Da: Cartas / Lettere
[1549]
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Carta a sus compañeros residentes en Goa, Kagoshima, 5 de noviembre de 1549.
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Lettera
da
Cangoxina,
città del Giapan [5 ottobre o novembre
1549].[1].
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(...)
Menos pecado halla en los seculares, y más obedientes los veo a la razón de lo que son los que ellos acá tienen por padres, que ellos llaman bonzos, los cuales / p. 140 / son inclinados a pecados que natura aborrece, y ellos lo confiesan y no lo niegan; y es tan público y manifiesto a todos, así hombres como mujeres, pequeños y grandes, que, por estar en mucha costumbre, no lo extrañan ni lo tienen en aborrecimiento. |
(...)
Manco [ancora meno] peccati trovo fra li seculari [laici], e più obedienti li vedo alla ragione che gli altri che tengono per padri spirituali, [i] quali chiamano bonzi, li quali sono molto inclinati al peccato che la natura aborrisce, e loro lo confessano: ed è tanto publico il lor vizio a tutti, grandi e piccoli, uomini e donne, che per esser tanto in uso non è tenuto in odio, né di quello si spaventano né si vergognano. |
Huelgan mucho los que no son bonzos en oírnos reprender aquel abominable pecado pareciéndoles que tenemos mucha razón en reprender aquel abominable pecado, pareciéndoles que tenemos mucha razón en decir cuán malos son y cuanto a Dios ofenden los que tal pecado hacen. |
Quelli che non sono bonzi hanno molto caro di sentir riprender quell'abominevol peccato, parendogli che abbiamo gran ragione in dir quanto sono mali, e quanto offendano Dio quelli che lo commettano. |
A los bonzos a veces decimos que no hagan pecados tan feos; y ellos todo lo que les decimos les cae en gracia, porque de ello se ríen y no tienen ninguna vergüenza de oír represiones de pecado tan feo. |
Li bonzi ripresi [rimproverati] da noi, tutto quanto che li diciamo lo pigliano in burla e se ne ridono, non si vergognando d'esser ripresi di così brutto peccato. |
Tienen estos monjes en sus monasterios a muchos niños, hijos de hidalgos, a los cuales enseñan a leer y a escribir, y con éstos cometen sus maldades, y está este pecado tanto en costumbre, que, aunque a todos parezca mal, no lo extrañan. |
Tengono questi
bonzi molti fanciulli nelli loro monasterii, figliuoli di nobili, alli
quali insegnano a leggere e scrivere, <i> quali gli danno occasione
di tanta disonestà [2]. |
Manuel Henriques (1593-1653), San Francisco Xavier [1640].
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Carta a sus compañeros de Europa, 29 de enero de 1552.
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Lettera
ai suoi compagni d'Europa, 29 gennaio 1552.[3].
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(...)
Cuando íbamos por la calle, los niños y otras gente nos perseguía haciendo escarnio de nosotros, diciendo: "Estos son los que dicen que hemos de adorar a Dios para salvarnos, y que, ningún otro nos puede salvar sino el Criador de todas las cosas".
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(...)
Quando andavamo per la strada, i bambini con altra gente ci seguivano facendosi beffe di noi, dicendo: "Questi sono quelli che dicono che dobbiamo adorare Dio per salvarci, e che nessun altro può salvare se non il Creatore di tutte le cose". |
Otros decían: "Estos son los que dicen que un hombre no ha de tener más que a una mujer". |
Altri dicevano: "Questi sono quelli che dicono che un uomo non deve avere più di una donna". |
Otros decían: "Estos son los que prohíben el pecado de sodomía", por ser muy común entre ellos. |
Altri dicevano: "Questi sono coloro che proibiscono il peccato di sodomia", dato che è assai comune fra loro. |
Per altri testi sull'omosessualità e la sodomia nell'Asia premoderna, fare clic qui.
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Note
[1].Il testo spagnolo da: Alberto Cardín, Guerreros, chamanes y travestis. Indicios de homosexualidad entre los exóticos, Tusquets, Barcelona
1984, pp. 139-140.
La traduzione italiana è quella antica scelta da Giovanni Battista Ramusio (1485-1557), messa online dal Progetto Manuzio, che riproduce: Francesco Saverio, Lettera del padre maestro Francesco Xavier da Cangoxina, città del Giapan, indrizzata ad un collegio di scolari di detta Compagnia del Iesù in Coimbra di Portogallo, adì 5 di ottobre 1549, da: Cinque lettere sull'Isola del Giapan, in: Giovanni Battista Ramusio (1485-1557), Navigazioni e viaggi, Einaudi, Torino 1978, vol. 2.
Il titolo spagnolo dichiara però che la lettera è indirizzata a gesuiti di Goa (India).
La città di cui si parla è Kagoshima (in Giappone).
La data della lettera è ottobre per Cardín, novembre secondo il Ramusio.
Sull'omosessualità in Asia si veda qui.
[2] La traduzione italiana antica è qui censurata.
Senza dubbio per paura che i lettori facessero raffronti coi gesuiti, che gestivano gran parte dell'educazione dei bambini dei nobili nell'Europa cattolica. La parte censurata dice: "E con questi bambini commettono i loro delitti, e questo peccato è tanto comune, che, nonostante a tutti sembri un male, non lo rifuggono".
[3] Il testo spagnolo da: Alberto Cardín, Op. cit., p. 140.
La traduzione italiana, inedita, è mia.
In questa lettera sta parlando della Cina. |