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Pietro-Martire d'Anghiera (1457-1526)
 
Conquistadores spagnoli
Conquistadores spagnoli.

Da: Sommario dell'istoria dell'Indie occidentali  [1492-1525] [1]
Decade III, libro 1 (pp. 145-146) [2].

Come Vasco Nunez, pervenuto alla provincia detta Esquaragua e appiccata una gran zuffa, furono tra morti e feriti di quelli Indiani da seicento, tra i quali fu morto [= ucciso] anco il suo cacique [3], e come dette la morte a molti cortegiani imbrattati d'un orrendo vizio. 

Dette queste parole si fece avanti lui con tutti li famigliari vestiti di cottone, e cominciò a ferir li nostri che volevano passar avanti, li quali immediate discaricorono molti schioppi e balestre che avevano. 
Il strepito e rumor delli quali uditi dagl'Indiani, pensorono che le fussero saette che venissero dal cielo, e si misseno in tanta fuga e paura che molti di loro caddero in terra. Altri restorono attoniti, di modo che non sapevano fuggire.

Dove giunti [raggiunti] dalli nostri con le spade ne furono tra morti e feriti più di seicento, e tra gli altri fu morto il cacique Esquaragua.

Fatto questo, Vasco s'avviò con gli altri verso la casa del detto, dove trovorono assai da mangiare. 
E viddero il fratello del detto cacique, insieme con molti altri, ch'erano vestiti a modo di femine. Del che si maravigliò forte, e massimamente <del fatto> che non s'era fuggito. 

E dimandata la causa, gli fu detto da tutti li vicini, li quali dapoi [dopo] la morte del cacique corsero a vedere li cristiani come uomini venuti dal cielo, che 'l detto cacique con tutti li suoi cortegiani erano imbrattati di quel nefando vizio contra natura. E che per questo il detto fratello con gli altri ch'erano in casa andavano vestiti da femine, né potevano toccar archi né saette [frecce], ma attendevano a [si occupavano di] far servizi di casa, come fanno le femine. 

Vasco, udito il parlar di costoro, molto piú si maravigliò che fra quelli monti asperrimi e fra tante selve, dove vivon solamente di pan di maiz con bere acqua, né hanno frutti o uccelli né salvaticine [selvaggina] come in altri luoghi dell'Indie, in queste genti prive di delizie vi fusse entrato simil abominevol peccato[4].

E subito gli [li] fece pigliare, che potevan esser circa quaranta, e legati gli fece stracciare e sbranare da alcuni cani grandi ch'aveva menato seco, e gli adoperava a seguire gl'Indiani quando fuggivano. 

Veduto il castigo di costoro da quelli della villa, ciascuno dove sapeva che fussero alcuni di questi simil tristi, li quali tutti erano delli cortegiani, perché il vulgo [popolo] non era tinto di simil macchia [5], lo prendevano, e sputandogli nel viso lo menavan a Vasco Nunez, pregandolo che li facesse morire.

E uno piú vecchio degli altri, alzate le mani e gli occhi verso il cielo, dimostrava [indicava] il sole (quale [che] adorano) e diceva ch'era irato per simil sceleraggine, e per questa causa si sentivan li tanti suoni e saette in quelle parti, e dalli monti correvan l'acque alcune volte con tanto impeto che menava via tutti li maizali [i campi di granturco], la qual cosa gli [li] faceva morire di fame. E che levati via della terra simil tristi, il sole non saria più adirato e gli lasciaria [avrebbe lasciato] raccoglier il loro vivere.

Queste parole piacquero molto a Vasco, e quanti di simil scelerati gli erano menati, tanti ne faceva morire

Conobbe che questi popoli erano molto docili, e che facilmente, se s'insegnasse loro, si redurriano a costumi civili. E oltre a questo, ch'erano uomini di cuore [coraggiosi], e d'adoperarsi in guerra; però gli carezzò [li lusingò] quanto potette.[6]

Balboa nel 1513 fa sbranare quaranta sodomiti di Panama
Balboa nel 1513 fa sbranare quaranta sodomiti di Panama. 
(Incisione di Théodore De Bry [1594]. Fare clic per un ingrandimento dell'immagine).

Fregio di separazione

Decade III, libro 2 (p. 156)

Come Pacra cacique, prima fuggito, poi venuto nelle mani di Vasco, fu meritamente punito delle sue sceleraggini, e il ringraziamento fattogli per la punizione da Bononiama signore, con la risposta ch'esso Vasco gli fece.

E per questo andati avanti giunsero alle case del cacique Pacra, qual trovorono senza alcun dentrovi, ma gli altri Indiani vicini, subditi del detto, vennero ad incontrargli, portando loro da mangiar e da bere, dalli quali s'intesero le molte sceleraggini del detto Pacra, <il> qual si dilettava di quel abominevol peccato e usava violenzia a chi non gli compiaceva, e nuovamente [ultimamente] avea per forza menate via quattro giovane figliuole d'alcuni signori lì vicini, delle quali faceva quello strazio che gli pareva per suo piacere.

Vasco deliberò, per farsi amici tutti li popoli e signori vicini, di veder d'aver nelle mani il detto Pacra, e parte con lusinghe, e parte con minaccie, fece tanto che s'assicurò di venirlo a trovare. E menò seco tre altri signori similmente imbrattati del medesimo vizio di Pacra.

Scrisse Vasco che quello cacique Pacra era nell'aspetto il piú brutto e sozzo Indiano che mai avesse veduto, e che alla bruttezza se gli aggiugneva una ferocità nel guardare che più presto [piuttosto] pareva animale salvatico che persona umana. 

Giunto che fu, lo fece legare insieme con li tre compagni, dicendo voler udire le querele di quelli che si lamentavano di lui, e far giustizia. Il che intesosi, concorse [accorse] una infinita moltitudine ad accusarlo, sì de' signori vicini come d'Indiani, provandogli su 'l viso gli enormi delitti e grandissime ribalderie, e principalmente d'aver sforzato [stuprato] tutti li giovani e le giovane che gli venivano avanti, overo che intendeva che fussero in alcun de' luoghi vicini. 

Per la qual cosa Vasco lo condannò che insieme con li tre compagni vivi fussero devorati da quelli cani che di sopra abbiam detto che Vasco menava seco; quali, avezzi a correr adosso agli Indiani nelle battaglie, come furono loro appresentati [presentati] costoro legati, in un momento gli mangiorono insino agli ossi. 

Ma avanti [prima] che gli [li] facesse morire, lo dimandò dove egli aveva il suo oro, qual [e lui] disse non ne avere, e avendogli mostrato li nostri alcune lame e catenelle che in una sua camera avean trovate, qual poteva valer da 1500 castigliani, disse che quell'oro avea avuto dalli suoi antecessori [predecessori], e ch'erano morti quelli che lo raccoglievano, e che mai s'era dilettato d'aver oro né postovi cura alcuna. Né altra parola di bocca gli potette cavare.

Per questa severità fatta contra Pacra, si fece tanti amici e benevoli tutti li caciqui vicini [7].

 

Per altri testi sull'omosessualità e la sodomia nell'America premoderna, fare clic qui.

L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti.

Note

[1] Pietro Martire d'Anghiera, o "d'Angera" (1457-1526), Sommario dell'istoria dell'Indie occidentali cavato dalli libri scritti dal signor don Pietro Martire milanese [1534]. In: Giovanni Battista Ramusio, Navigazioni e viaggi [1550], Einaudi, Torino 1985, vol. 5, pp. 25-205. (Nota: "Martire" non è cognome, ma specificazione del santo, come lo è "Battista" in "Giovanni-Battista").

Questo è il riassunto in italiano di un'opera annalistica sulla conquista dell'America del sud, compilata dal 1492 al 1525. 
Le prime tre "decadi" furono edite in latino come: Petrus Martyrus Anglerius, De orbe novo, nel 1516; la decade quarta nel 1534. 

[2] I fatti hanno per protagonista Vasco Nuñez de Balboa (1475-1519) nell'ottobre 1513. 

[3] Capo villaggio.

[4] L'ideologia cattolica riteneva che il peccato di Sodoma derivasse da sazietà di cibo e di ricchezze.
Da qui lo stupore per il fatto di trovare travestiti omosessuali anche in terre povere e con poco cibo.

[5] Anche questa affermazione deriva dall'ideologia vista nella precedente nota. Sono ovviamente i ricchi a potersi permettere la sazietà, e quindi la sodomia.

[6] C'è da prendere con qualche cautela la versione di Pietro d'Anghiera, che è celebrativa e propagandistica. A giudicare dai dati che lui stesso fornisce pare più probabile che gli indigeni delle classi dominate abbiano approfittato dell'occasione per sbarazzarsi di quanti più cortigiani improduttivi possibile, sfruttando le manie degli invasori spagnoli. È infatti abbastanza improbabile che un fenomeno profondamente istituzionalizzato come quello qui descritto potesse cozzare in modo così stridente con la morale diffusa nella società indigena, come pretende il narratore.

[7] Un commento alquanto verboso a questo brano è in Jonathan Goldberg, Sodometries, Stanford University press, Stanford 1992, pp. 180-192.
Si veda lo stesso episodio nel racconto di Fernández de Oviedo


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