Da: Facetiae
[1438-1452] [1].
107 Alia fabula per Angelottum dicta |
CVI Altra storia narrata da Angelotto |
Aderat Angelottus, Episcopus Anagninus, cum haec Cincius recitasset, et alteram huic similem fabellam dixit:
"Affinis", inquit, "meus" (nomine eum appellans), "cum noctu urbe deserta perambularet, obviam mulierem, quam existimabat, et quidem speciosam forma, ut videbatur, cognovit. |
Quando Cencio narrò quella storia, era presente Angelotto, vescovo di Anagni, e raccontò di un altro caso simile:
"Un mio parente", disse (e ne fece il nome), "una notte che passeggiava per la città deserta, incontrò una donna, a quanto credette, che gli parve anche bella, e con quella fece l'affar suo. |
Tum illa, ad eum terrendum, in hominis turpissimi formam versa: 'Et quid egisti?' inquit, 'equidem te, insulse, decepi'. |
Ed essa, dopo ciò, per spaventarlo, cangiata in aspetto di bruttissimo uomo: 'E che hai tu fatto?', gli disse. 'Per verità, io, sciocco, ti ho ingannato'. |
Tum ille: 'Ut lubet', intrepidus inquit, 'et ego tibi culum maculavi'" [2]. |
Ed egli: 'Come
ti piace', rispose franco, 'ed io t'ho macchiato il culo'" [2]. |
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182 De quodam qui Romanum adolescentulum admodum laudavit |
CLXXXI Di uno che lodò grandemente un giovane romano |
Romanum adolescentulum admodum formosum, sed honestate praeditum, certe deditum studiis litterarum, laudabat summopere quidam e nostris, formam moresque ejus multis verbis extollens. |
Uno dei miei amici lodava assai un giovane romano di bellissime forme, e oltre ogni dire virtuoso, che coltivava le buone lettere, e ne esaltava la bellezza e il costume. |
Et cum plures in eum laudes congessisset, tandem: "Existimo", inquit, "Jesum Christum nostrum, cum id esset aetatis, nequaquam alia atque ista forma fuisse". |
E infine, dopo averne fatte molte lodi: "Io penso", disse, "che nostro signor Gesù Cristo alla sua età non fosse altrimenti". |
Ingens laus formae, ut qua nullam exquisitiorem neque Demosthenes, neque Cicero adinvenisset! |
Enorme elogio della bellezza, che né Cicerone né Demostene avrebbero saputo dire! |
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Busto di Francesco Filelfo,
188 Contra eumdem [Franciscum Philelphum] facetia |
CLXXXVII Facezia
sullo stesso[3]. |
Tum alter non injucundus vir: |
E allora sorse a dire un altro, che pure era uomo gioviale: |
"Non mirum est", inquit, "si, nepos Jovis, gesta parentum imitatus, et alteram Europam rapuit, et alterum Ganymedem", |
"Non è da meravigliarsi se [dicendosi] nipote di Giove egli abbia imitate le imprese del nonno, e abbia rapita un'altra Europa e un altro Ganimede". |
denotans eum et virginem Graecam, Joannis Chrysolorae filiam, ab eo stupratam in Italiam advexisse, et quemdam adolescentem Patavinum ab eo propter formam in Graeciam advectum. |
Il nostro amico ricordava con queste parole il ratto che Filelfo aveva fatto di una fanciulla greca, figlia di Giovanni Chrysoloras[4], che mandò poi in Italia quando se ne fu servito, e la storia di un certo giovinetto di Padova che per la sua bellezza egli aveva condotto con sé in Grecia. |
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191 Facetia cujusdam qui subagitabat omnes de domo |
CXC Storia piacevole di un tale che si servì di tutta una famiglia |
Florentinus quidam habebat domi juvenem, qui filios litteras doceret. |
Un fiorentino [5] aveva in casa sua un giovane che insegnava le lettere ai suoi figlioli. |
Is diutina consuetudine, primo ancillam, tum nutricem, deinde patronam, postremo etiam discipulos cognovit. |
Costui, colla continua dimora nella casa, ebbe prima la cameriera, poi la nutrice, quindi la padrona e finalmente gli stessi discepoli. |
Hoc cum rescisset pater, erat enim homo perfacetus, vocato in secretius cubiculum juvene: "Postquam", inquit, "omnes meos subegisti (quod tibi vertat bene), ne quis excipiatur hac sorte, et me quoque subagites, volo". |
Quando il padre,
che era uomo molto gioviale, se ne accorse, chiamò segretamente
il giovane nella sua stanza: "Poiché", gli disse, "vi siete servito
di tutta la mia famiglia (e che buon pro vi faccia), [affinché nessuno
sia esentato da questa sorte], voglio che ora di me stesso usiate" [6]. |
L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti. |
Note
[1] Poggio Bracciolini, Le facezie, Rizzoli, Milano 1983 (testo latino e traduzione italiana a fronte).
La traduzione qui proposta è tratta (con qualche ritocco per modernizzare la lingua) da quella di autore ignoto, pubblicata dall'editore Sommaruga di Roma nel 1884 (di cui segue la numerazione delle facezie), e messa online sui siti Mori's humor pages e De bibliotheca.
Il testo latino è online su The latin library, e sulla Bibliotheca augustana e ne segue la numerazione, lievemente diversa.
Ho escluso la facezia numero 5 (De homine insulso qui existimavit duos cunnos in uxore), che parla di sodomia eterosessuale in modo non rilevante per il nostro tema.
[2] Se l'aneddoto è vero (ma tutte le "leggende urbane" iniziano con: "un mio amico, una volta...") al di sotto dell'interpretazione datane (un incontro col demonio succubus in panni femminili) abbiamo qui l'incontro notturno con un travestito (o transessuale che fosse)
[3] L'umanista rivale Francesco Filelfo (1398-1481).
[4] Nipote del celebre studioso greco Manuele Crisolora. Sua figlia, Teodora, in realtà fu moglie di Filelfo, sino alla morte.
[5] I fiorentini avevano fama di sodomiti. Dire "un fiorentino" in una barzelletta di allora era quindi come annunciare: "uno scozzese", in una barzelletta d'oggi sull'avarizia.
[6] Ovviamente l'aspetto ridicolo della facezia sta nel fatto che il fiorentino riesce a unire l'utile al dilettevole, godendosi quello che a giudicare dai risultati era un gran bel ragazzo, e al tempo stesso punendolo delle sue trasgressioni, imponendogli il coito con una persona esclusa dallo standard di desiderabilità sessuale antico (donne e ragazzini). |