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"Avanti!" [1920]

Amedeo Modigiliani, Le jeune apprenti, 1919 ca.
Amedeo Modigiani, Le jeune apprenti, ca. 1919.
 
La severa condanna d'un giovanetto  [29/10/1920] [1].

CORTE D'ASSISE
La severa condanna d'un giovanetto.
Trent'anni dì reclusione.

I personaggi di questa bieca tragedia senza lacrime interessano più cheo i giurati, gli antropologi, gli scienziati psichiatrici e criminalogici, in quanto che l'ucciso, il vecchio cuoco Stefano Muccinelli, era un inveterato pederasta e l'uccisore, un giovanetto poco più che diciottenne, il Bianchi Venerio da Luco dei Marsi, dai periti dottori Medea e Cerruti fu giudicato: «soggetto temporaneamente pericoloso, appartenente a una categoria di ritardatari nello sviluppo psichico», che, più del carcere punitivo avrebbe bisogno di lunga osservazione e di molte cure mediche.

Il Bianchi, falegname, profugo triestino, solo, sperduto nella grande metropoli tumultuosa, conobbe il vecchio cuoco al bar Vittorio Emanuele. Vi si recò il Muccinelli perché sapeva — ed era noto — che quello era il luogo di ordinario convegno degli «atleti», degli «sportsmens» (sic) [2]?

Certo è che il vecchio degenerato offrì alloggio, e protezione al giovanetto per piegarlo alle sue turpitudini. E il Bianchi divenne schiavo del suo... benefattore, finché una notte, dal 4 al 5 gennaio di quest'anno, il giovanetto che non sapeva trovar la forza né di ribellarsi né di fuggire [3] e che, abrutito dalla consueta lordura e accecato dallo schifo, aveva perduto ogni coscienza, colpì all'impazzata, con un pezzo di legno trovato in terra, il vecchio dormiente, che non si svegliò più!

La vista del sangue valse a ridestar l'omicida e a richiamarlo alla realtà. L'istinto di conservazione, di liberazione gli suggeriva di fuggire, errare, vagabondare, per sfuggire alla vendetta sociale; ma per fuggire occorreva aver quattrini, e il Bianchi per procacciarsene asportò dalla casa del vecchio abiti, indumenti, due orologi.

Fu arrestato il 14 febbraio ed ieri comparve davanti alla Corte, che gli fece il  processo a porte chiuse. Il P. M. chiese la condanna a 30 anni, e benché il difensore avv. Fucigna, si fosso battuto validamente chiedendo l'ammissione dell'omicidio preterintenzionale, i giurati negarono all'imputato anche le attenuanti e ritennero ch'egli aveva ucciso con premeditazione per rubare.

Il Bianchi, due volte condannato per furto, schivò l'ergastolo per la sua minore età [4], e fu condannato in seguito al severo verdetto a trent'anni di reclusione e alle conseguenti interdizioni.
 
L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti.
Note 

[1] Ho trascritto il testo da:  Anonimo, La severa condanna d'un giovanetto. Trent'anni di reclusione, "Avanti!", 29 ottobre 1920, p. 3. L'episodio qui narrato è avvenuto a Milano.

[2] L'autore dfel pezzo vuole ad ogni costo evitare di presentare l'assassino come un giovane che per vivere si prostituiva, in modo da addossare l'intera colpa dell'accaduto alla vittima. Ma questo bar ha l'aria del tipico locale che sdoppia il proprio ruolo con quello di luogo d'incontri fra giovani muiscolosi e i loro clienti...

[3] L'assassino viene gabellato per una specie di fragile uccellino ipnotizzato nelle spire del depravato serpente. Come rivela anche la anche la scelta dell'asettico verbo "asportare" per nominare lo svaligiamento della casa della vittima, e questo nonostante il ragazzo avesse a carico già due condanne per furto! 

[4] La maggiore età era allora 21 anni.


 


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