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D. A. Lemmi (sec. XX)

Ragazza ''esistenzialista''.
Ragazza "esistenzialista" (illustrazione originale del presente articolo)
Rodolfo e Mimì, dalle soffitte alle cantine  [29/11/1952] [1].

Tutto è permesso agli "uomini maledetti" e alle "donne dannate" dei Saint-Germain-des-Près, ma ormai non sono più di moda.

di D. A. Lemmi

Parigi, novembre

I giovanotti barbuti con la camicia a quadrettoni e le ragazze pallide con i capelli spioventi, che scelsero Saint-Germain-des-Près come quartiere generale, erano appunto i nipoti e i figli di quella "bohème" che aveva reso celebri altri quartieri di Parigi. 
Ma il gruppetto di giovani esistenzialisti che, nel 1945, creò il Tabou, era lontano dall'immaginarsi che si sarebbe parlato tanto di loro e che, con quella cantina, avrebbero dato una nuova gloria a Saint-Germain-des-Près

Durante quattro anni [2] era stato proibito di ballare a Parigi e quei giovanotti fremevano dalla voglia di saltellare al ritmo americano. Con gli scarsi mezzi di cui disponevano, avevano decorato quella cantina e ne avevano fatto la loro "boîte de nuit[3] a buon mercato. 
Ma i pacifici abitanti della Rue Dauphine non erano disposti a sopportare quello schiamazzo notturno e, in attesa che il prefetto di polizia prendesse in considerazione la petizione che ne chiedeva la chiusura, cominciarono ad annaffiare copiosamente i primi adepti francesi del be-bop.
Ciò attirò la curiosità dei giornalisti, in quel momento a corto di cronache colorite, e tutti i giornali di Parigi e provincia parlarono del Tabou e di Jean-Paul Sartre

Poco dopo, in occasione della prima conferenza della Pace, giunsero nella capitale francese i corrispondenti dei giornali del mondo intero, che a loro volta fecero il "pezzo" sulla cantina esistenzialista. 
La pace non fu firmata, ma Saint-Germain-des-Près divenne alla moda, con i suoi eroi, le sue leggende e le sue ninfe egerie.

Indubbiamente quelle ragazze (studentesse, modelle, indossatrici, attricette o semplicemente dattilografe) dalle frange aggressive e dai petti frenetici, e quei giovanotti (cineasti, dottori in erba, figli di papà, astrattisti e genii incompresi) irrequieti, cerebrali, appositamente trascurati, mal rasati, la camicia aperta sul petto villoso, la giacca di velluto e lo sguardo volutamente vago, erano influenzati dalla versione sartrista dell'esistenzialismo, anche se di filosofia ne masticassero [sic] ben poco. 

Certamente è colpa di questa gioventù se la gloria di Sartre ha rassomigliato piuttosto a quella di Rita Hayworth che <a> quella di Bergson, e se l'esistenzialismo praticato a Saint-Germain-des-Près è stato più pittoresco che filosofico.

Comunque, nel veder sorgere quelle cantine, nelle quali si celebravano messe notturne al ritmo indiavolato del be-bop, proprio all'ombra del vecchio campanile che era stato uno dei più importanti anelli della formidabile catena di abbazie benedettine, si è assistito a una specie di rivincita del profano sul sacro.
Rivincita piena d'amara ironia, poiché gli spasmi epilettici e l'epicureismo della gioventù che frequentava quelle cantine, trovava la sua giustificazione nella filosofia che aveva avuto come precursori il gaudente Sant'Agostino e l'ascetico Pascal, che conobbero, senza darle questo nome, l'angoscia esistenzialista.

Dunque, nonostante le sue origini religiose l'esistenzialismo si è impiantato a Saint-Germain-des-Près, cioè nel più antico centro di erudizione cattolica, come dottrina razionale che restituisce all'uomo tutta la sua libertà. 

Il filosofo esistenzialista ha detto infatti alla gioventù che la vita è un divenire continuo e che si afferma al di sopra d'ogni logica e d'ogni sistema. "L'uomo è libero dai piedi alla testa, quindi deve fare facendosi, ed essere soltanto quel che si è fatto". 
Immagine dell'articolo originale su
Immagine dell'articolo originale di ''Epoca'', del 1952. 
[Foto: Archivio G. B. Brambilla]

Diluendo questa massima, Jean-Paul Sartre ha scritto quattro libri e quattro commedie, che lo hanno reso celebre e milionario; ma alla gioventù la massima esistenzialista è servita soprattutto per darsi alla frenesia del ballo, per non essere più obbligata a lavarsi ogni mattina, per praticare una specie d'amore libero e giustificare quella tendenza al minimo sforzo che sembra naturale all'avvicinarsi dei vent'anni. 
Come per la storia dell'uovo e della gallina, adesso però non è più possibile sapere se è stato prima Sartre a creare gli esistenzialisti o se sono stati gli esistenzialisti a creare Sartre. 
"Per me" confessa l'autore della Nausea: "Si tratta d'una gloria superficiale; ma questa gioventù sembra voler giustificare troppe cose. Questi giovani non hanno niente a che vedere con me e io non ho niente a che fare con loro. 
È un'avventura assai straordinaria che mi capita nella mia qualità di filosofo. Coloro che vogliono attaccare i giovani dicono: "Sono sporchi, cinici, disperati perché esistenzialisti"; coloro che, al contrario, vogliono attaccare me dicono: "Guardate che cosa ha fatto Jean-Paul Sartre inculcando il cinismo dei costumi e la sporcizia alla gioventù contemporanea".

Purtroppo Saint-Germain-des-Près ha divorato da un pezzo le illusioni di quei giovani intellettuali che avevano creduto di giustificare la loro maniera di vivere con la filosofia esistenzialista.
Ma a mano a mano che le illusioni svanivano, anche il quartiere cambiava clientela.

Diventato ormai un quartiere eccentrico, dove tutto era permesso, quei giovanottelli troppo biondi e soavi e quelle maschiette dalle maniere di "garçonnes" lo hanno scelto come luogo preferito per i loro appuntamenti, anzi, per dire meglio, per i loro incontri internazionali.
I giovanotti mal rasati e le ragazze dai capelli spioventi, con le loro stramberie esistenzialiste, avevano trasformato il vecchio quartiere in un luogo dove tutte le eccentricità erano permesse. 
Quegli "uomini " e quelle "donne", che all'epoca di Baudelaire erano definiti gli "uomini maledetti" e le "donne dannate", lo avevano quindi scelto come punto di ritrovo per i loro appuntamenti internazionali. 
Il profumo dolciastro e pieno di sottintesi che "quelli" e "quelle" lasciano dietro di loro, hanno dunque finito col viziare completamente l'atmosfera esistenzialista.

Contro l'invasione degli efebi e delle ragazze con la cravatta (la cui circonferenza, per impiegare il linguaggio dei sarti e dirla con Simone de Beauvoir, ha degli attributi) senza destinazione definitiva, i proprietari dei bar e cantine cercarono di reagire, sferrando una vera e propria offensiva. Cioè dando ordine ai camerieri di essere maleducati con quel genere di clienti, aumentando abusivamente il prezzo delle consumazioni, capovolgendo le antiche abitudini di alcuni caffè dei "boulevards", che non servivano le signore sole, rifiutarono di dare da bere a quei "signori" non accompagnati da una donna. 

Marcel Proust parla, in Sodome et Gomorrhe, della totale mancanza di tatto degli omosessuali, e gli "indesiderabili" di Saint-Germain-des-Près, di fronte all'offensiva dei mercanti di liquori, dimostrarono di essere privi di suscettibilità e di non formalizzarsi della cattiva educazione dei camerieri. Pagavano imperturbabili 150 franchi per un bicchiere di birra (sono abitualmente molto sobri, almeno nel bere) e accettavano senza batter ciglia le osservazioni.

Il pericolo rosa
I mercanti di liquori provarono a indirizzarsi al commissario del quartiere, che fece qualche retata; ma il risultato fu negativo. Quei "signori" oltre ad avere le carte in regola, erano persone altolocate: incaricati d'ambasciata, funzionari dei servizi internazionali, personalità del mondo artistico e letterario. 

Non fu dunque possibile scongiurare il pericolo "rosa" ed i mercanti di liquori ottennero soltanto la conclusione d'una specie di "gentlemen<'s> agreement" con gli "indesiderabili". Quest'ultimi non devono dimostrare con troppo calore le loro particolari amicizie e nei bar e nei caffè sono tenuti al rispetto delle convenienze e ad una certa riservatezza. 
Adesso, per farsi mettere alla porta, devono veramente esagerare...

Le "garçonnes" invece, pur non nascondendo le loro simpatie per il "deuxième sexe[4], cercano di passare inosservate. Restano fra loro, a coppie o a gruppi, ma non disdegnano di tanto in tanto la compagnia degli uomini, a condizione, beninteso, che quest'ultimi non pretendano <di> far finire la serata con la coniugazione dell'amore fisico. 

Per tentare di spiegare il numero sempre crescente di queste "amicizie" femminili, Simone de Beauvoir, appunto, nel già citato Deuxième sexe, afferma che l'esordio in amore della donna è più pericoloso di quanto si pensa generalmente. 
Malgrado il suo stile filosofico-medicale, che toglie ogni carezza della voluttà al suo testo, la scrittrice esistenzialista si commuove sulle emozioni della ragazza incantata dalla dolcezza delle sabbie marine, dal leggero sfioramento della seta, dalla tenerezza d'un piumino, dal velluto dun fiore o dun frutto. 
Essa dice che la ragazza è strappata brutalmente al suo mondo immaginario per essere gettata come una vittima tremante nella trappola del letto nuziale. 
È una prova terribile, che spesse volte disgusta la donna per tutta una vita.

La storia di Tilly
Tilly ci offre l'esempio vivente della teoria esposta da Simone de Beauvoir. 
È una ragazza che deve aver superato da poco i venticinque anni, ma ha conservato le maniere scapigliate della studentessa. Il suo volto languido contrasta assai con il suo corpo ben fornito e con la foggia mascolina dei suoi vestiti, come la finezza delle sue maniere e una naturale signorilità contrastano con le sue idee anarcoidi ed il suo frasario popolaresco. 

Altri elementi di contrasto: è intelligente, malgrado sia bella; non è ambiziosa, malgrado abbia tutte le qualità per riuscire. 

Fra le assidue frequentatrici di Saint-Germain-des-Près, Tilly è una delle poche che non sia alla continua ricerca del convitatore più o meno magnifico. Disegna modelli in una casa di moda e guadagna bene per vivere indipendente. Anzi, ha sempre sotto la sua protezione una di quelle ragazze affamate, che essa veste, nutre ed ospita nel suo studio di Montparnasse.

Fin dalla sua più tenera età, Tilly aveva visto in casa Jacques, un amico del padre. Adolescente precoce, Tilly aveva dato le sembianze di Jacques ai suoi primi sogni d'amore e quell'immagine maschile l'aveva amata con lo slancio, la curiosità, la malizia della bambina. 

Il tempo aveva poi spazzato via o corrotto le sue impressioni di bambina, ma quel sentimento per Jacques era rimasto immutato. Si era giurata che Jacques sarebbe stato l'uomo amato e, per un misterioso complesso della sua anima, aveva voluto mantener fede al suo giuramento. Il giorno stesso in cui aveva compiuto diciotto anni, gli aveva confessato, con molta emozione nella voce, il suo amore. 
Jacques l'aveva ascoltata sorpreso, poi era scoppiato in una risata. 
Ma quella risata non le aveva fatto cambiar idea. Lei stessa, qualche mese dopo, gli proponeva di accorciare le sue vacanze, che doveva trascorrere in Bretagna da una famiglia amica, e di vivere insieme una intera settimana.

Così fecero, e Tilly discese alla "Gare Montparnasse", dal treno che la riconduceva dalla Bretagna, fremente d'entusiasmo.
Jacques era lì, fra la folla, ad aspettarla. Avevano traversato Parigi per recarsi alla "Gare du Nord", e nel tassì lui le aveva detto: "Andiamo in una pensione a Chantilly; ho già scritto". 

Però non aveva aggiunto: "Il paesaggio è meraviglioso!". Aveva detto: "È più prudente".
Giovane donna esistenzialista (illustrazione originale dell'articolo qui ripubblicato).

"In quell'istante", dice ora Tilly, "non feci caso a quella frase. Invece avrebbe dovuto aprirmi gli occhi. Da quella frase avrei dovuto capire che la mia grande avventura d'amore, tanto attesa e sognata, tanto desiderata, si sarebbe tradotta in una terribile delusione. 
Avrei dovuto far fermare il tassì e fuggire. Fuggii tre giorni dopo, quando era troppo tardi. Infatti, l'uomo sognato, l'uomo amato in segreto per tanti anni, si rivelò subito grossolano, carnale, d'una schiettezza rivoltante. Tutto il mondo dei miei bei sogni s'infranse. 
I tre giorni che trascorsi con lui, furono per me tre giorni d'incubo, di paure, di ribrezzo. La natura aveva perduto ogni sua bellezza, la vita aveva preso un aspetto osceno. Per un momento pensai persino alla morte. 
Per fortuna, tornando a casa, l'arrendevole sorriso di mio padre e le affettuose premure di mia madre mi riconciliarono con la vita".

Tilly spiega ancora: "Un mese dopo ricevetti un messaggio di Jacques che diceva testualmente: "Domani ti aspetto nella mia stanza fino alle sei. Se non vieni mi faccio saltare il cervello". 
Era una giornata grigia e triste, e triste era la mia anima quando entrai nella sua stanza. "Io non posso dimenticare", esclamò. 

Cercai di spiegargli il mio stato d'animo, ma non potetti dargli quelle ragioni che cercavo invano da tanti giorni in me stessa. 
Riconobbi che avevo agito leggermente e con troppa precipitazione, che prima di trascinarlo in quell'avventura e prima di romperla bruscamente avrei dovuto, oltre che riflettere, analizzare bene i miei sentimenti; ma che, comunque, nell'uno o nell'altro caso, avevo agito sinceramente. 

Mi accorsi che non ero riuscita a persuaderlo, a calmare la sua sofferenza. Due giorni dopo, infatti, dovevo apprendere che si era suicidato.

Fu un colpo terribile e per alcuni mesi rimasi in uno stato di semincoscienza, come trasportata in un altro mondo, quello della follia. Poi la vita è tornata, ma non è più tornato l'amore. Ogni domenica vado a posare un fiore sulla sua tomba, la tomba del mio primo e unico amante".

A parte il fatto che ognuno di noi porta in sé i rudimenti dell'altro sesso, vestigia dell'ermafroditismo iniziale, alla base delle pratiche saffiche di molte di queste donne, c'è sempre un accidente sentimentale o psicologico
Quindi non affrettiamoci a scagliare la pietra contro le Tilly che a Saint-Germain-des-Près o in altre città o luoghi si sono perdute nel labirinto dell'amore. 

Anche il signor Edward de Muralt adorava perdersi in quel labirinto, e per l'occasione si era composto di due volti: quello del gentleman rappresentante generale in Francia delle industrie metallurgiche d'Inghilterra e quello un po bohème del frequentatore di bar. 

Durante il giorno frequentava i ministeri e le ambasciate, parlava di brevetti e materie grasse per conto del trust metallurgico; parlava di petrolio per conto della Shell, e il suo quartiere abituale erano i Campi Elisi. 
La sera invece si recava a Saint-Germain-des-Près, dove ritrovava quella parte ubriacona della gentry [5] inglese con la quale parlava, con significativa nostalgia ed ammirazione, di Wilde e del suo Lord Douglas.

Falso industriale e vero agente dell'Intelligence Service, falso dongiovanni e vero sodomita, Edward de Muralt ha perduto la sua vita perché ne aveva due. Mentre l'alba sorgeva è stato trovato morto al volante della sua vettura.
Qualche ora prima, a Saint-Germain-des-Près, aveva fatto la conoscenza, in un bar, di due marinai e di un sergente della fanteria coloniale. Amante degli "esperimenti inediti" aveva invitato il trio militare a salire nella sua macchina per fare un giro nelle varie "boîtes[6]. Ma i tre soldati erano stati attirati dai suoi anelli e dal portafoglio e non dalle prospettive di qualche situazione a "quattro", e avevano preferito dargli un buon colpo sulla testa prima di giungere al suo appartamento. Quel colpo era stato mortale.

Loulou è una bionda angelica di diciannove anni. È attrice ed infatti ogni tanto interpreta una particina in un film o in una commedia. 
A Saint-Germain-des-Près è però soprattutto conosciuta col nome di "Miss Whisky" perché, quando l'occasione capita, può berne un numero illimitato di bicchieri. Le comitive allegre la invitano volentieri perché ha buon carattere e perché basta pronunciare la parola "chiche[7] per vederla gettar via i suoi vestiti. Parola che è d'altronde sempre pronunciata alla fine d'ogni cenetta. 
In attesa che il numero vincente esca alla riffa della carriera cinematografica o teatrale, Loulou, come fanno tutte le altre ragazze del quartiere, trascorre le giornate a chiacchierare alla terrazza del "Flore", del "Deux-Magots" o della "Rhumerie".

Domani possiamo [sic] benissimo vedere i proiettori della gloria parigina fissarsi sull'angelico volto di Loulou, ma possiamo anche leggere sui giornali la notizia, perduta fra le brevi, che ha aperto il rubinetto del gas in un momento di "cafard[8] o, peggio, possiamo leggere che il suo fragile corpo, nudo per l'ultima volta, e senza che nessuno abbia pronunciato la parola "chiche", è disteso sul macabro tavolo della "morgue". 

Così infatti è terminata la storia di Lison. Anch'essa, tutta sorridente, era discesa un giorno del 1938 alla stazione Montparnasse. Aveva abbandonato Tréguier, un paesotto di tremila abitanti, ma celebre perché ci è nato Ernesto Renan, ed era venuta a cercare la gloria a Parigi. 
Una bella brettone di diciott'anni, piena di sogni e di volontà per realizzarli. Aveva cominciato col fare il giro degli stabilimenti cinematografici, delle agenzie teatrali e dei caffè-concerto. Nessuno essendosi accorto della sua bellezza, l'aveva mostrata tutta intera agli allievi della <Accademia> "Grande Chaumière". In breve tempo era diventata la più ricercata e la più pagata fra le modelle di Montparnasse.

Duri profili
Sulla sua gloria nascente di Lison piomba la guerra e i duri anni dell'occupazione tedesca, con gli studi dei pittori freddi ed i nervi scossi. Tornato l'arcobaleno sul cielo di Parigi, Lison è fra le prime frequentatrici di Saint-Germain-des-Près. Durante quattro anni l'abbiamo vista, un libro sotto il braccio, una sigaretta alle labbra, discutere appassionatamente di filosofia e di pittura alla terrazza del "Flore"; l'abbiamo vista ballare freneticamente al "Tabou". 

Però aveva conservato il suo tipo, il suo duro profilo ed il suo mistero, e guardava con una certa alterigia le ragazze dai capelli spioventi. 
Il fatto d'essere stata celebre a Montparnasse, d'aver prestato la sua fisionomia all'illustrazione della "Donna dannata" di Baudelaire, di essere fissata in una tela del Louvre, le conferivano autorità. 
Ma a Montparnasse, dominato dalla pittura, l'amore conservava ancora un profumo romantico; a Saint-Germain-des-Près, dominato dalla letteratura esistenzialista e dal cinema, l'amore è invece diventato d'essenza "gastronomica", quindi, come la fame, può essere soddisfatto da qualsiasi nutrimento. 
Le adolescenti fameliche riescono a sfamarsi, Lison che invece va sulla trentina non riesce più a nutrire le sue illusioni.

Dopo il suo lussuoso appartamento di Montparnasse, anche Lison è finita in un bar-hotel del "Carrefour Odéon". Ma mentre Loulou, con l'indifferenza dei suoi diciannove anni, ci sta soddisfatta come il giallo nel mezzo dell'uovo, Lison soffre. Nella fredda stanzetta dell'albergo, essa trascorre intere giornate a leggere ed a fumare. La sera esce alla ricerca d'una "chance" alla quale crede sempre meno. 
Torna il mattino, le braccia cadenti e lo sguardo smorto. 
Beve. Per fortuna trova ancora gente disposta ad offrirle da bere.

Una notte, al Quai de Javel, sotto il lampione, fu trovato il cadavere d'una donna dai lunghi capelli castano chiari. Era nuda, sotto la veste male abbottonata ed il golf violetto infilato al rovescio. Le sue mani erano lunghe e diafane, ed i sopraccigli accuratamente depilati. 
All'ospedale Boucicaut, dove il cadavere fu trasportato, il medico di servizio dichiarò che la donna era stata strangolata, poi rivestita alla svelta e trasportata sulle rive della Senna. Nel cercare la "chance", Lison aveva incontrato la morte.
 

Giovani esistenzialisti (illustrazione originale dell'articolo qui ripubblicato)
Giovani esistenzialisti 
(illustrazione originale dell'articolo qui ripubblicato)

Ai confini di Saint-Germain-des-Près esiste una scuola che ha fornito le Michèle Morgan e le Cécile Aubry al cinema francese, ma che fornisce pure il grosso del contingente di ragazze ai caffè ed alle cantine del quartiere esistenzialista. 

Tempo fa, mentre gli aspiranti alle glorie del firmamento cinematografico o teatrale erano riuniti in classe, il direttore della scuola, con una voce strozzata dall'emozione disse: "Ragazzi miei, ho una cattiva notizia da comunicarvi: la vostra compagna Maria Luisa Favereau è in punto di morte. L'ospedale nella quale è stata ricoverata chiede quaranta donatori di sangue per tentare di salvarla. Chi di voi vuole?". 

Un centinaio di allievi corsero all'ospedale Bichat. La loro collega aveva vent'anni. Dopo una scena di vera gelosia amorosa con Michel Thierry, figlio del poeta Paul Géraldy, aveva tentato di mettere fine alla sua breve esistenza. 

Maria Luisa allieva molto dotata, recitava il dramma alla meraviglia, ma non aveva imparato a recitare la commedia della vita. 

All'alba dell'indomani, malgrado che nelle sue vene scorresse il sangue di quaranta suoi colleghi, si era spenta dolcemente, ma piangendo. 
Essa aveva pagato con la morte il coraggio di credere ancora all'amore.

Esercito cosmopolita
Questi drammi non hanno però alcuna importanza, perché accadono fra le quinte. Saint-Germain-des-Près è stato ormai consacrato come nuovo "gay Paris[9] e quel che conta è lo spettacolo dell'esercito cosmopolita degli stravaganti che soddisfano la loro vanità per soddisfare la curiosità dei turisti. L'importante è di poter dire: "Siamo stati a Saint-Germain-des-Près ed abbiamo trascorso un'allegra serata". 
La gente che va a cercare brividi d'emozione in quel quartiere, troverebbe soltanto la noia se il divertimento non lo portasse con sé. 
Dunque l'atmosfera d'allegria la creano proprio coloro che ci sono andati per cercarla. A Saint-Germain-des-Près tutte le bizzarrie sono permesse.

Eppure, malgrado queste sue nuove apparenze di "gay Paris" e le balordie della sua clientela internazionale, Saint-Germain-des-Près resta un quartiere angosciato dalle teorie di Sartre e dall'intellettualismo poetico di Prévert
Dietro i riflettori della pubblicità che illuminano le sue distrazioni, ci sono ancora molte ombre che creano nel mistero. 

Quando all'alba le trombette di Claude Luter e di Boris Vian si sono taciute [sic], quando i turisti sono tornati nei loro alberghi, quando le "garçonnes" hanno trovato il loro fremito nelle loro particolari amicizie, quando le ragazze sono rientrate ubriache se non proprio sfamate nei loro albergucci, l'angoscia esistenzialista, che le allegre comitive hanno ormai scacciata dai caffè e dalle cantine, veglia ancora dietro le persiane e s'affanna a scrivere tragedie, cercare rime, fabbricare romanzi, immaginare scene e sequenze.
 

L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti.
Note

[1] Il testo da: "Epoca" n. 112, 29 novembre 1952, pp. 28-31 (corredato da servizio fotografico).

Il titolo richiama i protagonisti della Bohème di Puccini.

Ho aggiunto qualche neretto, qualche virgola e acapo, nonché corretto alcuni refusi.

Questo articolo sulla scena omosessuale (sia gay che lesbica) nella Parigi degli anni Cinquanta è stato trascritto e inviato da
GiovanBattista Brambilla, che ringrazio, e che ha scritto anche il seguente commento:

"L'articolo di per se stesso è abbastanza ridicolo e mostra gli omosessuali come poveri disgraziati pervertiti, votati ad un'eterna infelicità da zombie.

La storia patetica di Tilly e della causa del suo lesbismo non fa proprio testo, e mostra la morale dell'epoca: le donne che sono precipitose nel perdere la verginità fanno una brutta fine e generano mostri intorno a loro (se non mettono al mondo bastardi, causano come minimo un'ecatombe), per non parlare poi di un rimorso che le corrode per tutta la vita. 

Anche tutto il resto dell'articolo è trapuntato di tragedie, e la storia dell'aspirante attrice che si taglia le vene per amore non c'entra poi niente con l'argomento dell'articolo. 

Eppure l'articolo è abbastanza importante perché apparve su "Epoca", una rivista a vasta diffusione popolare, edita da Mondadori (dalle tendenze socialisto-cattoliche). 
Fu l'unica volta (possiedo tutte le annate dal 1950 al 1975) che venne dedicato all'omosessualità, su questa rivista, un articolo di ben quattro pagine.
L'argomento sulla "depravazione sessuale" degli esistenzialisti parigini doveva essere di dominio pubblico anche in Italia, se un corrispondente fu incaricato di scriverne così a lungo. 
Nell'articolo però non viene neppure sfiorato l'argomento degli "stupefacenti" che in realtà regnavano a Sant-Germain-des-Près all'epoca. 
Bisognerà aspettare lo scandalo dell'arresto alla frontiera italo-francese del principe Dado Ruspoli (nel 1953 o 1954, mi pare), per detenzione di droga, perché i giornali italiani rivolgessero la loro attenzione alla cosa.
Con l'andare degli anni, infatti, sempre più spesso si equiparerà la depravazione alla droga, e molto meno alle "devianze sessuali". 

C'è comunque da ammettere che questo articolo è soltanto blandamente accusatore o fustigatore (che dir si voglia!): ben peggio verrà scritto di lì a poco sulla vita depravata dei ricconi a Capri, Parigi o Londra, specialmente su altre testate (di destra) come "Il Borghese", "Lo Specchio" ecc.

[2] Cioè durante l'occupazione nazista di Parigi e la guerra.

[3] "Locale notturno", "balera".

[4] "Secondo sesso"; è anche il titolo d'un celebre saggio femminista di Simone de Beauvoir, scrittrice e teorica esistenzialista, che fu anche compagna di Sartre.

[5] "Aristocrazia".

[6] "Locali notturni".

[7] Esclamazione di sfida: "Vediamo se hai coraggio!".

[8] "Depressione nera".

[9] All'epoca voleva dire solo "L'allegra Parigi", ma visto il contesto dell'articolo, non è da ascludere che qui ci sia un doppio senso. Anche se in quegli anni il termine "gay" per "omosessuale" era molto poco noto in Italia. Infatti, come si nota da questo articolo, all'italiano mediamente colto era (ancora per poco) molto più familiare la Francia (specie Parigi) e la sua lingua, che l'America e la lingua inglese.
 
 


Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.

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