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Giuseppe Carofale, ispettore di PP. SS.

Don Amedeo Anchora dalla foto segnaletica scattata il 15-2-1936
Don Amedeo Anchora nella foto segnaletica scattata il 15-2-1936.

Relazione sulla condanna al confino politico di don Amedeo Anchora, parroco di Mentana [12-3-1936] [1]
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[p. 29] A Sua Eccellenza
IL CAPO DELLA POLIZIA
R O M A
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La Commissione Provinciale di Roma per i provvedimenti di polizia con deliberazione del 13 Febbraio u.s. [1936] assegnava al confino di polizia per anni tre il sacerdote Don Anchora Amedeo-[2], Parroco di Mentana, avendo ritenuto che la persistente azione di corruttela da costui esercitata, con frequenza di rapporti, su non pochi giovani di Mentana, abilmente indotti ad atti di depravazione e di perversione sessuale, costituisca grave trasgressione delle norme di educazione spirituale della gioventù, cura precipua del Regime.

I ripugnanti atti di omosessualità passiva e di libidine ai quali il Don Anchora si sarebbe abbandonato ripetutamente con giovani del luogo, eccitandoli alla corruzione, sono esposti nei rapporti in data 10, 14 e 21 Gennaio scorso (all. A. B. C.) del Comando della Divisione Laziale 2^ dei CC. RR. al Prefetto di Roma, e in data 28 successivo e il 12 Febbraio u. s. del Comando della Compagnia dei CC. RR. di Tivoli al Questore di Roma (all. D. E.). 
È bene rilevare che la Commissione Provinciale si era già pronunciata allorché fu comunicato alla Prefettura l'ultimo rapporto in data 12 Febbraio del Comando di Compagnia di Tivoli, nel quale venivano denunciati e documentati altri episodi del pervertimento sessuale del Don Anchora.

La istruttoria dell'Arma si svolse con la più scrupolosa ed accurata diligenza ed obbiettività, attraverso tutti gli organi gerarchici di controllo fino al Comando Divisionale, poiché vi parteciparono, in successivi momenti, il V. Brigadiere Leonardi ed il Maresciallo Palmacci, rispettivamente Comandante interinale e titolare della Stazione di Monterotondo, il Maresciallo comandante la Sezione di Palombara Sabina ed il Capitano Cav. Russo, Comandante la Compagnia di Tivoli.

Sui turpi fatti attribuiti al predetto Sacerdote ebbero a portare il loro esame, per ragione delle rispettive cariche, con risultati concordi, anche il Commissario Prefettizio al Comune di Mentana Cav. Avv. Raffaele Scaglione ed il Comm. Ing. Francesco D'Alessandri, Commissario Straordinario al Fascio, entrambi molto seri ed affatto estranei a correnti di interessi o di passionalità locali. 
Essi risiedono a Roma e si recano saltuariamente a Mentana, dove da poco tempo esercitano le loro funzioni: l'Avv. Scaglione dal Luglio ed il Comm. D'Alessandri appena dei primi del Novembre scorso.

La Commissione Provinciale, poi, con procedura di controllo, mai in altri casi seguita, volle rinnovare la istruttoria, accordando la più ampia facoltà di mezzi di difesa al Don Anchora.
Nelle tre sedute del 10, 11 e 23 Febbraio scorso, con l'intervento del Procuratore dei Re Capo Comm. Vaccaro, senti personalmente i principali testi di accusa, il prevenuto ed il suo patrocinatore Avv. Ivo Coccia, S. E. Mons. Federico Emanuel, Vescovo Ausiliare di S. Em.za il Cardinale Sbarretti, e prese in // [p. 30] attento esame così il ricorso di questo ultimo al Capo del Governo [3], come il memoriale difensivo formulato dall'Avv. Coccia.

Le doglianze di S. Em.za il Cardinale [Donato] Sbarretti di non essere stato ragguagliato sulle circostanze delle accuse mosse al Don Anchora non sembrano giustificate.
Sta in fatto che ripetute volte ed in modo particolareggiato Egli fu tenuto al corrente degli elementi che venivano emergendo dalle indagini dell'Arma.
Fin dal 4 Gennaio scorso il Comm. D'Alessandri, in seguito alle proteste mosse il giorno precedente al Commissario Prefettizio del Comune dalle madri dei giovani P______ Tolmino e M_____ Germano, i quali, adescati dalle perverse arti del prete, avevano avuto con lui rapporti ignominiosi (all. 8-9 al rapporto D. dell'Arma), si era ritenuto in dovere, come buon cattolico e in omaggio alla conoscenza personale che egli aveva con l'eminente Prelato, di informarlo degli scandalosi trascorsi del Don Anchora, invocando l'immediato allontanamento di costui al fine di placare la coscienza pubblica conturbata ed evitare atti di vendetta che si minacciavano da parte dei parenti dei giovani caduti nella rete degli immondi pervertimenti.

Ne ebbe risposta dilatoria, in attesa degli accertamenti che S. Em.za Sbarretti disse di avere già disposti [4].
Lo stesso Comm. D'Alessandri, la mattina del successivo giorno 6, fece altri passi informativi presso il Vescovo Ausiliare Mons. Emanuel; il 7 Gennaio, invitato, si recò nuovamente da S. Em.za Sbarretti, che gli comunicò che non riteneva di prendere alcun provvedimento, nulla di concreto essendo risultato a carico del Parroco. 
I passi del Comm. D'Alessandri furono fatti previ accordi col Commissario Prefettizio, il quale aveva, da sua parte, informato con un primo rapporto il Prefetto di Roma. Insieme essi si recarono, poi, nel pomeriggio dello stesso giorno 7, a conferire col Capo di Gabinetto del Prefetto sui fatti e sulla preoccupante situazione dello spirito pubblico.

Anche il Commissario Prefettizio, mosso dalla responsabilità inerente al proprio ufficio non meno che da sinceri sentimenti di buon cattolico, ebbe un colloquio informativo con Mons. Emanuel. Seguirono, come appare dal rapporto 3 Febbraio u.s. N° 679/442 del Prefetto di Roma, i ripetuti colloqui del Capo di Gabinetto Comm. Sofia e del Consigliere Comm. Angius con Mons. Emanuel, con Mena. Galletti e con S. Em.za Sbarretti, i quali furono messi al corrente degli elementi sempre più precisi e circostanziati, che venivano emergendo dalle indagini dell'Arma e non si ebbe difficoltà di dare visione personalmente al Cardinale dell'originale rapporto del Comando della Divisione Laziale 2^ dell'Arma, nonché del referto medico del Dr. Nardi, e di consentire a Mons. Galletti di prendere nota dei giovani che avevano confessato i propri rapporti carnali col Parroco. 
Ma vi è dippiù. Il 4 Gennaio scorso venne a Monterotondo Mons. Aureli, il V. Brigadiere Leonardi, Comandante interinale la locale Stazione dell'Arma, il quale riferì minutamente al Prelato, senza nulla tacergli, i risultati decisivi delle indagini.

Di fronte a questo complesso materiale informativo, preciso e concordante, pervenuto per diverse vie all'Autorità Diocesana, mal si comprende la ostinata resistenza ad adottare il provvedimento // [p. 31] di allontanamento del Don Anchora da Mentana, che veniva invocato dalla popolazione e suggerito dalle Autorità Civili responsabili. Poiché il simulacro di inchiesta ecclesiastica si svolse in forma così superficiale da non condurre ad una ragionevole opinione contraria.

Mons. Dal Piaz si limitò a mandare a Mentana, come suo fiduciario informativo, l'ex-parroco settantenne di Castelchiodato (frazione di Mentana) Don Cesare Galizia, un povero buon prete di campagna, alla D. Abbondio, il quale rimase sul posto appena qualche ora e, senza prendere contatto con alcuna delle Autorità locali, si limitò a parlare alla buona, per istrada, con tre o quattro persone. Così nell'andata, come nel ritorno egli profittò del calessino del Dr. Nardi, medico condotto interino a Mentana e residente a Monterotondo, al quale in confidenza, come suo medico curante, disse di nulla aver raccolto di concreto sugli addebiti mossi al Don Anchora, destando le meraviglie del Dr. Nardi che, pur non entrando, per riserbo professionale, nei particolari a lui noti delle lubriche confessioni dei giovani P______ Mauro e M_____ Germano, non potette fare a meno di esortare il vecchio sacerdote ad approfondire i fatti con una più accurata indagine.

Si recò a Mentana anche Mons. Galletti, Segretario di S. Em.za Sbarretti, una mattina di domenica verso le ore 11 e tornò a Monterotondo verso le ore 14.30 accompagnato dal Don Anchora, ma anch'egli non prese contatto con le Autorità del luogo, né con cittadini autorevoli, né con alcuno dei giovani che avevano confessato i turpi rapporti o con i familiari di essi. 
Fu al ritorno dallo avere accompagnato Mons. Galletti a Monterotondo che il Don Anchora, smontando in piazza da un calessino sul quale avevano preso posto due bersaglieri venuti in licenza, disse, rivolto al Dr. Nardi, che parlava col geometra Di Piero: "Adesso, Dottore, si dirà che mi son fatto inculare anche da quei due soldati"; frase turpissima sulla bocca di un sacerdote e che destò così penosa impressione nel Di Piero, ignaro delle accuse che si muovevano al Don Anchora, da fargli esclamare: "Ma quel prete è impazzito!".

Questo spudorato contegno trova riscontro nel fatto che il Dr. Nardi, come costui mi ha narrato, pochi giorni innanzi aveva ricevuto a Monterotondo la visita del Don Anchora, il quale si era mostrato preoccupato di sapere se l'Arma avrebbe presentato all'Autorità Giudiziaria denuncia a suo carico e se i fatti per cui si procedeva importassero l'arresto. 
Il Dr. Nardi, che pure aveva fin allora mantenuto buoni rapporti col don Anchora, gli parlò molto severamente, esortandolo a mantenere atteggiamento di riserbo per non aggravare la sua posizione già molto compromessa dai gravi elementi da cui era raggiunto. 
"Non una protesta", mi diceva il Dr. Nardi, "non un moto di dignità offesa, suscitarono in lui le mie severe parole: egli mostrò la insensibilità dello amorale e del colpevole".

La firma di don Amedeo Anchora, dalla sua cartella di polizia.

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Gli argomenti addotti a difesa dal Anchora si riducono sostanzialmente a due:

1° che egli sarebbe vittima di oscure manovre di elementi locali "nemici della fede", mossi a vendetta da // [p. 32] sentimenti massonici e anticlericali;

2° che le attuali accuse di immoralità non sarebbero che la riproduzione di quelle dimostrate calunniose in un giudizio penale per diffamazione promosso dal Don Anchora nel 1930, contro i giovani P______ Terzilio e F____ Petronio, i quali si erano vantati di avere avuto rapporti carnali con lui e che vennero condannati rispettivamente a mesi 15 e mesi 10 di reclusione con sentenza 15 Novembre 1930 della 6^ Sezione del Tribunale di Roma, confermata in appello il 13 Marzo 1931 ed annullata senza rinvio in Cassazione, con sentenza 15 Novembre 1932, per prescrizione dell'azione penale.

Il primo argomento è più specioso che vero. A Mentana esistono bensì scarsi residui di mentalità democratica inspirata alla gloriosa tradizione garibaldina tuttora presente al sentimento popolare, e che si manifesta in una certa sprezzatura di atteggiamenti ed intolleranza di legittima autorità, ma la grande maggioranza della popolazione, formata di agricoltori, è laboriosa e di sani principi. È, poi, assolutamente fuori della realtà l'affermazione che vi siano oggi correnti massoniche e anticlericali.

D'altra parte, tutti i giovani che, sebbene con qualche esitazione, hanno confessata l'azione corruttrice esercitata su di essi dal Don Anchora, appartengono a famiglie di agricoltori e di artigiani di sani principi religiosi, le quali, fiduciose nell'opera educativa del Parroco, avevano visto con simpatia e favorita la frequenza dei loro figliuoli in casa di lui dove ritenevano si impartissero insegnamenti di catechismo e di istruzione complementare.

Parimenti è da escludere ogni preconcetto ostile al Don Anchora così da parte dei rispettabili cittadini che hanno portato elementi di accusa a carico di lui, come da parte delle Autorità che hanno condotto le indagini. Ché anzi sia il Commissario Prefettizio, il quale ha assunto le sue funzioni a Mentana nel Luglio scorso, sia il medico condotto interino Dr. Nardi, che vi presta servizio soltanto dalla fine dell'Ottobre scorso e risiede a Monterotondo, e il V. Brigadiere Leonardi, Comandante Interinale della Stazione dei RR. CC. di Monterotondo, erano tutti in buoni rapporti col Parroco, ritenendo in un primo tempo calunniose le voci che correvano in paese sul suo conto. Tant'è che il Commissario Prefettizio aveva accolte con incredulità le referenze sfavorevoli sulla moralità del Parroco, fornitegli dal medico condotto Dr. Miriam Natoli e le ritenne non serene; e nell'Agosto 1934 il vice Brigadiere Leonardi, allora Comandante la Stazione provvisoria dell'Arma in Mentana, in risposta ad una richiesta del Comando di Compagnia di Tivoli, dava informazioni favorevoli sulla condotta morale del Don Anchora e, in quello stesso torno di tempo, si adoperava per ristabilire i buoni rapporti tra costui ed il Dr. Natoli.
Né quest'ultimo ha contribuito affatto a dar credito alle concrete accuse elevate sulla fine del Novembre scorso a carico del Parroco, poiché già da oltre un mese egli era partito da Mentana, richiamato quale Ufficiale Medico di Complemento, per l'Africa Orientale e fu sostituito, sulla fine dell'Ottobre, dall'interino Dr. Aldo Nardi, che era in buoni rapporti di amicizia con Don Anchora.
E, dunque, non soltanto non furono influenzati da preconcetti ostili al Parroco i primi accertamenti delle Autorità, // [p. 33] ma anzi queste procedettero con grande ponderazione e non si indussero a prestar fede alle turpi accuse se non di fronte ad inequivocabili elementi di prova, vagliati, poi, accuratamente nel loro complesso ed attraverso il riesame dei principali testimoni, dalla Commissione Provinciale.

Il secondo argomento addotto a difesa del Don Anchora, desunto dal precedente processo per diffamazione a carico di due giovani che avevano propalato le stesse accuse di immoralità e di pratiche omosessuali, si dimostra per lo meno assai dubbioso. 
Vero è che uno dei querelati, il P______ Terzilio, ritrattò in udienza le accuse, ma pare che questa postuma ritrattazione sia stata determinata da promesse di denaro, poi non mantenute, fatte dal Don Anchora, il quale provvide anche alla difesa del P______ innanzi al Tribunale ed alla Corte di Appello. 
Mantenne, invece, fermamente l'accusa l'altro querelato F____ Petronio, malgrado le lusinghe messe in opera dal Don Anchora, il quale tentò di indurlo, per mezzo di tre giovani del luogo a lui devoti, a firmare una preordinata lettera di ritrattazione, prodotta, poi, in dibattimento dalla difesa del F____.

Ma vi è dippiù. La Cassazione, come si è detto innanzi, con sentenza del 15 Novembre 1932, annullò senza rinvio, per prescrizione dell'azione penale, la sentenza di condanna. 
Rimaneva sempre ferma la precisa inesorabile accusa del F____.

Il Don Anchora pregò vivamente, sulla fine del Novembre di quell'anno, il giovane Angeloni Bernardino di Filippo, allora tornato dal servizio militare, di persuadere il F____ a recarsi da lui. 
Il F____, dopo molta esitazione, accondiscese alle premure dell'amico, ma volle che questi fosse presente al colloquio. Il Don Anchora voleva che, chiuso oramai il procedimento penale, il F____ lo favorisse col rilasciargli una dichiarazione di ritrattazione che doveva servirgli per riabilitarsi in modo completo nella stima dei suoi Superiori Ecclesiastici e, per convincerlo a ciò, ad un certo punto disse cinicamente: "Dopo tutto, è vero che sono stato un porco, ma siamo stati porci in due".
Era questa una chiara confessione dei turpi rapporti col F____, il quale persistette nel rifiutarsi a rilasciare la dichiarazione.
Nel narrarmi questo episodio, l'Angeloni soggiungeva che egli rimase così nauseato che da quell'epoca ha interrotto ogni rapporto col Don Anchora.

Nel dibattimento innanzi al Tribunale, l'Avv. Coccia (lo stesso che ora assiste Don Anchora) fece istanza, nell'interesse del querelante costituitosi parte civile, perché costui fosse sottoposto a visita corporale al fine di stabilire la inconsistenza dell'accusa di pederastia. Il Tribunale respinse la richiesta, osservando giustamente che essa era irrilevante, in quanto i pochi congressi carnali, che si imputavano al Parroco, potevano non aver lasciato tracce di alterazioni anatomiche.
Però la difesa del Don Anchora ottenne egualmente che il rappresentante la pubblica accusa producesse un certificato medico del Prof. Borromeo, della R. Università di Roma, che attestava, in seguito a visita corporale a cui erasi sottoposto il Don Anchora, l'assenza di segni rivelatori di pratiche pederastiche recenti o progresse [sic].
Ora, è ovvio considerare che il valore probante di siffatta attestazione non è univoco: basta consultare // [p. 34] un qualsiasi, anche modesto, trattato di medicina legale per apprendere che pratiche non frequenti o professionali di pederastia non lasciano generalmente alterazioni anatomiche caratteristiche, a meno che la copula si compia in particolari circostanze riferibili alle parti genitali dell'agente o allo stato delle mucose anali del succube. Ciò a prescindere dalla possibilità dell'uso postumo di mezzi stiptici e igienici, atti a dissimulare o correggere lo sfiancamento dell'orifizio anale. 
È sotto questo profilo medico-legale che occorre valutare anche la rinnovata richiesta di visita corporale che il Don Anchora propone nella querela per diffamazione testé presentata al Procuratore del Re contro i giovani P______ Mauro e M_____ Germano.

Altra foto segnaletica di don Anchora, dal suo fascicolo di polizia.
Altra foto segnaletica di don Anchora,
dal suo fascicolo di polizia.

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Ho interrogato, senza l'intervento di nessuna delle persone che concorsero alla raccolta delle prime indagini, tutti i testi di accusa le cui dichiarazioni formano gli allegati 1-2-3-4-5-8-9-12 - del rapporto 28 Gennaio u.s. (all. D.) e 1-2 - del rapporto 12 Febbraio u.s. (all. E.) del Capitano dei RR. CC. Comandante la Compagnia di Tivoli ed ho avuto confermate da essi, in ogni particolare, le circostanze dei lubrici rapporti avuti col Don Anchora in un'atmosfera di bruciante sensualità, in cui questi dava sfogo ai suoi frenetici pervertimenti sessuali sui giovanetti attratti, col pretesto di trattamenti educativi, nella propria abitazione. 
Poveri contadini o artigiani, primitivi, di semplici costumi, che con l'imbarazzo del pudore giovanile oltraggiato mi narravano, ad occhi bassi, le nefandezze dell'erotismo aberrante dal quale erano stati contaminati. 
Ed ebbi anche conferma delle lusinghe e delle minacce messe in opera dall'immondo prete nei tentativi di indurre prima il P______ Mauro Tolmino a rilasciare una ritrattazione scritta, poi la madre del M_____, il padre del P______ e la madre del Bassani Remo a recarsi da lui per far modificare nello stesso senso le dichiarazioni già rese all'Arma dai rispettivi figliuoli (all. 6-10-11-12 al rapporto D. dell'Arma).

Il giovane M_____ Germano mi ha, tra l'altro, narrato la seguente circostanza: egli dopo essere stato visitato dal Dr. Nardi per le lesioni traumatiche all'apparato genitale, si recò a casa del Don Anchora, esponendogli di essere ridotto in quello stato in seguito ai rapporti di pederastia avuti con lui e lo pregò di dargli qualche somma, anche a titolo di prestito, per provvedere alle spese di cura. Ne ebbe in risposta che non si trovava in grado di sovvenirlo, perché proprio in quei giorni aveva dovuta pagare cento lire alle Suore e centoventi lire per tasse.

In ordine, poi, all'altra circostanza contenuta nella lettera dettata, il 17 Dicembre u.s., dal Don Anchora al P______-Mauro Tolmino e che questi avrebbe dovuto spedirgli per posta con la data del giorno 7, secondo la quale esso P______ avrebbe contratta la infezione ai genitali per effetto di rapporti avuti con una donna di Monterotondo, l'Arma ha svolto accurate indagini da cui è rimasta esclusa, come il P______ afferma, tale asserzione mendace suggerita dal Don Anchora.
D'altra parte il referto del // [p. 35]-Dr. Nardi (all. 7 al rapporto dell'Arma in data 28 Gennaio) è categorico su questo punto sia per il M_____, sia per il Piloti, poiché attesta la natura puramente traumatica delle lesioni, in corrispondenza della regione del frenulo, escludendo nettamente il carattere gonorroico. E, quindi, il metodo di cura seguito dal Dr. Nardi fu appunto quello corrispondente alla diagnosi.

Non senza emozione ho, poi, ascoltato le dichiarazioni delle madri del P______ e del M_____, due povere e semplici donnette di campagna, le quali dai rispettivi figli avevano avuta la confessione dei vergognosi rapporti col parroco e non sapevano darsi pace di essere state proprie esse a indurli a frequentare la casa, ritenendo che colà ricevessero sani principi educativi.

Altri rispettabili cittadini ho voluto sentire e da essi ho raccolto concordi sentimenti di indignazione per la ripugnante condotta del Don Anchora. 
Il Sig. Cappabianca Mariano, fiduciario del Sindacato Fascista dei lavoratori agricoli, mi diceva, tra l'altro, che egli stesso nel 1930, passato a matrimonio, si inscrisse nell'Associazione cattolica dei "Padri Cristiani" e prese a frequentare, per la confessione, il Don Anchora, ma rimase presto così nauseato dal contegno ripugnante di lui, che interruppe questi rapporti e da allora è sempre andato, per i Sacramenti, a Monterotondo.

Il Sig. Massimi Arduino, Segretario Amministrativo del Fascio, mi ha parlato della disistima in cui, da più tempo, il Parroco era caduto presso la popolazione a causa della notorietà dei suoi pervertimenti, avvalorati da circostanze concrete vociferate tra i giovani che avevano con lui dimestichezza, cosicché molte persone, specialmente madri di famiglia, preferivano di andare a messa a Monterotondo.

Il Sig. Termentini Isidoro, vecchio maestro elementare in pensione, mi diceva della triste impressione che egli riportava nel sorprendere discorsi fra giovanetti del paese, apertamente allusivi alla degenerazione sessuale del prete ed aggiungeva il particolare che il suo figliuolo Gioacchino, ora studente di Magistero a Roma, aveva preso a frequentare la casa di Don Anchora nei primi tempi della venuta di costui a Mentana, ma presto se ne allontanò ed al padre, che gliene chiedeva il motivo, si limitò a dire di sentire un grande disgusto per il contegno di quel Sacerdote. Non volle dire dippiù e pregò il padre di non insistere.

Il giovane M______-Germano, nel rendermi la sua dichiarazione, conforme a quella fatta all'Arma, ha aggiunto il particolare che una sera dell'Agosto scorso, quando erano già cominciati i rapporti carnali col Don Anchora, questi, trovandosi a soli, trasse da un cassetto una pistola e, in atteggiamento scherzoso, gli disse: "Bada, se parli la vedi?", e lui di rimando: "Lascia stare, non scherzare; è un pezzo che vai scoprendo se io sono un tipo che parlo o no".

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Sebbene la piena conferma della genuinità degli elementi portati a sostegno della proposta di assegnazione del Don Anchora al confino di polizia, ed accuratamente vagliati dalla Commissione // [p. 36] Provinciale, avesse già integrato il mio convincimento sulla legittimità e necessità del provvedimento adottato, tuttavia non ho voluto omettere di sentire i testimoni, residenti a Mentana, indicati nella querela per diffamazione formulata dall'Avv. Coccia nell'interesse del Don Anchora.

Nulla è emerso dalle loro dichiarazioni che possa indurre in dubbio a favore di quest'ultimo, pur trattandosi di persone legate al Parroco da rapporti di stretta amicizia o di interesse.

Copertina del libro da cui č tratta questa trascrizioneIl giovane Bassani Ivo, falegname, dice che egli e la sua famiglia hanno cordiali rapporti con Don Anchora dal tempo in cui questi giunse a Mentana e non può dirne che bene per gentilezza di sentimenti e decoro di vita. 
Cita la circostanza che un giorno trovò il Parroco a scrivere una lettera diretta alla madre del M_____ Germano e che consegnò a costui. Allontanatosi il M_____, il Parroco disse che questi era venuto a chiedergli ricovero per la notte e che egli lo avrebbe concesso volentieri, ma doveva astenersene per non dare pretesto a vociferazioni malevole. Il fatto trova riscontro nella dichiarazione resa dalla madre del M_____, Edvige Duranti (all. 9 al rapporto 28 Gennaio dell'Arma)
La dichiarazione del Bassani su questo punto porta un elemento a conferma che tra il M_____ e il Don Anchora dovevano correre rapporti così stretti da rendere possibile non solo l'intervento del Parroco, diretto a giustificare la frequenza del fatto che il giovane rincasava a notte alta, ma perfino il rammarico di non potergli dare ricetto in casa propria per non esporsi a malignazioni.

Il Bassani Ivo ammette che egli e la sua famiglia sono stati beneficati dal Don Anchora, il quale ha una particolare simpatia per il fratello Dante, giovinetto sedicenne, tanto da averlo condotto seco ed a proprie spese, per tre anni consecutivi, a trascorrere a Corigliano d'Otranto un mese di vacanze estive, donandogli anche vari oggetti di valore. 
Sull'indole di tali rapporti, date le tendenze del prete, si elevano forti sospetti in paese (veggasi rapporto 12 Febbraio u.s. dell'Arma - all. E.).

Il Bolognini Benedetto, un povero contadino in misere condizioni, null'altro sa dire senonché nei momenti di estremo bisogno è stato sovvenuto di qualche lira dal Parroco.

Il mugnaio Marchegiani Antonio, non è in grado di dichiarare altra circostanza che quella di essere debitore di Don Anchora di lire 10.000 personalmente, mentre altre persone di sua famiglia, per vicende relative alla gestione della Esattoria Comunale, sono debitrici dello stesso per lire 13.000 e che su queste somme avute a mutuo, pagano l'interesse dell'8%. Non sa se il denaro appartenga al Don Anchora: costui dice di averlo preso dal Banco S. Spirito.

Nella querela il Don Anchora indica a testimoni anche il V. Brigadiere dei RR. CC. Leonardi e il Dr. Aldo Nardi: sappiamo già quale apprezzamento essi portino sulla figura morale di lui.

Non ho potuto, poi, interrogare altri due testimoni indicati nella stessa querela: i contadini Prosperi Claudio e Paccherà Remo, poiché il primo era assente da Mentana, il secondo infermo. Ma essi, intimi del Parroco, non possono portare elementi // [p. 37] decisivi, atti a rivendicare una rispettabilità vergognosamente sommersa. È bene, tuttavia, rilevare che il Prosperi Claudio è padre del giovane Prosperi Edgardo, che fu testimone indotto da Don Anchora nel processo per diffamazione del 1930 e si prestò al tentativo di indurre il F____ a firmare una dichiarazione di ritrattazione a favore del Parroco.

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Gli elementi raccolti nella inchiesta, che ho condotto con la più scrupolosa obbiettività e diligenza, mi portano ad affermare, con sicura coscienza, che la nefanda azione di pervertimento e di corruttela troppo a lungo esercitata dal degenerato Parroco Don Anchora tra la gioventù di Mentana, ha trovato giusta e legittima sanzione, che vuol essere definitiva, nel provvedimento della Commissione Provinciale di Roma.

Con profonda osservanza
Roma lì 12 Marzo 1936 - XIV

L'ISPETTORE GENERALE DI PP. SS.
Giuseppe Carofale (?) [5]

Per la trascrizione di due allegati a questo provvedimento fare clic qui e qui. >>>

L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti.

Note

[1] Da: "Reverendo, giù le mani!". Clero e reati sessuali negli anni Trenta e negli anni Novanta, La fiaccola, Ragusa 2000, pp. 29-37 (documento n. 11).

La trascrizione che qui appare è la mia scansione in OCR dal testo edito, che è tratto dal fondo archivistico "Preti immorali".

Da parte mia avevo studiato il caso sul fascicolo conservato presso l'Archivio di Stato di Roma, nel fondo "Politici", Busta 25, che contiene anche una copia della presente relazione. 
L'esistenza di due copie  del testo è confermata da un'annotazione a matita sulla copia del fondo Politici: "22/6 restituita dalla sezione 2°, che ne ha un'altra copia".

I numeri di pagina che ho conservato nella mia trascrizione si riferiscono all'edizione a stampa sopra citata.

Nel testo a stampa, per un qualche motivio, uno dei cognomi è citato come Milani, Moroni e Merani, un altro come Pilotti, Pirotti e Piloti. Non so si tratti di una misura per proteggere la privacy dei ragazzi, che potrebbero essere ancora vivi, ma così facendo si può pensare che siano sei diverse persone quelle che in effetti sono solo due. Da parte mia ho perciò trascritto sempre, dopo verifica sul dattiloscritto, solo P______ e M____.

Ho inoltre trascritto due allegati direttamente dal fascicolo di don Anchora, il n. 8 e il n. 9.

[2] Don Anchora era nato il 20-12-1893 a Corigliano d'Otranto (Lecce). 
Sul caso di questo sacerdote vedi anche quanto ho scritto nel mio studio sui confinati omosessuali sotto il fascismo.

[3]-Cioè Benito Mussolini in persona! 

[4] Inizia qui la descrizione del vero e proprio "insabbiamento" operato dalla gerarchia cattolica per proteggere il prete libertino. Nel rapporto si legge qui chiaramente un tono di rimprovero, il che è tutto dire se si pensa che chi scrive è un fascista, del tutto favorevole alle gerarchie cattoliche. 
Gli scandali sessuali di oggi, insomma, hanno le radici in un atteggiamento complice ed omertoso da parte dei superiori che non è nato certo oggi, ma fa anzi parte del comportamento tradizionale della Chiesa cattolica.

[5] Non sono certo di aver decifrato bene il cognome dalla firma.

Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.

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