Da: Collectanea
decisionum ad Constitutiones Mediolanensis Dominii / Raccolta di sentenze
relative alle Costituzioni di Milano [1747] [1]
.
Constitutiones
Dominii Mediolanensis
[1541].
III, 4 (De poenis).
|
Costituzioni per il
Dominio di Milano
[1541].
III, 4 (Delle pene).
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Datae Mediol. die 27 Augusti
anno Domini MDXLI.
(...) |
Data a Milano il 27 agosto
dell'anno del Signore 1541.
(...) |
Sodomitae,
tam agentes, quam patientes, igne comburantur.[2]. |
I
sodomiti, tanto attivi, quanto passivi, siano bruciati col fuoco.[2]. |
[Gabrielis Verri
commentarium[3]]
|
[Commento di Gabriele
Verri [3]]
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Quidam juvenis aetatis
annorum decem-octo Reus confessus de activa sodomia fuit concrematus,
& patiens aetatis annorum novem fuit acriter fustigatus ex sententia
Senatus diei 20 Novembris 1664. |
Un giovane dell'età
di diciotto anni, reo confesso di sodomia attiva, fu bruciato, e
il passivo, di nove anni, fu duramente frustato, in ottemperanza della
sentenza del Senato del 20 Novembre 1664. |
Sodomitam aetatis
annorum viginti duorum reum de stupro cum duobus filiis aetatis annorum
octo pluribus vicibus patrato, quamvis deposuisset de duabus vicibus tantum,
censuit Senatus die 17 Maji 1673, referente Magnif. Arconato, esse
plectendum poena ordinaria, & pueros debere esse praesentes executionis
poenae, mox dimittendos. Egr. Secret. Maddio. |
Il 17 Maggio 1673 il
Senato, stante la relazione del Magnifico Arconati, decretò che
un sodomita di ventidue anni, reo di stupro ripetuto su due figlioli
di otto anni, benché avesse confessato solamente di due volte, fosse
condannato alla pena ordinaria[4],
e che i fanciulli dovessero assistere all'esecuzione della pena, e poi
lasciati andare. Egregio Segretario: Maddi. |
In casu gratiae petitae
a quodam sodomita, referente Magnif. Senatore Faxardo decidit Senatus
die 12 Junij 1673 hoc crimen in genere esse de exceptis, & in
eo tam Actores, quam patientes considerari tamquam principales, cum Ordo
Regius diei 9 Augusti 1565 videatur loqui in rem, & non in personam.
Egr. Secret. Annono. |
Nel caso della richiesta di
una grazia da parte di un sodomita, stante la relazione del Magnifico
Senatore Fassardo, il Senato decise il 12 giugno 1673 che questo
crimine fosse fosse fra quelli esclusi dalla grazia, e che in esso tanto
gli attivi quanto i passivi fossero da considerare come responsabili[5],
in quanto l'Ordine regio del 9 agosto 1565 [6]
appare riferito al reato in sé e non alla persona. Egregio Segretario:
Annoni. |
Quidam Bergomensis [6bis]
Reus de sodomia erat in confessis tantum de obdormitione com
pueris & in reliquis erat negativus; contra ipsum aderat depositio
trium puerorum, qui in ejus faciem sostinuerant delictum; aderant etiam
plures scripturae repertae penes reum, tractantes de hac materia. |
Un bergamasco [6bis]
reo di sodomia confessava solo di aver dormito con fanciulli e per
il resto negava; contro di lui c'era la deposizione di tre ragazzi, che
di fronte a lui avevano sostenuto il delitto; c'erano anche molti scritti,
ritrovati presso il colpevole, che trattavano di questo argomento. |
Referente
Magnif. Com. Siccoborella decrevit Senatus die 27 Julii 1679. Bergomensem
esse comburendum, pueros autem praesentes esse debere executioni
poenae, mox duos aetatis annorum sexdecim remigare debere per decennium,
alterum vero aetatis annorum undecim tantum esse fustigandum intra Carceres,
& consignandum ejus matri. Eg. Secret. Cossa. |
Stante
la relazione del Magnifico Commendatore Siccoborella, il Senato decretò
il 27 luglio 1679 che il bergamasco fosse bruciato, che i
ragazzi dovessero essere presenti all'esecuzione della pena, dopo di che
i due dell'età di sedici anni dovessero essere condannati a remare
nelle galere per dieci anni, mentre l'altro, di undici anni, fosse
frustato nelle carceri e riconsegnato a sua madre. Egregio Segretario:
Cossa. |
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Piazza
santo Stefano, per la sua vicinanza alle ex carceri (oggi Comando dei vigili
urbani) fu luogo di esecuzioni capitali, compresi molti dei roghi di sodomiti
qui elencati. (Foto G. Dall'Orto, 2002).
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Proposita relatione
diffinitiva per Vicarium Justitiae hujus Urbis contra quemdam nuncupatum
il Marangone reum criminis sodomiae, & alios complices, censuit
Senatus die 22 Aprilis 1692 dictum sodomitam, denunciata morte,
esse acriter torquendum super aliis, & complicibus, mox
habito pro repetito, & confesso tam quoad nominatos, quam quo
ad nominandos, esse ducendum ad locum consuetum supplicii, ibique laqueo
prius suffocatum, esse igne comburendum; |
Essendo proposta
una relazione definitiva da parte del Vicario di Giustizia di questa città
contro un tale chiamato "il Marangone", reo del crimine di sodomia,
ed altri complici [7],
il Senato decretò il giorno 22 aprile 1692 che detto sodomita,
condannato a morte, fosse torturato più duramente degli altri, e
dei complici, e poi considerato come reo confesso e confermato, per quello
che riguarda sia gli accusati sia persone ancora da accusare, e fosse condotto
al luogo consueto del supplizio, e qui, dopo averlo strozzato col cappio,
fosse bruciato col fuoco; |
alios vero complices
detentos loris cedendos esse intra carceres usque ad sanguinis effusionem,
mox exulare debere a toto hoc Dominio sub poena remi, arbitrio Senatus; |
che gli altri complici
detenuti [8]fossero
invece frustati a sangue tra le mura del carcere, e poi esiliati da tutto
questo Dominio sotto la pena delle galere [9],
a giudizio esclusivo del Senato; |
respectu vero absentium,
citandos esse agentes praeceptis poenalibus expresso titulo generali sodomiae
sub poena confessi, & convicti criminis, |
riguardo invece
i contumaci, che gli attivi fossero da considerare confessi e condannati
per il delitto, in base a quanto previsto a espresso titolo generale per
la sodomia dalle leggi, |
& quo ad patientes,
curandum esse eorum detentionem monendo ex inde Senatum. Egr. Secr. Tatto. |
e per quanto riguarda i passivi,
che fossero condannati al carcere, avvertendo conformemente il Senato.
Egregio Segretario: Tatti. |
In
hoc casu dictus sodomita non erat confessus, & circa ejus crimen
deposuerant tantum patientes, qui secondum aliquos non erant apti ad testificandum
tamquam socii criminis; sed praevaluit opinio, quod patientium testificatio
satis probaret, ac esset attendenda, ea maxima ratione, quia in hoc delicti
genere patientes eadem poena puniuntur, qua agentes, & proinde habentur
tamquam principales, & sic sodomita habitus fuit pro convicto. |
In
questo caso detto sodomita non era confesso e sul suo crimine avevano
deposto solamente i passivi, che secondo alcuni non erano adatti a testimoniare
in quanto complici del crimine; ma prevalse l'opinione secondo cui la testimonianza
dei passivi fosse prova sufficiente, e che fosse valida, massimamente per
la ragione che in questo genere di delitto i passivi vengono puniti con
la medesima pena degli attivi, e che per tale motivo si considerano alla
stessa stregua dei rei principali, e in tal modo il sodomita fu considerato
colpevole [10]. |
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Rogo e
arrotamento a Milano, da una stampa acquarellata del 1630. Luogo dell'esecuzione
è qui Piazza Vetra, prima delle demolizioni ottocentesche.
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L'autore
ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori
dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà
eventuali errori in essa contenuti.
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Note
[1]
Ho ricopiato il testo da: Constitutiones Dominii Mediolanesis decretis
et senatus-consultis, Malatesta, Milano 1747 (editio XI a cura di Gabriele
Verri), p. 134. (La traduzione in italiano, inedita, mi è
stata offerta da Andrea
R. di Reggio Emilia, che ringrazio. Revisione della traduzione
e note sono mie).
Quest'opera
è fondamentalmente un commento del 1747 alle Costituzioni di
Milano promulgate dall'imperatore
Carlo V nel 1541.
Vi è
pubblicato dapprima il testo del decreto di morte per i sodomiti tratto
dalle Constitutiones di Carlo V, poi
in nota una serie di decreti del Senato
di Milano su tale pena, infine una scelta di casi di condanne di sodomiti
eseguite a Milano dal 1664 in poi.
Quest'elenco
è particolarmente interessante dopo la perdita irreparabile delle
carte criminali del Senato, bruciate dai bombardamenti
dell'ultima guerra.
Non merita ovviamente
commento il fatto che testimonianze come questa mostrano la cecità
e la malafede di quegli storici, specie di parte cattolica,
che di recente hanno iniziato a sostenere che sentenze di questo tipo venissero
emesse (nel nome di Dio) ma poi non eseguite!
Il (reazionario)
conte Gabriele Verri, "Avvocato fiscale
e membro del Senato di Milano" (un organo che nella Milano
spagnola aveva competenze di giustizia criminale), fu padre del celebre
letterato e pensatore illuminista Pietro
Verri, che fu anche amico e sostenitore di Cesare
Beccaria. Gabriele Verri fu però sostenitore di pena di
morte e della tortura.
[2]
[Nota originale di questo testo a p. 144]: Pro crimine Sodomiae in Mediolanensi
Dominio non est locus confiscationi bonorum, Ord. Senat. 14 Julii 1543.
Condemnatus de nefando hoc crimine non est capax gratiae apud S. E. ex
Ord. Reg. 4 Augusti 1565, nec frui potest beneficio liberationis Banniti
concessae vigore Proclamatum juxta declarationem Proclamatis 14 Augusti
1698, 28 Septemb. 1699, 3 Septemb. 1708. [Per il crimine di sodomia
nel Dominio di Milano non si dà luogo alla confisca dei beni, per
l'Ordine del Senato datato 14 luglio 1543.
Il condannato
per questo nefando crimine non può ricevere la grazia, così
come stabilito in un Ordine del re del 4 agosto 1565, né può
sfruttare il beneficio del proscioglimento di un esiliato [promesso
a chi consegnasse un pericoloso criminale, N.d.R.] concessa per bando,
secondo quando previsto dai bandi del 14 agosto 1698, 28 settembre 1699,
3 settembre 1708].
[3]
Da: Collectanea decisionum ad Constitutiones Mediolanensis Dominii,
pp. 121-122,
"Ad Sodomitae".
Sta con (la
numerazione delle pp. ricomincia da 1): Constitutiones Dominii Mediolanensis
decretis & senatus-consultis, Op. cit.
[4]
Cioè il rogo.
[5]
Dal ragionamento si deduce che la grazia era stata chiesta per un
"passivo", considerato nella mentalità popolare meno "colpevole",
in quanto subiva un atto da cui solo l'attivo provava piacere.
Ma la risposta
osserva che era punito l'atto in quanto tale, indipendentemente
dal ruolo sessuale rivestito.
[6]
Su questo decreto del re di Spagna vedi quanto già osservato alla
nota 2.
[6bis]
Dal Registro de' giustiziati della società (congregazione) di
s. Giovanni Decollato detta de' Bianchi (1471-1760), (manoscritto della
Biblioteca di Brera a Milano, Sala Manzoniana, segn. Morbio 149), pp. 267-268,
sappiamo che era un Lorenzo Parosio, di Leffe Bergamasco, impiccato
e bruciato per sodomia attiva e passiva con due ragazzi (Antonio Bernardino
Spigarola e Alessandro Fedeli) e per "scritture nefande in
materia di sodomia", bruciate insieme a lui.
[7]
Da quanto emerge dalla descrizione che segue in questo reato ci furono
dei correi (cioè altri uomini che condividevano il favore
di alcuni ragazzi "passivi", probabilmente prostituti); e dei "complici",
cioè i ragazzi stessi, considerati qui non come vittime di "corruzione
di minori" ma come corresponsabili.
[8]
I ragazzi, come si deduce anche dalla relativa mitezza della punizione.
[9]Nel
caso avessero trasgredito all'esilio e fossero stati catturati all'interno
dei confini del Ducato di Milano sarebbero stati condannati a remare nelle
galere da guerra del re di Spagna o dei suoi alleati.
[10]Nel
sistema giudiziario antico la testimonianza era valida o meno a seconda
della condizione personale del testimone. Fra le persone che non potevano
essere citate come testimoni c'erano gli infames, ed ogni sodomita
era automaticamente un infamis.
Un
buon avvocato deve avere cavillosamente osservato qui che l'imputato -
che non aveva mai confessato sotto tortura d'essere sodomita - non poteva
essere condannato sulla testimonianza di persone che, avendo confessato
d'essere sodomiti, erano infames e quindi non potevano dare testimonianza
valida. Ma il Senato aveva trovato un contro-cavillo (il cui senso mi è
oscuro), di cui riferisce qui Verri. |