Reati e pene. Corte d'Assise di Venezia.
Libidine contro natura [5/8/1885] [1].
Nella
sbarra degli accusati stanno un vecchio facchino piattaio, altre volte
condannato per furto, dalla faccia ributtante, ed un giovinetto
quattordicenne, garzone liquorista, dall'aspetto idiota.
Il
primo è imputato di avere in epoche imprecisate nell'estate dello
scorso anno approfittato di fanciulli minori di anni 12, usando su di
essi atti indegni, adoperando anche minaccie per ottenere la
soddisfazione dei lubrici piaceri (art. 425, 489, 490 cod. pen.),
l'altro, dopo esser stato la prima vittima del satiro, d'aver cooperato
con lui procurandogli anche altre vittime.
I
giurati nel loro verdetto ammisero la colpevolezza del vecchio per
crimine continuato, escludendo le attenuanti, pel giovinetto nel
mentre affermarono gli addebiti fattigli ammisero però che egli agì
senza discernimento, quindi lo dichiararono assolto.
La
Corte perciò sulle conclusioni del P. M. condannava il vecchio
sodomita ad otto anni di reclusione e all'interdizione legale durante
la pena, ordinava poi il ricovero del giovane assolto in uno
stabilimento di lavoro governativo. |
L'autore ringrazia fin d'ora
chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone,
luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà
eventuali errori in essa contenuti.
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Note
[1] L'articolo,
non firmato, viene da: "L'Adriatico. Gazzetta del Veneto", anno X, n.
214, mercoledì 5 agosto 1885. Ho aggiunto io un poco di punteggiatura.
Mi è stato comunicato da Claudio Dell'Orso, instancabile ricercatore della storia della Venezia "arcana" e "trasgressiva" del passato, che ringrazio.
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