1996.
Su questo saggio
si veda l'articolata recensione online di Paul
Varnell, Forbidden friendships in Florence.
Sull'omosessualità
del Poliziano stesso si
veda la pagina che gli ho dedicato.
Si noti infine
in margine che, come in molti altri testi antichi, contrariamente a quanto
affermano i sostenitori gay del "costruzionismo storico", qui è
perfettamente teorizzata la contrapposizione fra "preferire gli uomini"
e "preferire le donne". Se così non fosse, non avrebbe senso un
aneddoto come il n. 211, dato che la sola fama di cui ci si può
"purgare" frequentando un bordello è quella di preferire
gli uomini, non certo quella di preferire la sodomia al coito in vagina
(l'aneddoto 251 dimostra che le prostitute si prestavano a tali atti).
E gli aneddoti 371-372 ci mostrano addirittura un appassionato della sodomia
passiva...
Ma ovviamente
non saranno dei banali documenti storici a far cambiare idea ai
sostenitori d'una teoria talmente bella da stare in piedi anche senza basi
storiche...
[2]
"Argomento" significava anche "clistere".
[3]
Il violento disprezzo di Ficino
per le donne si sposa con l'estatico amore "spirituale" per ragazzi.
Quale sarà mai stata la causa di tale atteggiamento?
[4]
Sospetto che l'ultima frase dell'aneddoto contenga un doppio senso osceno,
ma non saprei quale.
Botticelli
subì almeno un processo per sodomia. Una denuncia del 1502
accusa: "Sandro di Botticello si tiene un garzone". Si veda Rocke,
Op. cit., p. 298, nota 121.
[5]
Anche Donatello? Be', sì. Non è colpa mia se ha lasciato
tante tracce delle sue preferenze per gli adolescenti, nella sua arte e
al di fuori. Al punto che della sua omosessualità si
discute da un bel pezzo: si veda la bibliografia sul tema elencata
da Rocke, Op. cit, p. 298, nota 119.
[6]
Questa barzelletta appare
già nel Trecentonovelle di Franco Sacchetti e nei Motti
e facezie del Piovano Arlotto, Ricciardi, Milano e Napoli 1953,
facezia 79.
[7]
Una prostituta.
[8]
Si noti che l'aneddoto documenta la sodomia eterosessuale a fini
anticoncezionali, una pratica che dovette essere diffusa (vedi anche
la facezia 228), ma di cui le fonti antiche parlano
con molto disagio e reticenza.
[9]
Se non si tratta di un omonimo, va notato che Dante
aveva collocato Guglielmo Borsiere all'Inferno, tra i sodomiti,
quindi il suo gesto d'inginocchiarsi davanti a un "malandrino" per adorarlo
assume ben altro significato...
[10]
Perché indebitato al punto che nemmeno gli abiti potevano
più dirsi "suoi"? O perché indossava i vestiti di Bologna?
Non saprei.
[11]
Secondo il curatore dell'edizione citata alla nota 1,
"sendo preso per sessantasei" significa "imprigionato per omosessualità".
(Dalla forma
delle cifre "66", che ricordano un sedere stilizzato).
[12]
L'aneddoto si basa su un doppio senso. "Ire dietro" significava
infatti anche "sodomizzare" (cfr. la "Canzona
dei visi addietro").
Anche qui sospetto
un doppio senso (che non mi è chiaro) nell'ultima frase.
[13]
L'edizione a stampa citata rivela (p. 182, nota) che
l'aneddoto originale sottintendeva: "prostituendosi".
[14]
La pena del rogo per sodomia è qui scherzosamente trasformata
in pena... dell'arrosto.
[15]
L'aneddoto si basa sui doppi sensi: "dare busse" = "praticare un
coito"; "anello" = "ano" e "vagina"...
[16]
Nel gergo burchiellesco
"campo" indica l'ano.
[17]
"Suoi" della donna, non dell'uomo! Ed anche se "messer Toccante"
è personaggio di fantasia ("toccare" è termine burchiellesco
per: "praticare la sodomia"), è pur sempre un personaggio che vive
l'omosessualità in modo aperto, anzi sfacciato. "Sodomitical
Pride" nel Quattrocento italiano?
[18]
Nel gergo burchiellesco
"virtù" è "membro virile".
[19]
Ma anche: "Tale che lo prende da tutte le parti". |