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p. 25 / Ciò che aveva fatto quell'uomo - ma che uomo!
quelI'ibrido, quell'osceno ermafrodito [2]
- faceva ribrezzo, era schifosamente infimo,
era vile, era inqualificabile; sì, proprio inqualificabile, non
v'era aggettivo con cui stigmatizzare quell'essere, non esisteva
nome da dargli: ermafrodito era
un sostantivo troppo nobile; osceno, infame erano epiteti troppo umani;
egli - anzi, non egli, esso - era, non meno che uomo, ma
meno che maschio, era... era innominabile, inqualificabile.
Ed, al pensiero di essere la moglie,
la compagna indivisibile, la metà di quell'essere mostruoso, di
quell'osceno malato, ella si sentiva rabbrividire, sentiva un freddo intenso
invaderle tutte le membra, ed un caldo, un gran caldo, dentro il cranio,
nel cervello - e portava, istintivamente, per interrompere quel calore
doloroso, le manine diacce [gelide, NdR] a la testa e le affondava
ne i capelli fino a premere la cotenna nuda; poi si copriva li occhi rossi,
aridi, stranamente dilatati, come per un'impressione di terrore.
Era stata, in fatti, una visione
mostruosa, terribile, che le era rimasta come fotografata ne la retina,
e che ella tentava invano di scacciare; persino li occhi ne erano restati
fisicamente offesi ed irritati; ella sentiva, nel nervo ottico, quel sottile
spasimo intenso, che si prova dopo aver fisata lungamente una fiamma, ed
era in preda d'un simigliante acciecamento.
Un'ora prima ella lo adorava follemente,
quell'essere, esso era il suo dio, il suo unico bene, di lei, bimba ancora,
ingenua, interamente vergine d'anima. / p. 26 /
Ella sognava
ancora - un'ora prima - le sue carezze, suoi baci, i suoi forti e dolcissimi
amplessi; sognava il suo corpo apollineo, d'una bianchezza quasi inverosimile,
le sue belle membra perfette, da i contorni morbidi, quasi feminili; sognava
la sua bocca, le sue dolci labra, la sua serica, bionda barba, che le molcesse
la gola, i suoi languidi occhi azzurri socchiudentisi, anneganti ne la
voluttà.
Ed era stato
in uno di questi sogni voluttuosi, ch'ella, piena di desiderio, impaziente,
anzi che attender lui, s'era, pian piano, levata, ed - infilate le babbucce,
uscita di camera [3]
- lievemente, smorzando
ne la morbidezza de i tappeti il romore de i passi - aveva, a la luce lunare,
piovente da le invetriate, attraversato l'appartamento; su la soglia de
la stanza di lui s'era fermata.
La porta era
socchiusa, un filo di luce passava, ed un alenare [ansimare, NdR]
forte si udiva da la fessura; forse egli dormiva, ed ansimava oppresso
da un brutto sogno.
Avea spinta
dolcemente la porta...
***
La stanza piccola,
parata di una tapezzeria oscura e d'un soffice tappeto rosso, era invasa
da un dolce tepore e debolmente illuminata da una lampada ad olio, a ventola
[con il paralume, NdR] azzurra.
Il letto,
guarnito d'un ricco cortinaggio [4],
era in angolo, a sinistra entrando.
Qui la visione
mostruosa le era apparsa, e le si era impressa, indelebilmente, ne li occhi.
Poggiato al
letto, quell'uomo, quell'essere, obligava un altro uomo, un altro maschio,
ad avvilirsi, ad infamarsi con lui...
Ella avea
visto quel bel corpo virile, che tante volte si era abandonato, fremente,
sul suo, piegarsi in avanti, poggiarsì al letto: quelle braccia,
che tante volte l'aveano strettamente allacciata, protendersi in dietro...
E l'altro,
l'altro maschio - il cameriere - ......
Ah! era orribile!
era orribile! / p. 27 /
Non ricordava più come fosse
rimasta - certo i sensi esterni e la forza de le membra li avea conservati,
già che non era caduta; ma, più certamente, aveva perduta
ogni percezione morale.
Ricordava d'essere fuggita e rientrata
in letto - poi, provata una terribile oppressione, come per un peso enorme,
schiacciante, che le occupasse il seno; ed era stata quasi per impazzire,
sentendosi il cranio fisicamente vuoto, avendo la percezione di
una grande, ottundente vuotezza, del vuoto assoluto...
Poi un freddo intenso I'avea presa
in tutte le membra; ed un caldo, un gran caldo, nel cervello.
E la visione persisteva ne la retina,
come fotografata, bruciandovi.
Il cervello di lei era stato, durante
quasi un'ora, molto ammalato; le funzioni ne erano rimaste completamente
interrotte - poco a poco, ella rinveniva; ora sentiva, senza rendersi conto
di ciò che sentisse: presentiva.
Presentiva che stava per nascere
in lei qualche cosa di nuovo, di strano, di non mai provato: un sentimento
che la sua anima vergine non arrivava a definire.
E, nel presentimento di questa sensazione
nuova, che I'avrebbe condotta ad un fatto nuovo, ella si calmò;
in questa attesa calma - di quella calma agghiacciante, che succede sempre
ad una immensa catastrofe - ella potè di nuovo pensare.
***
Se ella avesse trovato quell'essere,
che era stato suo marito - ma che certo (questo lo sentiva perfettamente)
non dovea più esserlo - con un'altra donna, forse lo avrebbe ucciso,
forse sarebbe, a sua volta, fuggita, con un altro uomo.
Se lo avesse trovato (ella non avrebbe
neppur sognato ciò poche ore prima) lui con un altro uomo... ma
diversamente [5],
ella - stomacata, disgustosamente offesa - sarebbe tornata da sua madre,
o sarebbe ad ogni modo fuggita. / p. 28 /
Ma, in fine,
anche divisi, egli avrebbe potuto continuare a chiamarsi suo marito, già
che continuava ad essere uomo; sarebbe stato, per lei, un uomo ingrato,
infame, osceno.... ma sempre uomo; ed ella se ne sarebbe vendicata [6].
Ma così...
Ella rabbrividivi,
le si rivoltava lo stomaco<,> provava una sensazione indefinita, pensando
che un essere come quello aveva posseduto il fiore de la sua giovinezza,
la primizia de le sue carni; meglio sarebbe stato essere prostituita in
un postribolo!
L'idea de
i suoi abbracci la spaventava talmente, ch'ella si raggomitolava
sotto le lenzuola, si copriva tutta, tutta; quasi temendo che quelle
braccia potessero raggiungerla, che quelle mani potessero sfiorarle
la pelle,
Il sentimento
nuovo ella ora lo provava; era definito ma indefinibile: indifferenza
certo non era - odio, disprezzo, schifo erano sentimenti ancor troppo umani
- ribrezzo.... forse era.
E questo sentimento
la spingeva a qualche cosa di nuovo, a fare qualche cosa di quell'essere:
non a vendicarsene - sarebbe stato nobilizzarlo - ma, semplicemente, a
sopprimerlo, già che le pareva mostruoso, inammissibile che potesse
esistere un essere come quello, il quale fosse suo marito, e l'avesse posseduta
tutta intera, anima e corpo per due anni.
Sì!
dovea sopprimerlo; e senza toccarlo, senza sporcarsi: in un modo ignominioso,
come un pidocchio, come un topo.
***
Aveva trovato.
D'un ripido
movimento silenzioso, serpentino, ella scivolò dal letto; infilò
le babbucce ed una vestaglia bianca; si accostò a la lampada ad
olio e ne rialzò il beccuccio.
Poi, reggendo
il lume in una mano, lisciandosi co' l'altra i capelli, si appressò
al largo specchio, ergentesi da terra, e si guardò.
In quel disordine
notturno, ella era bellissima: la sua persona snella, elegantissima<,>
si modellava divinamente sotto le pieghe de l'accappatoio discinto, su
cui spioveva, morbida, opaca, la magnifica massa de i capelli castanei
- l'armonia del suo visino delicato, ovale, pallidissimo, de i suoi /
p. 29 / occhi azzurri, liquidi, lucenti come
la superficie di un lago tranquillo, il naso roseo, un po' aquilino, non
era rotta che da la bocca prominente, rossa, eccessivamente rossa, la quale
metteva una nota di calda sensualità in quella casta figurina verginale.
Ella si guardava
ne lo specchio, contraeva le ciglia<,> si figgeva, insistentemente,
acutamente, li occhi ne li occhi, come per ipnotizzarsi.
Ed - in questa
fluidizzazione [7]
di sé stessi
per sé stessi - li occhi cambiavano stranamente: s'oscuravano, divenivano
turchini, metallici, scintillanti.
Ella si magnetizzava [7],
si suggestionava da sé.
Si scosse
finalmente, uscì da la camera; in un salotto lasciò la lampada
notturna, ne prese una a petrolio, I'accese; ed, a piccolì passi,
di nuovo attraversò l'appartarnento, e di nuovo si fermò
su la soglia de la stanza di lui.
La porta era
sempre socchiusa; a la luce intensa de la lampada a petrolio, il filo luminoso,
fuggente, da la fessura, non si scorgeva; si udiva, solo, un respiro calmo,
regolare; certamente esso dormiva tranquillo.
***
Ella sospinse
la porta, che mandò un lieve gemito; entrò: leggermente,
felinamente si accostò al letto. Le cortine erano aperte, la luce
viva penetrò.
Il viso bianco
del dormente ne fu tutto illuminato.
Il bel capo
biondo posava stanco su la batista [8]
candida; una voluttuosa
striscia azzurrastra correva sotto le palpebre, mollemente abassate; tra
i serici peli dorati de la barba e de i baffi si vedeva la bocca socchiusa,
bellissima, rossa, perfettamente modellata.
Una contrazione
nervosa agitava li angoli de le labra increspando, ad intervalli, le guance,
fin su, a i lati de li occhi, a la fronte - la contrazione era lievissima,
era un impercettibile fremito di nervuzzi a fior di pelle.
***
Ella lo guardò,
lo fisò lungamente: un fuoco strano ne li occhi immobili.
Poi si raddrizzò,
evitò [9]
nervosamente la lampada,
versò del petrolio su le coltri, vi diede fuoco e fuggì.
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