Relazione sul primo
Codice penale per il Regno d'Italia [1887] [1]
.
TITOLO VIII - Delitti
contro il buon costume e l'ordine delle famiglie.[2].
CXXVIII.
Il Progetto
riunisce in un solo Titolo, a somiglianza del codice penale toscano, i
delitti contro il buon costume e quelli contro l'ordine delle famiglie.
Con ciò si evita
il pericolo, assai facile, di classificare erroneamente una specie criminosa;
massime quando trattasi di reati dei quali, per la varietà delle
offese che arrecano, non è agevole precisare i caratteri che li
differenziano da altre categorie affini.
Così dicasi, a cagion
d'esempio, della violenza carnale, del ratto, dell'adulterio e simili:
delitti che offendono ad un tempo il buon costume e l'ordine delle famiglie.
Nel
determinare i fatti da comprendersi nel presente Titolo, il Progetto attuale,
in conformità ai precedenti, si ispira a questo concetto fondamentale
che, se occorre da un lato reprimere severamente i fatti dai quali può
derivare alle famiglie un danno evidente ed apprezzabile o che sono contrarii
alla pubblica decenza, d'altra parte occorre altresì che il legislatore
non invada il campo della morale.
In conseguenza, le sanzioni
penali del Progetto non colpiscono tutti indistintamente i fatti che offendono
il buon costume e l'ordine delle famiglie, ma quelli soltanto che si estrinsecano
coi caratteri della violenza, dell'ingiuria, della frode o dello scandalo,
la repressione dei quali è più vivamente reclamata nell'interesse
sociale.
Quindi non sono incriminate
le azioni che non hanno quei caratteri, e le indagine delle quali farebbe
trascendere oltre i suoi giusti confini l'opera legislativa.
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Il Regno
d'Italia dopo le guerre d'Indipendenza [1870].
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Il Progetto
tace
pertanto intorno alle libidini contro natura; avvegnaché
rispetto ad esse, come ben dice il Carmignani,
"riesce più
utile l'ignoranza del vizio che non sia per giovare al pubblico esempio
la cognizione delle pene che lo reprimono".(
* ).
Anche questi atti di libidine
sono compresi fra quelli che si rendono incriminabili per la violenza,
o per l'età delle persone con le quali siano commessi, o per la
loro pubblicità, senza però che essi siano in alcun modo
nominati per farne oggetto di speciali disposizioni.
[Nota
originale di Zanardelli:]
(
* ) Ne tace infatti il codice toscano;
ne tacciono il codice francese, il belga, lo spagnuolo.
Invece il
codice sardo prevede nell'art. 425 "qualunque
atto di libidine contro natura" commesso con violenza, oppure con scandalo,
od anche senza alcuno di questi due estremi se vi è stata querela.
Il detto articolo 425 venne però abrogato per le provincie meridionali
dal
decreto luogotenenziale del 1861, quando quel codice vi fu esteso.
Il codice di Berna
ha una disposizione somigliante a quella preindicata del codice sardo.
Altri codici, pure
stabilendo sanzioni penali per le libidini contro natura, ne danno precisa
definizione, ad impedire sconfinate interpretazioni e sconvenienti indagini
concernenti la vita intima nei rapporti fra l'uno e l'altro sesso. Infatti,
tanto il
codice germanico (§ 275.[3])
quanto
l'ungherese (§ 241) limitano il concetto degli atti di libidine
contro natura a quelli commessi tra persone di sesso maschile, o da uomini
con animali.
Mentre il codice austriaco
(§ 129.[4])
dichiara
contro natura la libidine con bestie o con persone del medesimo sesso.
Ed allo stesso concetto
è
informata la legge inglese,
che
prevede la sodomia e la bestialità, sotto l'espressione
di buggery...
Il codice
ticinese
pure prevede "gli
atti della specie aborriti dalla natura sopra persone dello stesso sesso".
La casa che
fu di Giuseppe Zanardelli, a Brescia. [Foto G. Dall'Orto].
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L'autore ringrazia
fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati
su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà
eventuali errori in essa contenuti. |
Note
[1]
Da: Camera dei Deputati, Progetto del Codice penale per il Regno d'Italia
e disegno di legge che ne autorizza la pubblicazione (...), vol. 1:
Relazione ministeriale; Stamperia Reale, Roma 1887, pp. 213-214 (seduta
del 22 novembre 1887).
Il testo qui
dato è quello della scansione realizzata da Massimo
Consoli per "Rome Gay News" n. 128, 4 Febbraio 1997 (ho
aggiunto "acapo", neretti e interlinee per facilitare la lettura
online).
Ringrazio Consoli
per avermelo inviato.
[2]
Fatta l'Italia, si sa, fu necessario fare gli italiani... ma anche i nuovi
codici di legge. Nell'attesa i Savoia estesero il
loro codice penale (non certo il più illuminato fra quelli preunitari,
e che prevedeva il reato d'omosessualità) al resto d'Italia, eccetto
il Sud e la Toscana. Solo dopo lunghe discussioni, si arrivò all'approvazione,
nel 1889, del primo codice penale veramente italiano (Codice
penale per il Regno d'Italia, Stamperia reale, Roma 1889), detto "Codice
Zanardelli" dal nome del ministro guardasigilli Giuseppe
Zanardelli.
Sul dibattito
che portò all'abolizione del reato di "libidine contro
natura" si veda anche:
Camera
dei deputati, Relazione della commissione (...) sul disegno di
legge (...) del 22 novembre 1887, Tipografia della Camera dei
deputati, Roma 1888, alle pp. 259-260 (tit. VIII, CXCV).
"La legge
penale è la tutelatrice e la vìndice del diritto; non può
esplicare legittimamente la sua azione se non là dove nella violazione
del diritto si incentri. È senza dubbio un peccato, ed un peccato
che si manifesta talvolta in forme ributtanti, la incontinenza; ma questa
non può essere punita per se stessa dal legislatore, senza che egli
varchi i confini segnati al magistero repressivo. La incontinenza può
diventare reato ed essere punibile soltanto quando si trasformi nella violazione
di un diritto individuale e sociale".
Senato
del Regno, Relazione della commissione speciale... che autorizza il
Re a pubblicare il Codice penale per il Regno d'Italia, s.i.t., 1888.
Alle pp. 183-185
il relatore Costa spiega le ragioni per cui nel codice Zanardelli
non si volle menzionare l'omosessualità in quanto delitto: "I
delitti [di stupro] che si vorrebbero prevedere in due ipotesi distinte
sono costituiti da elementi obbiettivi identici".
[3]
"Chiaro errore: qui si vuol intendere il paragrafo
175". [Nota di Massimo Consoli].
[4]
"Promulgato il 27 maggio 1852". [Nota di Massimo Consoli]. |