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Articoli su Maria Alice (Mario) Bertolotti [1951-1954]

Maria Alice Bertolotti in una foto di Oggi, 1951
 
Enrico Roda, A vent'anni Alice si rifiutò di restare donna [24/05/1951] [1].

Si trova in questo momento nelle prigioni di Alessandria, sotto l'accusa di aver estorto del danaro ad una signora di Castellazzo Bormida, una certa Maria Alice Bertolotti. La faccenda sarebbe piuttosto banale se la protagonista della vicenda, cioè la Bertolotti, non portasse i pantaloni, non sostenesse di essere un uomo e non avesse dato in ismanie quando il giudice istruttore che la stava interrogando le disse, in un momento d'impazienza: "La smetta di fare commedie e si metta una sottana come tutte le altre donne". In attesa che la perizia medica definisca la strana posizione della detenuta e che dall'istruttoria risulti o meno la sua colpevolezza, si può far conto che Maria Alice appartenga al sesso femminile. 

La donna cui Maria Alice Bertolotti avrebbe estorto del danaro è una vedova di 49 anni che indicheremo con le iniziali R. S., dimostra qualche anno di più, veste di nero ed è ormai del tutto grigia di capelli. Quando, qualche anno fa, la buonanima di suo marito la lasciò sola, ella si trovò in possesso di una piccola eredità che, in un paese senza tentazioni come Castellazzo Bormida, le avrebbe permesso di vivere senza preoccupazioni fino al termine dei suoi giorni. Ma l'amore entrò nella sua casa.  
Ne fu causa accidentale una trascurabile escoriazione alla mano sinistra che si era prodota durante il periodo della trebbiatura: quel giorno le si presentò, a bordo di un "guzzino", un signore con gli occhiali che, dopo aver mostrato un'ingiustificata apprensione sulle sue condizioni di salute, cercò di spiegarle quanto meglio sarebbe stato se ella avesse avuto alle sue spalle la garanzia di una assicurazione, e finì il suo discorso col proporle di garantirsi, per il futuro, con una polizza.  
La vedova era, prima di tutto, una contadina: così, per principio, si rifiutò di firmare. Ma quando, a qualche settimana di distanza, l'assicuratore si fermò nuovamente davanti all'uscio della sua casa, ella lo accolse con insolita premura e scese in cantina in cerca di una bottiglia da sturare in suo onore. 

Da quel brindisi nacque una simpatia, così almeno credeva la vedova, e in seguito, sempre nella sua immaginazione, un fidanzamento. La gente di Castellazzo cominciò a sorridere. "Ormai", dicevano, "ha perduto la testa". Se avessero saputo che, oltre alla testa, la donna stava perdendo il suo patrimonio, insensibilmente, sotto forma di piccoli prestiti al suo "fidanzato" assicuratore, avrebbero riso di più.  
Con tutto questo la signora R.S. era felice. Tra lei e quello che ormai considerava l'uomo del suo cuore non erano corsi rapporti meno che corretti: anche ora ella sostiene, e nessuno ne dubita, di non avere scambiato con lui nemmeno un bacio. Il suo "fidanzato" era quasi un bell'uomo e anche, come si dice, un "tipo signorile".  
Un giorno dello scorso marzo il "fidanzato" mancò all'appuntamento. Si disse che il fidanzamento fosse stato troncato; poi si seppe che l'assicuratore era in prigione, ma questa notizia scomparve di fronte ad un'altra più straordinaria: l'assicuratore era una donna. 
Quando la signora R.S. venne invitata in questura il suo stupore fu duplice: non soltanto si metteva in dubbio il sesso del suo "fidanzato", ma l'assicuratore si trovava in prigione proprio per colpa sua, senza che lei avesse mai minimamente pensato a denunciarlo, sotto l'accusa d'averla raggirata estorcendole quel poco denaro di cui disponeva. A queste notizie la vedova si ribellò: disse che non poteva credere a quanto le si diceva, parlò di una congiura ordita ai suoi danni e il risultato fu che la credettero pazza. 

Che cosa dicevano i rapporti della questura? 
Maria Alice Bertolotti, settima figlia di una modesta famiglia, nasce a Suzzara (Mantova) quarantun anni prima. Per la sua passione ai giochi mascolini i compagni di scuola la chiamano "Yotatanka" dal nome di un personaggio salgariano. A vent'anni lascia il paese e, con il paese, anche le sottane. Sotto il nome di Mario Bertolotti la ragazza entra a far parte di quel mondo nomade e pittoresco proprio dei baracconi da fiera e si guadagna da vivere facendo l'acrobata motociclista, suscitando il brivido negli spettatori di uno di quei cosiddetti "muri" o "pozzi della morte". Tranne un breve periodo in cui, lasciata la motocicletta, è scritturata come cavallerizzo in un circo, ogni sera, per dodici anni, casacca rossa, casco e calzoni bianchi, stivaloni neri, rischia la vita, non solo per il gusto di vestirsi da uomo ma per dare la prova, forse più a se stessa che agli altri, del suo coraggio. 

Nel periodo della guerra Alice non viene, naturalmente, chiamata alle armi, ma il suo aspetto maschile attira l'attenzione delle pattuglie tedesche che percorrono le strade di Verona dove a quell'epoca si trova. La prima volta che le vengono richiesti i documenti, intestati al suo vero nome, non è creduta e, per una specie di ripicca della sorte, viene inviata ad un campo di concentramento a Vienna.  
In questa avventura ella può consolarsi di aver ottenuto una soddisfazione morale, quella cioè di essere creduta quello che ha sempre inteso di apparire: un uomo. 

La prigionia le procura, inoltre, un'altra soddisfazione. Fin dal 1935 Alice aveva conosciuto una donna che era diventata la sua compagna in una circostanza che ricorda un episodio da romanzo di cappa e spada: una sera di quel 1935, a Brescia, quattro individui sotto l'eccitazione provocata dal giorno della festa cittadina e dall'aspetto di una giovane donna che sembrava annoiarsi, si erano permessi nei suoi confronti qualche manifestazione di galanteria un po' troppo audace. Alice che, finito lo spettacolo, si era confusa tra la folla del parco dei divertimenti aveva notato la scena ed era corsa in aiuto della ragazza.  
Dei quattro importuni ne aveva atterrati tre: forse avrebbe battuto anche il quarto se non fosse intervenuta la polizia.  
Era, ancora una volta, una manifestazione impostale dal bisogno di esternare ad ogni costo la sua virilità .  
A parte il fatto che questo gesto cavalleresco le aveva fruttato una condanna a quattro mesi di reclusione per lesioni e porto d'armi abusivo (le era stato trovato addosso un pugnale), Alice ebbe l'occasione, sotto la veste propizia di "salvatore" di entrare nella più stretta intimità  con la signorina L.P.  
Questi rapporti iniziatisi nel 1935 durano tuttora - la scoperta dei medesimi fu un duro colpo per la vedova di Castellazzo Bormida - e se si considera che la donna, al momento dell'internamento di Alice in campo di concentramento, tanto brigò che ottenne di essere assunta presso il consolato italiano a Vienna allo scopo di poterla raggiungere,  bisogna riconoscere che il potere di seduzione della donna-uomo è senza dubbio maggiore di quello che molti rappresentanti del sesso forte possono vantare.  

Terminata la guerra, Alice rientra in Italia, trasferendosi con la sua compagna ad Alessandria. Abbandonati per sempre i "muri della morte", il casco, i pantaloni alla cavallerizza, Maria Alice diventa un grave, occhialuto assicuratore in doppiopetto nocciola. Al "bolide della morte" ha sostituito il modesto e più sicuro "guzzino", con il quale appunto inizia ad allargare la sua cerchia di affari nei dintorni di Alessandria, ed è così che, pur continuando a convivere con la signorina L. P. inizia la relazione con la vedova R.S. 

Ma se lo spunto di questa storia si svolge in un ambiente di sapore dichiaratamente boccaccesco, la sua conclusione minaccia di risolversi alla maniera di una commedia di Pirandello, ché, infatti, il magistrato che conduce l'istruttoria è assediato dalle richieste, tanto dell'amante quanto della fidanzata, che mirano alla pronta scarcerazione di Maria Alice.  
La signorina L.P., durante un animato interrogatorio, ha gridato al giudice: "È un uomo quanto voi, e forse più di voi".  
Quanto alla vedova di Castellazzo - che avrebbe dovuto costituirsi parte civile - ha dichiarato: "Uomo o donna non importa, ma fatelo uscire di prigione". 


L'uomo-donna davanti ai giudici [27/06/1951] [2]. 
 
"Maria Alice Bertolotti, in abiti maschili, chiamata domani a rendere conto delle sue molteplici malefatte al tribunale di Alessandria".  
Alessandria, mercoledì sera.  
Si discute domani dinanzi al Tribunale di Alessandria, sotto la presidenza del dottor Buzio, che ha pure istruito la delicata pratica, una delle più interessanti vertenze giudiziarie - sotto il profilo medico-legale - che mai siano state portate alla ribalta processuale.  
È la vicenda dell'ormai famoso uomo-donna, l'assicuratore Maria Alice Bertolotti, nato a Suzzara il 24 agosto 1910, e arrestato alla fine del febbraio scorso, su denuncia della questura di Alessandria alla Procura della Repubblica per truffa e falso in documenti.  

Sono noti i particolari di questa originale storia in cui campeggia questa strana figura di uomo-donna, tenacemente contesa da altre due donne: l'antica amante, con la quale ha convissuto intimamente per sette anni, e la nuova innamoratissima fidanzata che ha aiutato con generoso animo, colui che avrebbe dovuto prossimamente essere suo sposo. 

Nell'autunno del 1949 capitava nella vicina Castellazzo Bormida l'assicuratore Bertolotti, munito di regolare tesserino di riconoscimento dell'Istituto Nazionale delle Assicurazioni, proponendo alla contadina Giannina Ferretti, di 59 anni, una polizza sulla vita. La buona donna aveva sposato nel febbraio del 1948 il contadino Raffaele Posteraro, calabrese e di appena 24 anni, colà sospinto dagli eventi bellici. Due mesi dopo questi partiva per il fronte russo e nel dicembre dello stesso anno veniva dichiarato disperso.  
La Ferretti rimase colpita dall'aspetto compito e garbato dell'assicuratore, gentile e premuroso, e firmò una polizza «mista» di 200 mila lire. Poi la simpatia si tramutò in affetto e l'amore ben presto divampò nel cuore della matura contadina. Le visite del Bertolotti si fecero via via più assidue, ma sempre contenute in termini corretti. La Ferretti, per venir incontro ad alcune difficoltà finanziarie del futuro sposo, vendette un appezzamento di terreno, quindi accese una ipoteca sulla sua casa. Il ricavato, esattamente 950 mila lire, finì nelle tasche del Bertolotti che avrebbe sistemato ogni pendenza con le prossime auspicate nozze. Seguirono altri doni e offerte di denaro non bene precisate, e intanto gli avvenimenti precipitarono. 

Mentre coltivava questa passione, il Bertolotti continuava a convivere con una certa Luisa, qui residente, la quale lo aveva seguito nel 1943 in un campo di concentramento tedesco, presso Vienna, di dove il Bertolotti venne liberato per infermità polmonare. Costei ha sempre asserito di non avere riscontrato alcuna anormalità fisica nel suo Mario, ha detto, e che i loro rapporti erano normalissimi. Si è poi saputo a quali... surrogati era ricorso il Bertolotti nel corso di tali rapporti, per sua stessa ammissione al giudice istruttore. 

Come è noto la perizia medica eseguita dal dottor Piero Maransana ha concluso come dal punto di vista giuridico, il Bertolotti debba considerarsi appartenente al sesso femminile, essendo questo che decisamente prevale nella sua struttura morfologica e nelle sue apparenze; dal punto di vista biologico invece il Bertolotti deve considerarsi come individuo dal sesso non bene definito.  

Il Bertolotti però ha protestato contro queste affermazioni dei periti. Dalla sua cella isolata nel reparto femminile delle noste carceri, in cui si trova tuttora, egli dice di essere di sesso maschile.  
In proposito egli ha voluto indugiarsi in questi giorni, prima di presentarsi all'udienza in tribunale, su un trattato di medicina legale riflettente appunto le anomalie fisiologiche che lo interessano. 

Lo rivedremo dunque domani assistito dal'avv. Benzi e dall'avv. Mozzone, in abiti maschili, che non ha mai smessi, e lo sentiremo ripetere le vicende della sua vita avventurosa e prettamente maschile: fuggiasco di casa giovinetto ancora, nomade instancabile, acrobata audace, abile cavallerizzo, motociclista spavaldo, provetto meccanico, attratto dalle donne in numerose avventure amorose dalla prima innocentemente fiorita sui banchi della scuola elementare per una coetanea, a quella prorompente che lo portò a convivere per lunghi anni con la sua Luisa. 

Ma sono questi elementi sufficienti per scardinare la triplice imputazione contestata dalla pubblica accusa (truffa aggravata, sostituzione di persona, falso) anche se la Giannina Ferretti ha più volte dichiarato di non essere mai stata truffata, di avere donato spontaneamente il suo denaro e di non intraprendere alcuna azione contro il Bertolotti se non quella per fargli riottenere la libertà e convivere con lui onestamente? 
Siamo di fronte a un dramma arduo e complicato anche se, apparentemente, ogni contrasto sembra vinto dalla scienza e dalla legge. 


ALICE MARIA BERTOLOTTI IN APPELLO  
I motivi del ricorso della donna-uomo [28/08/1951] [3].
Essa chiede di esser assolta per non aver commesso le truffe 
o almeno perché non aveva inteso raggirare la donna di cui era il "fidanzato".

Alessandria, mercoledì sera.  
La donna-uomo, Alice Maria Bertolotti, ha presentato ieri alla cancelleria della Corte d'Appello, per mezzo dei suoi difensori avvocati Mazzone e Benzi, i motivi del suo ricorso contro la sentenza del tribunale.  
Com'è noto essa fu ritenuta colpevole di truffa ai danni di Giovanna Ferretti e venne condannata a dieci mesi di reclusione e a 7 mila lire di multa. Ora la Bertolotti protesta contro la decisione del primi giudici e chiede di venir assolta in Appello con formula ampia perché il fatto non costituisce reato o almeno per insufficienza di prove nel dolo, non avendo ella mai avuto intenzione di raggirare le donne di cui divenne il «fidanzato» e tanto meno la Ferretti. 

Per sostenere tale tesi i due valenti legali si basano sostanzialmente sulle perizie d'ufficio compiute sulla Bertolotti e sulla Ferretti, ed anche sulle dichiarazioni che quest'ultima fece al tribunale durante l'udienza del 27 giugno scorso.  
La parte lesa aveva infatti narrato la storia del suo amore per Alice Maria Bertolotti che si era presentata a lei in veste di uomo e le aveva fatto balenare la possibilità di un matrimonio o almeno di una convivenza «more uxorio».  
Nella sua deposizione però erano mancati del tutto gli espliciti elementi d'accusa. Anzi proprio lei, che il capo d'accusa Indicava come la truffata, difese quasi con passione l'imputata che ella continuava ad indicare con il nome di Mario. Affermò che Bertolotti non aveva mai promesso di sposarla, che non le aveva chiesto denari, che non era insomma una truffatrice. Proprio in questo atteggiamento di strana difesa ad oltranza il tribunale ritenne di vedere la esatta conferma dello stato di soggiogamento amoroso e di suggettività del quale la Ferretti è risultata dominata e dal quale tanta facilitazione ha potuto, a suo tempo, trarre l'imputata nell'espletamento della serie di artifici e raggiri. 

In base alle risultanze dibattimentali riguardanti la Ferretti, i difensori fondano in parte la loro richiesta di assolutoria per la Bertolotti. Essi rilevano che fra le due donne - una che si dimostrava veramente tale e l'altra che invece, essendo di sesso neutro, vestiva e si comportava da uomo - non era mai stata scambiata promessa di matrimonio. E ciò per un motivo assai semplice: la Ferretti, vedova di guerra, non intendeva risposarsi per non perdere la pensione; avrebbe perciò accettato volentieri di convivere con «l'uomo» Alice Maria Bertolotti. E a quest'ultima «donò» dei quattrini, anche somme ingenti perché era innamorata. Non si tratterebbe affatto di raggiro. 

Verrà accettata tale tesi dalla Corte d'Appello? È assurdo fare previsioni del genere. Comunque la risposta non si farà attendere molto, perché pare che la data del processo venga fissata molto presto, trattandosi di una questione che riguarda una detenuta. 


La "donna-uomo" rifiuta di comparire in udienza .
I difensori chiedono l'assoluzione dell'imputata. I giudici con-
fermano la condanna pronunciata dal Tribunale di Alessandria [19/09/1951] [4]. 

Si è iniziato stamane, alla quinta Sezione penale dalla Corte d'Appello, il riesame del processo contro la famosa Alice Maria Bertolotti di Alessandria, la strana figura che i periti non hanno saputo classificare con assoluta certezza donna o uomo. Dirige il dibattimento il presidente Vaccarino, sostiene l'accusa il P. G. Ottello, cancelliere il dott. Cugnasco.  
L'imputata non è presente in aula. Essa infatti, come abbiamo già pubblicato, aveva chiesto fin dalla settimana scorsa al Presidente della Corte di rimanere in cella allo scopo di sottrarsi alla curiosità che si era creata intorno alla sua persona. È comparsa invece davanti al giudici la «fidanzata» della Bertolotti, ossia la vedova Giannina Ferretti di Castellazzo Bormida. 

È appunto quest'ultima, con le sue dichiarazioni rese ai carabinieri durante le prime indagini, colei che ha fatto condannare, dal Tribunale di Alessandria il 28 giugno scorso, la Bortolotti a 10 mesi di reclusione e a 7 mila lire di multa. La Ferretti infatti aveva dichiarato che «l'assicuratore» Mario Bertolotti, qualificandosi «uomo», e comportandosi come tale, le aveva promesso di sposarla allo scopo di farsi consegnare dei denari. Più tardi la donna aveva ritrattato l'accusa; proprio in questo comportamento il Tribunale aveva ravvisato, a carico dell'imputata, gli estremi della truffa. 

Stamane il Procuratore generale dopo la dettagliata relazione del processo svolta dal consigliere dott. Cibrario ha chiesto alla Corte di respingere il ricorso della Bertolotti e di confermare la sentenza di Alessandria. Anch'egli, nel tardivo pentimento della Ferretti, scorge una conferma della tesi seguita dai primi giudici. Gli avvocati difensori Mazzone e Benzi sostengono invece che non esistono a carico della Bertolotti gli estremi della truffa perché essa ha ricevuto dalla vedova Ferretti le somme di denari, circa un milione, che quest'ultima le offriva spontaneamente e liberamente. Fra esse non sarebbe intervenuta alcuna promessa di matrimonio, ma unicamente una intesa per una convivenza «sui generis».  

La Corte ha confermato la sentenza di Alessandria. 


È stata riconfermata in appello la condanna della donna-uomo [20/09/1951] [5]. 

La vicenda della donna-uomo è riapparsa ieri alla ribalta della Giustizia col solito interessamento che queste «pochades» creano nel pubblico. Ma il protagonista o la protagonista (troviamo difficile nell'indicarlo uomo oppure donna, mentre in sostanza non è né una cosa né l'altra) non s'è presentata, e quindi la causa ha perduto tutto il suo interesse.  
La quale causa discutendosi alla Corte d'Appello di Torino per legge veniva anche privata di vari elementi di primo piano, cioè dei testimoni a cominciare dalle parti lese, se lese furono realmente. 

Negli atti del Tribunale in base a una perizia medica, però non precisa, l'imputata passa sotto il nome di Alice Maria Bertolotti, ma effettivamente, vuoi perché effettivamente l'apparenza era d'uomo, nel primo processo di Alessandria Alice Maria fu trattata come un uomo, tantoché apparve nell'aula ammanettato. Il brigadiere che colla sua scorta andò a prelevarlo al carcere si trovò di fronte a un uomo e come vuole il regolamento lo tradusse senz'altro in udienza ammanettato. Fu solo nell'udienza pomeridiana e nel rientro alle carceri che venne trattato da donna, come risultava nell'atto di citazione a giudizio. 
Dunque Alice Maria Bertolotti, la singolare figura che a prima vista non si saprebbe classificare con certezza, con assoluta certezza non è stata classificata neppure dai periti medici, i quali hanno concluso con una specie di equazione, cioè ritenendola più donna che uomo.   

Dirigeva il dibattimento alla V Sezione penale della Corte il Presidente Vaccarino; Proc. Gen. Ottello: Canc. dott. Cugnasco.  
La imputata aveva già in precedenza chiesto al Presidente di rimanersene in cella per sottrarsi alla curiosità del pubblico. È comparsa invece «en touriste» l'amante con cui viveva «more uxorio» Alice Maria Bertolotti, anche quando aveva intrecciato relazione con quella agiata contadinotta, la vedova Giannina Ferretti di Castellazzo Bormida, la vera parte lesa perché ci rimise quasi un milione in quanto l'imputata, qualificandosi uomo, aveva promesso di sposarla, cosa sotto un certo punto di vista, impossibile. 

Il Tribunale d'Alessandria aveva condannato per truffa l'assicuratore a 10 mesi di reclusione e a 7 mila lire di multa. In udienza è stato letto il suo vistoso certificato penale, dal che si deduce che l'imputato, o imputata che sia, oltre che ingannare la vedova Ferretti circa il suo sesso aveva ingannato la Società d'Assicurazione, che l'aveva nominato suo agente produttore, ritenendolo di specchiata onestà.  
Brutta pagina quel certificato penale!, ha concluso il P.G. chiedendo la conferma della condanna dei giudici alessandrini.  
La Corte è stata di uguale parere ed ha confermato la precedente sentenza.  

L'uomo-donna venne difeso dagli avvocati Benzi e Mazzoni di Alessandria.  
Richiesti da alcuni colleghi del Foro torinese se ritenevano il loro cliente uomo o donna, hanno risposto come Manzoni: «Ai posteri l'ardua sentenza». 



 
I motivi dell'arresto dell'uomo-donna.
Raggirata una signorina con la promessa di sposarsi? [16/01/1952] [6]. 

Alessandria, 15 gennaio.  

L'assicuratore Maria Alice Bertolotti, l'ormai famoso uomo-donna, da ieri pomeriggio si trova nuovamente ospite della prigione di via Parma in una cella isolata del reparto femminile, e la fida amica Luisa Piemontesi ha cercato invano di andarla a visitare.  
L'ordine d'arresto emesso dalla Procura della Repubblica di Bolzano il 5 dicembre scorso, dopo avere sostato presso le autorità di Vercelli e di Santhià, dove si presumeva essere residente la prevenuta, è stato eseguito per la Squadra Mobile della Questura di Alessandria dal dirigente dott. Baretti. 
Quando la comunicazione è stata notificata dagli agenti, le due amiche, residenti ora in via S. Pio V n. 9, sono scoppiate in lagrime, rattristate dal nuovo intervento giudiziario che molto probabilmente le terrà lontane l'una dall'altra per molto tempo, non solo, ma alla Piemontesi non darà più la possibilità di visitare settimanalmente Maria Alice, come soleva fare durante la precederne detenzione in Alessandria.  

Il motivo dell'arresto si riallaccia ad una precedente truffa compiuta nel settembre 1949 a Bolzano, dove l'assicuratore s'era recato per ragioni professionali. Qui aveva avuto modo di conoscere la signorina Ginevra Mancabelli in relazione alla stipulazione di una polizza d'assicurazione sulla vita. Il comportamento garbato e cortese dell'assicuratore, la voce tenera e suadente, i modi gentili avevano conquistato pure il cuore dell'ignara fanciulla, tanto che questa se ne innamorò e pensò a un possibile matrimonio. Con questo miraggio infatti la Mancabelli sborsava 300 mila lire, che lo scaltro conquistatore di cuori femminili intascava, facendo quindi ritorno ad Alessandria.  
Nonostante la parentesi affaristico-sentimentale di Bolzano, Bertolotti continuava la convivenza con la Piemontesi.  
Subito dopo, con la stessa tattica e procedura, si verificava il noto episodio di Castellazzo Bormida ai danni dell'incauta ed innamoratissima vedovella Giannina Ferretti: costei ci rimetteva nelle stesse circostanze un milione di lire e naturalmente perdeva anche il promesso sposo. 

In attesa del nuovo processo, di cui non si conosce ancora la data della celebrazione, la Maria Alice Bertolotti ha ripreso stanza in quella angusta, isolata e gelida cella sita sotto i tetti del reparto femminile, costretta ad una forzata inerzia, mentre proprio in questi giorni si era illusa di poter riprendere la sua attività professionale, interrotta con l'arresto del 22 febbraio 1951.  
Placata la prima reazione al nuovo arresto, la Bertolotti ha assunto il suo abituale comportamento disinvolto ed anche riservato; tuttavia si è appreso che ha negato di avere commessa la nuova truffa contestatale, precisando di avere sì percepito quel denaro dalla Mancabelli, ma come ammortamento delle quote della polizza d'assicurazione.  
La cifra però a giudicare a prima vista appare elevatissima, e sproporzionata al modesto contratto stipulato dalla delusa Ginevra. 





 
La donna-uomo d'Alessandria compie una truffa a La Spezia [24/03/1954] [7].
 

La Spezia, 23 marzo.  
Dopo lunghe ricerche, i carabinieri di La Spezia sono riusciti a identificare i nominativi di una strana coppia, responsabile di una lunga serie di truffe consumate in varie città d'Italia. La coppia fece il suo ultimo colpo a La Spezia. 
L'8 dicembre dello scorso anno si presentavano all'abitazione della signora Caterina Pino due persone, che dichiaravano di essere marito e moglie. Lui, Mario Bertolotti, si diceva ispettore dell'INAIL; aggiunse che avrebbe dovuto prendere servizio a La Spezia l'indomani.  
I due strani coniugi trovarono sempre qualche pretesto per differire il pagamento, e riuscirono a protrarre il loro soggiorno fino al 3 gennaio; in tal giorno dissero alla padrona di casa che facevano un salto a Genova per riscuotere lo stipendio e la tredicesima mensilità. In questo periodo i due erano riusciti inoltre ad avere in prestito dalla padrona di casa ventimila lire. Naturalmente da Genova non tornarono più, né si ebbero loro notizie. 

La Pino denunciava allora l'accaduto, affermando di essere stata truffata per complessive 60 mila lire. I carabinieri, iniziate le indagini, trovarono come unico indizio, nella stanza occupata dai due, un telegramma diretto al Bertolotti e proveniente da Borgomanero. Successivamente, le Poste di Borgomanero riuscivano a rintracciare il mittente e quindi, attraverso altre indagini, si apprendevano i nomi della coppia.  
Non si tratta di marito e moglie, ma di due donne: Maria Bertolotti (il marito) di 44 anni, da Gualtieri (Mantova), e Luisa Piemontesi, di 41 anni, da Piana (Mantova).  
La Bertolotti si era truccata così bene e portava con tale disinvoltura gli abiti maschili che nessuno ebbe mai ad accorgersi del suo vero sesso; essa e già stata in carcere, alle Nuove di Torino e ad Alessandria, per fatti dello stesso genere. 


DA' DI NUOVO DA FARE ALLA POLIZIA
La donna-uomo arrestata a Monfalcone.
È Maria Alice Bertolotti, la protagonista del processo di Alessandria.
Fermata con la «moglie» e denunciata per truffa [30/03/1954] [8]. 

Trieste, martedì sera. (U. S.). 
Quello che viene chiamato il «mistero dell'uomo donna» ha sollevato enorme scalpore anche a Trieste. Il commissario-capo dell'ufficio della P. S. di Monfalcone, comm. Di Zeno, da qualche giorno è assai indaffarato: sul suo tavolo piovono da mezza Italia le denunce a carico di Alice o Mario Bertolotti e di Luisa Piemontesi. 

Il presunto Mario Bertolotti e Luisa Piemontesi arrivarono a Monfalcone il 23 gennaio provenienti da Udine. Presero in affitto una stanza presso la signora Luigia Orlando. Sembravano una pacifica coppia di sposi maturi che girassero per ragioni di affari. Da un semplice controllo di polizia ha avuto origine il clamoroso fatto. Gli agenti scopersero che i due erano una coppia di truffatori che avevano avuto oltre a tutto l'abilità di ingannare la loro stessa padrona di casa, dalla quale s'erano fatti dare circa mezzo milione di lire, che la povera donna credeva di avere investito in polizze di assicurazione dell'I.N.A. 
Polizze, moduli, materiale di propaganda dell'Istituto Nazionale Assicurazioni risultarono assolutamente originali. La spiegazione non tardò a venire: il Bertolotti era stato per alcuni anni agente dell'I.N.A. dal quale era stato licenziato perché sospetto di truffa. 

Gli agenti prendevano in consegna i due. Senonchè, al momento di venire trasferito in carcere l'uomo, che si presentava con una certa eleganza, usciva in questa strabiliante frase: «Badate che io sono una donna, perciò dovete mettermi nelle carceri femminili». Commissario e agenti rimasero esterrefatti. E allibito rimase anche il medico dell'ospedale di Monfalcone quando, a richiesta della polizia, dovette dire l'ultima parola sullo strabiliante caso: se cioè doveva essere destinato allo strano individuo il carcere maschile o quello femminile. «Psicologicamente - stabilì il dottore - l'individuo fermato è indubbiamente maschio, ma non sempre psicologia e fisiologia vanno d'accordo. Gli atteggiamenti, le maniere e il "tono" sono maschili, ma non basta. Mandatelo nelle carceri femminili - fu il saggio consiglio del medico - ma mettetelo da solo in cella». 

Una volta in carcere il Bertolotti, la polizia ricostruiva, sulla base delle informazioni pervenute, la «carriera» del fermato. Anagraficamente il Bertolotti è indubbiamente una donna; il registro di Suzzara (Mantova) lo annota come Maria Alice, figlia di Adamo, nata 44 anni fa e precisamente il 24 agosto 1910. Ma Maria Alice non deve essere rimasta molto a lungo fedele all'anagrafe: appena ha potuto, si è messa i pantaloni e la cravatta, se li è messi tanto «efficacemente» che ha anche indossato la divisa militare ed ha subito alcuni anni di prigionia in Germania. 

Da almeno quindici anni Maria Alice veste panni da uomo. Del suo passato per ora si sa che nel 1953 da Imperia, dove si trovava, si trasferì a Macerata, facendosi assumere come motociclista acrobata al «pozzo della morte» presso un circo.  
Si sa anche che nel 1943, mentre lavorava (sempre vestita da uomo) come dipendente della ditta novarese SIAI, incontrò a Borgomanero Luisa Piemontesi - che è nata e risiede in quel centro - la donna, ora quarantunenne, che divenne sua «moglie», rimanendo con lui prima saltuariamente e da tre anni a questa parte coabitando quasi ininterrottamente. Poi fu condannato durante un clamoroso processo, nel '51 ad Alessandria, per truffa ai danni di un'altra donna, un'altra «moglie», Giannina Ferretti, e dell'INA, del quale era stato agente, come s'è detto. 

Segnalazioni di altre truffe sono giunte ora da Imperia, Novara, Massa Carrara, Bologna, Savona e Bolzano. Da Suzzara è venuto poi l'elenco del numerosi «fogli di via» con i quali la Maria Alice è stata avviata al paese d'origine come indesiderata.  
L'8 marzo scorso risulta che Luisa Piemontesi ha fatto una scappata a casa e il Bertolotti è partito, non si sa per far che, per Roma; sino a Milano hanno viaggiato assieme. Al loro ritorno dovevano trovarsi di fronte alle indagini ormai avviate della polizia. 

Rimane intanto ancora insoluto il «mistero fisiologico» del Bertolotti il quale, anche quando è stato visitato dal medico dell'ospedale di Monfalcone ha sostenuto di considerarsi un «uomo» benché avesse precedentemente rivendicato le sue prerogative anagrafiche di donna. «Con un'operazione - ha detto alla polizia lo strano individuo - potrei diventare manifestamente un maschio. Ma non ne ho né il coraggio, né i soldi per farlo».  
Rimane comunque il fatto che Luisa Piemontesi, nubile e incensurata, da  dodici anni lo considera il suo «cosciente» coniuge. Stando alle sue stesse dichiarazioni, la donna non avrebbe avuto finora sospetti sul sesso di colui al quale ha legato la sua vita. 

Oggi la polizia di Monfalcone ha chiesto al Pretore - che l'ha concessa - la protrazione del fermo in attesa di ulteriori accertamenti sui due. 

 
L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti.

Note 

[1] Il testo da: Enrico Roda, A vent'anni Maria Alice si rifiutò di restare donna, ''Oggi'' n. 21, 24.05.1951. Online qui. 

Il caso di Maria Alice (Mario) Bertolotti è stato rievocato in: Scandolara, Sandro, Arrestato a Monfalcone per truffa e raggiro. Ma la polizia si chiede - è uomo o donna?, ''Il Piccolo'', 04.04.2004. 

[2] G. C., L'uomo-donna davanti ai giudici, ''Stampa Sera'', 27.06.1951, p. 1. 

[3] Anonimo, I motivi del ricorso della donna-uomo, "Stampa Sera", 08.08.1951. 

[4] Anonimo, La "donna-uomo" rifiuta di comparire in udienza, "Stampa Sera", 19.09.1951, p. 2. 

[5] Anonimo, È stata riconfermata in appello la condanna della donna-uomo, "La Stampa", 20.09.1951, p. 2. 

[6] Anonimo, Raggirata una signorina con la promessa di sposarsi?, ''La Stampa'', 16.01.1952, p. 5. 

[7] Anonimo, La donna-uomo di Alessandria compie una truffa a La Spezia, "La Stampa", 24.03.1954, p. 5. 

[8] U. S., La donna-uomo arrestata a Monfalcone, "Stampa Sera", 30.3.1954, p. 5. 
 


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