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Alcuino di York (ca. 735-804)

Alcuino in un ritratto ideale del IX secolo.
Alcuino in un ritratto ideale del IX secolo.
Versus de cuculo.[1]
Versi su un cùculo.[1]
<Daphnis>
Plangamus

Dafni
Piangiamo
<Menalcas>
Plangamus
Menalca
Piangiamo
<Daphnis>
Heu, cuculus nobis fuerat cantare suetus,
quae te nunc rapuit hora nefanda tuis?
Dafni
Oh, cuculo, solito cantare per noi
che ora orrenda ti ha rapito ai tuoi cari?
<Menalcas>
Heu, cuculus, cuculus, qua te regione reliqui,
infelix nobis illa dies fuerat.
Menalca
Oh, cuculo, cuculo, dove t'ho mai lasciato?
Quel giorno per me è stato sciagurato.
<Daphnis>
Omne genus hominum cuculum conplangat ubique,
perditus est cuculus, heu, perit ecce meus.
Dafni
La stirpe umana tutta pianga ovunque il cuculo: 
è perduto, ohimè, ecco, il mio cuculo è morto.
<Menalcas>
Non pereat cuculus, veniet sub tempore veris,
et nobis veniens carmina laeta ciet.
Menalca
Non deve morire il cuculo: verrà in primavera,
e venendo ci canterà canti gioiosi.
<Daphnis>
Quis scit, si veniat; timeo, est summersus in undis,
vorticibus raptus atque necatus aquis.
Dafni
Chi sa, se verrà? Lo temo sommerso dalle onde, 
rapito dai gorghi e ucciso dalle acque.
<Menalcas>
Heu mihi, si cuculum Bachus dimersit in undis,
qui rapiet iuvenes vortice pestifero.
Menalca
Povero me, se Bacco [2] ha affogato il cuculo nelle sue onde, 
lui che rapisce i ragazzi in vortici pestilenziali!
<Daphnis>
Si vivat, redeat, nidosque recurrat ad almos,
nec corvus cuculum dissecet ungue fero.
Dafni
Se è vivo, torni, e corra ai nidi che lo nutrirono,
e il corvo non strazi il cuculo con l'artiglio feroce.
<Menalcas>
Heu quis te, cuculus, nido rapit ecce paterno?
Heu, rapuit, rapuit, nescio si venias.
Menalca
Ahimè: cuculo, chi ti rapisce dal nido paterno?
Ahi, lui t'ha rapito, t'ha rapito, non so se tornerai.
<Daphnis>
Carmina si curas, cuculus, citus ecce venito,
ecce venito, precor, ecce venito citus.
Dafni
Se ami la poesia, cuculo, vieni veloce,
su, vieni, te ne prego, su, vieni veloce.
<Menalcas>
Non tardare, precor, cuculus, dum currere possis,
te Dafnis iuvenis optat habere tuus.
Menalca
Non tardare, ti prego, finché puoi correre:
il tuo giovane Dafni vuole averti.
<Daphnis>
Tempus adest veris, cuculus modo rumpe soporem,
te cupit, en, senior atque Menalca pater.
Dafni
Riecco la primavera, ora svégliati dal letargo,
anche il vecchio padre Menalca ti vuole.
<Menalcas>
En tondent nostri librorum prata iuvenci,
solus abest cuculus, quis, rogo, pascit eum?
Menalca
I nostri torelli brucano i prati dei libri; 
manca solo il cuculo. E mi chiedo chi lo nutra.
<Daphnis>
Heu, male pascit eum Bachus, reor, impius ille,
qui sub cuncta cupit vertere corda mala.
Dafni
Oh, Bacco lo nutre, e male, credo: quell'empio,
che vuol render cattivo ogni cuore sotto di sé!
<Menalcas>
Plangite nunc cuculum, cuculum nunc plangite cuncti
ille recessit ovans, flens redit ille, puto.
Menalca
Ora piangete il cuculo, piangete tutti il cuculo:
è andato via esultante, ma credo tornerà piangendo.
<Daphnis>
Opto tamen, flentem cuculum habeamus ut illum,
et nos plangamus cum cuculo pariter.
Dafni
Pur di riaverlo, che torni pure anche piangendo,
e noi piangeremo allo stesso modo col cuculo.
<Menalcas>
Plange tuos casus lacrimis, puer inclite, plange,
et casus plangunt viscera tota tuos.
Menalca
Piangi con lacrime i tuoi guai, nobile ragazzo, 
piangi, ed ogni cuore piangerà i tuoi guai.
<Daphnis>
Si non dura silex genuit te, plange, precamur,
te memorans ipsum plangere forte potes.
Dafni
Se non t'ha partorito un duro sasso, piangi, ti prego:
forse potrai piangere ricordando chi sei.
<Menalcas>
Dulcis amor nati cogit deflere parentem,
natus ab amplexu dum rapitur subito.
Menalca
Fa piangere un genitore l'amore d'un dolce figlio 
improvvisamente strappato al suo abbraccio.
<Daphnis>
Dum frater fratrem germanum perdit amatum,
quid nisi idem faciat, semper et ipse fleat.
Dafni
Quando il fratello perde l'amato fratello,
cosa farà, se non la stessa cosa, piangendo sempre?
<Menalcas>
Tres olim fuimus, iunxit quos spiritus unus,
vix duo nunc pariter, tertius ille fugit.
Menalca
Un tempo fummo tre, uniti da un'unica anima,
ora siamo due uniti: il terzo è fuggito.
<Daphnis>
Heu fugiet, fugiet planctus quapropter amarus
nunc nobis restat, carus abit cuculus.
Dafni
Oh, fuggirà, fuggirà, e solo il pianto, amaro per tal causa
ora ci resta: il caro cuculo è andato.
<Menalcas>
Carmina post illum mittamus, carmina luctus,
carmina deducunt forte, reor, cuculum.
Menalca
Inviamogli dietro canti, canti di lutto, 
forse riporteranno indietro il cuculo, credo.
<Daphnis>
Sis semper felix utinam, quocunque recedas,
sis memor et nostri, semper ubique vale.
Dafni
Sia tu sempre felice ovunque tu vada;
ricordati di noi, e sta' bene, sempre e ovunque.
Scrivano, avorio dal Salterio di Dagulfo (fine sec. VIII).
Scrivano, avorio dal "Salterio di Dagulfo" (fine sec. VIII).

L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa scheda biografica, e chi gli segnalerà eventuali errori contenuti in questa pagina.

Note

[1] Il testo latino è quello online su: The latin library (anche su: Forum romanum). A stampa lo si trova nella Patrologia latina, vol.101, coll. 804-805. Non è incluso nell'antologia di Stehling.
La restituzione al testo della forma amebea, assente nella fonte sopra citata, è mia, come pure la traduzione italiana, che è inedita.

Alcuino di York (Alcuinus eboracensis), detto anche Alcuino di Tours, fu uno degli intellettuali più importanti dell'epoca di Carlo Magno, e fu tra coloro che reimportarono in Continente la cultura classica, che aveva trovato asilo nelle isole britanniche nei secoli più bui.

La composizione "De cuculo" fu scritta per un ragazzo, un certo Dodone, rappresentato come un uccello (un cùculo) fuggito dalla scuola del monastero in cui insegnava Menalca (Alcuino) per darsi al vino e al divertimento.
Il testo imita Virgilio (ma in un contesto chiaramente cristiano) e per questo è stato spesso ripetuto che non è altro che una esercitazione letteraria, non esprimendo alcun sentimento amoroso reale.
Ora, io non condivido la leggerezza con cui John Boswell (Cristianesimo, tolleranza, omosessualità, Leonardo, Milano 1989, pp. 231-233) ha senz'altro arruolato il "De cuculo" come testo poetico "gay", ma allo stesso tempo faccio mia la domanda che chiede perché allora, fra tutti i testi di Virgilio da imitare, Alcuino abbia dovuto scegliere come qui proprio quelli a carattere esplicitamente omoerotico.
Di sicuro questa poesia, come altre dello stesso autore, esprime infatti sentimenti omoerotici che, se all'epoca d'Alcuino potevano forse passare per sentimenti '"d'amicizia" (ma questo è da dimostrare!), oggi sarebbero senz'altro considerati "d'amore".

Alcuino omosessuale, dunque? Sinceramente, poco m'importa saperlo. Forse no, forse sì... Oltre 1200 anni dopo, la pretesa di conoscere (in un senso o nell'altro) la tendenza sessuale di questo monaco rivela più presunzione che amore del sapere.

Omoerotiche, le sue composizioni per ragazzi? 
Qui ci sono meno dubbi: decisamente , salvo per chi, per pura faziosità, voglia negare l'evidenza. 
E tanto mi basta.

[2] Dio pagano del vino.


Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.

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