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papa Innocenzo III (Lotario de' Conti, 1160-1216)

Innocenzo III
Innocenzo III in un ritratto
del sec. XIII a Subiaco.

Da: Concilium lateranum IV / Concilio laterano IV [1215] [1]
.
Caput XII.
Par. 14.

De incontinentia clericorum punienda

Cap. 12,
cànone 14.

La punizione dell'incontinenza nel clero.


Ut clericorum mores et actus in melius reformentur, continenter et caste vivere studeant universi, praesertim in sacris ordinibus constituti, ab omni libidinis vitio  praecaventes, maxime illo, propter quod ira Dei venit de coelo in filios diffidentiae, quatenus in conspectu Dei onnipotentis puro corde valeant ministrare.

Affinché i costumi e i comportamenti del clero siano riformati in meglio, tutti facciano in modo da vivere continenti e casti, soprattutto coloro che hanno preso gli ordini sacri, guardandosi da ogni vizio di libidine, soprattutto da quello, per causa del quale l'ira di Dio s'è abbattuta dal cielo sui figli della mancanza di Fede, in modo che possano servire al cospetto di Dio onnipotente con cuore puro.
Ne vero facilitas veniae incentivum tribuat delinquendi: statuimus, ut qui deprehensi fuerint incontinentiae vitio laborare, prout magis aut minus peccaverunt, puniantur secundum canonicas sanctiones, quas efficacius et districtius praecipimus observari ut quos Divinus timor a malo non revocat, temporalis saltem poena a peccato cohibeant. E affinché la facilità del perdono non costituisca incentivo a delinquere, stabiliamo che coloro che saranno scoperti a soffrire del vizio dell'incontinenza, a seconda di quanto abbiano peccato, o più, o meno, siano puniti secondo le sanzioni canoniche, che ordiniamo di osservare nel modo più efficace e severo, cosicché coloro che il timor di Dio non tiene lontani dal male, almeno siano trattenuti dal peccare dalla pena corporale.
Si quis igitur hac de causa suspensus, Divina celebrare praesumpserit, non solum ecclesiasticis benefinicis spolietur, verum etiam, pro hac duplici culpa perpetuo deponeatur. Se quindi qualcuno, sospeso a divinis per questa causa, avrà osato celebrare i divini misteri, non solo sia spogliato dai benefici ecclesiastici, ma sia anche, per questa duplice colpa, deposto per sempre.
Praelati vero, qui tales praesumpserunt in suis iniquitatibus sustinere, maxime obtentu pecuniae, vel alterius commodi temporalis, pari subjaceant ultionis. E i prelati che avranno preteso di sostenere costoro nelle loro iniquità, specie per ottenere denaro, o qualche altro guadagno, soggiacciano alla medesima punizione. 
Qui autem secundum regionis suae morem non abdicarunt copulam conjugalem, si lapsi fuerint, gravius puniantur, cum legitimo matrimonio possint uti. Se poi alcuni, secondo il costume della regione, non avessero rinunciato ai rapporti con mogli [2], se cadessero in questa colpa siano puniti più severamente, dato che potevano godere del legittimo matrimonio.
 
Frate del XIII secolo
Frate del XIII secolo (san Francesco). Da Subiaco.

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Note

[1] Il testo copiato da: Dominicus Mansi, Sacrorum conciliorum nova el amplissima collectio, vol. XXII, Zatta, Venezia 1778, colonna 1003.

Anche in: Conciliorum oecumenicorum decreta, Istituto per le scienze religiose, Bologna 1972, pp. 227-281 (solo testo latino). 
La traduzione dal latino, la divisione in paragrafi e l'aggiunta di neretti sono opera mia. 

Questa condanna della sodomia omosessuale fra/di preti e monaci, che costituisce il cànone 14 del Concilio Laterano IV [1215], fu poi ripresa in  altri testi normativi della Chiesa cattolica, come i Praecepta dioecesis rotomagensis [1235] e negli Statuta cenomanensia [1246].

Stupisce oggi l'indulgenza di questo "rigore", che arriva a penitenze spirituali e al più alla sospensione a divinis, ma prevede espressamente che un pret e o un monaco potesse restare al suo posto anche dopo aver peccato in modo omosessuale. 
Ma la società stava muovendosi verso un crescente "rigore morale", chiesto da lungo tempo da ceti borghesi, anche attraverso movimenti religiosi, sia ortodossi come quello di san Francesco, sia eterodossi come quello di Valdo. 
E alla fine l'avrebbe spuntata: il primo rogo documentato è del 1277.

[2] Allude al matrimonio dei preti. La battaglia contro il matrimonio del clero non era stata ancora vinta dalla gerarchia romana.
Sul tema si veda: Francesco Quaranta, Preti sposati nel medioevo, Claudiana, Torino 2000.
 


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