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Repubblica di Genova [1555]

Scudo genovese in oro, del 1555.
Scudo genovese in oro, 1555.
 
Grida genovese [9 ottobre 1555] [1] 
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Grida
Proclama pubblico
/p. 279/

Quanto abbominevole sia il vicio della lussuria usata contro natura, ciascuno per se chiaramente il conosce.

/p. 279/

Tutti sanno da sé, chiaramente, quanto sia abominevole il vizio della lussuria praticata contro natura.
Qual peccato per esser stato in tanto dispiacer dell'omnipotente Iddio, fu con severissimo castigo da Sua Maestà punito. Un peccato che è stato tanto sgradito all'onnipotente Dio, da essere punito dalla sua Maestà con un severissimo castigo.
La qual cosa considerando l'Ill.mo et Ecc.mo S. Duce et molto Mag.ci S.ri Govern.'ri et Procu.ri dell'Ecc.ma Repu.ca nostra, et desiderosi per tutte le vie et modi possibili svellere et estirpare cosi nefando vicio, hanno lor S.rie Ill.me per pubblico decreto dichiarato deliberato et statuito,
Considerando ciò l'illustrissimo ed eccellentissimo signor Doge, ed i molto magnifici signori governatori e procuratori della nostra eccellentissima Repubblica, desiderosi di sradicare ed estirpare i tutti i modi e per tutte le vie possibili un vizio tanto nefando, hanno con pubblico decreto deliberato e stabilito,

che tutti coloro quali da hora in l'avvenire come colpevoli di detto vicio sodomitico et contro natura saranno condannati et banditi.[2], non pensino né li sia più lecito godere il beneficio del Decreto formato contro li banditi, per quale si dichiara et dispone come possono domandare, rimettere et rebandire li banditi [3], in modo tale che detti banditi, per il vicio predetto in vigore et forza di detto Decreto non possino esser per alcun tempo mai né domandati, né rimessi, né rebanditi, così per ragione che si potessi dire che competessi ad essi banditi, come esser domandati rimessi, o rebanditi da altri a quali competessi ragione in vigore et forza di detto Decreto,
Che tutti coloro i quali, da ora in poi, saranno condannati e banditi.[2] perché colpevoli del detto vizio sodomitico e contro natura, non pensino di poter godere né possano più godere delle amnistie concesse nel Decreto sugli esiliati, nel quale è dichiarato e stabilito che sia possibile richiamare, amnistiare e liberare dal bando gli esiliati [3], in modo tale che questi esiliati per il vizio predetto non possano più, per mezzo del detto decreto, essere richiamati, né amnistiati, né liberati dal bando, e questo sia per una questione che riguardi loro stessi, sia per una richiesta di amnistia o liberazione dal bando fatta da altri, che avessero il diritto di richiederlo in base e grazie al detto Decreto,
escludendo al tutto, come si dice, li detti delinquenti del vicio predetto dal beneficio del Decreto disopra, che in qualsivoglia modo non lo possino godere, al quale decreto in questo caso di piena possanza, movimento proprio, et certo sapere, loro S.rie Ill.me hanno derrogato et derrogano. escludendo completamente, come detto, questi rei colpevoli del vizio predetto, dai vantaggi concessi dal Decreto sopradetto, di modo che non ne possano godere in nessun modo, poiché le loro Signorie Illustrissime in questo caso hanno derogato e derogano <dal dettato della legge> con pieno potere, di propria iniziativa, e con piena dottrina.
Et afine che la presente deliberatione et Decreto sia a notitia universale, hanno comandato che se ne facci pubblica grida per parte di loro S.rie Ill.me acciochè in qualsivoglia tempo non se ne possi per alcuno pretender ignoranza. E poiché la presente deliberazione e decreto sia universalmente nota, hanno comandato che venga proclamata pubblicamente per ordine delle loro Signorie illustrissime, di modo che in futuro nessuno possa pretendere di ignorarne il contenuto.
1555 die VIIII octobris. 1555, a dì 9 ottobre.

L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti.

Note 

[1] La grida (conservata presso l'Archivio di Stato di Genova, Senato, Filza 94, n. 390) è pubblicata in: A. Neri, Il processo di Jacopo Bonfadio, "Giornale ligustico", XI 1884, pp. 275-282. Il testo è online (come .pdf) sul sito della Società Ligure di Storia patria, dal quale l'ho ricopiato. La parafrasi in italiano moderno è mia.

[2] Il bando (esilio) era di norma proclamato contro qualsiasi sodomita fosse stato processato in contumacia, per evitare che chi era fuggito in tempo la scampasse senza punizione. Il bando poteva essere a vita (perpetuo), o per un numero prestabilito di anni, specie se l'imputato era di tenera età.
In entrambi i casi, però, chi lo avesse "contraffatto", ossia trasgredito, se catturato avrebbe subito la pena stabilita per il reato per cui era stato bandito (nel nostro caso, la morte).

[3] Questo tortuosa frase tratta d'una consuetudine antica: una persona "bandita" poteva essere "liberata dal bando" qualora avesse catturato e consegnato, o permesso di catturare, un "bandito" per un reato più grave del suo, oppure due o più "banditi".
Questa revoca (rimessione) del bando si poteva chiedere direttamente per se stessi, o poteva essere chiesta da una persona non bandita in favore d'una persona bandita, che veniva in questo modo "richiamata" (domandata) e "liberata dal bando" (rebandita).
La presente grida fu emessa fondamentalmente per privare di questo diritto sia i sodomiti, sia i loro parenti e amici che avessero voluto aiutarli a chiedere la revoca.



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